Blue economy vale oltre 10% di Pil. Musumeci: “Presto disegno di legge in Cdm”

Il mare come nuova leva di sviluppo e risorsa geostrategica. E’ la linea adottata dal governo che, insieme allo Spazio, vede nel dominio subacqueo un nuovo fronte per contare sullo scacchiere internazionale.

Dopo il decreto sulla Space economy presentato dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, il ministro per la protezione civile, Nello Musumeci, annuncia che presto in Cdm arriverà un suo decreto sulla dimensione subacquea: “L’industria ha puntato l’attenzione, parliamo di robotica e della necessità di scoprire una parte dell’80% della dimensione sottomarina che ancora non si conosce“, spiega. Il ministro insiste sulla centralità del mare, “una carta del mazzo mai giocata“, scandisce, e che è in grado di liberare il Sud da quella gabbia ideologica che è la ‘questione meridionale’: “C’è solo una questione ed è nazionale, dobbiamo fare una sintesi“.

In effetti, l’economia del mare vale non poco: con 227.975 imprese e 1.040.172 di occupati, genera un valore aggiunto diretto da 64,6 miliardi di euro, che, se si considera quello attivato nel resto dell’economia, raggiunge i 178,3 miliardi di euro, pari al 10,2% del Pil nazionale.

Il settore è in netta crescita in ogni suo aspetto: cresce il valore aggiunto diretto con un +15,1%, pari a due volte la crescita media italiana si ferma al 6,9%; cresce il valore aggiunto complessivo di quasi un punto percentuale rispetto a quanto rilevato dall’XI Rapporto del 2023; cresce il moltiplicatore, pari quest’anno a 1,8, a fronte dell’1,7% della scorsa rilevazione. Ossia per ogni euro speso nei settori direttamente afferenti alla filiera mare se ne attivano altri 1,8 nel resto dell’economia; crescono gli addetti, con un aumento occupazionale del 6,6%, pari a quasi quattro volte quello registrato nel Paese (1,7%). Rimane, invece, stabile il numero delle imprese. L’istantanea la scatta il XII Rapporto Nazionale sull’Economia del Mare curato dall’Osservatorio Nazionale sull’Economia del Mare Ossermare, Centro Studi Tagliacarne – Unioncamere, Informare, Camera di commercio Frosinone Latina e Blue Forum Italia Network.

Il Rapporto mette sotto la lente di ingrandimento i diversi settori che compongono la forza produttiva “blu”: le filiere dell’ittica e della cantieristica, i servizi di alloggio e ristorazione, le attività sportive e ricreative, l’industria delle estrazioni marine, la movimentazione di merci e passeggeri, la ricerca, regolamentazione e tutela ambiente.

Il futuro dell’Italia, ne siamo convinti, è sullo spazio e sul mare“, conferma Urso, anticipando che il collegato alla manovra economica sullo spazio è in fase di bollinatura e inizierà fra pochi giorni l’iter parlamentare. Ma la blue economy, ricorda, “è direttamente collegata spesso con la nuova tecnologia spaziale“. Un settore vasto, che abbraccia attività diverse e che torna in maniera preponderante all’attenzione dell’Europa. Un’Europa che negli ultimi 30 anni è cresciuta sul piano continentale, ma che ad avviso dei ministri, nei prossimi decenni dovrà crescere nella direttrice meridionale. “L’Europa guardi con più attenzione al Mediterraneo – insiste Musumeci -, perché oggi la partita geopolitica ed economica si gioca a Sud e non nel Mar Baltico“.

Mattarella visita Phi-Lab di Esrin-Esa: “Lo Spazio resti luogo comune per l’umanità”

Sergio Mattarella rilancia il valore della collaborazione scientifica. L’occasione è la visita all’Esrin, il centro di eccellenza dell’Agenzia spaziale europea per l’osservazione dei parametri della Terra, che ha una delle sedi operative a Frascati, nel cuore dei Castelli Romani. Il presidente della Repubblica visita il Phi-Lab, ascolta dalla viva voce di ricercatori e scienziati tutte le operazioni in cui sono impegnati gli esperti provenienti da tutta Europa. “La collaborazione, il lavoro comune in Europa moltiplica le potenzialità di ogni Paese e ne esalta i risultati“, esordisce nel saluto “fuori programma” al termine della visita.

Il capo dello Stato sottolinea come “esaminare, studiare, approfondire l’andamento dei fenomeni che riguardano la Terra, consente benefici sempre più ampi alle persone, grazie alla strumentazione disponibile“. In particolar modo “in quei territori in cui si manifestano fragilità, fenomeni come la siccità, la desertificazione, l’innalzamento delle acque dei mari“, dunque è “un contributo di grande rilievo quello che fornisce l’Esrin in questa dimensione prioritaria delle sfide che si pongono davanti a tutti noi“.

