Dai geni ai jeans: allo studio varietà di cotone resistenti alla siccità

Dalle morbide T-shirt ai comodi jeans fino alle accoglienti lenzuola. Il cotone è la principale fibra tessile rinnovabile del mondo e la spina dorsale di un’industria globale che vale miliardi. Con l’intensificarsi dei cambiamenti climatici, i coltivatori di cotone si trovano ad affrontare sfide crescenti dovute alla siccità e al caldo. Tuttavia, una nuova ricerca offre la speranza di sviluppare varietà più resistenti, in grado di mantenere rese elevate anche in condizioni di stress idrico.

Un team interdisciplinare di ricercatori ha esaminato il modo in cui le diverse piante di cotone rispondono alla siccità a livello genetico in uno studio recentemente pubblicato sul Plant Biotechnology Journal. Hanno coltivato 22 varietà di cotone di montagna (Gossypium hirsutum L.) nella regione del basso deserto dell’Arizona, sottoponendo metà delle piante a condizioni di scarsità idrica. Analizzando i geni e i tratti fisici delle piante, gli scienziati hanno scoperto alcune affascinanti intuizioni sui meccanismi di gestione della siccità del cotone.

Due geni regolatori chiave svolgono un ruolo cruciale nell’aiutare le piante di cotone a gestire lo stress idrico mantenendo la produzione di fibre. Questi geni agiscono come direttori d’orchestra, coordinando l’attività di centinaia di altri geni coinvolti nella risposta alla siccità e nello sviluppo della fibra.

“Sembra che nel corso del tempo le piante di cotone abbiano evoluto questo meccanismo di regolazione che le aiuta a far fronte alle condizioni di siccità, pur continuando a produrre le fibre che sono così importanti dal punto di vista economico”, spiega Andrew Nelson, professore assistente presso il Boyce Thompson Institute.

Poiché il cambiamento climatico porta a siccità più frequenti e gravi in molte regioni produttrici di cotone, è fondamentale sviluppare varietà che possano prosperare con meno acqua. Questa ricerca fornisce preziose indicazioni e obiettivi genetici per guidare gli sforzi di selezione. Inoltre, la gamma di risposte alla siccità osservate tra i 22 tipi esaminati sottolinea quanto sia cruciale la diversità genetica per adattare le colture a condizioni mutevoli.

“In un mondo che si trova ad affrontare sfide ambientali crescenti – dicono i ricercatori – capire come le nostre piante più importanti rispondono agli stress a livello molecolare è più che mai vitale. Questo studio fa progredire le nostre conoscenze scientifiche e apre la strada a un’agricoltura più resiliente e sostenibile di fronte ai cambiamenti climatici”.

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Siccità, allerta rossa al sud. In Sicilia l’acqua arriva con la marina militare

Via libera dalla Conferenza Stato-Regioni al riconoscimento per tutta la Sicilia delle “condizioni di forza maggiore e circostanze eccezionali” a causa della persistente siccità che da oltre un anno sta colpendo l’isola, una delle più gravi dell’ultimo cinquantennio. Un “dramma idrico” dice l’Anbi, che deve servire da “monito” per tutto il Paese. E l’allarme rosso scatta anche in Calabria, dove il presidente di Regione, Roberto Occhiuto ha dichiarato lo stato di emergenza.

Il provvedimento era stato richiesto dal governo regionale lo scorso 17 giugno: ora si attende la firma del decreto da parte del ministro della dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. Il riconoscimento della condizione di forza maggiore e di circostanze eccezionali dal primo luglio 2023 a maggio 2024 consentirà alle imprese agricole e zootecniche che operano su tutto il territorio siciliano di usufruire di deroghe in alcuni ambiti della Politica agricola comune, che permetterebbero di non applicare determinati vincoli a pascoli e terreni, continuare a godere di aiuti, rinviare pagamenti, sanzioni e oneri.

Una decisione accolta favorevolmente dal governatore siciliano, Renato Schifani, che sottolinea come la regione sia stata posta nella stessa “zona rossa” di Marocco e Algeria. L’intesa raggiunta, dice, “dimostra la concreta attenzione e sensibilità del governo nazionale per una situazione che va affrontata in maniera corale da tutte le istituzioni, comprese quelle europee“.

La Regione ha già dichiarato lo stato di calamità naturale per danni all’agricoltura e ottenuto dal Consiglio dei ministri il riconoscimento dello stato di emergenza di rilievo nazionale. La nuova richiesta nasce da una situazione che si è aggravata nelle ultime settimane a causa della riduzione delle risorse idriche negli invasi e della conseguente indisponibilità di acqua per l’irrigazione. Per il comparto agricolo e zootecnico si stima una perdita della produzione nel 2024 che va da un minimo del 50% a un massimo del 75%. Una situazione che, per Coldiretti, è da “allerta rossa”.

