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I morti per malattie cardiovascolari aumentano con uragani e temperature estreme

Le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte in tutto il mondo e sono responsabili di circa un decesso su tre, con oltre 20 milioni di vittime registrate nel 2021, secondo l’ultimo rapporto della World Heart Federation. I miglioramenti nella prevenzione, nel trattamento e nell’intervento delle malattie cardiache hanno portato a una sostanziale diminuzione dei decessi per cause cardiovascolari negli ultimi decenni, ma i cambiamenti climatici causati dalla continua combustione di combustibili fossili potrebbero compromettere questi progressi.

Nel corso dell’ultimo secolo, la temperatura media globale è aumentata di oltre due gradi Fahrenheit, provocando cambiamenti a lungo termine nei modelli meteorologici medi, disturbi agli ecosistemi e innalzamento del livello dei mari. Inoltre, i 10 anni più caldi mai registrati si sono verificati tutti nell’ultimo decennio.

I ricercatori del Beth Israel Deaconess Medical Center (BIDMC) hanno condotto una revisione sistematica di 492 studi osservazionali per determinare se esiste un legame tra i fattori di stress ambientale legati al cambiamento climatico e le malattie cardiovascolari. Gli scienziati hanno scoperto che le temperature estreme e gli uragani sono fortemente associati a un aumento della mortalità e dell’incidenza delle malattie cardiovascolari e che gli adulti più anziani, gli individui appartenenti a popolazioni etniche minoritarie e quelli provenienti da comunità a basso reddito sono colpiti in modo sproporzionato. I risultati sono pubblicati su JAMA Cardiology.

“Il cambiamento climatico sta già influenzando la nostra salute cardiovascolare; l’esposizione al caldo estremo può influire negativamente sulla frequenza cardiaca e sulla pressione sanguigna; l’esposizione all’ozono o allo smog degli incendi boschivi può scatenare un’infiammazione sistemica; vivere un disastro naturale può causare disagio psicologico; gli uragani e le inondazioni possono interrompere la fornitura di assistenza sanitaria a causa di interruzioni di corrente e di interruzioni della catena di approvvigionamento; a lungo termine, si prevede che il cambiamento climatico produrrà un calo della produttività agricola e della qualità nutrizionale dell’offerta alimentare, che potrebbe compromettere anche la salute cardiovascolare”, ha dichiarato l’autore corrispondente Dhruv S. Kazi, direttore associato del Richard A. and Susan F. Smith Center for Outcomes Research del BIDMC. “Sappiamo che questi percorsi hanno il potenziale di minare la salute cardiovascolare della popolazione, ma l’entità dell’impatto e quali popolazioni saranno particolarmente suscettibili necessitano di ulteriori studi”.

Irruzione scandinava: arrivano piogge, venti forti e un brusco calo termico

In questa settimana il sole e il caldo del weekend appena trascorso saranno solo un ricordo: è atteso infatti l’arrivo di un’insidiosa irruzione di aria fredda proveniente dalla Scandinavia, destinata a destabilizzare il tempo (e il clima) almeno su parte del nostro Paese. Antonio Sanò, fondatore del sito www.iLMeteo.it comunica che a partire da martedì 16 aprile si registrerà una svolta a livello emisferico.

Tutta ‘colpa’ di una vasta area depressionaria localizzata tra la Finlandia e la Svezia che riuscirà a pilotare correnti d’aria di origine polare (quindi molto fredde e instabili) fin sul bacino del Mediterraneo, innescando una fase di maltempo. Le zone a maggiore rischio di precipitazioni saranno il Nord Est e, successivamente, il Centro-Sud (qui soprattutto da metà settimana): l’irruzione di Bora sul versante Adriatico favorirà infatti la formazione di un profondo ciclone che scatenerà venti forti e temporali. A causa dei forti contrasti che potrebbero venirsi a creare tra masse d’aria diverse non escludiamo la possibilità di eventi estremi come grandinate e nubifragi: dopo la fase di caldo anomalo dei giorni scorsi, è aumentata infatti l’energia potenziale in gioco (caldo e umidità) nei bassi strati dell’atmosfera e di conseguenza il rischio di forti temporali.

