Tornare alla natura attraverso il cibo ‘buono, pulito e giusto’: a Torino al via Terra Madre

Quando diventa merce, quando entra nella logica del consumo e del profitto, il cibo fa male: alla salute, all’ambiente, al clima. Responsabile del 35% delle emissioni di gas-serra, il sistema alimentare consuma buona parte dell’acqua dolce disponibile, inquina terra, acqua, aria, distrugge la biodiversità. Spreca un terzo di quel che produce e alimenta filiere ingiuste, che in nome del guadagno, tollerano fame, miseria, sfruttamento, schiavitù, morti sul lavoro. Un sistema in cui perdono quasi tutti a vantaggio di pochissimi. Ma c’è un’altra storia, ed è quella che si vuole raccontare a Terra Madre 2024. Ed è la storia del cibo come nutrimento, cultura, convivialità. Come elemento potente che riconduce alla terra, al suolo, all’acqua. Alla natura. Il tutto, immaginando nuovi modelli di agricoltura sostenibile, analizzando i pericoli dei cambiamenti climatici per la pesca e raccontando le battaglie dei guardiani della Terra ai quattro angoli del pianeta.

Da domani, fino a lunedì 30 settembre, va in scena a Torino la quindicesima edizione di Terra Madre Salone del Gusto. Sempre la stessa la stella polare: il cibo “buono, pulito e giusto“, come da manifesto visionario del fondatore di Slow Food Carlo Petrini.  Quest’anno il claim sarà ‘We Are Nature’ per porre l’accento sulla necessità di una nuova relazione con la natura, attraverso il cibo, l’elemento più potente che ci riconduce alla terra. “A Terra Madre parliamo di natura in relazione alla biodiversità, al clima, alle città, all’agricoltura, all’allevamento e la pastorizia, a boschi e foreste, al ruolo delle donne e dei giovani, al sapere delle popolazioni indigene, all’educazione, alla salute, alla coscienza individuale, persino all’intelligenza artificiale”, ha spiegato Barbara Nappini, Presidente di Slow Food Italia.

Circa tremila i delegati, tra contadini, artigiani, pescatori, indigeni e cuochi, provenienti da 120 Paesi, che si danno appuntamento a Torino per raccontare le loro storie, confrontarsi con esperti e colleghi sulle difficoltà ed eventuali opportunità, conoscere e imparare.  180 presìdi Slow Food (un terzo in più rispetto a due anni fa), 900 appuntamenti e 700 espositori al Mercato italiano e internazionale. Circa 12 mila pasti in tutto, realizzati a partire dai prodotti offerti da Coop.

Tornano ovviamente le conferenze e incontri, da sempre il fil rouge per approfondire i grandi temi, grazie agli interventi di ricercatori, esperti e produttori, che si terranno in tre aree. Quella dedicata a Joannah Stutchbury, ambientalista e attivista, impegnata da anni per difendere le foreste del Kenya, uccisa nel 2021 proprio per il suo lavoro, ospita un programma di incontri focalizzati sulla relazione tra natura e differenti ambiti – clima, coscienza, educazione, donne, biodiversità – e tocca temi di attualità – come la giustizia lungo la filiera del cibo – affrontati da personaggi noti in Italia e all’estero. Tra questi, Michele Serra, giornalista, scrittore e autore che, dopo il suo monologo, dialoga con il pubblico presente; il drammaturgo e compositore, Moni Ovadia; Miguel Altieri, dal Cile, coordinatore generale del programma dell’agricoltura sostenibile delle Nazioni Unite; Federico Faggin, uno dei padri della Silicon Valley che sarà a Terra Madre per parlare di rapporto fra natura e coscienza, insieme al teologo Vito Mancuso; Lella Costa, che ci accompagnerà alla scoperta delle lezioni di meraviglia di Rachel Carson, Morgan Ody, dalla Francia, coordinatrice generale di La Via Campesina International; Larissa Mies Bombardi, ricercatrice brasiliana oggi costretta all’esilio per i suoi studi sui pesticidi, Elena Granata, una della maggiori urbaniste italiane, che approfondirà il rapporto fra le città e lo sguardo delle donne, e Filippo Giorgi, esperto internazionale nel campo della modellistica del clima, dello studio dei cambiamenti climatici e dei loro impatti sulla società, unico scienziato italiano nell’esecutivo dell’IPPC, Comitato Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici, premiato con il Nobel per la Pace nel 2007.