Il video preparato da Esrin-Esa in occasione della visita del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella

 

Mattarella ascolta le parole di Francesca Leonelli, Earth Observation Green Transition Data Application Scientist di Esa, che spiega di apprezzare un aspetto in particolare del suo lavoro: “Poter toccare con mano, quotidianamente, lo spirito di cooperazione concreta tra Paesi diversi, a partire dal lavorare a stretto contatto con i colleghi di diverse nazionalità all’interno dell’Agenzia, all’interagire con i vari consorzi che sviluppano specifici progetti per Esa e quasi sempre formati da squadre di enti provenienti da Paesi diversi“.

Un tema toccato anche da Teodoro Valente, presidente dell’Agenzia spaziale italiana, tra i fondatori dell’Esa: “La cooperazione e la ‘diplomazia spaziale’ sono una delle nostre più grandi ambizioni e sfide“. Asi sarà protagonista, dal 14 al 18 ottobre prossimi, del Congresso Internazionale di Astronautica, che quest’anno si svolgerà in Italia, a Milano, “riunendo l’intera comunità spaziale internazionale, circa 10mila delegati: scienziati, ricercatori, rappresentanti delle agenzie spaziali (inclusa l’Esa), dell’industria e dell’Accademia, studenti e giovani professionisti, Autorità politiche e membri dei diversi Parlamenti provenienti da più di 100 Paesi da sei continenti“.

L’esperienza di Esrin porta alla riflessione di Mattarella, che ribadisce un concetto a lui molto caro: “La ricerca non ha confini, né frontiere da rispettare e osservare, ma è necessariamente comune. Ed è questo che fa crescere e consente benefici all’umanità“.

Del resto, come mette in luce pure il direttore generale dell’Agenzia spaziale europea, Josef Aschbacher, “lo Spazio ricopre un ruolo strategico nel panorama geopolitico, in termini di strumenti a sostegno di politiche europee di prioritaria importanza, come il Green Deal europeo, quella della digitalizzazione e della sicurezza. Inoltre, stimola e si basa sulla cooperazione internazionale e ha un’importante dimensione culturale per l’umanità“.

Il capo dello Stato ascolta, applaude e poi lancia un monito: “E’ fondamentale che lo Spazio resti sempre un luogo comune dell’umanità“. Perché la collaborazione scientifica è “un messaggio importante in questo momento in cui il mondo è sempre più interconnesso, raccolto, in cui le parti sono sempre più ravvicinate”, ma allo stesso tempo presenta “tensioni, in linea contrapposta a quello che si propone la ricerca scientifica e i risultati che ne consegue“, prosegue il capo dello Stato. Dunque, “dimostrare quanto sia importante la collaborazione e quanti risultati faccia pervenire a beneficio dell’umanità, è un messaggio non astratto ma concretamente efficace”, continua. “Lo Spazio è sempre più una dimensione crescente, dominante, protagonista per la vita dell’umanità. E da qui esce un messaggio che vorrei sottolineare il più possibile, di una volontà doverosa e ostinata perché lo Spazio sia sempre un ambito di collaborazione scientifica e internazionale. Sia un luogo comune per l’umanità – conclude il presidente della Repubblica -. Questo è un messaggio fondamentale per il futuro della Terra”.

Il governo rilancia settore minerario italiano e space economy. Urso: “Più autonomia”

Dal sottosuolo al cielo, per avere più autonomia e non restare indietro nella corsa allo spazio. Questo è l’obiettivo del decreto legge e del disegno di legge licenziati in Consiglio dei ministri, “due provvedimenti fondamentali per lo sviluppo e l’indipendenza del nostro sistema produttivo”, rivendica il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.

Il dl sulle materie critiche rilancia il settore minerario ed è anche un passo in direzione dell’Europa, per consentire non solo al Paese ma a tutto il Continente di “vincere la sfida della duplice transizione”, spiega. Il regolamento europeo individua 34 materie prime critiche fondamentali e, dalle vecchie mappe, in Italia ne sono già state individuate 15 “particolarmente importanti e significative”.

Viene quindi avviato un Programma nazionale di esplorazione, vengono semplificate le procedure autorizzative e rafforzato il Fondo Nazionale del Made in Italy. Infine, il decreto si pone l’obiettivo di elaborare sistemi di monitoraggio in caso di perturbazioni dell’approvvigionamento.