Un’emergenza tale da rendere necessario l’intervento della marina militare. La nave cisterna Ticino, partita da Augusta, è arrivata a Licata con 1200 metri cubi che verranno immessi nella rete idrica in circa 25-30 ore per rifornire il comune, permettendo di ‘liberare’ risorse che verranno dirottate verso altri centri della zona colpiti dall’emergenza siccità. Intanto a Palermo è stata ridotta ulteriormente la pressione dell’acqua per consentire un maggior risparmio e salvaguardare la risorsa idrica degli invasi ed è entrata in azione la prima delle due pompe di sollevamento del lago Biviere di Lentini, nel Siracusano. L’impianto permette un prelievo di circa 400 litri al secondo che consentiranno di distribuire acqua per usi irrigui a circa mille ettari di terreni agricoli della Piana di Catania. Nei prossimi giorni, sarà attivata una seconda pompa con la stessa capacità.

Ci stiamo impegnando con tutte le nostre forze”, assicura Schifani che annuncia di aver pianificato e avviato “un vasto programma di interventi per rendere più efficiente il servizio idrico, opere che la Sicilia attende da troppo tempo e che incomprensibilmente non sono state avviate da chi ci ha preceduto”.
Un tema, quello della scarsità idrica, che va affrontato con “una strategia complessiva”, come ribadisce anche il vicepremier, Antonio Tajani, “non solo per quanto riguarda la siccità ma per il complessivo utilizzo dell’acqua”.

Siccità, Musumeci: “Governo è su strada giusta ma Regioni non spendono i fondi”

Il contrasto alla siccitàè un processo lungo, nessuno si faccia illusioni“. Nello Musumeci presenta alla stampa il nuovo capo dipartimento della Protezione civile, Fabio Ciciliano, che prende il posto di Fabrizio Curcio.

Inevitabilmente, viene interpellato sulla crisi che sta piegando il Sud Italia e la Sicilia in particolare. Il governo, assicura il ministro, ha imboccato la strada giusta: “Stiamo lavorando per dotare il territorio delle necessarie infrastrutture“, afferma. Ma ingaggia una polemica con le Regioni, che hanno a disposizione 1,2 miliardi, 400 milioni per progetti già in essere e 800 milioni per nuove iniziative da spendere entro il 2026. “Il ministro Fitto mi dice che solo circa il 30% risulta essere stato finora utilizzato“, evidenzia, augurandosi che il dato “non sia aggiornato o che ci sia un arretrato sul quale sapranno lavorare con grande impegno per recuperare il tempo perduto“.

La chiave è anche quella di iniziare a pensare di desalinizzare l’acqua di mare e purificare le acque reflue: “In alcune parti d’Italia si stanno adottando soluzioni in questo senso, anche se alcuni sono ancora diffidenti“, ricorda.

Nella cabina di regia del governo sono rappresentati cinque ministeri, per competenze dirette e indirette. “Abbiamo chiesto alle Regioni le priorità infrastrutturali per far fronte alle calamità“, spiega il ministro. Il programma di infrastrutture utili prevede circa 500 interventi in Italia da mettere a terra in 10 anni. Dalla Regione Sicilia sono arrivate 52 proposte: “Dovremo fare i conti con le risorse finanziarie, ma il primo passo bisogna compierlo“, ammette.

Intanto, come accade sempre più spesso, il Paese è spaccato. In soli due giorni, tra il 21 e il 22 luglio, l’Italia ha registrato 54 eventi meteorologici estremi, tra grandinate anomale, nubifragi, trombe d’aria e raffiche di vento, ma l’intero Sud è in ginocchio per l’assenza di piogge.

L’Osservatorio dell’Anbi sulle Risorse Idriche evidenzia che in Sicilia, a fine giugno, le precipitazioni cumulate in 12 mesi sono state di un solo millimetro in più rispetto a quanto registrato durante la grande siccità del 2002.
Sei bacini su 29 non hanno più acqua utilizzabile, altri sei hanno disponibile meno di un milione di metri cubi e quattro meno di due milioni. Gela non potrà ricevere alcun genere d’irrigazione, considerata la totale indisponibilità di volumi negli invasi Cimia, Disueri e Comunelli; questo comprometterà la campagna di semina e di produzione nella Piana. Tutti i comuni della provincia di Caltanissetta stanno subendo riduzioni nella distribuzione idrica, mentre a Enna l’acqua potabile viene erogata un giorno sì e due no. Nell’Agrigentino, per i terreni irrigui di Ribera, si sta cercando di salvare gli agrumeti, operando trasferimenti di risorsa irrigua dal sistema Prizzi-Gammauta all’invaso Castello.
Nel Ragusano le sorgenti sono tutte quasi prosciugate e il gestore sta attivando turnazioni per l’erogazione idrica. Il comprensorio del Calatino è quello che sta subendo i disagi maggiori: rispetto al 2023 si registra un abbassamento della falda di circa 15 metri ed una riduzione della portata emunta da 1.200 litri al secondo. La soluzione adottata è l’abbassamento del livello di prelievo ed è stato richiesto ai Comuni di emettere ordinanze che vietino l’utilizzo d’acqua potabile per irrigazione e piscine, la riduzione delle portate durante le ore notturne. La sorgente Fiumefreddo fornisce acqua al 70% del territorio comunale di Messina attraverso due distinte captazioni: in una, il livello si è talmente abbassato da far ipotizzare che tra poco la sorgente non erogherà più acqua. L’acqua è razionata anche a Palermo. Le piogge dei giorni scorsi hanno solo lambito l’estremo lembo nord-orientale dell’isola, lasciando però a secco il resto dei territori siciliani.

