Un piano europeo per mestieri ‘verdi’. Si inizia a ragionarne

Il 20 gennaio scorso, tre mesi e mezzo fa, su questa rubrica scrivevo: “Vorrei vedere un quadro di proposte ed interventi generali e, accanto ad ogni proposta legislativa per l’industria green, una proposta sul ‘lavoro green’ cioè sulle ricadute sociali e i possibili rimedi. Anche perché questo sì aiuterebbe i cittadini a condividere le scelte”.

Il 4 maggio una prima risposta è arrivata. È solo una proposta di “ragionamento”, ma viene da una fonte autorevole, il commissario europeo agli Affari Economici Paolo Gentiloni, il quale parlando al Brussels Economic Forum ha auspicato proprio questa cosa. Si discuteva la questione del mercato del lavoro in questi mesi nell’Unione europea, e Gentiloni ha riconosciuto che “è evidente che è sotto pressione. Le attività tradizionali stanno riducendosi, le nuove politiche economiche ed industriali richiedono figure professionali nuove, spesso non ancora disponibili. Pensiamo, tanto per stare ad un dibattito recente, alla diffusione delle auto elettriche, che, obbligatorie o meno dal 2035, già nell’ultimo paio d’anni hanno visto un’impennata nelle vendite. Serviranno nuovi “meccanici”, nuovi tecnici per i sistemi di ricarica. Dunque professionalità spesso da creare quasi dal nulla.

Per affrontare queste esigenze, dice Gentiloni, “un meccanismo europeo di finanziamento per riqualifica professionale e nuove competenze sarebbe un argomento interessante su cui discutere nei prossimi mesi. Forse sarebbe stato meglio dire “da subito”, ma il concetto è comunque chiaro, e condivisibile. Il Commissario non parla di un nuovo Sure, il meccanismo europeo a sostegno dell’occupazione varato sulla scia della crisi prodotto dalla pandemia di COVID-19, perché “non sarebbe possibile date le situazioni attuali in cui ci troviamo”. Ma ipotizza un qualcosa che, aiutando le necessità dell’industria, vada anche incontro alla necessità dei lavoratori, nuovi e, si spera anche i vecchi, di avere un’occupazione.

L’aspetto della transizione lavorativa che discende dalla transizione climatica è infatti decisivo, sia dal punto di vista sociale sia da quello industriale. Non dimentichiamo che il cambiamento al quale si lavora è per le generazioni presenti, ma in particolare per le future. Dobbiamo, sin da ora dare la possibilità ai lavoratori di esserci. Un ambiente più sano avrebbe uno scarso impatto nella qualità delle vite se non fosse accompagnato da una società più sana.

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Torino punta su ambiente e sostenibilità per ‘rimettersi in moto’

Un anno di azioni, di interventi, anche di rischi presi, per “rimettere in moto Torino” su quattro direttrici: sviluppo, cura, coesione. Ma soprattutto, sostenibilità. A 12 mesi, o poco più, dalla sua elezione, il sindaco Stefano Lo Russo illustra quanto fatto e i progetti da venire. Un anno, spiega, condizionato dall’emergenza pandemica Covid-19 e dalla guerra in Ucraina, con i conseguenti effetti sul caro materiali e sul caro energia. Un’emergenza, quella del caro bollette, che per il solo Comune di Torino “ha visto rincari del 71% per quella elettrica (da 21,9 a 37,4 milioni) e di ben il 172% per il riscaldamento (da 25,7 a 70,1 milioni)”. A luglio scorso, però, ha annunciato il primo cittadino, il Comune ha dato vita a un grande piano di Efficientamento energetico – che prevede interventi di riqualificazione energetica su oltre 800 edifici comunali con un investimento di oltre 110 milioni. Un piano di interventi che darà benefici strutturali e permanenti. Non solo il 33% di risparmio energetico annuo per il Comune ma anche enormi benefici ambientali per la Città. Che, ricorda, è una di quelle in Italia con la qualità dell’aria peggiore. “Stiamo parlando di oltre 20.000 Tonnellate di CO2 emessa in meno ogni anno. È come togliere, di colpo, 16.000 auto dalle nostre strade, o piantare 2 mln di alberi“, commenta Lo Russo.

