Da Utilitalia 4 riforme per l’acqua: aggregare imprese e investire 100 euro pro capite

Quattro riforme per cambiare pelle al comparto idrico. A proporle è Utilitalia, la federazione che riunisce le aziende speciali che operano nei servizi pubblici di acqua, ambiente, energia elettrica e gas, che le ha presentate in occasione del ‘Forum Acqua’ di Legambiente. Il progetto ha un claim eloquente, ‘Obiettivo 100’, che poi è il cuore del piano: “L’obiettivo è raggiungere 100 euro di investimento pro capite, rispetto agli attuali 56. Questi 44 euro aggiuntivi serviranno a realizzare le infrastrutture necessarie a fronteggiare i cambiamenti climatici, i depuratori laddove non sono ancora presenti (e per cui paghiamo le sanzioni europee delle procedure di infrazione), a contrastare il fenomeno delle dispersioni idriche“, spiega il presidente, Filippo Brandolini.

Per arrivare a centrare il target, però, si devono realizzare anche tutti gli elementi di riforma: riduzione della frammentazione, introduzione di parametri di verifica gestionale, consolidamento industriale del settore e approccio integrato tra i diversi usi dell’acqua. La base di partenza sono i dati del comparto: dal 2012 ad oggi, infatti, gli investimenti sono aumentati del 227%, raggiungendo i 4 miliardi annui e i 56 euro per abitante. Ma il gap con la media europea di 100 euro annui per abitante resta ampio, soprattutto nei territori nei quali non operano soggetti industriali: nelle gestioni comunali in economia, che interessano ancora 1.519 Comuni e 8 milioni di cittadini, si continuano a investire mediamente solo 8 euro l’anno. “Le nuove sfide poste dal cambiamento climatico, insieme alle norme europee che stabiliranno standard ambientali sempre più stringenti, impongono al comparto un cambio di passo: gli investimenti complessivi dovranno salire dagli attuali 4 miliardi fino a 6 miliardi annui“, continua Brandolini.

Ragion per cui Utilitalia propone di “superare la frammentazione gestionale presente in molte parti del nostro Paese” oltre a “promuovere e favorire le aggregazioni tra aziende, per avere soggetti industriali di medio-grandi dimensioni capaci di investire, di avere ingegneria, progettazione per realizzare gli investimenti necessari per migliorare la qualità delle infrastrutture“. In questo progetto ci sono “molti punti di contatto e sintonia con il governo e con i ministri, nel momento in cui abbiamo affermato l’esigenza di andare verso gestioni industriali, ma anche l’urgenza di avere una gestione della risorsa idrica che sia settoriale tenendo conto dei vari usi, quindi anche quello agricolo e industriale“, sottolinea ancora Brandolini. Aggiungendo che “molte infrastrutture potrebbero essere di utilizzo condiviso, plurimo. Noi, ad esempio, stiamo sostenendo l’opportunità di favorire il riuso delle acque depurate a fine agricolo“.

Che il settore abbia bisogno di cambiare pelle è evidente anche dall’analisi di Legambiente. La fotografia scattata dall’associazione è chiarissima: “Dalla siccità alle alluvioni, dalle grandinate agli allagamenti, anche in Italia l’acqua è sempre più al centro della crisi climatica“. Perché “dal 2010 al 31 agosto 2023 nella Penisola su 1.855 eventi meteorologici estremi, ben il 67% ha visto per protagonista la risorsa idrica con 667 allagamenti, 163 esondazioni fluviali, 133 danni alle infrastrutture da piogge intense, 120 danni da grandinate, 85 frane da piogge intense, 83 danni da siccità prolungata“. E tra le regioni più colpite ci sono Sicilia e Lombardia con 146 eventi ed Emilia-Romagna con 120. Mentre tra le città spiccano Roma, con 65 eventi, Milano 32, Agrigento 24, Bari 24, Genova 20, Palermo 17, Napoli 17, Ancona 14, Bologna 11, Modena e Torino 10.

E’ evidente che il nostro sistema non regge, così come è fatto, davanti ad annate piovose“, ammette il commissario straordinario per l’emergenza idrica, Nicola Dell’Acqua. “L’unica cosa da fare, e che cerchiamo di fare con la cabina di regia, è stimolare gli enti esistenti, perché è inutile farne degli altri, per fare bilanci idrici precisi e bilanci di bacino“. Da qui l’esortazione: “Il cambiamento climatico esiste e ci dice che dobbiamo cambiare. Urgentemente“.