Oggi in Europa è importante “puntare ad essere anche un Paese estrattore” di materie prime critiche, sottolinea l’inquilino di Palazzo Piacentini: “Non possiamo diventare dipendenti dall’estero, altrimenti cadremmo dalla padella alla brace, dalla dipendenza dal fossile russo che abbiamo tanto pagato e che pagano purtroppo gli ucraini con la loro vita, alla dipendenza dalla tecnologia e delle materie prime critiche lavorate in altri continenti e poi importate in Europa”.

Nella carta nazionale, ci sono anche miniere chiuse, alcune per esaurimento, dove ci sono solo i materiali di risulta che, viste le condizioni attuali dei prezzi, “possono essere convenienti”, evidenzia il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto. Al momento nel Paese ci sono anche dei grandi giacimenti, “si tratterà di verificare le condizioni di detraibilità, che sono da valutare caso per caso”, precisa il responsabile del Mase, portando l’esempio del cobalto presente in buona quantità al confine tra Piemonte e Liguria.

Sulla pericolosità delle estrazioni, Urso tranquillizza: “Rispetto a 30-40 anni fa la tecnologia è del tutto cambiata. Oggi esistono dei programmi e progetti spaziali, attraverso satelliti o droni, che sono in grado di analizzare il suolo per centinaia di metri senza bucare. Questo vale anche per la tecnologia estrattiva”.

Il servizio geologico dell’Ispra si occuperà di portare avanti il programma di esplorazione, che include “mappatura dei minerali, campagne geochimiche, indagini geoscientifiche, elaborazione dei dati”. “Al momento il finanziamento, e che riguarda Ispra, è di 3,5 milioni: è la copertura nell’immediato, poi in sede di legge di Bilancio si vedranno le necessità, perché si tratta dell’aggiornamento della Carta mineraria”, scandisce Pichetto.

La misura consentirà di accorciare i tempi delle autorizzazioni: “Oggi la media per l’attività estrattiva in Europa è 9-12 anni. In Cina è 3 mesi. Questo regolamento ci renderà competitivi con altri grandi attori”, fa sapere il ministro.

Con le materie prime critiche, il Cdm ha dato il via libera anche al ddl sulla Space Economy, per consentire alle imprese di “essere protagoniste nella colonizzazione dello spazio”, scandisce Urso. Un settore per il quale, nel complesso, sono stati collocati 7 miliardi e 300 milioni di euro tra fondi Pnrr, fondi nazionali, fondi attribuiti all’agenzia spaziale europea e all’Agenzia spaziale italiana da qui al 2026. Con la legge quadro sullo spazio l’Italia dà, prima in Europa, un quadro normativo che consentirà al paese e alle nostre imprese di diventare “protagonisti in questa nuova avventura”.

Il disegno di legge, per il Mimit, “pone l’Italia all’avanguardia tra i grandi player globali e anticipa le intenzioni dell’Unione europea in merito a un regolamento per il settore”. Il provvedimento, collegato alla legge di bilancio, colma un vuoto nell’ordinamento. Frutto di mesi di concertazione con i principali attori pubblici e privati del settore, il ddl regolamenta l’accesso allo spazio da parte dei privati. Viene prevista la necessità di un’autorizzazione sia per gli operatori stranieri che intendono condurre attività spaziali dal territorio italiano, sia per quelli nazionali che operano da un territorio estero.

Oltre allo spazio, a settembre arriverà la legge quadro sulla Blu economy, prevista nell’ultima Manovra. “Quindi da una parte lo spazio dall’altro il mare, settori in cui l’Italia da sempre riesce a svolgere un ruolo di traino un ruolo protagonista”.

Lanciato il satellite EarthCARE: studierà gli effetti delle nuvole sul clima terrestre

Photo credit: ©ESA

Il satellite EarthCARE dell’Agenzia spaziale europea è decollato la scorsa notte dalla California per esplorare in dettaglio gli effetti delle nuvole sul clima, ancora poco conosciuti nonostante il loro ruolo chiave. Il lancio è avvenuto dalla base aerea di Vandenberg, negli Stati Uniti occidentali, alle 15.20 ora locale, le 00.20 italiane, a bordo di un razzo Falcon 9 di SpaceX. “Abbiamo iniziato il volo”, ha scritto l’Agenzia spaziale europea (Esa) sul suo sito web.

Il satellite da 2,2 tonnellate, progettato da Airbus, opererà a 400 chilometri sopra la Terra. Secondo l’Esa, dovrebbe “rivoluzionare” la nostra comprensione degli effetti delle nuvole sul clima. “Il decollo di questa sera ci ricorda che lo spazio non serve solo per esplorare galassie e pianeti lontani, ma anche per capire la nostra bella e fragile Terra”, ha dichiarato il direttore dell’Esa Josef Aschbacher in un video pubblicato sui social network.