Anche le temperature subiranno uno scossone, tanto che potrebbero portarsi fin sotto le medie climatiche di riferimento: la differenza potrebbe risultare ancor più marcata considerando che arriveremo da un periodo più simile all’inizio dell’Estate che al mese di aprile. Il crollo termico interesserà soprattutto le regioni di Nordest e gran parte del Centro-Sud: su queste zone, entro giovedì 18, i termometri potranno crollare anche di 14/15°C rispetto a questi giorni.

caldo record

INFOGRAFICA INTERATTIVA Clima, le anomalie globali di temperatura dal 1880 al 2023

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA, su dati forniti da Copernicus, sono illustrate le anomalie termiche registrate a livello globale dal 1880 al 2023 rispetto alla media 1951-1980. Secondo l’Accordo di Parigi del 2015 l’incremento della temperatura deve essere contenuto entro 1,5 °C rispetto al periodo pre industriale; a settembre 2023 il dato era già a +1,21 °C.

Barriera corallina

I coralli che non ti aspetti: ecco come si adattano ai cambiamenti climatici

I fattori che influenzano la resilienza dei coralli – cioé la loro capacità di adattarsi e sopravvivere ai cambiamenti ambientali – sembrano essere più sfumati di quanto gli scienziati credessero. In uno studio pubblicato il 18 ottobre sulla rivista Global Change Biology, i ricercatori hanno rivelato risultati sorprendenti su una specie comune alle acque dei Caraibi. La scoperta potrebbe contribuire a migliorare gli sforzi per salvare i coralli dallo sbiancamento e da altre conseguenze del cambiamento climatico. Un team guidato dalla professoressa Carly Kenkel del Dornsife College of Letters, Arts and Sciences dell’USC ha studiato il corallo stellato di montagna, Orbicella faveolata, per determinare se le popolazioni che sono sopravvissute a temperature più elevate possono trasmettere la loro tolleranza al calore alla ‘prole’. E con grande sorpresa degli scienziati, i risultati hanno mostrato il contrario: la progenie di una popolazione meno tollerante al calore si è comportata meglio quando è stata esposta alle alte temperature rispetto alle controparti di una popolazione tollerante al calore.

Questi risultati contrastano con l’idea comunemente diffusa tra gli scienziati secondo cui se i ‘genitori’ dei coralli sono in grado di sopportare il caldo, dovrebbero esserlo anche i loro ‘figli’. Il cambiamento climatico minaccia la sopravvivenza delle barriere coralline a livello globale. L’aumento delle temperature oceaniche ha portato allo sbiancamento, che li indebolisce e li rende più suscettibili alle malattie.

Per valutare quali coralli sono in grado di gestire più facilmente le temperature elevate, gli scienziati hanno raccolto le cellule riproduttive, cioè i gameti, da due diversi siti della barriera corallina nelle Florida Keys. Uno si trova vicino alla costa e l’altro più al largo. I ricercatori hanno allevato i coralli in un ambiente controllato e hanno esposto le larve a condizioni di stress termico in laboratorio, misurando poi la sopravvivenza. La scoperta inaspettata che le larve di corallo della popolazione meno tollerante al calore sono sopravvissute meglio e hanno mostrato meno segni di stress suggerisce che la capacità della prole di gestire il calore potrebbe essere influenzata da vari fattori, tra cui se e quanto spesso i genitori si sono sbiancati in passato o hanno subito altre pressioni ambientali.

Ora serviranno ulteriori ricerche per confermare i risultati. Lo studio si concentra su una specifica specie di corallo, e specie diverse potrebbero comportarsi in modo differente. Inoltre, la ricerca si è svolta in un laboratorio controllato e molti fattori, oltre alla temperatura, influenzano le barriere coralline in natura. Svelando i segreti della capacità dei coralli di resistere all’aumento delle temperature, gli scienziati potrebbero trovare nuovi modi per aiutare questi ecosistemi essenziali a prosperare in un mondo che cambia.

Dal weekend nuova ondata di caldo africano per almeno 10 giorni

Dopo pochi giorni dalla fine di luglio, mese più caldo della storia, le temperature si mitigano: localmente, la notte, i valori sono quasi autunnali. Nel fine settimana, però, arriva dalla Spagna il ‘Cammello’, anticiclone subtropicale. Si prevedono 38 gradi in Sardegna e gradualmente il caldo nordafricano si espanderà nel resto d’Italia, prima con un aumento significativo delle temperature minime poi con massime verso i 40 gradi.