La siccità sta causando un disastro economico, sociale e ambientale senza precedenti e la premier Giorgia Meloni continua nel suo silenzio“, denuncia il portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli. La richiesta è di adottare “politiche climatiche efficaci“. Il deputato di Avs parla però di “sabotaggio delle politiche di difesa del clima“: “La mancata esecuzione dei collaudi per le dighe porta alla dispersione di preziosa acqua dolce in mare, una vergogna“, tuona, domandando al governo di proclamare lo stato di emergenza per la siccità e di destinare i fondi necessari per affrontare la catastrofe. “Musumeci ha detto di voler realizzare 500 progetti in 10 anni, ma da presidente di Regione si è fatto bocciare 31 progetti su 31 per il contrasto alla siccità” ricorda, annunciando di aver segnalato l’”inazione del governo” in una lettera inviata alla Ue e all’Ipcc dell’Onu.

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Siccità, Sicilia allo stremo. Salvini: “In campo ogni azione utile”. Opposizioni protestano

Il caldo non accenna a dare tregua, soprattutto al Sud. La Sicilia, piegata da 12 mesi di siccità severa, è allo stremo: i bacini e i laghi sono del tutto prosciugati, gli agricoltori estirpano i vigneti e iniziano ad abbattere gli animali. I cittadini ricevono l’acqua razionata e tra Agrigento e Caltanissetta è stata a lungo non potabile. Il dramma finisce oggi in prima pagina anche sul New York Times.

Paradossalmente, molta acqua dolce degli invasi viene gettata in mare perché mancano i collaudi delle dighe. I parlamentari di Alleanza Verdi Sinistra hanno organizzato un flash mob davanti a Palazzo Chigi per denunciare “l’inerzia” del governo: “Perché non interviene?“, chiede Angelo Bonelli. “Hanno deciso di fare in velocità il Ponte sullo Stretto di Messina ma hanno dimenticato quali sono i veri problemi del Paese, a partire dalla crisi climatica“, chiosa. Il leader ecologista chiede a Giorgia Meloni un incontro per parlare delle proposte di Avs.

Il Partito Democratico interroga il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini durante il Question Time della Camera e chiede che nell’isola intervenga la protezione civile nazionale. Basta “cabine di regia e tavoli tecnici“, tuona Giuseppe Provenzano, membro della segreteria. I dem chiedono risposte immediate: “Non c’è più tempo – afferma -. Ora il tema è mettere in sicurezza intere comunità“.
Ma mentre una comunità ha sete, denuncia il Pd, “qualcuno forse ride e fa affari“. Il riferimento è a una speculazione senza regole sui pozzi e le autobotti privati, “per non parlare di quelli abusivi“. La proposta è di requisire questi pozzi e garantire una distribuzione equa. “Invece di buttare i soldi dell’FSC in mille rivoli, si concentrino sulle dighe, sulle reti, e si facciano partire i lavori con urgenza. Le risorse stanziate non bastano e non c’è più tempo. Se la Protezione civile siciliana non ce la fa, intervenga la Protezione civile nazionale. Dovrebbe esserci un ministro competente, se non ricordo male, persino siciliano”, ironizza Provenzano, chiedendo che il governo sostituisca la Regione “se non è capace, perché si stanno calpestando i diritti fondamentali e la dignità di intere comunità”.

Salvini sostiene non avere nulla da rimproverarsi, ricorda di aver istituito non solo la cabina di regia e il tavolo tecnico, ma di aver anche trovato i finanziamenti “dopo anni di attesa“. La siccità in Sicilia “rappresenta un’emergenza nazionale per la quale stiamo mettendo in campo ogni azione utile a superare criticità emerse ed evidenti“, garantisce.

Il Consiglio dei ministri ha deliberato lo stato di emergenza il 6 maggio scorso per la durata di 12 mesi, stanziando per le prime urgenze 20 milioni di euro. Il 7 giugno è stato poi approvato il piano degli interventi delle misure redatto dal Presidente della Regione, che prevede 52 interventi infrastrutturali per nuovi pozzi e 86 interventi per la manutenzione e l’acquisizione di autobotti. Il Ministero ha poi concluso la fase istruttoria per il piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico. Del 29 maggio è il primo stralcio di programmazione finanziato con circa 950 milioni di euro di risorse del Mit, il 10% di questo stralcio riguarderà 7 interventi per 92 milioni di euro su un totale di 75 opere idriche finanziate in tutta Italia. La seduta della conferenza delle Regioni prevista per giovedì dovrebbe dare l’intesa. Il commissario straordinario nazionale, Nicola Dell’Acqua, proporrà un piano di azioni e interventi urgenti che “dovranno avere un periodo di attuazione di breve previsione o termine vista l’emergenza“, sottolinea il ministro, ribadendo che “per l’intero governo e l’intero Parlamento, a prescindere dai colori politici, l’emergenza siciliana è una delle priorità su cui tutti lavorano“.