L’Arena in ricordo di Sergio Staino, disegnatore, fumettista, giornalista e attento osservatore del nostro tempo, apre il suo programma con l’omaggio a Staino di Paolo Hendel e continua con Francesca Santolini, autrice di Ecofascisti, con Giorgio Vacchiano, nominato dalla rivista Nature tra gli 11 migliori scienziati emergenti nel mondo che stanno lasciando il segno nella scienza, e molti altri. L’Arena Staino guarda alla natura attraverso il racconto delle reti tematiche di Slow Food, gli esempi virtuosi di allevatori che hanno aderito alla campagna Allevare rispettando gli animali e la terra si può, e l’impatto di pratiche intensive e cambiamento climatico sulla pesca e sulle Comunità di Slow Fish. Non solo, si racconta anche il percorso dei progetti di Slow Food a tutela della biodiversità: l’evoluzione dei Presìdi Slow Food; le storie di cuoche e cuochi che fanno parte dell’Alleanza Slow Food, come Laho Lengos, da Taiwan, e Jennifer Rodriguez Rojas, dalla Colombia, e la crescita dell’Arca del Gusto, che dal 1999 ha catalogato patrimonio di 6350 prodotti a rischio di estinzione.

Ma Terra Madre è anche il luogo dove succedono cose… altrove impensabili, dalle dimostrazioni di cucito e di rammendo alle lezioni di pasta fresca nello spazio Slow Food; dalle installazioni artistiche a Parco Dora, organizzate con Paratissima e il contributo della Fondazione Compagnia di SanPaolo all’assaggio del miglior miele millefiori, fino alla passeggiata tra le piante commestibili e officinali con l’etnobotanica Linda Black Elk .

Stellantis, tavolo Mirafiori. Urso: “Obiettivo 200mila auto prodotte”

Prosegue il confronto al Mimit sugli stabilimenti Stellantis in Italia. Dopo Melfi, è la volta del focus su Mirafiori. Adolfo Urso ribadisce il target delle 200mila auto prodotte nello stabilimento di Torino, che in logica nazionale significa raggiungere l’obiettivo di un milione di veicoli.
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy chiede di produrre a Mirafiori almeno un nuovo modello, che risponda alle esigenze del mercato italiano: “Allo stato, a Torino, si producono modelli come la 500 elettrica o la Maserati, che sono rivolti sostanzialmente al mercato estero – spiega -. Noi chiediamo che ci sia un modello di auto competitivo e rispondente alle esigenze interne”.

Al tavolo del ministero c’è Davide Mele, responsabile Corporate Affairs di Stellantis in Italia, che rinsalda la centralità dell’impianto piemontese: “Torino, con Mirafiori, è e sarà la città da cui parte tutto, il ‘cuore pulsante’ di decisioni che non si limitano soltanto al nostro Paese ma che coinvolgono tutta l’attività mondiale di Stellantis“, garantisce. Il gruppo, scandisce, è “convinto della potenzialità di raggiungere target ambiziosi a Mirafiori della 500 elettrica portandola a numeri a 3 cifre“.

Non si dicono soddisfatti i sindacati, che confermano lo sciopero del 12 aprile. Il tavolo è “insufficiente” per il segretario generale della Fim-Cisl, Ferdinando Uliano. Nessuna risposta alle richieste, motiva: “Per noi la 500 elettrica non rappresenta, in termini di volumi, la possibilità di recuperare e saturare l’impianto“. Domanda garanzie sul nuovo modello a largo consumo chiesto anche dal governo, e ribadisce la necessità di anticipare il lancio delle Maserati elettriche, previsto nel 2028.

L’incontro è stato “solo interlocutorio”, gli fa eco il segretario nazionale Uilm, Gianluca Ficco. Chiede tutele per i lavoratori dell’indotto, perché, ancora una volta, “sono proprio loro a essere quelli maggiormente a rischio”.

E’ sempre quella della Fiom la posizione più dura: “Il contributo di Stellantis è stato purtroppo imbarazzante“, denuncia il segretario nazionale e responsabile settore mobilità, Samuele Lodi. “Per quanto riguarda le prospettive, l’azienda ha continuato a parlare della necessità degli incentivi per aumentare i volumi della 500 elettrica” ma “non di nuovi possibili modelli da produrre nello stabilimento”, afferma.

Di un percorso che prosegue e risultati importanti parla il governatore piemontese Alberto Cirio, per quanto riguarda la necessità di rendere nuovamente competitivo Mirafiori: l’Hub europeo del riciclo, il Battery Technology Center, il centro Trasmissioni che sarà aperto la prossima settimana. Insieme, osserva, “fanno mille occupati e sono stati proprio il frutto di un lavoro comune. Oggi si tratta di fare un passo in più“.
Mirafiori sta studiando una 500 elettrica meno costosa, aumentando così la produzione e occupando maggiori fette di mercato: “È un percorso sicuramente intelligente che noi sosteniamo, ma ha anche bisogno di tempo, di un fase di transizione” che “sia il mondo dei sindacati sua quello industriale vedono in un nuovo modello che possa permettere di passare questi anni”, sostiene Cirio, che chiede di far tornare Mirafiori a quello che era prima. Un tempo si producevano 400mila auto, quest’anno, nota, “ne abbiamo fatte poco più di 80mila. Dobbiamo arrivare a queste 200mila macchine”, è l’auspicio.