La proiezione indica la possibilità che la prossima settimana sia oltre la media di 7-8 gradi e che l’anticiclone africano resti sull’Italia almeno fino al 20 agosto. Per il momento, l’anticiclone è sulla Penisola Iberica, portando l’isoterma dei 30°C a 850 hPa. Un dato meteorologico che ilmeteo.it definisce straordinario: “Significa avere 30 gradi a circa 1550 metri. Con il gradiente termico, che fa aumentare le temperature scendendo di quota di circa 1 grado ogni 100 metri, questo valore può corrispondere a più di 45 gradi in pianura al livello del mare“, spiega il sito. E infatti, da sabato scorso, specialmente in Andalusia, si raggiungono oltre 40 gradi, con picchi di 45°C anche a Siviglia, e la previsione indica temperature in ulteriore aumento almeno fino a venerdì.

Nel dettaglio, il Italia, il cielo sarà terso anche nei prossimi giorni, con qualche temporale di calore pomeridiano su Alpi e Prealpi orientali e locale interessamento serale delle pianure adiacenti. Per San Lorenzo, 10 agosto, il rischio acquazzoni non è previsto. Con il cielo sereno e con la quasi luna nuova ci saranno condizioni ottimali per osservare le lacrime di San Lorenzo, le Perseidi.

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Il 3 luglio il giorno più caldo per la Terra: temperatura media di 17°C

Lunedì è stato il giorno più caldo mai misurato a livello globale, superando per la prima volta la media di 17°C, secondo le prime misurazioni effettuate da un’organizzazione meteorologica statunitense. La temperatura media giornaliera dell’aria sulla superficie del pianeta il 3 luglio è stata misurata a 17,01°C da un’organizzazione collegata alla National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa) statunitense. Questa misurazione supera il precedente record giornaliero (16,92°C) stabilito il 24 luglio 2022, secondo i dati dei National Centers for Environmental Prediction della NOAA che risalgono al 1979.

La temperatura dell’aria, che oscilla tra una media di circa 12°C e 17°C al giorno nel corso dell’anno, ha registrato una media di 16,20°C all’inizio di luglio tra il 1979 e il 2000. Questo record, che non è ancora stato confermato da altre misurazioni, potrebbe presto essere battuto poiché l’emisfero settentrionale inizia la stagione estiva e la temperatura media globale continua generalmente a salire fino alla fine di luglio/inizio agosto. Già all’inizio di giugno, le temperature medie globali erano le più calde mai registrate per questo periodo dal servizio europeo Copernicus, battendo i record precedenti con un “margine sostanziale”.

Queste osservazioni sono un probabile anticipo del fenomeno El Niño – generalmente associato a un aumento delle temperature globali – unito agli effetti del riscaldamento globale causato dall’attività umana. L’8 giugno, la Noaa ha annunciato l’arrivo ufficiale di El Niño, affermando che “potrebbe portare a nuovi record di temperatura” in alcune regioni.
A giugno sono stati battuti diversi record in Asia e il Regno Unito ha registrato il giugno più caldo mai registrato, mentre il Messico è stato colpito da un’ondata di caldo estremo. Secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo, l’agenzia specializzata delle Nazioni Unite), c’è una probabilità del 66% che la temperatura media globale annuale vicino alla superficie superi temporaneamente i livelli preindustriali di oltre 1,5°C per almeno un anno tra il 2023 e il 2027. Il 2022 è stato l’ottavo anno consecutivo in cui le temperature globali annuali hanno superato di almeno 1 grado i livelli osservati tra il 1850 e il 1900.

Siccità, caldo e il rischio di non fare più cin-cin

C’era grande apprensione. Ma, per questa volta, pericolo scampato. Nell’anno record per siccità e alte temperature, i dati della vendemmia e della produzione vitivinicola in Italia rimangono stabili: si stimano più di 50 milioni di ettolitri di produzione, dato che ci conferma primo produttore al mondo e capace di generare un fatturato di 13 miliardi di euro oltre a 6 miliardi e mezzo di export.