In Italia 12 regioni a alto stress idrico. L’allarme di Ambrosetti: “Aumenteranno”

La siccità italiana ha raggiunto livelli preoccupanti tanto che è stata registrata una perdita del 51,5% delle risorse idriche rinnovabili in un anno rispetto alla media storica dal 1950. A fotografare questa situazione è la Community Valore Acqua per l’Italia di The European House – Ambrosetti.

Sono dodici le regioni ad alto stress idrico e aumenteranno. Nel 2023, temperature in crescita ed effetti dell’azione dell’uomo hanno generato nuova pressione sulla risorsa idrica. La penisola si colloca come quarto Paese dell’Unione Europea per stress idrico, con un indice di 3,3 su 5. Solo Belgio (4,4), Grecia (4,3) e Spagna (3,9) presentano valori peggiori. Sono già 12 le regioni Italiane ad elevato stress idrico: Basilicata, Calabria, Sicilia, Puglia sono le più esposte in assoluto, seguite nell’ordine da Campania, Lazio, Marche e Umbria, Toscana, Molise, Sardegna e Abruzzo. Gli esperti – riporta la Community Valore Acqua – stimano che entro il 2030 lo stress idrico si intensificherà ulteriormente in alcune regioni italiane, con un incremento dell’8,7% in Liguria, del 6,1% in Friuli-Venezia Giulia e del 5,7% nelle Marche.

Due settori in particolare sono maggiormente colpiti dal riscaldamento globale e dalla siccità: l’agricoltura e l’idroelettrico. L’agricoltura italiana, già sottoposta a numerose pressioni, sta affrontando una crescente scarsità d’acqua che mette a rischio la produzione alimentare e la sostenibilità delle attività agricole. La produzione di miele si è ridotta del 70%, del 63% quella delle pere e del 60% le ciliegie. L’idroelettrico, che rappresenta una fonte fondamentale di energia rinnovabile per l’Italia, sta soffrendo a causa della riduzione delle risorse idriche, compromettendo la capacità del Paese di soddisfare la domanda energetica attraverso fonti pulite.

Nel corso del 2022, il nostro Paese ha affrontato una crisi idrica senza precedenti. Le precipitazioni totali sono drasticamente diminuite, e il manto nevoso ha registrato un deficit del 60% rispetto alla media del decennio 2010-2021. A causa delle elevate temperature, solo il 13,5% delle piogge ha contribuito alla ricarica delle falde acquifere. Questo fenomeno desta ulteriore preoccupazione, poiché si prevede che la risorsa idrica rinnovabile si ridurrà ulteriormente del 40% entro il 2100, con picchi di riduzione del 90% nel mezzogiorno d’Italia.

La quantità d’acqua persa nel 2022 – rileva il Libro Bianco della Community Valore Acqua – è pari a quella necessaria per irrigare circa 641.000 ettari di terreno, un’area corrispondente all’intera superficie agricola del Lazio. Inoltre, equivale all’acqua consumata annualmente da oltre 14 milioni di persone, ovvero gli abitanti di Lombardia e Piemonte, e alla quantità utilizzata dalla produzione di 82.000 imprese manifatturiere, il tessuto industriale di regioni come Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna.

La situazione idrica in Italia – spiega Valerio De Molli, Managing Partner e CEO di The European House – Ambrosetti – richiede un’azione immediata e concertata. È necessario un impegno concreto da parte di tutti gli attori coinvolti, dalle istituzioni ai cittadini per promuovere pratiche di gestione sostenibile dell’acqua e investire in tecnologie innovative che ci permettano di fronteggiare questa emergenza. E’ importante modernizzare e rendere più efficienti le nostre infrastrutture idriche, per ottimizzare la raccolta e lo stoccaggio dell’acqua, attivando il 20% dei volumi potenzialmente sfruttabili già presenti nelle grandi dighe italiane. Solo attraverso un approccio integrato e lungimirante, che deve essere portato avanti anche dai cittadini, potremo garantire la sicurezza idrica del nostro Paese e la prosperità delle future generazioni“.

Incendi e poca acqua: la Sicilia soffre per la continua siccità

Mentre l’Italia è travolta dalla morsa del maltempo, la Sicilia soffre già – o ancora – per la siccità. L’isola ha dichiarato lo stato di emergenza a causa della mancanza di acqua che ha distrutto i raccolti, inaridito i pascoli e portato a restrizioni idriche.

Secondo gli esperti, i cambiamenti climatici indotti dall’attività umana stanno aumentando l’intensità e la frequenza di fenomeni meteorologici estremi, come ondate di calore, siccità e incendi boschivi. E la Sicilia sta affrontando pesanti conseguenze.
Secondo l’Ispra, lo scorso anno gli incendi hanno devastato più di 51.000 ettari sull’isola e quest’anno si sono già verificati diversi roghi, appiccati principalmente dai piromani. I Canadair spesso prelevano l’acqua dai bacini per combattere gli incendi nell’entroterra, ma il livello è sceso così tanto che sono costretti a rifornirsi dal mare. “Questo comporta un rallentamento dei tempi di intervento e un aumento considerevole dei costi, già di per sé vertiginosi“, spiega il geologo Giuseppe Amato, responsabile delle risorse idriche in Sicilia per Legambiente.