Cumuli, cirri, cumulonembi… le nuvole sono oggetti complessi che influenzano il clima in modo diverso a seconda della loro altitudine nella troposfera, lo strato più basso dell’atmosfera. Sono “uno dei principali fattori che contribuiscono al cambiamento climatico e uno dei meno conosciuti”, ha dichiarato all’Afp Dominique Gilliéron, capo del Dipartimento progetti di osservazione della Terra dell’Esa. Alcune, come le nubi cumuliformi, costituite da vapore acqueo e situate piuttosto in basso, funzionano come un ombrello: molto bianche e molto luminose, riflettono i raggi del Sole verso lo spazio – un effetto noto come albedo – e raffreddano l’atmosfera. Altre, come i cirri d’alta quota, formati da ghiaccio – nubi sottilissime il cui velo è visibile da un aereo – lasciano passare la radiazione solare, riscaldando la Terra. Quest’ultima riemette radiazioni termiche che “i cirri catturano, trattenendo il calore, come una coperta di sopravvivenza”, ha spiegato Dominique Gilliéron in conferenza stampa. Da qui l’importanza di valutare la natura delle nubi a diverse altitudini sezionando la loro struttura verticale, cosa che nessun satellite ha fatto finora, ha sottolineato Simonetta Cheli, direttore dei programmi di osservazione della Terra all’Esa.

La missione “pionieristica” dell’Esa, in collaborazione con l’agenzia giapponese Jaxa, studierà anche gli aerosol, minuscole particelle in sospensione (polvere, pollini, inquinanti umani come le ceneri di combustione, ecc.) su cui si condensa l’acqua e che sono precursori delle nuvole. I due strumenti “attivi” di EarthCARE invieranno la loro luce verso le nuvole e calcoleranno il tempo di ritorno. Il Lidar (Laser Imaging Detection and Ranging) emetterà luce ultravioletta per studiare le nubi sottili e gli aerosol. Il radar sarà in grado di “vedere attraverso” gli strati opachi delle nuvole per determinarne la composizione in termini di acqua solida (sotto forma di goccioline). EarthCARE è inoltre dotato di un imager multispettrale, che fornirà informazioni sulla forma delle nubi, e di un radiometro per sondarne la temperatura. Tutti i parametri fisici delle nuvole saranno quindi misurati simultaneamente sotto il satellite – una novità assoluta.

Secondo l’Esa, queste informazioni sono “attese con impazienza” dalla comunità scientifica, che sta cercando di perfezionare i propri modelli climatici per valutare il bilancio radiativo della Terra, ossia l’equilibrio tra le radiazioni che il nostro pianeta riceve dal Sole e quelle che emette. L’idea è quella di prevedere “se l’attuale effetto delle nuvole, che al momento si sta raffreddando, (…) si rafforzerà o si indebolirà”, ha spiegato Dominique Gilliéron. Per il momento, “l’effetto ombrello supera l’effetto coperta”, ha confrontato. Ma il futuro è incerto, perché il riscaldamento globale sta cambiando la distribuzione delle nuvole. La missione europea, della durata prevista di tre anni, subentra ai satelliti CloudSat e Calipso della Nasa, le cui spedizioni sono ormai terminate.

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Blandini (Cira): “Garantire all’Europa l’accesso diretto allo spazio”

Il contributo dei centri di ricerca è decisivo perché l’ambito della space economy richiede una ricerca a breve, medio e lungo termine che sono i centri di ricerca possono assicurare. In Europa e in Italia abbiamo delle competenze di assoluta eccellenza nell’ambito spazio, naturalmente dovremo svilupparla insieme in un contesto europeo per poter raggiungere quel tipo di risultati. Ma una prospettiva importante è quella di garantire all’Europa l’accesso diretto allo spazio e spero che a breve ci riusciremo”. Così Antonio Blandini, presidente del Cira, di Esre e di Erea, a margine dell’evento ‘Space Economy: Definire le regole per sfruttare le opportunità’, organizzato da Withub, Gea, Eunews Fondazione Art.49 a Roma. “Naturalmente – ha aggiunto – la regolazione può aiutare e favorire ma non risolve di per sé. Quello che è importante è individuare le giuste risorse che vanno utilizzate per supportare la ricerca e le imprese, come è stato fatto negli Stati Uniti. Dovremmo molto imparare rispetto a quello che è stato lo sviluppo della space economy lì per importare qui lo stesso schema“.

