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Tifoni e ‘dragone giallo’ in Usa: schizzano prezzi succo d’arancia

I prezzi del succo d’arancia negli Stati Uniti sono saliti alle stelle, al livello più alto della storia, spinti dalle prospettive di un raccolto fiacco, ridotto dalla malattia del dragone giallo e da diversi eventi meteorologici devastanti. L’attuale punto di riferimento del mercato alla Borsa di Chicago per il succo d’arancia congelato e concentrato è salito a 2,4385 dollari la libbra (circa 450 grammi). In una settimana, i prezzi sono balzati di oltre il 17%. A metà gennaio il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti ha dichiarato di prevedere che il raccolto 2022-2023 della Florida sarà inferiore del 56% rispetto all’anno precedente, il più basso dalla Seconda Guerra Mondiale. Prendendo come termine di paragone la stagione 2020-2021, si prevede addirittura una riduzione dei volumi di due terzi (66%).

Il principale responsabile è la cosiddetta malattia del drago giallo, nota anche come malattia di Huanglongbing (HLB), che può interrompere la maturazione degli agrumi e causare la caduta prematura dei frutti. È veicolata dallo psillide, un minuscolo insetto che trasporta un batterio che si nutre della linfa, interrompendo la crescita del frutto e causando persino la morte dell’albero. Non esiste ancora un trattamento per questa malattia, che è stata individuata per la prima volta in Florida nel 2005 e da allora ha contaminato la maggior parte dei frutteti dello Stato.

La California è molto meno colpita dal drago giallo rispetto alla Florida. Se fino al 2020 era piuttosto indietro rispetto al suo rivale, nel 2022/23 dovrebbe produrre, secondo le stime dell’USDA, circa 47 milioni di casse, ovvero il 68% in più rispetto al ‘Sunshine State’ (il soprannome della Florida). Tuttavia, le arance californiane sono in gran parte non lavorate, quindi la loro produzione ha un impatto minimo sul mercato del succo d’arancia.

La malattia è stata aggravata dal passaggio dell’uragano Ian in Florida alla fine di settembre, che ha attraversato la contea di Polk, la principale regione di produzione dello Stato. All’inizio di novembre, l’uragano Nicole si è abbattuto anche sulla Florida centrale, il cuore della coltivazione delle arance, causando ancora una volta la caduta prematura di migliaia di frutti. “L’offerta si sta riducendo – afferma Judy Ganes di J Ganes Consultingsoprattutto perché la malattia del drago giallo sta colpendo anche il Brasile, il più grande produttore di arance al mondo. E allo stato attuale, non c’è speranza che le cose cambino“.

In Florida, i coltivatori sono sotto pressione e molti non esitano più a vendere, attratti dall’aumento del prezzo dei terreni dovuto al frenetico sviluppo immobiliare, spiega l’analista. I prezzi stanno salendo a causa della mancanza di offerta, “ma questo potrebbe non durare, perché la domanda è crollata“, dice Ganes. Dall’inizio degli anni 2000, il consumo di succo d’arancia si è più che dimezzato, a causa della consapevolezza del suo contenuto di zucchero, ma anche della maggiore disponibilità di bevande zuccherate. Secondo Judy Ganes, i prezzi attuali potrebbero accelerare ulteriormente la tendenza e allontanare gli americani dal succo d’arancia.

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Tornado, temporali ed ex-uragani: il clima pazzo in Italia

Ex-uragani ed enormi cicloni, l’Europa continua ad essere minacciata da situazioni meteo estreme. In questo momento, la scena meteorologica del continente risente della presenza dell’enorme ciclone irlandese che, dopo una settimana di semi-stazionarietà, ha deciso di muoversi verso Est portando maltempo sull’Europa Centrale poi anche sull’Italia con temporali, tornado ed alluvioni. Nelle prossime ore e nei prossimi giorni il continente risentirà dell’arrivo di 2 ex-uragani atlantici: il primo, Danielle, già da domani punterà verso la Galizia; il secondo, Earl, da metà della prossima settimana potrebbe portare forte maltempo verso l’Italia. L’influenza degli ex-uragani atlantici è quasi sempre maggiore sull’Europa occidentale, ma in questo caso Danielle ed Earl detteranno legge anche sul meteo italiano dei prossimi 6-7 giorni.

Antonio Sanò, Direttore e Fondatore del sito www.iLMeteo.it, individua infatti nell’arrivo dell’ex-uragano Danielle una delle principali cause della rimonta (da lunedì) del caldo africano sull’Italia: la tempesta tropicale, in arrivo sulla Galizia, favorirà la formazione di una profonda saccatura sull’Ovest del continente. Con questa configurazione aria calda ed umida risalirà verso l’Italia con afa e massime oltre i 35-38°C nei primi giorni della nuova settimana. In seguito, l’arrivo dell’ex-super uragano categoria 4 Earl, declassato ma ancora attivo come ciclone extratropicale, porterà maltempo sull’Italia centro-settentrionale da mercoledì prossimo.