Ingegneria, green hub e produzione di veicoli devono essere la chiave, per il sindaco di Torino, Stefano Lorusso, della strategia da adottare nelle prossime settimane. Per il primo cittadino si tratta anche di rendere sinergici gli investimenti, che, chiosa, “non devono essere visti in contrapposizione, fanno parte di un’unica strategia che è quella di ribadire che l’auto è non solo parte integrante dell’identità della nostra città, ma è sicuramente un’occasione di ulteriore crescita”.

Caldo anomalo e raffiche di vento nel Torinese. Coldiretti: “Danni per 1 milione”

Nottata e poi giornata di forte vento in Piemonte, con temperature, nel primo giorno ufficiale di inverno, praticamente primaverili. Un clima impazzito, che ha portato il Fhon (Favonio) a soffiare fino oltre i 200 chilometri all’ora sulle creste di confine con la Francia e che ha spinto le temperature fin sopra i 20 gradi centigradi. Spiccano i 22,3 °C di Villafranca Pellice, i 21,7°c di Bra e i 21,5°C di Torino.

Durante la notte tra giovedì e venerdì i vigili del fuoco del comando di Torino hanno svolto decine di interventi a causa del vento. Lamiere, elementi costruttivi e alberi pericolanti sono stati segnalati soprattutto nella bassa Val Susa e nel Pinerolese. Tra gli interventi dei vigili del fuoco, a Villar Perosa un pino è caduto sui cavi dell’energia elettrica. A Condove un’impalcatura montata su una palazzina di tre piani è in parte caduta ingombrando la strada. A Pinerolo reti metalliche da cantiere e teloni sono volati sulla strada. Per tutta la notte i vigili del fuoco del comando di Biella, Trivero/Ponzone e Cossato hanno operato sulle strade del Biellese per mettere in sicurezza la viabilità. A Torino danni al club di golf Royal Park I Roveri, dove il percorso Trent Jones è inagibile mentre l’Hurzdan Fry sarà riaperto sabato.

Nel Torinese inizia la conta dei danni per le strutture agricole. Secondo la Coldiretti dalle comunicazioni dei soci si tocca già il milione di euro. Al momento, i territori più colpiti sono il Canavese, il Ciriacese, la Bassa valle di Susa, la zona ovest di Torino. In queste zone, durante la notte sono stati scoperchiati tetti di pagliai e fienili oltre a tettoie di stalle e tunnel di coltivazione. Molte strade vicinali di accesso ai campi sono interrotte a causa degli alberi caduti: gli agricoltori le stanno liberando con i loro mezzi. Grande spavento, in particolare, per gli allevatori che hanno dovuto tranquillizzare gli animali terrorizzati. “I nostri soci – informa il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cicici stanno comunicando danni davvero rilevanti, anche su strutture di recente costruzione realizzate seguendo l’esperienza degli agricoltori che, da generazioni, abitano il territorio. Ma un vento così eccezionale non lo immaginava nessuno“. Di fronte al vento caldo e secco che soffia su boschi e pascoli senza neve, asciutti da settimane senza pioggia, è alto il rischio di incendi innescati da piromani. Per questo Coldiretti raccomanda “massima vigilanza”.

Nasce a Mirafiori il Circular Economy Hub di Stellantis. Tavares: “Sarà redditizio”

Estendere la vita di componenti e veicoli, garantendo loro una durata più lunga. E, quando non possibile, raccogliere il materiale per il riciclo dall’attività di rigenerazione e da quella di smontaggio dei veicoli a fine vita, quindi reintrodurlo nel ciclo di produzione per originare nuovi pezzi e nuovi veicoli. E’ l’obiettivo principale dell’Hub di Economia Circolare SUSTAINera di Stellantis che ha inaugurato oggi all’interno del comprensorio di Mirafiori a Torino. Non solo un passo ulteriore nella roadmap perché Stellantis diventi un’azienda a emissioni zero entro il 2038, un’impegno “chiaro e sincero”, sottolinea il ceo Carlos Tavares, ma anche “una mossa intelligente e di lungo termine per il futuro del settore, un futuro che sarà redditizio, che deve essere sostenibile e che non può esserlo se non è redditizio”. Il vantaggio, ovviamente, è nel risparmio sulle materie prime. Perché, secondo l’amministratore delegato, se anche le pressioni inflazionistiche sulle materie prime dovessero scendere nei prossimi anni, i prezzi non lo faranno abbastanza “da farle costare meno dei materiali riciclati”. L’impegno è di visione e di prospettiva: l’hub, infatti, “sarà un modello nel settore automotive, capace di coniugare rispetto per l’ambiente e sviluppo economico”, precisa il presidente John Elkann.