I costi triplicati delle bollette non hanno fermato l’amministrazione che ha continuato a guardare all’ambiente e alla transizione ecologica, che ha nella riconversione del sito industriale di Mirafiori il suo cuore pulsante, con l’hub dell’economia circolare, frutto all’accordo con Stellantis e Regione Piemonte. Ma la trasfomazione di un luogo ha poi bisogno di trasporti adeguati, ecco perché il Comune ha avviato importanti investimenti nel settore della mobilità e trasporti per 184,9 milioni che “verranno spesi per la Sperimentazione del MAAS, Mobility as a Service e la creazione di Living Labper l’acquisto di 300 bus elettrici – spiega – per l’acquisto di 90 veicoli elettrici; per il rinnovamento del sistema di rilevazione del traffico. Procederemo poi nel 2023 alla riorganizzazione della rete di del trasporto pubblico locale in area urbana“.
In ambiente e sostenibilità verranno investiti altri 57,6 milioni per interventi di bonifica di siti inquinati; per un piano di manutenzione straordinaria del verde; sul progetto Valdocco Vivibile che prevede la riqualificazione del quartiere Valdocco; la realizzazione di aree verdi nel quartiere Vallette e per nuovi interventi di forestazione urbana. Sempre nel settore, aggiunge Lo Russo, “svilupperemo interventi nel settore dell’economia circolare per 2,0 milioni, in nuove infrastrutture verdi per 12,5 milioni; nelle comunità energetiche per 5,0 milioni e in interventi di adattamento urbano ai cambiamenti climatici per altri 6,5 milioni. per un totale di 26,0 milioni“.
Ma c’è un progetto su tutti che rappresenta il fiore all’occhiello degli investimenti, quello del Parco del Valentino che vale, da solo, 156,9 milioni. Il restauro di Torino Esposizioni e la realizzazione della Biblioteca civica, il restauro del Teatro e del Borgo medievale, il ripristino della navigazione sul Po nel tratto tra i Murazzi e Moncalieri e la sistemazione del Parco del Valentino sono uno dei progetti più importanti della Città.

Cdp guida la transizione verde dell’Italia

Serviranno soldi, tanti soldi, per fare della transizione sostenibile una realtà. In Italia c’è un problema di risorse, ma spesso “mancano progettualità ed idee”. Un problema nel problema, visto che per energia pulita, mobilità sostenibile, efficienza energetica e tutto ciò che occorre per contrastare il cambiamento climatico vanno intercettati i fondi privati e anche europei. Cassa Depositi e Prestiti decide di ricoprire il ruolo di cosiddetto ‘game-changer’, di soggetto capace di cambiare le regole del gioco e imprimere quel cambio di passo che si rende sempre più necessario. Con la Commissione europea sigla un accordo da 6,7 milioni di euro (5 milioni da bilancio comune Ue e 1,7 milioni attraverso i contributi Cdp) per servizi di consulenza a progetti di investimento infrastrutturale e sociale. Un accordo speciale, il primo del suo genere. “E’ un primato di cui siamo fieri”, sottolinea un soddisfatto Giovanni Gorno Tempini, direttore di Cdp a Bruxelles per sancire il momento storico.

Lo speciale accordo, il primo di questo tipo, contribuirà a migliorare l’accesso ai finanziamenti e gli investimenti nello sviluppo di energia sostenibile, dei trasporti e delle infrastrutture digitali e innovative. Nessuno ‘spoiler’, ma certamente Cassa Depositi e Prestiti è pronta a offrire consulenza su “progetti di vario tipo”, quali “ alternative ai combustibili, all’efficienza energetica e a tutto quello che contribuisce a contrastare i cambiamenti climatici”. Tutto quello che risponde alle esigenze ‘green’ dell’Europa votata all’eco-compatibilità, e tutto quello che “sono le sfide del Paese”.
L’accordo di consulenza risponde a tutte le principali linee d’azione a dodici stelle, innanzitutto InvestEu, il programma per gli investimenti strategici dell’Unione. E’ in questo ambito che si inserisce l’intesa tra l’istituto italiano e l’esecutivo comunitario.