Allarme dell’europarlamento: Troppi detriti nello spazio, serve una green economy anche in orbita

L’Unione europea ha un problema con le discariche. Non quelle di terra, per cui l’Italia si è contraddistinta, e non in bene, con procedure d’infrazione. C’è una vera e propria discarica spaziale, fatta di tanti, tantissimi residui che adesso iniziano a diventare un problema. Messa in orbita di satelliti, missioni di osservazione, trasferimento di astronauti: un’attività che adesso presenta il conto, che rischia di essere molto alto. Tanto da far suonare il campanello d’allarme. Ad attivarlo il Centro studi e ricerche del Parlamento europeo, in un’analisi dedicata al tema della sostenibilità in orbita. Tutta da rivedere.

“Oggi, 128 milioni di oggetti più grandi di 1 mm (di cui 34.000 sono più grandi di 10 cm e 900.000 più grandi di 1 cm) ruotano nello spazio a 7 km/s”, denuncia il documento. Un accumulo di detriti che “potrebbe ostacolare la nostra futura esplorazione e sfruttamento dello spazio” tanto che “nel prossimo futuro l’osservazione dell’universo dalla Terra potrebbe diventare impossibile”. Già. Perché, spiegano i realizzatori della pubblicazione, i detriti spaziali aumentano la luce nel cielo e così facendo “ostacolano l’osservazione astronomica e danneggiano la radiofrequenza, entrambe le quali necessitano di un cielo buio e silenzioso”. Da qui l’invito, a livello europeo, a rimettere mano alla ‘space-economy’, in particolare lavorando su “ulteriori programmi di ricerca sulla sostenibilità spaziale, ad esempio per valutare l’impatto sull’atmosfera superiore della combustione dei metalli durante i rientri dei satelliti”.

Un’opzione che non sembra più rinviabile, visto che già “attualmente più di 8.000 veicoli spaziali creano detriti scontrandosi con i detriti spaziali in orbita attorno alla Terra” e in prospettiva questo traffico in orbita è destinato ad aumentare. L’industria spaziale, soprattutto la produzione di satelliti, la produzione di apparecchiature di supporto a terra e l’industria dei lanci, “è in rapida crescita”. Questa corsa allo spazio e alla messa in orbita “crea sfide di sostenibilità ambientale come l’impatto dei rientri o l’inquinamento luminoso che ostacola l’osservazione astronomica e gli impatti ambientali sulla Terra stessa”. Ecco perché occorre “migliorare la sostenibilità spaziale”, raccomanda l’analisi del centro studi e ricerche dell’Europarlamento. Perché ciò sia possibile “sono necessarie un’azione politica e una migliore regolamentazione dei lanci di satelliti commerciali”, e in tal senso “questo regolamento dovrebbe essere incorporato nella politica ambientale dell’Ue”.

La sfida, però, sarà soprattutto economica. Al netto di iniziative legislative serviranno risorse. “Una posizione europea di impatto richiederebbe investimenti nell’innovazione e sostegno alle start-up e alle aziende che possono svolgere un ruolo nell’economia spaziale”. Si suggerisce l’introduzione di un sistema di etichettatura sostenibile. “L’uso sistematico di strumenti di valutazione della sostenibilità spaziale potrebbe aiutare a incoraggiare gli attori spaziali a progettare e realizzare missioni spaziali più sostenibili e più responsabili per la sostenibilità a lungo termine dell’ambiente spaziale”.

Coltivare insalata nello spazio? Troppo alto il rischio di infezioni batteriche

Coltivare l’insalata nello spazio? Potrebbe non essere una buona idea. La lattuga e le altre verdure a foglia verde fanno parte di una dieta sana ed equilibrata, anche per gli astronauti in missione. Sono passati più di tre anni da quando la National Aeronautics and Space Administration ha inserito la l’insalata coltivata nello spazio nel menu degli astronauti a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. Accanto alle tortillas di farina e al caffè in polvere, i cosmonauti possono mangiare lattuga coltivata in camere di controllo a bordo della Iss che tengono conto della temperatura ideale, della quantità di acqua e di luce di cui le piante hanno bisogno per maturare.

Ma c’è un problema. Sulla Stazione spaziale internazionale sono presenti molti batteri e funghi patogeni e molti di questi microbi sono molto aggressivi e possono facilmente colonizzare i tessuti della lattuga e di altre piante. Una volta che le persone mangiano verdura colpita da E. coli o Salmonella, possono ammalarsi.
Con i miliardi di dollari che la Nasa e le aziende private come SpaceX investono ogni anno nell’esplorazione dello spazio, alcuni ricercatori temono che un’epidemia di malattie alimentari a bordo della Stazione spaziale internazionale possa far deragliare le missioni

In una nuova ricerca pubblicata su Scientific Reports e su npj Microgravity, i ricercatori dell’Università del Delaware hanno coltivato lattuga in condizioni che imitavano l’ambiente senza peso a bordo della Stazione spaziale internazionale. Gli scienziati hanno hanno scoperto che le piante sottoposte alla microgravità simulata erano in realtà più inclini a contrarre infezioni da un agente patogeno umano, la Salmonella.