Nella prima fase, l’Hub ospiterà quattro attività: rigenerazione di componenti usati, usurati o difettosi, con la previsione di gestire oltre 50mila ricambi rigenerati entro il 2025 e 150mila entro il 2030; selezione di 2,5 milioni di componenti usati che andranno a rifornire le attività di rigenerazione e riciclo dello stabilimento entro il 2025, per diventare 8 milioni entro il 2030; ricondizionamento dei veicoli con riparazioni sia a livello di carrozzeria sia a livello meccanico per reintrodurlo nel mercato dell’usato; smontaggio dei veicoli.

Stellantis ha investito 40 milioni di euro per dare vita al sito adottando un approccio di economia circolare: l’Hub occupa un’area totale di 73.000 metri quadrati, di cui 55.000 metri quadrati sono stati recuperati riconvertendo una struttura parzialmente inutilizzata e riciclando più di 5.000 tonnellate di metallo proveniente da risorse obsolete. Le attrezzature e i macchinari utilizzati nella struttura sono stati recuperati da altre sedi, garantendo un risparmio del 55% rispetto all’acquisto di nuove attrezzature. Il sito impiega attualmente 170 dipendenti qualificati. Si prevede che questo numero crescerà fino a circa 550 persone entro il 2025.

Un’investimento anche sulla città di Torino, da parte di Stellantis. Segno dell’impegno del Gruppo nei confronti dell’Italia. A questo proposito, il presidente Elkann ha voluto soffermarsi anche sul tavolo per lo sviluppo dell’automotive che si insedierà il 6 dicembre prossimo. La buona politica, ha sottolineato, “è una politica che non cancella le differenze; continua a raccogliere e a eseguire il mandato popolare. Ma quando vede un’opportunità, lascia da parte le visioni di parte e trova la strada da percorrere insieme, nell’interesse di tutti. Come nel caso del tavolo per lo sviluppo dell’automotive che il Governo italiano ha appena istituito, a cui parteciperanno Stellantis, le Regioni interessate, i sindacati e l’ANFIA. Di questa politica c’è bisogno, ovunque”.

Fa troppo caldo anche per gli animali: ghiaccioli alla frutta al Bioparco Zoom di Torino

La grande ondata di calore che sta colpendo l’Italia si fa sentire anche al Bioparco Zoom di Torino e per sconfiggerlo, gli animali che amano l’acqua – come pinguini, ippopotami, lontre e tigri – passano le loro giornate nelle piscine presenti nei loro habitat, ma per tutti gli altri i keeper hanno preparato freschi e gustosi ghiaccioli.

“Negli ultimi giorni il termometro è arrivato a toccare i 35°C e con questo gran caldo arricchire la dieta dei nostri animali tramite i ghiaccioli è di grande utilità per il loro benessere – dichiara Irene Carnovale, Responsabile animal keeper – Li prepariamo utilizzando frutta, verdura, carne o pesce, ma soprattutto tanta acqua: non si tratta infatti solamente di un pasto gustoso e rinfrescante, ma è soprattutto un modo per assicurarci che i nostri animali rimangano adeguatamente idratati assumendo la corretta quantità di liquidi durante i giorni più roventi. Inoltre, per alcune specie si tratta anche di un ottimo esercizio: per le giraffe, ad esempio, è fondamentale mantenere una lingua forte ed elastica e leccare i ghiaccioli sospesi posizionati dai nostri keeper è per loro un utile allenamento”.

Inseriti all’interno dei loro habitat, spesso nascosti o appesi come attività di arricchimento e premio, è anche un divertimento per gli animali oltre che un modo originale per nutrirli e permettere loro di sopportare meglio e con gusto il clima torrido di questi giorni.

Torino Airport sempre più ‘green’: in funzione il più grande impianto fotovoltaico su tetto

L’aeroporto di Torino sempre più ‘green’. È entrato in funzione, infatti, il più grande impianto fotovoltaico su tetto in un aeroporto italiano, costituito da 3.651 moduli che coprono una superficie complessiva pari a 6.454 metri quadri (pari all’incirca all’estensione di un regolamentare campo da calcio). Il nuovo impianto fotovoltaico, spiegano da Torino Airport, sarà in grado di generare a pieno regime 1.585 MWh di energia elettrica in un anno. Con questa taglia, il sistema è in grado di soddisfare fino al 12% del fabbisogno annuale dello scalo aeroportuale, ovvero fino al 60% circa del consumo orario in una giornata assolata. L’energia elettrica prodotta dall’impianto con la potenza del sole consentirà all’aeroporto di Torino di evitare l’emissione di 406 tonnellate di CO2 all’anno, l’equivalente di 13.552 alberi.