InvestEu, che ha una voce di bilancio a parte nel budget dell’Unione europea, intende mobilitare fondi pubblici e privati a sostegno di una ripresa sostenibile, e “contribuisce a mobilitar investimenti privati per le priorità strategiche dell’Ue, come il Green Deal europeo e la transizione digitale”, ricordano a Bruxelles, dove si è certi che il polo di consulenza InvestEu, “con gestione della Commissione europea e attuazione affidata a partner finanziari”, come Cdp nel caso specifico, “costituirà un efficiente punto di accesso a servizi di consulenza e assistenza tecnica”.
Il sostegno, che va dalla preparazione dei progetti all’attuazione, è la chiave per il successo dell’Italia in Europa. Perché in tutto questo “l’effetto leva sta nella capacità di attingere ai fondi europei”. Quello che preme sottolineare al presidente di Cdp è che “i fondi europei sono intercettabili se ci sono progetti buoni, chiari e monitorabili”. Dietro la parole di Gorno Tempini c’è tutta una strategia volta a fare le riforme che servono con i soldi dell’Europa. Se si presentano progetti validi si può cambiare il Paese senza gravare sull’Erario. “Senza fare le riforme l’Italia è destinata a livello di crescita molto bassi”, ammette l’amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti, Dario Scannapieco. “Con fierezza ci uniamo alla Commissione europea per concorrere a stimolare una crescita solida e duratura del sistema economico, sociale e ambientale dell’Europa”, ma è alle esigenze nazionali che si guarda.

C’è una strategia. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega agli Affari europei, Enzo Amendola, non può che salutare con favore questo accordo. “In un momento in cui siamo impegnati nella missione nazionale del piano per la ripresa molto importante garantire contemporaneamente anche la spesa dei fondi del bilancio Ue 2021-2027 e le competenze di Cdp per l’attuazione del programma di investimenti europeo InvestEu sono in questo senso la migliore garanzia per una crescita sostenibile, digitale e inclusiva da un punto di vista sociale e territoriale”. Cdp dunque si fa garante di qualità e affidabilità. Fare tanto, fare bene. La sfida della sostenibilità europea è qui, e Cdp qui ha intenzione di rimanere. “La presenza a Bruxelles è cruciale”, riconosce Scannapieco. “Essere qui vuol dire offrire il nostro contributo per le priorità e gli orientamenti dell’Ue”. Cdp intende aumentare la presenza e l’attività nella capitale dell’Ue. Da Bruxelles la Commissione guarda con soddisfazione e interesse. “Attendo con interesse la firma di molti altri accordi di questo tipo con partner consultivi locali in tutta l’Ue”, fa sapere Paolo Gentiloni. “La firma dell’accordo con Cassa depositi e prestiti, prima banca nazionale di promozione a divenire partner consultivo nell’ambito di InvestEu, segna una pietra miliare”. Il commissario per l’Economia lascia intendere che qualcosa è già cambiato, e che molto ancora può cambiare.

Paolo Gentiloni

Green economy, le raccomandazioni Ue all’Italia: “Avanti con le riforme verdi”

Tenere il debito sotto controllo, con politiche di bilancio prudenti. E poi interventi in tema di pensioni e catasto. Ma soprattutto agenda sostenibile. La Commissione europea, nelle raccomandazioni specifiche per Paese, chiede all’Italia di lavorare sulla transizione verde: “Serve un’attuazione piena e tempestiva del piano di ripresa”. Questa l’indicazione principale al governo, che si coniuga in azioni e politiche a sostegno della green economy. Nello specifico, i compiti per casa non sono pochi. Si insiste sulla necessità di “ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e diversificare l’importazione di energia”. In tal senso occorre “superare le strozzature per aumentare la capacità di trasmissione interna del gas, sviluppare interconnessioni elettriche, accelerare la diffusione di ulteriori capacità di energia rinnovabile e adottare misure per aumentare l’efficienza energetica e promuovere la mobilità sostenibile”.