Ma a soffrire è anche l’agricoltura. Dai frutteti di arance e mandorle agli uliveti e ai vigneti, gli agricoltori siciliani segnalano raccolti mancati o di scarsa qualità dopo i mesi di scarse precipitazioni e le temperature record della scorsa estate. La fascia di campi di grano intorno al vulcano Etna è spoglia, e questa assenza significa anche mancanza di fieno per il bestiame. Per molti agricoltori si tratta di un ulteriore colpo dopo gli scarsi raccolti dello scorso anno dovuti alle piogge fuori stagione. Vicino al Lago Nicoletti, nella Sicilia centrale, i coltivatori delle pregiate pesche di Leonforte, avvolte singolarmente sull’albero per proteggerle durante la maturazione, rischiano di perdere interi raccolti a causa della persistente siccità.

Non va meglio all’ecosistema. La Sicilia è uno scalo fondamentale per gli uccelli che migrano tra l’Africa e l’Europa. Il lago Pozzillo è diventato il simbolo della siccità: un tempo ritrovo preferito dei pellicani, poteva contenere 150 milioni di metri cubi d’acqua, ma ora ne conta solo 3,8 milioni. Il vicino lago di Pergusa, protetto dall’Unesco, “è quasi scomparso“, lamenta Giuseppe Amato. “Se dovesse prosciugarsi completamente, centinaia di specie di uccelli soffrirebbero enormemente in termini di migrazione. Potrebbe addirittura minacciare le specie in via di estinzione“, avverte l’esperto.

Secondo Amato, inoltre, negli ultimi 150 anni la Sicilia ha distrutto il 95% delle sue zone umide, prosciugandole per trasformarle in aree urbane o terreni agricoli, nonostante il loro ruolo chiave nella prevenzione della siccità.

La Sicilia ha 25 bacini utilizzati per l’irrigazione e quattro per l’acqua potabile, anche se non tutte sono operative, secondo i dati del ministero delle Infrastrutture. Queste 29 dighe attualmente contengono il 23% di acqua in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Parte del problema è che le dighe sono vecchie, la maggior parte è stata costruita prima del 1980, e l’accumulo di limo nel tempo ha ridotto notevolmente il volume d’acqua che possono contenere, anche quando le piogge sono abbondanti. L’Italia ha ottenuto un finanziamento europeo per un progetto da 47 milioni di euro per completare la diga di Pietrarossa, iniziata negli anni ’90 e che, una volta completata, sarà la più grande dell’isola.

Secondo l’Istat, in media il 42% dell’acqua della rete di distribuzione italiana si perde a causa delle tubature, e la Sicilia è la regione che registra i risultati peggiori con una perdita del 52,5%. Il piano d’azione della regione contro la siccità prevede l’utilizzo delle acque reflue trattate per l’agricoltura, ma “la depurazione è molto limitata in Sicilia e la sua qualità è spesso scarsa“, sottolinea Amato.
Secondo Arpa Sicilia, la regione dispone di 463 impianti di trattamento delle acque reflue, ma solo 388 sono in funzione – e solo il 20% di questi è attualmente autorizzato.

Dalla torrida aria estiva all’acqua potabile: la speranza dell’idrogel per i Paesi caldi

Per molte zone del mondo che devono affrontare problemi di scarsità d’acqua, potrebbe essere in arrivo un faro di speranza: la possibilità di trasformare facilmente l’aria calda in acqua potabile. Negli ultimi anni, i ricercatori dell’Università del Texas di Austin si sono concentrati sull’umidità presente nell’aria come potenziale fonte di acqua potabile per le popolazioni colpite dalla siccità. Grazie a una nuova ricerca, pubblicata nei Proceedings of the National Academy of Sciences, hanno raggiunto un importante traguardo nei loro sforzi per creare acqua potabile: un idrogel ingegnerizzato a livello molecolare che può creare acqua pulita utilizzando solo l’energia della luce solare.

I ricercatori sono riusciti a estrarre l’acqua dall’atmosfera e a renderla potabile utilizzando l’energia solare, in condizioni di temperatura fino a 104 gradi, in linea con il clima estivo del Texas e di altre parti del mondo. Ciò significa che le persone che vivono in luoghi con un eccesso di calore e un accesso minimo all’acqua pulita potrebbero un giorno semplicemente posizionare un dispositivo all’esterno, che produrrebbe acqua per loro, senza alcuno sforzo aggiuntivo.

Con il nostro nuovo idrogel, non stiamo semplicemente estraendo acqua dal nulla. Lo facciamo in modo estremamente veloce e senza consumare troppa energia“, ha dichiarato Guihua Yu, professore di scienza dei materiali e ingegneria presso il Dipartimento di ingegneria meccanica Walker della Cockrell School of Engineering e il Texas Materials Institute. “L’aspetto davvero affascinante del nostro idrogel è il modo in cui rilascia l’acqua. Pensate a un’estate calda come quella texana: potremmo semplicemente sfruttare gli alti e bassi naturali della temperatura, senza bisogno di accendere i riscaldamenti“. Il dispositivo può produrre tra i 3,5 e i 7 chilogrammi di acqua per chilogrammo di gel, a seconda delle condizioni di umidità.