“Torino Airport dà ulteriore concretezza al proprio piano di sostenibilità e conferma l’impegno ‘Change is possible’ del Gruppo Sagat”, dice Elisabetta Oliveri, presidente di Torino Airport. La messa in funzione del nuovo impianto fotovoltaico, spiega, “segna un momento importante di avanzamento nella realizzazione del nostro piano industriale, di cui sostenibilità e innovazione tecnologica sono due fondamentali pilastri, insieme alle molte altre azioni volte a mitigare gli effetti del cambiamento climatico che stiamo realizzando e che confermano l’eccellenza dell’aeroporto di Torino sul fronte della sostenibilità”.

I pannelli fotovoltaici sono stati installati sulla copertura del terminal passeggeri, sul tetto dell’edificio dedicato al BHS-Baggage Handling System e su quello di una palazzina situata in area tecnica. Grazie a una longevità fino a 40 anni e a un indice di prestazione molto elevato, i moduli fotovoltaici installati sono tra i più efficienti sul mercato: sono infatti progettati per produrre il 60% di energia in più a parità di spazio per oltre 25 anni, offrono un’alta resistenza meccanica agli agenti deterioranti e non generano il fenomeno dell’abbagliamento. La realizzazione e il collaudo in tempi rapidi del nuovo impianto sono stati resi possibili anche grazie al ruolo e all’impegno dell’Enac a favore della decarbonizzazione del settore e, in particolare, alle recenti Linee Guida elaborate dall’Ente che hanno semplificato il procedimento amministrativo per gli impianti fotovoltaici aeroportuali, agevolandone l’iter di autorizzazione.

“Siamo molto orgogliosi di aver realizzato questa nuova opera infrastrutturale, che segna l’inizio del percorso di autoproduzione dell’energia necessaria all’aeroporto”, aggiunge Andrea Andorno, amministratore delegato di Torino Airport. “Il nuovo impianto fotovoltaico – spiega – rappresenta un altro passo nel nostro impegno di riduzione delle emissioni: questa energia verde, combinata alla crescente flotta di mezzi e attrezzature aeroportuali che stiamo via via elettrificando, fa parte di un percorso ben definito della nostra transizione green. Siamo felici di poter contribuire all’azzeramento delle emissioni del comparto, certi che tutta l’industria dell’aviazione proseguirà rapidamente su questa strada”.

Il nuovo impianto rappresenta “un’altra tappa del processo di decarbonizzazione del settore del trasporto aereo”, ricorda Pierluigi Di Palma, presidente Enac. “Un percorso – aggiunge – che vede coinvolti tutti gli aeroporti italiani e che conferma l’impegno di Enac per la riconciliazione tra il trasporto aereo e l’ambiente. Diamo piena attuazione, pertanto, alla missione dell’Enac che prevede lo sviluppo dell’equa competitività nel rispetto dell’ambiente. L’Ente sta mettendo in campo ogni sforzo per agevolare la semplificazione dei processi autorizzativi che permetteranno agli aeroporti di compiere la transizione verso forme di decarbonizzazione, di riduzione CO2 e di limitazione dell’impatto sull’ambiente”.

Prosegue dunque il percorso di sostenibilità ambientale ‘Torino Green Airport’, la roadmap di sostenibilità ambientale lanciata nel 2021 che comprende tutti gli interventi già implementati dall’aeroporto di Torino, in via di realizzazione e pianificati per il futuro, con l’obiettivo di raggiungere l’azzeramento delle emissioni sotto il proprio controllo con largo anticipo rispetto alla scadenza del 2050. Tra le iniziative più rilevanti già avviate, la sostituzione dei veicoli aeroportuali con mezzi full electric che effettuano le operazioni di assistenza agli aeromobili, rendendo possibile un processo di turnaround 100% green, a cui si è aggiunta anche l’entrata in servizio di un’ambulanza elettrica.  Un altro tassello significativo del percorso ‘Torino Green Airport’, è stato il conseguimento nel 2022 della certificazione ambientale ACA-Airport Carbon Accreditation Level 3 ‘Optimisation’. Infine, come partner del progetto europeo TULIPS dedicato all’innovazione a fini di sostenibilità ambientale nell’industria aviation, Torino Airport ha già installato un primo impianto fotovoltaico come parte di una smart grid presso la caserma dei Vigili del Fuoco dell’aeroporto.

Nasce a Torino il Green Campus di Stellantis: investimenti tra 150-200 milioni a Mirafiori

Innovazione, ecosostenibilità, conciliazione lavoro-vita privata, tutela dell’ambiente e conservazione del valore storico. Nascerà a Mirafiori, “intorno” alla palazzina iconica di corso Agnelli 200, il nuovo Green Campus di Stellantis, che ha scelto Torino per spingere sull’acceleratore del piano strategico Dare Forward, con cui il gruppo punta ad azzerare le emissioni di carbonio entro il 2038. La nuova struttura occuperà uno spazio di circa 200mila metri quadri e ospiterà 10mila lavoratori, il 50% dei settori ricerca, sviluppo e design, e il 50% di finance e risorse umane. Quello del capoluogo piemontese – che secondo la timeline dovrebbe sorgere entro il 2025 – è uno dei tre campus previsti, insieme a quello di Poissy, nella cintura di Parigi e a quello di Russelsheim, poco distante da Francoforte. In Francia e in Germania troveranno spazio rispettivamente 10mila e 6mila lavoratori.