A livello nazionale è convinzione dell’esecutivo comunitario che sia “necessario accelerare la decarbonizzazione del settore dei trasporti, anche accelerando l’introduzione di punti di ricarica per i veicoli elettrici e portando avanti importanti progetti ferroviari, ciclabili e di trasporto pubblico”. Vanno riviste le politiche adottate finora in materia fiscale. Serve, nello specifico, “adottare e attuare opportunamente la legge delega sulla riforma tributaria, in particolare riducendo le sovvenzioni dannose per l’ambiente”. Ancora, serve un maggiore sforzo in termini di azioni di contrasto ai cambiamenti climatici, perché qui si considera il sistema Paese in ritardo. “Affinché l’Italia sia in linea con gli obiettivi con il pacchetto di sostenibilità ‘Fit for 55’, saranno necessarie ulteriori ambizioni nella riduzione delle emissioni di gas serra e nell’aumento delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica”. In tal senso “c’è spazio per accelerare e aumentare l’introduzione delle fonti di energia rinnovabili previste dal Piano nazionale per il clima energetico (PNEC)”. Nel processo di rilancio dell’Italia non va dimenticata la riforma della pubblica amministrazione per quanto riguarda i progetti verdi. “L’Italia ha spazio per continuare ad adottare misure per facilitare l’autorizzazione di progetti di energia rinnovabile”. Vuol dire meno burocrazia.

Bisogna fare tanto, e bene. Vanno evitati sprechi. Quindi le autorità nazionali devono “espandere gli investimenti pubblici per la transizione verde e digitale e per la sicurezza energetica, anche facendo uso del Recovery fund, della strategia per l’indipendenza energetica RePowerEU e altri fondi dell’UE”. Un punto su cui insiste il commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni. “Utilizzare bene i fondi del fondo di ripresa evita che le nostre economie frenino in modo eccessivo”, e questo vale anche e soprattutto per l’Italia. “Ci sono 200 miliardi – dice – che mai come ora servono al Paese”. Le risorse dunque ci sono, vanno usate tutte e bene, e serve che la politica faccia il proprio dovere, senza crisi o strappi di qualsivoglia sorta. Gentiloni guarda con soddisfazione a “l’attuazione che il governo Draghi sta perseguendo con grande forza e con grande convinzione” per la traduzione in pratica della strategia tricolore di rilancio economico, e a nome dell’esecutivo comunitario, per il bene del Paese, lancia il chiaro messaggio politico di lasciare lavorare il presidente del Consiglio. Nell’attuazione del piano di ripresa e della sua componente green “non c’è solo la risposta alle raccomandazioni, ma pure all’esigenza di sostenere l’economia e gli investimenti” di cui c’è bisogno.

eolico

Transizione verde, 9 italiani su 10 sono favorevoli

La guerra in Ucraina rende “ancora più urgente” investire nelle energie rinnovabili. Una necessità avvertita con sempre maggiore necessità per rispondere alla questione della sicurezza energetica dopo il deterioramento dei rapporti col fornitore russo, e soprattutto un modo per liberarsi dalla morsa del caro-prezzi che grava sull’economia delle famiglie. Sono praticamente 9 italiani su 10 a chiedere di procedere verso la transizione verde in campo energetico, come mostra il nuovo sondaggio Eurobarometro.

Condotto su un campione totale di oltre 26 mila cittadini dell’UE nell’ultima settimana di aprile, l’89% dei 1.016 intervistati italiani non ha dubbi che bisogna imprimere un cambio di passo su solare, eolico, fotovoltaico, idrogeno e affini. La stessa percentuale ritiene che sia anche giunto il momento di investire di più in mobilità sostenibile ed efficienza energetica negli edifici. Si chiedono dunque politiche atte a incentivare opere di ristrutturazione che consentano isolamento termico e dispersione di calore.

L’indagine di Eurobarometro tocca anche tutti gli altri punti al centro delle azioni dell’Unione europea in risposta alla crisi energetica scaturita dalla guerra in Ucraina. Gli italiani si mostrano consapevoli del fatto che il gas, nell’immediato, continuerà ad essere comunque una fonte imprescindibile per riscaldamento e alimentazione della cucina. Per questo quasi nove su dieci di loro (88%) auspicano che gli Stati membri dell’UE, Italia inclusa, facciano scorte in vista dell’inverno, e confidano in nuovi fornitori alternativi a Gazprom anche nell’auspicio di accordi commerciali che possano portare a prezzi più vantaggiosi con conseguente riduzione delle bollette, considerate un rischio per il potere di acquisto personale e familiare dall’86% degli intervistati.