Gli stomi, i minuscoli pori delle foglie e degli steli che le piante usano per respirare, normalmente si chiudono quando percepiscono un fattore di stress, come i batteri, nelle vicinanze. Ma quando i ricercatori hanno aggiunto batteri alla lattuga durante la simulazione di microgravità, hanno scoperto che le verdure a foglia aprivano gli stomi invece di chiuderli.

Secondo la Nasa, circa sette persone alla volta vivono e lavorano sulla Stazione spaziale internazionale. Non è un ambiente minuscolo – è grande quanto una casa con sei camere da letto – ma è comunque il tipo di luogo in cui i germi possono creare scompiglio. Quindi, se le piante aprono gli stomi in un ambiente di microgravità e permettono ai batteri di entrare facilmente, cosa si può fare?

La risposta non è così semplice. “Iniziare con semi sterilizzati è un modo per ridurre i rischi di avere microbi sulle piante”, spiegano i ricercatori. “Ma poi i microbi possono trovarsi nell’ambiente spaziale e in questo modo possono arrivare sulle piante”. Gli scienziati potrebbero dover modificare la genetica delle piante per impedire loro di aprire gli stomi nello spazio ed è in questa direzione che sta andando la ricerca.

Dai rifiuti spaziali all’agricoltura satellitare: a Houston l’Italia che innova

Flotte di sonde aerostatiche coordinate dall’intelligenza artificiale, nanosatelliti che “danno la caccia” ai detriti spaziali, e propulsori made in Italy tra i più avanzati sul mercato. Sono alcune delle soluzioni innovative proposte dalle sei aziende italiane che stanno partecipando a Houston, in Texas, nel luogo simbolo della storia dell’esplorazione spaziale, alla prima edizione di ‘Space it Up‘, il programma di accelerazione d’impresa creato da Ice, l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, e dall’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), in collaborazione con la Space Foundation, la principale associazione americana che riunisce i vari stakeholder del settore aerospaziale promuovendo attività di formazione, ricerca e innovazione tecnologica.

Space it Up, al via ufficialmente il 28 agosto, segue un percorso di sei settimane. La prima con attività preparatorie da remoto, e le restanti cinque a Houston, a partire dall’evento di kick-off di che si è tenuto l’1settembre. Tutte le attività di mentorship, i workshop e i momenti di networking con l’ecosistema aerospaziale texano si tengono al The Ion Houston, il principale centro di innovazione della città. Una full immersion che culminerà con il Demo Day del 27 settembre, in cui le aziende potranno mettere a frutto il lavoro delle settimane precedenti presentando le loro soluzioni innovative ai principali stakeholder del territorio. Un’opportunità importante per stringere relazioni e accordi commerciali oltreoceano, trovare clienti o capitali.

Il programma Space it Up non si esaurisce però nell’arco di queste settimane e punta a diventare in breve tempo una piattaforma di dialogo permanente tra gli attori italiani e statunitensi del settore space-tech: questo anche grazie a uno Spazio collaborativo “phygital” che faciliterà l’incontro, lo scambio e le occasioni di business tra imprenditori, innovatori e ricercatori. La piattaforma, attiva da settembre per 365 giorni l’anno, è stata realizzata in partnership tra l’ufficio ICE della città texana e Village Insights, leader per la costruzione di community di settore.

 

Con un fatturato 2022 di 13 miliardi di euro e un export di 6,5 miliardi in crescita del 17,7% rispetto al 2021, il comparto aerospaziale italiano rappresenta oggi un settore in rapida crescita, fiore all’occhiello del Made in Italy e sempre più presente nella realizzazione di missioni internazionali. La new space economy è un driver di crescita strategica per il Paese che può vantare l’esser presenti con, principalmente, cinque poli produttivi regionali, su tutta la filiera: dalla costruzione e operazione di razzi vettori, alla costruzione di satelliti, acquisizione di dati dallo Spazio e gestione di immagini e big data. Non da meno la capacità di sviluppo del know how trasversale delle nostre aziende che potenzialmente permette loro di rispondere efficacemente a tutte le esigenze del comparto aerospaziale” spiega il Presidente dell’Agenzia Ice Matteo Zoppas.

Le aziende del comparto si rivolgono con sempre maggiore attenzione, nel processo di internazionalizzazione delle loro attività, sia verso i grandi committenti esteri, sia verso i produttori di sistemi e sottosistemi”, sostiene il Direttore Generale dell’Agenzia ICE Lorenzo Galanti. “Partecipano ai grandi saloni e air show con il supporto dell’ICE, dove hanno l’opportunità di effettuare incontri per collaborazioni produttive. Il nostro ruolo è di portare i distretti produttivi nazionali sul mercato mondiale e al contempo di invitare in Italia buyers dall’estero, per favorire il sempre maggiore inserimento del sistema aerospaziale italiano nei processi di sviluppo tecnologico del settore a livello internazionale”.