“Ma il rischio c’è stato”, come conferma Andrea Pitacco, professore all’università di Padova. E se anche i 674 mila ettari coltivati a vite sul suolo italiano hanno retto il colpo del cambiamento climatico, l’hanno fatto in maniera molto disomogenea lungo la Penisola. La Lombardia, per esempio, perde il 20% rispetto al 2021, –9% il Piemonte, per citare i casi più vistosi previsti dall’Ismea. Compensati da una Sardegna che aumenta invece la produzione del 15%, dal +12% della Toscana, e, fra gli altri casi, dalla crescita a doppia cifra di altre quattro regioni.

Una grossa mano l’hanno data le piogge di fine stagione. Tardive, sì. E provvidenziali. Ma anche operazioni colturali e tecniche di lavorazione hanno consentito ai vigneti di adattarsi alle nuove condizioni climatiche.

Intanto introducendo, quest’anno, attività di irrigazione di soccorso. “Che però” ricorda Andrea Pitacco, “escludono zone importanti che per motivi morfologici o strutturali non hanno sempre accesso a questa possibilità”. In altre parole: zone collinari possono rendere più difficoltosi i servizi irrigui, e piccoli invasi possono non essere più sufficienti con il nuovo regime delle precipitazioni che stiamo osservando.

E poi grazie ad accorgimenti tecnici che possono aiutare a limitare lo stress delle piante. Come, per esempio, favorire la crescita di viti con superfici fogliari meno espanse e meno vigorose, e quindi meno bisognose di acqua. Ma allo stesso tempo con interventi di potatura di controllo che evitino ai grappoli troppa esposizione alla radiazione solare.

C’è però un aspetto che sembra più preoccupante di altri. Ed è il confronto con il 2003, altro anno caldo, caldissimo, che fece preoccupare e correre ai ripari i viticoltori per gli anni a venire. “In quell’anno”, spiega Andrea Pitacco, “condizioni non troppo diverse dal 2022 avevano provocato effetti devastanti”. La conclusione? “Anche da esperti del settore sappiamo davvero troppo poco di questi processi, che restano molto complessi: implicano stagionalità, resistenza e resilienza della vite e molte altre variabili”. La parola chiave è l’instabilità, insomma. Mettere insieme i dati in modo leggibile per il futuro, resta difficile.

Ribaltone meteo: dalla primavera alla neve in 24 ore

E’ in arrivo un ribaltone sul fronte del meteo: sabato 25 febbraio sembrerà di essere ad aprile-maggio, ma domenica ricorderà il tempo di Natale, con neve al Nord fino a quote basse. Antonio Sanò, fondatore del sito www.iLMeteo.it, spiega dunque che “in 24 ore passeremo da condizioni tipiche di fine aprile a condizioni natalizie: un ritorno al passato, quindi, dopo aver assaporato un anticipo di piena primavera“. Passeremo dal caldo al freddo, dalla bonaccia alla tempesta, dal sole alla neve.

Non ricordavamo, da tempo, un drastico cambiamento simile: in pratica fino a sabato le temperature oscilleranno sui 17-18°C al Centro-Nord con punte di 20°C, mentre sulle Isole Maggiori, complice lo Scirocco, potremo raggiungere anche i 24-25°C come a fine aprile. Dalla tarda serata del sabato arriverà però lui, il gelo russo. Direttamente dalla zona di Mosca e San Pietroburgo, dove in queste ore si registrano massime di -10/-12°C, ecco che lo spiffero artico invaderà l’Italia ad iniziare dalla Porta della Bora.

Da sabato sera il freddo inizierà a penetrare nella Pianura Padana, al Nord, dove si attende un crollo delle temperature anche di 10 gradi in pianura e di 15-17°C in montagna durante la domenica: nella notte successiva, tra domenica e lunedì, non sono escluse le prime nevicate in pianura tra Emilia e Basso Piemonte, ma il Ciclone di Neve è pronto a colpire soprattutto negli ultimi 2 giorni di febbraio.

La traiettoria del ciclone non è ancora confermata in pieno, ma, al momento, il minimo di bassa pressione dovrebbe fermarsi sul Mar Ligure, spingendo il carico di precipitazioni verso Nord-Ovest ed Appennino settentrionale. E sarebbe un’ottima notizia contro la siccità imperante di queste zone. In pratica, tra lunedì e martedì alcune elaborazioni modellistiche indicano diversi centimetri di neve anche a Torino. Sopra i 500-600 metri è prevista neve abbondante su Emilia, Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta. Il tutto condito da venti di burrasca che potrebbero quindi favorire veri e propri blizzard, da domenica sera fino a martedì pomeriggio.