In tal senso l’indagine mostra anche una forte aspettativa nell’Unione europea. È il 91% degli italiani che guarda con speranza a Bruxelles per strumenti che possano calmierare il prezzo dell’energia a seguito dei rincari. Tutti questi italiani chiedono che “vengano prese misure a livello europeo” per limitare l’impatto dell’impennata dei costi. Intanto gli italiani cercano di arrangiarsi come possono. Pur di ridurre il costo della propria bolletta, più di un cittadino su due (56%) è disposto a rimettere mano al termostato e ridurre la temperatura interna della propria casa.

Markku Markkula

Markkula (Ppe): “Città e imprese alla guida del cambiamento”

Adattamento ai cambiamenti climatici, ripristino e conservazione dei mari entro il 2030, città intelligenti neutre dal punto di vista climatico entro il 2030, piano europeo per il suolo, lotta al cancro. Le missioni che l’Ue si è posta per l’immediato sono queste e vanno portate avanti con maggiore determinazione. Le ripercussioni della guerra in Ucraina non devono lasciare spazio a ripensamenti. Per Markku Markkula (Ppe) non c’è dubbio. Il relatore del parere del Comitato delle regioni sul dossier, presidente della regione Helsinki-Uusima, membro della commissione Ambiente del Comitato e già presidente dell’istituzione Ue, fa il punto della situazione nell’intervista concessa a GEA.

Alla luce della guerra in Ucraina e quello che ne deriva, qual è il futuro delle missioni europee?
“Dobbiamo accelerare queste iniziative. È più che mai tempo di queste trasformazioni, ne avevamo bisogno prima e ne abbiamo bisogno adesso. Vede, il messaggio forte che arriva da questo parere e da questa sessione plenaria è che dobbiamo abbandonare le fonti fossili russe“.

I soldi a disposizione basteranno, o con alta inflazione e incertezze ne serviranno altre?
“Le risorse ci sono. Abbiamo il Fondo per la transizione giusta, abbiamo il meccanismo per la ripresa Next Generation Ue che punta sulle transizioni verde e digitale. Dobbiamo utilizzare questi soldi per la trasformazione sostenibile dell’Europa e delle nostre città”.

Che ruolo possono giocare le città?
“Una delle missioni riguarda le 100 città intelligenti e sostenibili. La Commissione ha prodotto l’elenco, e ora occorre mettersi al lavoro. Il parere del Comitato europeo delle regioni chiede più sinergie, più lavoro d’orchestra. Si tratta di avviare collaborazioni concrete, che potranno avvalersi di sostegno tecnico. Il Comitato delle regioni ha negoziato perché il Centro comune di ricerca possa fornire questo supporto”.

E l’Istituto europeo di tecnologia (Eit)?
“È molto importante. La Commissione europea ha chiesto all’Istituto di lavorare di più come le autorità locali. L’Istituto ha il suo quartier generale a Budapest, ma ha uffici in ogni Stato membro. Tutti questi uffici dovranno dare il loro contributo”.

L’industria in tutto questo che ruolo gioca?
“Gioca un ruolo fondamentale, perché qui si parla di sviluppo, sviluppo industriale. Le cinque missioni dell’Ue rientrano nel campo delle ricerca, sono finanziate dal programma europeo per la ricerca Orizzonte Europa, e dunque, quando si parla di industria, si tratta di puntare su più ricerca e sviluppo. Serve una svolta, perché ancora non abbiamo tutte le tecnologie che servono per avere una società pulita a emissioni zero. Per questo dobbiamo mobilitare la conoscenza”.