A valorizzare l’iniziativa anche la stretta collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e la partnership con Space Foundation. Tra le più importanti agenzie spaziali a livello mondiale, ASI contribuirà al programma mettendo a disposizione risorse ed expertise importanti per permettere alle aziende di competere sul mercato internazionale, mentre l’autorevolezza della Space Foundation nel panorama statunitense garantirà un punto di accesso privilegiato all’ecosistema. “Il mercato USA rappresenta un riferimento strategico per le industrie spaziali italiane e Houston uno degli epicentri. In questo contesto si delineano i più avanzati trend innovativi dello Spazio a livello globale. È anche grazie alla partnership con gli USA che la nostra industria nel passato ha avuto l’opportunità di costruire le solide competenze che abbiamo oggi. Per questo nell’ambito delle nostre iniziative per l’internazionalizzazione industriale, sosteniamo la collaborazione con ICE e abbiamo proposto il lancio di una iniziativa verticale di accelerazione per il settore Spazio che vada a beneficio di giovani imprese italiane con ottime prospettive di innovazione e crescita“, ricorda Teodoro Valente presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana. “Dalla culla del Rinascimento alle frontiere del cosmo, la tradizione di innovazioni spaziali dell’Italia non conosce limiti – fa eco Kelli Kedis Ogborn, vicepresidente per il commercio e l’imprenditoria spaziale di Space Foundation -. Con il suo patrimonio di progressi scientifici, l’Italia torna a scrivere un nuovo capitolo della storia, questa volta con un’attenzione più ampia alla collaborazione internazionale e a una crescita significativa di un ecosistema spaziale globale in evoluzione“.

L’Esa al lavoro per una vita sostenibile sulla Luna. Obiettivo ‘zero rifiuti’

Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità“. E’ il 20 luglio 1969, e Neil Armstrong compie la prima camminata sulla Luna. Immagini e frasi che segnano un’epoca e che, a distanza di oltre mezzo secolo, vedono l’uomo proiettato sempre di più sul satellite della Terra. Tanto che l’Agenzia spaziale europea (Esa) lavora a questo scenario futuristico, in chiave sostenibile. La vita sulla Luna è davvero possibile? La risposta è scontata, visto che l’organizzazione internazionale ci sta lavorando. Una cosa sembra certa: “Non ci saranno rifiuti”. Che sia una questione di gravità o la voglia di non ripetere l’esperienza del pianeta Terra, un progetto specifico ha studiato un nuovo metodo di stampa 3D che potrebbe consentire il riutilizzo di rottami metallici recuperati da vecchi veicoli spaziali o lander (le navicelle d’atterraggio) per la produzione sulla Luna di nuove parti ad alte prestazioni.

Nessuno scherzo né sceneggiature per film di fantascienza. “Questo progetto ha dimostrato che la tecnologia Lmm per produzione di metalli basata sulla litografia è in grado di utilizzare polvere riciclata per il materiale di base e fornire un flusso di lavoro sostenibile a zero rifiuti”, commenta Gerald Mitteramskogler, amministratore delegato di Incus, azienda austriaca tra i capofila del progetto.

Nel concepire una presenza umana stabile e fissa sulla Luna si ragiona a modelli di vita e modelli economici. Ebbene, continua l’Esa, “per stabilire un’economia lunare vitale, i futuri coloni dovranno utilizzare tutte le risorse a loro disposizione, compresi i rottami metallici”. Vuol dire riciclo e riuso. In estrema sintesi: economia circolare al 100%. Obiettivo imprescindibile, perché per rimanere sulla Luna uomini e donne del futuro “dovranno superare le sfide ambientali, in particolare l’elevata probabilità che i processi di produzione vengano contaminati dalla polvere lunare”. Da qui la voglia di andare avanti. I risultati raggiunti sono incoraggianti, e né l’Esa né Incus intendono fermarsi. “Prevediamo che ulteriori sviluppi nelle tecnologie di riciclaggio dei metalli apriranno la strada a materiali metallici con processi di sinterizzazione più consolidati per l’ambiente lunare”, confida Mitteramskogler.

Anche all’Agenzia spaziale europea si ostenta ottimismo. “Considerando la sfida di riportare gli esseri umani sulla Luna e costruire una base, il tema dell’utilizzo delle risorse in situ sta guadagnando slancio significativo”, sottolinea Martina Meisnar, funzionario tecnico dell’Esa per il progetto. “Metodi di produzione come Lmm sono ottimi candidati per supportare tale impresa”. A distanza di oltre mezzo secolo dalla passeggiata di Armostrong la corsa alla Luna dunque prosegue. Ma in ottica sostenibile.