Sul fronte degli investimenti, ha spiegato alla stampa Xavier Chéreau, responsabile Risorse umane e Trasformazione di Stellantis, “può essere complicato dare un ordine di grandezza, perché il progetto è ancora in corso di definizione”. Sicuramente supererà il centinaio di milioni di euro, “poi se sarà tra 150 e 200 milioni non posso ancora dirlo”. Si tratta, ha aggiunto, di “un’ulteriore dimostrazione dell’impegno dell’azienda in Italia” e questa trasformazione in programma a Torino “è un esempio chiaro e concreto della nostra strategia, per i nostri lavoratori e per tutta la comunità”. Fondamentale, infatti, ha precisato Chéreau, sarà la collaborazione “con tutti gli stakeholders del territorio”.

L’ambizione di Stellantis, ha ricordato Chéreau, è quella di “creare un ambiente che sia umanocentrico, in cui l’esperienza del lavoratore sia flessibile e più conviviale. Non vogliamo tornare alla situazione del vecchio mondo, con il 100% del lavoro in presenza, ma trovare un nuovo equilibrio tra lavoro e vita privata” e “sfruttare l’energia delle relazioni” e della conseguente “creatività”.

L’ambiente avrà un ruolo fondamentale. Il progetto vedrà l’integrazione di pannelli fotovoltaici nell’architettura, saranno utilizzate tecnologie di ventilazione a bassissimo consumo, è previsto il riutilizzo dei materiali e tutte le scelte architettoniche puntano a efficienza ambientale, resilienza e adattabilità all’evoluzione del clima. Il campus sarà dotato di ampi spazi verdi, interni ed esterni, per contribuire alla regolazione termica e al benessere dei dipendenti.
La riprogettazione degli edifici storici, come la palazzina di Mirafiori, combinata alle altre iniziative intraprese da Stellantis, contribuisce all’obiettivo del gruppo di diventare un’azienda a zero emissioni nette di carbonio in tutti gli ambiti, entro il 2038, con una compensazione percentuale a una cifra delle emissioni rimanenti. Dopo la loro apertura, i nuovi immobili destinati a ospitare gli uffici saranno a energia positiva.

Soddisfatti il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo e il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio. Per entrambi si tratta di una “notizia positiva che conferma la volontà dell’azienda di continuare a investire su Torino”. Ma non solo. Con il nuovo grEEn-campus, i modelli legati all’elettrico e il primo hub europeo del riciclo di vetture, spiegano, si traccia “il futuro di Mirafiori, uno stabilimento che deve continuare ad avere nella produzione la sua forza trainante e su cui la capacità di innovare può rappresentare una risorsa determinante non solo per mantenere ma anche per generare nuovi posti di lavoro”.

L’investimento nel Green Campus segue altre iniziative attivate nell’area torinese, tra cui il primo Hub per l’economia circolare di Stellantis, che sarà lanciato nel 2023 nel comprensorio di Mirafiori. L’operazione consentirà di espandere le attuali attività e di sostenere il modello di business ‘cradle-to-cradle’ in Europa. E, ancora, il Battery Technology Center dove verranno condotti i test prestazionali e la validazione dei componenti delle batterie (celle/moduli/pacchi) durante le fasi di sviluppo e produzione. L’inaugurazione ufficiale avverrà nella seconda metà di quest’anno. Nell’ambito della joint venture con Punch Powertrain, denominata e-Transmissions Assembly, Torino ospiterà poi una struttura avanzata per la produzione e fornitura di eDCT innovative per la nuova generazione di modelli ibridi e Phev dell’Azienda. Il suo contributo aiuterà Stellantis a elettrificare ulteriormente il proprio portafoglio di marchi con soluzioni pulite, sicure e accessibili. La struttura diverrà operativa all’inizio del 2024.

Italgas sceglie Torino: entro 2026 il nuovo polo innovazione per energia green

Un nuovo polo dell’innovazione dove verranno sviluppati studi e ricerche su metano, biometano e idrogeno verde, contribuendo attivamente al processo di decarbonizzazione e di transizione verso un futuro più sostenibile. E’ il progetto di Italgas che, grazie ad un investimento da 35 milioni di euro, vedrà la luce nella storica sede della società a Torino, in corso Regina Margherita. Il campus, presentato da Città di Torino e Italgas, darà lavoro a circa 250 persone a regime e, attraverso l’avvio di partnership e collaborazioni, dialogherà con le più importanti istituzioni accademiche e gli atenei in Italia e all’estero. Ospiterà, inoltre, il Cyber Range del gruppo, all’interno del quale saranno sviluppate e testate le caratteristiche di sicurezza informatica e resilienza degli apparati e dei sistemi digitali di nuova generazione.