Una caratteristica significativa di questa ricerca è l‘adattabilità dell’idrogel in microparticelle chiamate “microgel“. Questi microgel sbloccano i miglioramenti in termini di velocità ed efficienza che portano questo dispositivo molto più vicino alla realtà. “Trasformando l’idrogel in particelle di microdimensioni, possiamo rendere ultraveloce la cattura e il rilascio dell’acqua”, ha dichiarato Weixin Guan, studente laureato nel laboratorio di Yu e uno dei leader della ricerca. “Questo offre un nuovo tipo di sorbenti altamente efficienti che possono migliorare significativamente la produzione di acqua con cicli multipli giornalieri”.

I ricercatori stanno cercando di migliorare ulteriormente la tecnologia, con l’obiettivo di trasformarla in un prodotto commerciale. Un’area di interesse è l’ottimizzazione dell’ingegneria dei microgel per migliorare ulteriormente l’efficienza. La scalabilità è un importante passo successivo. I ricercatori intendono tradurre il loro lavoro in soluzioni tangibili e scalabili che possano essere utilizzate in tutto il mondo come metodo portatile e a basso costo per creare acqua potabile. Questo potrebbe cambiare la vita di paesi come l’Etiopia, dove quasi il 60% della popolazione non ha accesso all’acqua potabile. “Abbiamo sviluppato questo dispositivo con l’obiettivo finale di renderlo disponibile alle persone di tutto il mondo che hanno bisogno di un accesso rapido e costante all’acqua potabile, in particolare nelle zone aride“, ha dichiarato Yaxuan Zhao, studente laureato nel laboratorio di Yu. Il team sta lavorando ad altre versioni del dispositivo realizzate con materiali organici, che ridurrebbero i costi per la produzione di massa. Il passaggio a progetti più redditizi dal punto di vista commerciale comporta delle sfide, come la produzione su scala ridotta del sorbente che consente l’assorbimento dell’umidità e il mantenimento della durata del prodotto. La ricerca si concentra anche sul rendere i dispositivi portatili per vari scenari applicativi. Questo progetto è sostenuto dal Norman Hackerman Award in Chemical Research della Welch Foundation e dal Camille Dreyfus Teacher-Scholar Award.

La siccità arriva anche nell’umida Scozia: Loch Ness soffre la crisi climatica

Photo credit: AFP

Da un pontile che si protende sul Loch Ness, Gordon Mangus guarda oltre la superficie calma dell’acqua, verso la riva secca e rocciosa. Non ha mai visto il lago più famoso della Scozia a un livello così basso per un periodo così lungo. L’ottantaquattrenne, che è cresciuto vicino al lago conosciuto nella leggenda come la casa del mostro Nessie, è ora il comandante del porto. Quello che sta vedendo quest’anno è “raro” in una regione nota per il suo clima umido e per le acque ricche di salmoni, la cui abbondanza è ora messa in discussione.

Siamo abituati alle piogge, ma non siamo abituati ad avere periodi così secchi“, dice Mangus, intervistato dall’AFP a luglio dopo un mese di giugno in cui in Scozia si è registrato un caldo record. I dati diffusi a maggio dalla Scottish Environmental Protection Agency (Sepa) confermano le osservazioni dell’ottuagenario: le acque dolci del lago, il più grande della Scozia in termini di volume, hanno raggiunto il livello più basso da decenni. Con una profondità di 109 cm nel punto solitamente misurato, il lago non è mai stato così basso da quando è iniziato il monitoraggio all’inizio degli anni Novanta. La situazione è simile in altre regioni come le Highlands, dove un inizio d’anno particolarmente secco ha preoccupato gli specialisti.

Tutti pensano che la Scozia sia umida, ma la siccità sta diventando sempre più frequente a causa dei cambiamenti climatici“, ha dichiarato all’AFP Nathan Critchlow, responsabile delle acque e della pianificazione dell’agenzia ambientale. “Una volta la siccità era molto rara, circa una volta ogni 18 anni. Entro il 2050, ci aspettiamo livelli d’acqua molto bassi circa una volta ogni due anni”, ha aggiunto. Il clima scozzese sta cambiando e stiamo iniziando a vederne le conseguenze“. Sulle rive del Ness, il fiume che scorre dal lago al mare a Inverness, nel nord della Scozia, Brian Shaw indica le rocce visibili come prova dell’abbassamento del livello dell’acqua. Questo pescatore di salmoni spiega che la profondità del fiume è in costante diminuzione da anni, ma che il calo è stato più marcato negli ultimi cinque o sei anni. “Un inverno secco, una primavera molto secca, un giugno molto caldo e il fiume è diventato sempre più piccolo“, osserva. Di conseguenza, il numero di pesci è diminuito e a volte muoiono nei torrenti prosciugati a monte. “Stiamo iniziando a vedere questo tipo di cose che accadono continuamente e credo che ci sia una reale preoccupazione per il futuro dei salmoni“, dice Shaw.