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La Nasa lancia in orbita ‘Tempo’: misurerà inquinamento in Nord America

La nasa ha lanciato in orbita, dalla Florida, un satellite che trasporta un nuovo strumento che permetterà di misurare l’inquinamento atmosferico in Nord America ora per ora, quartiere per quartiere. Si chiama ‘Tempo‘ e dovrebbe consentire di monitorare la diffusione degli inquinanti in modo molto più accurato di quanto fatto finora, a partire dalla loro fonte e durante la loro propagazione tramite il vento.

I dati raccolti saranno utilizzati dall’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente (EPA) e dall’Agenzia nazionale oceanica e atmosferica (NOAA), responsabile delle previsioni sulla qualità dell’aria negli Stati Uniti. Le applicazioni sono numerose: migliorare gli avvisi ai residenti in caso di cattiva qualità dell’aria, determinare meglio dove installare nuovi rilevatori a terra e aiutare la ricerca sull’impatto degli inquinanti atmosferici sulla salute. Ma anche per monitorare l’inquinamento causato dagli incendi, sempre più frequenti a causa del riscaldamento globale.

Secondo l’American Lung Association, circa il 40% degli americani (137 milioni di persone) vive in aree con scarsa qualità dell’aria. I quartieri più poveri sono colpiti in modo sproporzionato.
L’inquinamento atmosferico causa circa 60.000 morti premature all’anno negli Stati Uniti. È inoltre dannoso per l’economia, in quanto influisce sulla produttività dei lavoratori e sui raccolti.
I satelliti utilizzati finora per effettuare questo tipo di rilevazione negli Stati Uniti si trovano a un’altitudine di circa 700 km e girano intorno alla Terra circa 15 volte al giorno. “Così ogni giorno possiamo avere misurazioni sopra New York alle 13.30, per esempio“, spiega Caroline Nowlan, fisica dell’atmosfera presso il Center for Astrophysics, durante una conferenza stampa. Ma “a New York succedono molte cose in un giorno. Ci sono due ore di punta che non possiamo misurare“.

TEMPO, che pesa poco meno di 140 kg, sarà collegato a un satellite in orbita geostazionaria, a un’altitudine di oltre 35 000 km. Ruoterà quindi intorno alla Terra nello stesso momento in cui questa ruota su se stessa, permettendole di rimanere sopra il continente nordamericano. “Per la prima volta, saremo in grado di effettuare misurazioni orarie sopra il Nord America”, dichiara Caroline Nowlan. L’orbita geostazionaria è molto comune per i satelliti di comunicazione e TEMPO si basa su uno di essi: il satellite IS-40e di Intelsat.

Il satellite è decollato alle 12.30 (04.30 GMT) di venerdì a bordo di un razzo SpaceX Falcon 9 dal Kennedy Space Center in Florida. Il satellite effettuerà ulteriori spinte per posizionarsi nell’orbita corretta, il che dovrebbe richiedere circa due settimane, secondo Jean-Luc Froeliger, vicepresidente di Intelsat. A quel punto potranno iniziare le operazioni.
TEMPO opererà analizzando la luce riflessa dalla superficie delle nuvole, utilizzando uno spettrometro. Ogni gas assorbe la luce in modo diverso, quindi “possiamo vedere cosa c’è nell’atmosfera attraverso i colori, o le lunghezze d’onda, della luce che viene assorbita“, ha spiegato Caroline Nowlan.

Verranno effettuate tre misurazioni principali. In primo luogo, il biossido di azoto prodotto dalla combustione, in particolare dalle automobili a benzina o diesel, ma anche dalle centrali elettriche a carbone o a gas. Poi l’ozono, che quando è alto nell’atmosfera ci protegge dai raggi solari, ma diventa dannoso per la nostra salute quando si trova al suolo. Infine, la formaldeide, che può essere utilizzata per dedurre la presenza di composti organici volatili. Questi ultimi sono “ciò che rende certe cose odorose, come la vernice, la benzina o i pennarelli“, spiega la signora Nowlan. TEMPO, che opererà per almeno due anni ma quasi certamente per molto più tempo, si aggiunge alla flotta di circa 25 missioni di osservazione della Terra della NASA. Uno strumento simile a TEMPO, chiamato GEMS, è già in orbita geostazionaria e svolge la stessa missione sull’Asia dal suo decollo nel 2020. Un altro, Sentinel-4, è previsto a partire dal 2024 per coprire l’Europa.