Non solo ricerca, ma anche un occhio attento alla riqualificazione della città e all’ambiente. Il progetto, infatti, comporterà la riqualificazione complessiva dell’area che si estende per circa 44mila metri quadrati (di cui 14mila dedicati ai laboratori), attraverso la ristrutturazione conservativa degli edifici preesistenti e l’ammodernamento delle aree esterne. Inoltre verrà realizzato un nuovo edificio ad alta efficienza energetica che ospiterà un Hub per la ricerca e l’innovazione. Infine è prevista la creazione di spazi verdi e aree per la cittadinanza: oltre 9mila metri quadrati di percorsi pedonali e ciclabili all’interno del sito.

Il cronoprogramma dei lavori prevede due distinte fasi realizzative: entro il 2025 verranno riqualificati tutti gli edifici esistenti e le aree esterne, mentre nel 2026 sarà completato il nuovo Hub e verranno valorizzati i due gasometri, strutture di archeologia industriale dal grande valore storico e identificativo per la città. Parallelamente Italgas effettuerà interventi migliorativi delle aree pubbliche limitrofe alla sede, in particolare in corso Farini, con una nuova viabilità ciclabile e pedonale, estensione degli spazi verdi con aree gioco per i più piccoli e riqualificazione di parcheggi e aiuole.

Dopo l’importante intervento di ristrutturazione e valorizzazione architettonica degli edifici e dell’area di Largo Regio Parco, continuiamo a investire in innovazione a Torino – ha dichiarato l’Amministratore Delegato di Italgas, Paolo Gallo -. Per l’area di Corso Regina Margherita inizia una nuova fase: siamo orgogliosi di poter realizzare un progetto che proietta ulteriormente la città nel futuro energetico del Paese e allo stesso tempo contribuisce al rilancio di un’area tanto importante per il tessuto urbano. Qui sorgerà un polo dedicato all’innovazione e all’eccellenza, senza dimenticare la storia di Italgas e della città, che sarà visibile nella valorizzazione di due gasometri che svettano dall’area e che, negli anni, sono diventati elementi caratteristici del paesaggio urbano”.

Idrogeno verde, ecco la soluzione per immagazzinarlo e trasportarlo

L’idrogeno verde, almeno sulla carta, è una buona soluzione per rendere stabili le fonti di energia rinnovabile: collegare un elettrolizzatore a una pala eolica, per fare un esempio, permette di utilizzare l’energia in eccesso per produrre in modo pulito idrogeno dall’acqua. Sì, ma, una volta prodotto, come fare a immagazzinarlo e trasportarlo?

Lo si può comprimere in forma gassosa o liquida. Con problemi di spazio nel primo caso. E con la necessità di mantenere bassissime temperature nel secondo. In entrambe le situazioni: con costi elevati.

C’è poi una terza via (e, fino a qui, non è una novità), ovvero stoccarlo allo stato solido. In particolare, in una delle tecnologie oggi studiate, è possibile far reagire le molecole di idrogeno a contatto con una polvere di lega metallica, in modo che vengano assorbite. Tecnicamente, viene così a prodursi un nuovo composto, un idruro, che potrà quindi essere immagazzinato all’interno di speciali contenitori e quindi trasportato come un solido.

Anche qui, però, con un limite importante: la reazione chimica che porta all’assorbimento dell’idrogeno genera calore. Che viene disperso. Mentre per ri-estrarre poi l’idrogeno dal composto, e poterlo quindi impiegare come combustibile, deve essere immesso nel sistema del nuovo calore. Con una gestione termica tutt’altro che efficiente.

L’università di Torino, nell’ambito del progetto Hycare (finanziato da Horizon 2020) ha appena dimostrato sul campo una soluzione a questo problema, con la possibilità di accoppiare al sistema di immagazzinamento dell’idrogeno, anche una tecnologia per conservare il calore generato. E poterlo poi riutilizzare senza sprechi. Il tutto con un esperimento su larga scala, che ha testato 40 kg di idrogeno – abbastanza per fare il pieno a 13 automobili, o per fornire energia a una casa per una settimana.

In questa dimostrazione, il calore generato dalla reazione idrogeno-metallo viene accumulato in una batteria termica. All’interno della batteria è presente infatti un materiale “a cambiamento di fase”. Sostanza, cioè, capace di ricevere e conservare energia termica passando da stato solido a stato liquido. E di tornare poi allo stato solido svuotandosi del calore accumulato per permettere all’idruro di liberare idrogeno pronto all’uso. Il progetto dimostra per la prima volta che la combinazione di idruri metallici con i materiali a cambiamento di fase per la gestione termica di un sistema di stoccaggio a idrogeno è una realtà”, spiega Marcello Baricco, professore all’università di Torino e coordinatore del progetto. Un passo avanti, insomma, “per migliorare l’efficienza energetica del processo e ridurre l’impatto ambientale dell’intero sistema”.

