Terra fuochi, Vadalà commissario unico per la bonifica. Meloni: Attuiamo sentenza Cedu

L’Italia attua la sentenza della Cedu sulla Terra dei fuochi, tra Napoli e Caserta, e nomina un commissario per la bonifica, il generale Giuseppe Vadalà. “L’ennesimo segnale di attenzione ad un territorio profondamente oltraggiato che da tempo chiede risposte concrete”, rivendica la premier, Giorgia Meloni.

Le norme per affrontare la questione legata all’inquinamento ambientale dell’area sono inserite nel Dl Pubblica amministrazione. A Vadalà viene affidato il compito di coordinare la bonifica con poteri straordinari legati alle attività indicate dalla sentenza del 31 gennaio 2025 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha condannato l’Italia per non fatto abbastanza per contrastare il fenomeno. Il commissario è tenuto, entro sessanta giorni, a trasmettere alla Presidenza del Consiglio dei ministri una relazione sullo stato dell’arte e sul piano di ripristino ambientale. La stessa relazione sarà trasmessa al ministero dell’Ambiente, al ministero della Salute, alla Regione Campania, a tutti i soggetti competenti.

Si riporta così a un unico soggetto l’attuazione degli interventi di bonifica, che prima dipendevano da diversi livelli di governo, sia nazionale che territoriale. “Quadro che ha impedito, finora, di completare in tempi accettabili gli interventi di bonifica“, spiega Meloni in consiglio dei ministri. Con questa nuova figura istituzionale l’area della Terra dei Fuochi assume “ancor più rilevanza a livello nazionale“, fa eco il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto. Il commissario unico consentirà di “mettere a sistema” le azioni svolte finora, osserva, “superando le frammentazioni e le sovrapposizioni di competenze e accelerando il percorso necessario di risanamento a tutela delle famiglie, dei giovani e delle attività economiche dell’intera Regione“. Nel dettaglio, a Vadalà sarà attribuito il potere di ricognizione degli interventi di indagine ambientale, caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica effettuati e programmati, delle iniziative per garantire la salubrità dei prodotti agroalimentari, il monitoraggio ambientale e sanitario delle popolazioni nell’area. Ricade inoltre tra le attività del Commissario anche la ricognizione delle risorse stanziate e di quelle disponibili per l’attuazione degli interventi di bonifica necessari, come pure l’ individuazione e perimetrazione dei siti oggetto di contaminazione. La struttura di supporto sarà composta da venticinque persone. Un “sincero augurio di buon lavoro” al generale arriva da Jacopo Morrone, presidente della commissione parlamentare Ecomafie, in procinto di partire per Napoli e Caserta, insieme a una delegazione della commissione, Carmela Auriemma (M5s), Francesco Emilio Borrelli (Avs), Gerolamo Cangiano (Fdi) e Francesco Maria Rubano (Fi-Ppe), per una serie di sopralluoghi e audizioni sul filone d’inchiesta aperto per un quadro aggiornato degli elementi di criticità tuttora esistenti.

Terra dei fuochi, Pichetto: “Azioni insufficienti, si valuta ricorso su sentenza Cedu”

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Sulla Terra dei fuochi in Campania “è ormai una decina di anni che sono state messe in campo una pluralità di azioni che hanno cercato di raggiungere gli obiettivi di risanamento ambientale e di tutela della salute dei cittadini”. Si tratta di azioni che “hanno visto il coinvolgimento sinergico di tutti i livelli istituzionali” per cercare di “portare sollievo a una terra martoriata”. Tuttavia, “obiettivamente, ciò che è stato fatto non è sufficiente”. Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, in audizione in Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, ammette che in relazione all’emergenza della Terra dei fuochi non è stato fatto abbastanza: “E’ evidente che occorre dare un ulteriore slancio alle azioni di risanamento con maggiore rapidità, come ci ricorda anche la sentenza della Corte europea“.