Quando l’acqua scarseggia in estate, aumenta anche la domanda, con un bene scarso da dividere tra agricoltori, pescatori, popolazione locale e imprese. Ad esempio, SSE Renewables, che gestisce una centrale idroelettrica sul Loch Ness, è stata accusata dai pescatori di aver abbassato il livello del lago immagazzinando acqua per generare elettricità. L’azienda nega.

L’acqua sta diventando un bene scarso in questa parte del mondo“, si dispera il signor Shaw. “Tutti cercano di usare l’acqua per i propri bisogni“. Sebbene il ritorno delle piogge abbia portato un po’ di tregua in alcune zone della Scozia nelle ultime settimane, i livelli dell’acqua rimangono bassi o “critici” in alcune aree, secondo la Sepa. L’Ufficio meteorologico del Regno Unito prevede un altro periodo di siccità nel corso dell’estate e gli esperti avvertono che i residenti e le imprese locali dovranno prepararsi a periodi di scarsità d’acqua e inondazioni. Secondo il Comitato per il cambiamento climatico, un organo consultivo i cui membri sono nominati dal governo britannico, i dieci anni più caldi registrati in Scozia si sono verificati tutti a partire dal 1997. La temperatura media tra il 2010 e il 2019 è stata di circa 0,7 gradi superiore alla media registrata tra il 1961 e il 1990.

Crisi climatica e attività umana: Spagna in lotta contro la ‘desertificazione’

Suoli aridi, senza microrganismi, senza vita: in Spagna ripetute siccità e sovrasfruttamento industriale o agricolo fanno temere un’irreversibile progressione di “terre sterili“, capaci di trasformare l'”orto d’Europa” in un territorio inospitale. “La Spagna non diventerà un deserto, con dune come nel Sahara, è morfologicamente impossibile“, spiega Gabriel del Barrio, ricercatore presso la Stazione sperimentale delle zone aride (Eeza) ad Almeria, in Andalusia. Ma la desertificazione, segnata da un intenso “degrado del suolo”, non è meno “preoccupante”, insiste lo specialista della desertificazione.
Sul banco degli imputati: il riscaldamento globale, all’origine di un innalzamento delle temperature che favorisce l’evaporazione dell’acqua e il moltiplicarsi di incendi devastanti, ma anche e soprattutto l’attività umana – e in particolare l’agricoltura intensiva.
Nonostante il suo clima ultra-arido, la provincia di Almeria si è trasformata negli anni nell’orto d’Europa, sviluppando immense coltivazioni in serra: un’area conosciuta come il ‘mare di plastica’, da cui migliaia di tonnellate di pomodori, peperoni e cetrioli vengono prodotti sia d’inverno sia d’estate. Tuttavia, questi 40.000 ettari, irrigati grazie a una falda di diverse migliaia di anni, aggravano il problema “esaurendo le falde acquifere”, spiega Gabriel del Barrio.

Sebbene estremo, questo scenario non è un’eccezione in Spagna. Secondo la Convenzione delle Nazioni Unite per combattere la desertificazione, il 75% del territorio spagnolo è ora soggetto a un clima che può portare alla desertificazione. Il che lo rende il paese europeo più colpito da questo problema. “Questo ci pone in una situazione complessa, dove la combinazione di temperature estreme, siccità e altri fattori aggrava il rischio di erosione, perdita di qualità del suolo”, ha avvertito di recente la ministra per la Transizione ecologica, Teresa Ribera. Secondo il Consiglio superiore spagnolo per la ricerca scientifica (Csic), da cui dipende Eeza, il degrado attivo del suolo è triplicato negli ultimi dieci anni. Un fenomeno tanto più problematico in quanto spesso “irreversibile a misura d’uomo”, insiste.

Incapacità del suolo di trattenere acqua e materia organica, di sostenere colture e bestiame… Per la Spagna, che ha fatto dell’agricoltura un pilastro economico, con quasi 60 miliardi di euro di esportazioni all’anno, questa situazione è motivo di preoccupazione. “L‘erosione del suolo è oggi il problema principale per la maggior parte degli agricoltori in Spagna“, ha affermato l’Unione dei piccoli agricoltori (UPA), parlando di una situazione “grave” che potrebbe avere un “costo economico” significativo.

In Andalusia, questa situazione ha convinto alcuni a rimboccarsi le maniche. “Dobbiamo agire al nostro livello quando possibile” e non “cedere al destino“, esorta Juan Antonio Merlos, proprietario di una fattoria di mandorle di 100 ettari sulle alture di Velez-Blanco, a nord dell’Almería. Con un pugno di allevatori riuniti all’interno dell’associazione AlVelAl, ha avviato nuove pratiche, dette “rigenerative”, rilevando tre anni fa l’azienda agricola dei suoi genitori, ora convertita al biologico. Sperando di “fermare l’erosione” in corso nella regione. Tra queste pratiche: l’uso del letame al posto dei concimi chimici, l’abbandono dei pesticidi “che uccidono gli insetti”, un uso limitato dell’aratura “che danneggia il suolo” e l’uso di coperture vegetali costituite da cereali e leguminose per conservare l’umidità quando la cadono rare piogge.
Al di là di queste nuove pratiche, le associazioni ambientaliste invocano, da parte loro, un cambio di modello, con una riduzione delle superfici irrigate e l’utilizzo di colture a minore intensità idrica. “Dobbiamo adattare le nostre richieste alle risorse effettivamente disponibili“, insiste il WWF.