Ora sarà il mercato a premiare o meno l’applicazione di questa innovazione. Che sconta – va detto – il limite di essere un sistema di stoccaggio particolarmente pesante (la differenza di peso fra il serbatoio pieno e vuoto di idrogeno è dell’1%). Ma che proprio per questo potrebbe trovare impiego in applicazioni fisse: stazioni di rifornimento, condomini. Oppure dove una zavorra è addirittura utile, come nel caso di navi o yacht.

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Smog, 29 città sforano i limiti di polveri sottili nel 2022. Torino e Milano sul podio

L‘emergenza smog nelle città italiane è un problema sempre più pressante. Servono interventi decisi, perché soprattutto nelle città del Settentrione, l’aria è irrespirabile a causa dell’inquinamento: quando si considerano i limiti per le polveri sottili, Pm10, il 76% dei nostri centri urbani è fuorilegge rispetto ai target europei. Sono infatti 29 su 95 le città che hanno superato i limiti normativi per lo sforamento di Pm10, (35 giorni all’anno con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo): in testa si trova Torino con 98 giorni di sforamento, seguita da Milano con 84, Asti 79, Modena 75, Padova e Venezia con 70. Sono questi i punti principali del nuovo report di Legambiente ‘Mal Aria di città. Cambio di passo cercasi’, redatto e pubblicato nell’ambito della Clean Cities Campaign.

La situazione è però preoccupante ovunque, perché il nostro Paese è decisamente in ritardo per adeguarsi ai nuovi target europei entro il 2030, visto che risulta fuorilegge il 76% delle città per il PM10, l’84% per il PM2.5 e il 61% per l’NO2. “Le città italiane dovranno lavorare duramente per adeguarsi ai nuovi limiti entro i prossimi sette anni,osserva Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente soprattutto considerando che i trend di riduzione dell’inquinamento finora registrati non sono incoraggianti e che i valori indicati dalle linee guida dell’OMS, che sono il vero obiettivo da raggiungere per tutelare la salute delle persone, sono ancora più stringenti dei futuri limiti europei”.

Va detto che per il PM10, l’analisi delle medie annuali ha mostrato che nessuna città ha superato il limite previsto dalla normativa vigente, ma secondo Legambiente “ciò non è sufficiente per garantire la salute dei cittadini, in considerazione delle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dei limiti previsti dalla nuova Direttiva europea sulla qualità dell’aria, che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2030. Per il PM10, sarebbero infatti solo 23 su 95 (il 24% del totale) le città che non hanno superato la soglia di 20 µg/mc. 72 città sarebbero dunque fuorilegge“.

L’appello al governo perché intervenga arriva anche dalla Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima) secondo cui l’Italia è il primo paese in Europa per morti attribuibili all’inquinamento atmosferico con circa 80mila decessi prematuri all’anno.Gli effetti diretti dell’inquinamento sulla salute umana interessano diversi apparati ed organispiega il presidente Sima, Alessandro MianiLe patologie dell’apparato cardiovascolare rappresentano la prima causa di morte in Italia (Eventi coronarici e Infarto Miocardico Acuto, 9.000 casi/anno – Ictus cerebrali, 12.000 casi/anno), seguiti dalle patologie dell’apparato respiratorio (7.000 decessi prematuri/anno). Gli effetti indiretti dell’inquinamento portano fino al +14% di aumento di incidenza per tutti i tumori nei siti inquinati (Mesoteliomi, 1.900 casi/anno da esposizione ad amianto – Tumori testicolari, +36% d’incidenza nei siti inquinati – Leucemie, +66% d’incidenza nei siti inquinati – Linfomi, +50% d’incidenza nei siti inquinati – Sarcomi dei tessuti molli, +62% d’incidenza nei siti inquinati – Tumori polmonari, +29% d’incidenza nei siti inquinati – Tumori vescicali o renali, +32% nei siti inquinati – Tumori della mammella, +50% d’incidenza nei siti inquinati)”. “E’ imprescindibile e non più rimandabile agire in fretta per ridurre drasticamente le principali sorgenti emissive dell’inquinamento atmosferico: in tale direzione Sima ha proposto al Governo di mitigare gli effetti nocivi dello smog partendo dagli edifici urbani, attraverso incentivi volti a facilitare interventi di rivestimento di superfici murarie e vetrate con un ‘coating’ fotocatalitico al biossido di titanio a base etanolo, che ha dimostrato in studi scientifici di essere attivato da luce naturale a svolgere un’azione di scomposizione e riduzione degli inquinanti atmosferici. Una Mitigation Action che l’Europa apprezza e valorizza”, conclude Miani.