Quindi annuncia che il governo ha “in corso di valutazione con l’Avvocatura dello Stato la proponibilità di un ricorso alla Grande Cameracontro la sentenza emessa proprio dalla Cedu per le responsabilità dell’esecutivo nella gestione dell’emergenza Terra dei Fuochi e che aveva condannato l’Italia ad adottare, entro due anni dalla data in cui la sentenza diventerà definitiva, misure generali per affrontare in modo adeguato il fenomeno dell’inquinamento.

Il ministro sottolinea come la Corte europea abbia infatti rimarcato “la mancanza di organicità nell’azione delle autorità preposte, la lentezza e la parzialità di alcuni interventi”, elementi “che lasciano supporre che le autorità italiane non abbiano agito con la diligenza richiesta dalla gravità della situazione e non abbiano dimostrato di aver fatto tutto ciò che poteva essere richiesto per proteggere le vite dei ricorrenti”. Accuse che però ora il governo vuole impugnare.

Nel frattempo il ministero presieduto da Pichetto Fratin vuole arrivare “rapidamente a una positiva conclusione della perimetrazione” del Sito di interesse nazionale (Sin) dell’Area vasta di Giugliano nel napoletano, “per dare un segnale immediato al territorio e anche alle richieste della stessa Corte europea”. Sulla vicenda, secondo il ministro, esiste ancora un problema culturale: “È impressionante che ci siano ancora i fuochi, qui c’è una questione di sensibilizzazione della popolazione nel denunciare e delle autorità nell’intervenire in modo deciso contro queste azioni criminali”.

Fa ben sperare tuttavia il bilancio delle iscrizioni al RenTRi, il Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti a cui si sono registrate già 150mila imprese. “Il dato atteso era 70mila, mentre a fine 2025 è 500mila – spiega Pichetto Fratin – quindi ora siamo al 30% del totale. E’ un passo rilevante almeno sotto l’aspetto della prevenzione“. Rimane un punto interrogativo invece la questione di un commissario ad hoc. “Non so se ci sono le condizioni per un commissario – conclude il ministro – la valutazione non spetta a me e non ho questi poteri. E’ un tema che porterò al tavolo di Palazzo Chigi”.

 

 

Terra dei Fuochi, Bonelli: “Ispra delegittimata, così precipitiamo nel baratro”

Dobbiamo constatare che c’è l’ennesima condanna della Cedu nei confronti dell’Italia, in particolar modo sulle questioni ambientali che attengono i diritti dei cittadini“. Il leader di Avs, Angelo Bonelli non sembra sorpreso della condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo nei confronti dell’Italia, per non aver protetto i suoi cittadini dallo scarico di rifiuti tossici da parte di gruppi criminali nella ‘Terra dei Fuochi‘. Condanne di questo tipo erano già avvenute in passato, osserva intercettato da Gea alla Camera dei Deputati. Il deputato ecologista si riferisce, in particolare, all’Ilva: “L’inquinamento di Taranto è la conferma che purtroppo, non solo con questo governo, la questione degli interventi per bonificare le aree, per garantire il diritto alla salute e all’ambiente è estremamente dimenticato e non è un elemento centrale nell’azione politica del governo“, rileva.

La Cedu ha concesso due anni per mettere in atto una strategia correttiva. Basteranno?

Non lo so se si riuscirà a fare in due anni quello che non si è riuscito a fare in decenni. Il punto però è che lì c’è una situazione cronica, strutturale, di malaffare, di comportamenti illegali. I fuochi hanno continuato ad esserci, sappiamo da dove vengono: da un sottobosco di attività commerciali illegali, gestite da gruppi anche illegali e criminali e su questo non si è mai intervenuto alla radice del problema. C’è tutto un sistema economico e commerciale che ruota intorno alle illegalità. Penso che debba esserci la capacità di affrontarle con nettezza e con radicalità per estirpare queste attività e consegnarle a quell’economia sana che rispetta le regole. E’ chiaro che ci sono le bonifiche da fare, ma se si bonifica e poi i fuochi continuano a esserci avremo sempre quella diossina che si sviluppa e poi ricade sui terreni.