European Chips Act

L’enorme costo ambientale della sovranità digitale dell’Ue

Sovranità digitale, ma con un costo ambientale ed energetico non trascurabile. La Commissione europea ha presentato lo scorso 8 febbraio l’European Chips Act, la strategia sui microchip per prevenire, preparare, anticipare e rispondere rapidamente a qualsiasi futura crisi nella catena di approvvigionamento dei semiconduttori, come quella che da mesi ha travolto l’Europa e il resto del mondo. L’European Chips Act rappresenta il pilastro imprescindibile della tanto agognata sovranità digitale dell’Unione Europea – “senza il quale non esisterebbe alcuna autonomia”, secondo le parole della presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen – e prevede il raddoppio della quota di mercato entro il 2030, oltre a 43 miliardi di euro in investimenti pubblici e privati mobilitati.

Ma l’aumento della quota di produzione europea dei semiconduttori, le piccole componenti essenziali per tutti i sistemi elettronici, dagli smartphone alle automobili, rischia di lasciare scoperto sul breve e medio periodo più di un fianco vitale per l’agenda verde dell’UE: quello della transizione verde, il Green Deal europeo, ma anche l’approvvigionamento energetico nel pieno di una crisi globale aggravata dalle conseguenze della guerra russa in Ucraina. Nel Chips Act è stata trascurata la questione del costo ambientale della produzione dei semiconduttori, sul piano dell’inquinamento idrico e atmosferico e del consumo di acqua ed energia, per uno dei settori manifatturieri più energivori.

In verità, nel testo della strategia UE si legge che “le tecnologie digitali hanno un’impronta ambientale che va dal rilascio di gas fluorurati a effetto serra al significativo consumo di energia per la loro produzione e durante il loro utilizzo”. Tuttavia, quello che emerge con evidenza dal testo è che la proposta legislativa si concentra quasi esclusivamente sulle prestazioni delle nuove generazioni di microchip, che renderanno più efficienti dal punto di vista dell’efficienza energetica i dispositivi elettronici e le infrastrutture dell’informazione e della comunicazione. È però sull’impatto ambientale e sul costo energetico della produzione che sembra esserci un buco nelle valutazioni del sistema di scambio di quote di emissione (ETS), per quanto riguarda gli obiettivi climatici del settore della manifattura dei semiconduttori.

Se è vero che il consumo energetico operativo dei dispositivi connessi è costantemente in calo, non va dimenticato che quanto più sofisticato è il chip, maggiore è l’impatto ambientale. Per esempio, la produzione di microchip avanzati a 2 nanometri richiede più del doppio di acqua e tre volte l’elettricità rispetto a quelli a 28 nanometri e diverse ricerche indipendenti hanno rivelato che i principali produttori di microchip hanno superato in termini di impronta di carbonio e rifiuti pericolosi i settori tradizionalmente più inquinanti, come quello automobilistico.

È chiaro che, per quanto riguarda la produzione dei semiconduttori, la sovranità digitale dell’UE potrebbe non essere conciliabile con l’agenda verde, almeno non sul breve periodo. Nel 2020, il primo produttore di microchip, TSCM, ha emesso 15 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente, quasi il doppio rispetto all’anno precedente, mentre il secondo produttore, Samsung, ne ha emesse quasi 13 milioni. “La creazione di impianti industriali può avere un impatto negativo sull’ambiente, ma questo può essere compensato dal loro contributo alla transizione verso la sostenibilità a lungo termine”, ha confessato alla stampa di Bruxelles un portavoce del gabinetto guidato dalla presidente von der Leyen.

FMI WASHINGTON

Crescita globale in crisi, FMI: “Non dimenticare emergenza climatica”

Il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto al ribasso le sue stime sulla crescita dell’economia della zona euro a causa della guerra in Ucraina, alle sue porte: la perdita è di più di un punto di Pil nel 2022. L’FMI si aspetta una crescita del 2,8% nei paesi dell’eurozona, un serio rallentamento dopo il 3,9% che aveva previsto a gennaio e il 4,3% che aveva delineato a ottobre. “Questa è una delle più significative revisioni al ribasso delle nostre aspettative”, ha detto il nuovo capo economista del FMI, Pierre-Olivier Gourinchas, in occasione della pubblicazione delle previsioni economiche di primavera dal titolo ‘La guerra frena la ripresa globale’. “I principali canali attraverso i quali la guerra in Ucraina e le sanzioni economiche imposte alla Russia stanno influenzando l’economia della zona euro sono l’aumento globale dei prezzi dell’energia e la sicurezza energetica”, ha scritto l’istituzione di Washington nel suo rapporto. Senza risparmiare l’Italia, per cui le stime prevedono una crescita del Pil di 2,3% nel 2022 (1,5 punti in meno rispetto alle previsioni di gennaio) e di 1,7% nel 2023 (0,5 punti in meno di gennaio).