Oggi, intanto, sono attesi residui temporali forti, specie fino alla tarda mattinata su Nord-Est e nell’area compresa tra Bassa Toscana e Lazio; seguirà un miglioramento con venti forti dai quadranti occidentali che spazzeranno via le nubi. Sabato tornerà il bel tempo su gran parte dell’Italia, salvo piovaschi al mattino in Emilia Romagna e sulle Alpi orientali; sempre al mattino non si escludono brevi piovaschi di passaggio anche in Campania. Domenica di sole e qualche momento di incertezza, questa la previsione: note instabili sono attese sul versante adriatico sotto forma di veloci acquazzoni più probabili a ridosso dell’Appennino, altrove la giornata sarà piacevole.

Tutto sommato un weekend buono e non eccessivamente caldo, mentre dalla prossima settimana 2 ex-uragani potrebbero portare prima il caldo africano e poi i nubifragi.

(photo credits: MIGUEL MEDINA / AFP)

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Uragani sempre più devastanti: l’angoscia dell’America Centrale

Ogni anno, durante la stagione degli uragani, da giugno a fine novembre, gli abitanti di El Salvador e dell’Honduras vivono in uno stato di ansia perenne: a ogni acquazzone, temono che le loro fragili case di latta vengano spazzate via da un’alluvione e che le loro famiglie vengano gettate per strada. Il cambiamento climatico ha peggiorato la situazione, mentre la corruzione, gli scarsi investimenti nelle infrastrutture, la pianificazione urbana caotica e la povertà – per il 60% dei 50 milioni di abitanti dell’America Centrale – rendono la popolazione ancora più vulnerabile ai disastri naturali. La stagione degli uragani è sempre più attiva e distruttiva, in una regione già esposta ad altri eventi estremi come terremoti ed eruzioni vulcaniche.

Recentemente, a luglio, il diluvio causato dalla tempesta tropicale Bonnie in El Salvador ha allagato la piccola casa di Blanca Arias, abitante di El Salvador, costruita su una collina come succede per molti dei quartieri più poveri. Blanca, 58 anni, ha perso tutti gli ingredienti che conservava per fare il gelato artigianale con cui riusciva a assicurarsi un magro reddito: “Non sappiamo dove andare“, si lamenta oggi davanti alla sua casa devastata. “Spinta dalla povertà, la gente cerca le zone più misere in cui vivere, e queste sono le più esposte“, dice all’Afp Ricardo Navarro, presidente di una Ong ambientalista salvadoregna.

La situazione non cambia molto spostandosi in Honduras, dove Sandra Ramos, 22enne con due figli piccoli, nel suo quartiere nella valle di Sula, sulle rive del fiume Ulua, vive i tormenti di ogni stagione degli uragani. Eta e Iota hanno sommerso l’intera valle nell’ottobre 2020 e “tutte le case del quartiere” sono state spazzate via, ricorda la giovane, che da allora vive in una baracca di fortuna allestita con l’aiuto dell’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo (Usaid). I due uragani si sono abbattuti sul nord dell’America Centrale e i danni hanno superato i due miliardi di dollari solo in Honduras, secondo la Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi (Eclac).

A causa di eventi climatici estremi e della crisi pandemica, lo scorso anno la carestia ha colpito più di 8,4 milioni di persone in Guatemala, Honduras, El Salvador e Nicaragua, secondo un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato a maggio. “Dobbiamo rispettare la natura. Sembra incredibile, ma la natura sta reclamando lo spazio che l’uomo ha occupato“, avverte Magdalena Cortez, di una Ong salvadoregna che si occupa di gestione del rischio.

In Nicaragua, “c’è stato un periodo in cui la portata dei fiumi è diminuita e la gente ha iniziato a costruire nel letto del fiume o sulle rive“, causando devastazioni quando i fiumi esondano, dice Janett Castillo di una Ong nicaraguense.

In Honduras, è stato l’uragano Mitch del 1998 a lasciare un ricordo amaro, con un bilancio di circa 5.000 morti. Ma oggi il Paese è ancora più vulnerabile a causa del disboscamento incontrollato, avverte il direttore dell’Associazione delle Ong (Asonog), José Ramon Avila. Per lui, le inondazioni sono effettivamente il risultato del cambiamento climatico, con “piogge abbondanti in periodi di tempo più brevi, che saturano il suolo”, che non può assorbirle in così poco tempo. Tra il 1970 e il 2019, l’Honduras è stato colpito da 81 disastri naturali che hanno causato la morte di 26.887 persone, secondo un rapporto del 2021 della Banca interamericana di sviluppo (BID).

(Photo credits: Wendell ESCOTO / AFP)