Sarebbe il caso di fare un’operazione sul modello Caivano, con lo Stato presente sul territorio e un monitoraggio sistematico?

Sì, ma anche Caivano ha rappresentato uno spot propagandistico, tranne il fatto che, per esempio, una palestra è stata riconsegnata alla collettività. Detto questo però lì c’è un problema che è proprio insito nel malfunzionamento della prevenzione nel nostro Paese. Sono stati depotenziati gli istituti di controllo e di prevenzione dell’inquinamento e dei controlli ambientali. L’Ispra, che è l’organismo che dovrebbe anche svolgere questa funzione e che coadiuva le agenzie regionali di protezione dell’ambiente è stato delegittimato dal punto di vista scientifico e ha continue bordate da parte di questo governo. Tutti quegli organismi che dovrebbero controllare e assicurare poi conseguentemente alla giustizia chi compie atti illegali sono stati delegittimati. In questo modo non si vince nessuna sfida, ecco perché il problema è capire che oggi noi abbiamo necessità di potenziali istituti di controllo e prevenzione, anche di repressione, e di avviare quelle bonifiche, ma solo se non c’è una sistematicità. Se invece tutto diventa solo il comunicato stampa del ministro di turno, la terra di fuochi sarà sempre sotto il controllo di organizzazioni più o meno criminali che pensano che inquinare sia del tutto lecito perché poi tanto ne traggono profitto.

L’ultima bordata agli organismi scientifici è stata data non tenendo conto del parere sul rischio sismico del Ponte sullo Stretto di Messina?

Noi stiamo vivendo una fase molto delicata nel nostro Paese per quanto attiene le politiche ambientali. La delegittimazione degli organismi scientifici significa il via libera allo sfondamento, al deturpamento dell’ambiente, al degrado. I pareri espressi dall’Ispra sulla questione del Ponte non sono stati minimamente considerati, a partire da quello sismico ma anche da quello delle zone di incidenza ambientale, dei siti di importanza comunitaria. Ma penso anche ad esempio a quello che sta accadendo con la modifica sulla legge dell’attività venatoria della deputata Bruzzone, che sta mettendo all’angolo l’Ispra perché non è gradita, i suoi pareri non sono graditi. E’ come quando noi andiamo dal medico che ci dice che dobbiamo fare delle analisi, non ci piace quello che ci dice e poi dopo ci ammaliamo. Non può funzionare così, così rischiamo di andare nel baratro molto rapidamente.

La Cedu condanna l’Italia sui rifiuti tossici: “Non ha protetto gli abitanti della Terra dei fuochi”

Italia condannata per la Terra dei fuochi. È la decisione assunta dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, cui si erano rivolte 41 persone residenti nelle province di Caserta e Napoli e cinque organizzazioni che hanno sede in Campania. Lo Stato ha mostrato “incapacità di agire” di fronte allo scarico di rifiuti tossici da parte delle organizzazioni criminali, non proteggendo i suoi cittadini: questa la motivazione.

Nella porzione di territorio che si trova a centro-nord rispetto alla provincia di Napoli e centro-sud della provincia di Caserta, vivono quasi 3 milioni di persone: a causa dello scarico, interramento e incenerimento illecito di rifiuti, spesso effettuati da gruppi criminali organizzati, c’è stato un aumento dei casi di cancro, oltre all’inquinamento delle falde acquifere. I ricorsi presentati hanno come base giuridica gli articoli 2 (Diritto alla vita) e 8 (Diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo: la tesi sostenuta davanti alla Cedu è che le autorità italiane fossero perfettamente a conoscenza di ciò che avveniva ma, nel corso degli anni, non hanno provveduto a mettere in campo misure utili alla protezione della loro salute, senza nemmeno fornire informazioni. I giudici, all’unanimità, hanno concesso all’Italia due anni di tempo per “sviluppare una strategia globale per affrontare la situazione, istituire un meccanismo di monitoraggio indipendente e una piattaforma di informazione pubblica”.