INFLAZIONE RECORD

Quasi due mesi dopo l’inizio del conflitto, la guerra in Ucraina mantiene i prezzi alti: il petrolio rimane sopra i 100 dollari al barile dopo aver raggiunto i massimi storici a marzo, un mese in cui gas, grano, alluminio, nichel e altre materie prime sono saliti a livelli record, portando l’inflazione europea a un 7,5% senza precedenti. Non tutti gli stati soffriranno allo stesso modo dello shock economico della guerra, ha avvertito martedì l’FMI. Quelli con “settori manifatturieri relativamente grandi e maggiore dipendenza dall’energia russa” soffriranno di più, guidati da Italia e Germania, a cui Mosca fornisce molto gas. Gli effetti della guerra sull’economia europea potrebbero anche peggiorare, dice Pierre-Olivier Gourinchas, per esempio se le sanzioni economiche occidentali dovessero essere ulteriormente inasprite contro Mosca. “Ci sarebbe allora una riduzione ancora maggiore dell’attività economica nella zona euro, dell’ordine del 3% entro la fine del 2023”, dice.

RISCHIO DISORDINI SOCIALI

Poiché la Russia è uno dei principali fornitori di petrolio, gas e metalli, e, insieme all’Ucraina, di grano e mais, l’attuale e previsto calo dell’offerta di queste materie prime ha già spinto i loro prezzi verso l’alto. Europa, Caucaso e Asia centrale, Medio Oriente Medio Oriente e Nord Africa e Africa sub-sahariana sono i più colpiti. Gli aumenti dei prezzi di cibo e carburante colpiranno le famiglie a basso reddito in tutto il mondo, comprese Americhe e Asia”, afferma Pierre-Olivier Gourinchas. Le carenze di approvvigionamento legate alla guerra, aggiunge, amplificheranno le pressioni sulle economie, “in particolare attraverso l’aumento del prezzo dell’energia, dei metalli e del cibo. Anche se ci si aspetta che i colli di bottiglia alla fine si attenuino con la delocalizzazione della produzione, le carenze di fornitura in alcuni settori dovrebbero durare fino al 2023. Di conseguenza, si prevede che l’inflazione rimanga elevata molto più a lungo che nella nostra precedente previsione” e “in molti Paesi, l’inflazione è diventata una preoccupazione”. Con un problema ancor maggiore all’orizzonte: “Nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo, gli aumenti dei prezzi di cibo e carburante potrebbero aumentare significativamente il rischio di disordini sociali”.

TRANSIZIONE VERDE

Nonostante la situazione critica, secondo l’FMI non si può dimenticare la crisi climatica, perché “l’erosione dello spazio fiscale rende più difficile investire nella transizione climatica, mentre i ritardi nell’affrontare la crisi climatica rendono le economie più vulnerabili agli aumenti di prezzo delle materie prime, il che alimenta l’inflazione e l’instabilità economica”. Per questo motivo “sul fronte del clima è imperativo colmare il divario tra le ambizioni dichiarate e le azioni politiche. Un prezzo minimo internazionale del carbonio differenziato in base ai livelli di reddito dei Paesi e iniziative finanziarie multilaterali saranno necessarie per coordinare gli sforzi nazionali volti a ridurre i rischi di eventi climatici catastrofici”. Ecco che, quindi, pur concentrandosi sull’impatto della guerra e della pandemia, i responsabili politici dovranno mantenere l’attenzione “su obiettivi a più lungo termine. Questo include la riqualificazione dei lavoratori per la trasformazione digitale in corso, mentre si facilita la trasformazione del mercato del lavoro necessaria per raggiungere le emissioni nette zero. Un approccio globale che combina la fissazione del prezzo del carbonio, l’investimento nelle energie rinnovabili e la compensazione per coloro che sono stati colpiti dalla transizione può aiutare ad accelerare la necessaria transizione verde”.