Coltivare con radici all’aria risparmiando acqua: arriva l’aeroponica di Agricooltur

Coltivare con le radici fuori dal terreno, nebulizzate con acqua e sostanze nutritive in un ambiente completamente controllato, riducendo al minimo l’impiego di pesticidi e con un risparmio idrico del 98% rispetto alle colture tradizionali? È possibile, grazie alla tecnologia aeroponica usata e sviluppata da Agricooltur, una giovane start up torinese, nata nel 2018 dall’idea di Bartolomeo Marco Divià, Stefano Ferrero e Alessandro Boniforte, che hanno unito le loro diverse competenze. “I vantaggi offerti da questo sistema rappresentano la soluzione ideale a ‘gamma zero’, a zero chilometri e a zero residuo: i nostri prodotti arrivano in vendita al consumatore senza esser stati recisi mantenendo così un incredibile standard di freschezza” spiega a GEA il Ceo Divià. Perché nella produzione aeroponica “le nostre piante crescono in appositi vassoi di coltivazione dove il veicolo nutrivo anziché essere la terra è l’acqua vaporizzata, pochissima e arricchita dei nutrienti necessari all’accrescimento.

A differenza dell’idroponica, dove le radici delle piante vengono immerse completamente nell’acqua, l’aeroponica “permette invece di sfruttare dei volumi di acqua inferiori poiché è nebulizzata e la pianta riesce in maniera più efficiente ad assorbire le sostanze nutritive necessarie allo sviluppo. Ad esempio, una pianta di basilico coltivata in aeroponica permette di risparmiare 285,5 litri d’acqua al chilo di prodotto, un’insalata 312,5 chili d’acqua. Una serra produttiva arriviamo anche a risparmiare diversi milioni di litri d’acqua all’anno.” Il vantaggio della tecnologia, inoltre, non sembra essere solo il risparmio idrico, ma anche quello dei fertilizzanti perché quello non necessario alla pianta non viene disperso nei terreni come succede per le agricolture tradizionali. Un altro punto di efficienza importante è il controllo dell’ambiente, ovvero “come temperatura, umidità, immissione e saturazione dell’aria creano il miglior habitat possibile per le piante in coltivazione e minimizzano la proliferazione di malattie e dei fitofagi di vario genere.”

Sembrerebbe la soluzione perfetta per affrontare la grande siccità che sta colpendo molti Paesi europei a causa degli effetti del cambiamento climatico. “Una delle nostre sfide è rendere il progetto esportabile ovunque”, ammette Divià. Per questo Agricooltur ha creato delle piccole cialde essiccate, con una shelf life di cinque mesi, spendibili ovunque. “Cosa succede se si apre un sito ad esempio a Dubai? Noi saremmo in grado di progettare e realizzare una delle nostre serre altamente tecnologiche, con controllo da remoto e provvedere al refill delle materie prime per la coltivazione autonoma tramite le cialde e fertilizzanti. La coltivazione aeroponica potenzialmente potrebbe essere utilizzata per qualsiasi prodotto agricolo”. Sicuramente, però, come viene detto da Divià “per una produzione massiva, penso al mais, vi sarebbe un dispendio economico troppo elevato.

Agricooltur si concentra sul B2B attraverso partnership imprenditoriali che vedono l’azienda impegnata in diversi settori: dal Real Estate, con il progetto Forrest in Town a Milano, alle scuole con percorsi specifici di sensibilizzazione dei ragazzi ai temi di sostenibilità e ambiente. L’offerta per le aziende si completa portando una produzione agricola all’interno della sede che non solo permette di avere ortaggi freschi alla mensa aziendale ma di avere un impatto di estrema rilevanza sui criteri ESG, “influendo positivamente sui rating di sostenibilità aziendale nei parametri Environmental e Social”, continua Divià. E poi, la capillarità sul territorio arriva sviluppando un sistema di Franchising Agri Tech, una proposta innovativa rispetto alle tradizionali Vertical Farm. Urbancooltur, azienda agricola di Agricooltur, nasce come pilot di un Franchisee per la commercializzazione dei prodotti finiti rivolgendosi al canale Ho.Re.Ca e Gdo. I siti di coltivazione Agricooltur sono presenti a Carignano (TO), a Milano CityLife e a Genova nella Radura della memoria. E poi “stiamo per installare un sito di coltivazione al Mind a Milano, polo dell’Innovation Center e un sito a Roma Ostiense”, conclude Divià. La sfida del futuro per Agricooltur sarà quella di portare le coltivazioni ancora più vicine al consumatore per affermare in maniera definitiva il concetto del cm 0.