La notizia circola velocemente e irrompe nel dibattito politico. All’ex ministro dell’Ambiente nei governi Conte 1 e Conte, Sergio Costa, “la prima parola che viene in testa è: finalmente!”, dice a GEA, sottolineando che la sentenza riconosce c’è stato “un grave attentato alla salute dell’ambiente e dei cittadini”. Fu proprio l’attuale deputato M5S e vicepresidente della Camera, nei primi anni Duemila, a condurre le indagini sulla Terra dei fuochi che portarono alla luce uno dei più grandi danni ambientali della storia italiana. All’epoca vestiva la divisa di generale dell’arma dei Carabinieri, ma anche nelle istituzioni si è occupato a lungo della vicenda. “Nel governo Conte 2, parliamo del 2020, ho fortemente voluto e fatto approvare, con l’accordo di tutto il Consiglio dei ministri e del premier Giuseppe Conte, ci tengo a sottolinearlo, la legge che istituiva la Terra dei fuochi come 42esimo Sito di interesse nazionale”, ricorda. Questo comporta “l’obbligo di bonifica, non la facoltà, dunque l’apposizione di specifiche risorse, che all’epoca io feci mettere anche se poi l’esecutivo cadde. E in terzo luogo l’obbligo di individuare il perimetro che, sebbene sia una competenza mista territorio-Stato, dunque serve l’accordo con la Regione Campania, di fatto anticipai io con le indagini, visto che individuammo i famosi 92 Comuni” dell’area. Ragion per cui, avendo tutti gli strumenti, secondo Costa è ora che il governo si attivi: “Capisco che ognuno stabilisce le sue priorità, ma quando si tratta di questioni che attingono alla vita o morte, e bisogna solo eseguire norme già esistenti, non capisco proprio perché non si sia agito o si agisca”.

Un altro che ha battuto personalmente il campo è don Maurizio Patriciello, sacerdote che da anni combatte per dare giustizia agli abitanti della Terra dei fuochi: “Quante calunnie abbiamo dovuto subire, quante minacce, quante derisioni, quante offese, quante illazioni – scrive su Facebook -. I negazionisti, ignavi, collusi, corrotti, ci infangavano. Siamo andati avanti. Convinti”.
Negli anni più difficili della battaglia dei cittadini per salvare la propria terra (e se stessi) erano pochi gli esempi virtuosi in materia di gestione del ciclo dei rifiuti. Uno di questi era sicuramente il Comune di Camigliano, nella provincia di Caserta, dove l’ex sindaco Vincenzo Cenname, ingegnere ambientale nella vita di tutti i giorni, era riuscito a portare la differenziata porta a porta oltre il 65%. La sua esperienza rischiava di finire bruscamente dopo il commissariamento dell’allora ministro dell’Interno, Roberto Maroni, perché il primo cittadino, nel 2010, negò di passare la gestione alla Provincia come imponevano le nuove norme. Pochi mesi dopo si ripresentò alle elezioni, stravincendole.

Oggi, la sentenza della Cedu, restituisce anche a lui una parte di merito: “Nonostante siano passati tanti anni e l’impiantistica regionale della Campania sia abbastanza idonea per fronteggiare la questione rifiuti, abbiamo ancora alcuni fenomeni fuori controllo e chi dovrebbe vigilare scarica tutto sui Comuni, di fatto obbligandoli a rimozioni di rifiuti abbandonati, con un costo eccessivo che poi va a pesare sulla Tari, cioè sulla collettività”, commenta a GEA Cenname, che continua a occuparsi della materia per diversi enti locali della Campania e di altre regioni. L’esperto racconta il fenomeno degli abbandoni incontrollati di rifiuti non è ancora debellato, ecco perché “bisogna studiare strategie congiunte e non lasciare il fardello nelle mani dei comuni”. Chissà se il pronunciamento della Corte europea dei diritti dell’uomo non possa, alla fine, rivelarsi la molla per accelerare il percorso.