Torna l’anticiclone delle Azzorre: sole, vento e temperature miti

L’ondata di aria artica che in questi giorni sta interessando il nostro Paese si sta per smorzare. Dall’oceano Atlantico, dopo aver sostato nei pressi del Regno Unito per parecchi giorni, l’anticiclone delle Azzorre ha deciso di avanzare verso il continente.

Antonio Sanò, direttore e fondatore del sito www.iLMeteo.it spiega che con l’aumento della pressione dovuto all’arrivo dell’anticiclone l’atmosfera tornerà stabile su gran parte delle regioni, il sole tornerà a splendere quasi indisturbato su gran parte delle regioni, ma ci saranno anche altri ingredienti di questo nuovo cambiamento del tempo. Uno di questi sarà il vento che continuerà a soffiare da moderato a forte sui settori centro-meridionali, ma anziché da Grecale come ha fatto in questi giorni, stavolta sarà da Maestrale. Al Sud le raffiche potrebbero superare anche i 60 km/h, soprattutto sulle coste tirreniche di Sicilia e Calabria, nonché su quelle occidentali della Sardegna.

Un altro fattore da tener presente saranno le temperature; infatti, se di notte e al primo mattino continuerà a fare un bel freddo con valori spesso sottozero al Centro-Nord, di giorno, grazie al maggior soleggiamento e partire da metà settimana, il clima si addolcirà tant’è che si torneranno a superare i 10-12°C su molte città, anche del Nord, come ad esempio Milano,Torino e Bologna.

Inizierà così una fase piuttosto asciutta, a parte qualche rovescio atteso tra lunedì e martedì in provincia di Messina e Reggio Calabria. Questa situazione dovrebbe durare per tutta la settimana e forse anche oltre. C’è da dire, però, che questa tendenza volta al dominio dell’alta pressione, non trova ancora piena concordanza tra i centri di calcolo internazionali, soprattutto dopo il 3-4 febbraio quando l’Italia potrebbe ritrovarsi a vivere una nuova ondata di gelo, questa volta in arrivo dalla Russia. Per ora godiamo i prossimi giorni di sole.

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Clima, studio: Città sempre più calde, in media +1,38°

Secondo un’analisi pubblicata da Callendar, nel 2022 le città di diversi Paesi europei hanno registrato temperature simili alle medie di città che si trovano oltre 400 chilometri più a sud. Callendar ha analizzato le temperature delle città dell’Europa occidentale (Francia, Spagna, Portogallo e Italia) dello scorso anno e le ha confrontate con le temperature normali del periodo 1991-2020. Il risultato è che queste città hanno registrato temperature medie di 1,38°C più calde del normale, simili a quelle che si registrano normalmente in luoghi situati 425 chilometri più a Sud. I dati, che possono essere visualizzati su una mappa, mostrano che in Francia, Lille (Nord) ha registrato temperature equivalenti a quelle normalmente registrate a Pau (Sud-Ovest), Cherbourg (Nord-Ovest) a quelle di Gijón (Spagna), Perpignan (Sud) a quelle della regione di Atene e Strasburgo (Est) a quelle di San Marino.

Ciò che questi confronti mostrano è la portata dell’anomalia che abbiamo avuto nel 2022 e anche il lavoro titanico che sarà necessario per adattare le città al cambiamento climatico“, sottolinea Thibault Laconde, amministratore delegato di Callendar, una società con sede nella regione di Parigi specializzata nella valutazione dei rischi climatici.

Le città sono costruite in base al loro clima storico e quando le temperature sono così anomale, non si può trasformare Perpignan in qualcosa di simile ad Atene da un giorno all’altro“, osserva. “Tutta l’architettura, l’urbanistica, le infrastrutture, persino le abitudini degli abitanti devono essere cambiate“.

Secondo l’ultimo rapporto annuale del programma europeo sui cambiamenti climatici Copernicus (C3S), pubblicato a gennaio, gli ultimi otto anni sono stati i più caldi mai registrati nel mondo, superando di oltre un grado le temperature preindustriali. In Europa, il continente dove il riscaldamento osservato è più rapido, il 2022 è stato il “secondo anno più caldo”, ma i mesi estivi hanno stabilito un nuovo record per l’intero continente.