Colarullo (Utilitalia): “Tendenza al ribasso per bollette, anche con rinnovabili”

Il gas per i prossimi mesi servirà meno, visto l’arrivo dell’estate, mentre le bollette dell’energia elettrica, almeno nel tutelato sono state abbassate di oltre il 50% da Arera fino a giugno. Il Pun, prezzo di riferimento dell’elettricità all’ingrosso cala verso i 100 euro per megawattora. Caleranno dunque anche le tariffe nel mercato libero? Secondo Giordano Colarullo, direttore generale di Utilitalia, ovvero l’associazione che rappresenta le utilities italiane, “c’è una tendenza alla discesa”.

Direttore, la crisi energetica sta passando?

“Abbiamo visto quello che è successo nel 2022: la guerra ha creato incertezza, ma la crescita spropositata del prezzo del gas derivava da condizioni geopolitiche e da capacità di fornitura limitata e vincolata. Queste condizioni ci hanno posto di fronte all’evidenza di un’eccessiva dipendenza da forniture derivanti da una specifica area geografica. Quindi c’è stato un grande sforzo, enorme sforzo, da parte dal governo per accelerare con la transizione energetica, che andrà a meta nei prossimi anni. E poi abbiamo affrontato il rischio allargando le fonti di fornitura del gas, quindi meno Russia, più Azerbaigian, più Nordafrica. Il risultato è stato un percorso sinergico puntando su rinnovabili e diversificazione delle fonti di gas”.

Se siamo più al sicuro, le bollette dunque dovrebbero proseguire al ribasso?

“La discesa può essere permanente, nonostante la Ue abbia avuto il via libera tardi tardi sulla calmierazione dei prezzi del gas. Il price cap dinamico è comunque un fattore che frena i prezzi e diventa strutturale. La mera aspettativa è dunque per un rientro dei prezzi nell’ordine del fisiologico con basi strutturali che ora ci aiutano ad andare aventi. Resta sullo sfondo l’instabilità geopolitica, Ucraina e non solo”.

Nel 2022 le aziende operanti nel mercato libero hanno comunque tentato di non far esplodere i costi delle bollette. Avendo acquistato energia, ad esempio, alla fine dell’anno scorso, è possibile che la discesa delle tariffe sia per questo più lenta che nel tutelato?

“E’ come il mercato dei mutui. Mi spiego. Se io per paura a settembre 2022 ho siglato un contratto pensando che l’offerta fosse buona, ad esempio a 200 rispetto ai 500 di agosto, ora in realtà ci sto perdendo, considerando che magari il contratto è biennale… L’abbattimento arriverà grazie al mercato: se il gas scende, se introduco un parco rinnovabile con prezzi più bassi, ci saranno molti più operatori che potranno offrire prezzi sempre più bassi, per cui io cliente posso abbassare i miei costi”.

Nell’autunno scorso il disaccoppiamento tra elettricità e gas sembrava una questione di vita o di morte, adesso non ne se ne parla più. E’ ancora utile?

“Si è stemperato il tema disaccoppiamento, anche la riforma del mercato elettrico europea lavora su nuove direzioni, del tipo creiamo un mix di fonti energetiche, specie rinnovabili, affinché la sicurezza sia tutelata, magari con Ppa (Power purchase agreement, ndr) e Cfd (contratti per differenza, ndr) che garantiscano prezzi più vicini al costo marginale”.

Con più rinnovabili secondo lei la bolletta sarà al sicuro da super rincari?

“Certo, tutte le energie rinnovabili possono dare stabilità ai prezzi. Prezzi che possono beneficiare anche dell’incremento di produzione di biometano e biogas”.

riciclo

Cresce la raccolta differenziata in Italia, ora è al 63%. Ma pesano i costi elevati

Migliora la situazione rifiuti in Italia. Cresce la raccolta differenziata e aumenta l’energia prodotta dalla spazzatura. Restano, tuttavia, criticità, lamentate dalle famiglie sulle modalità della raccolta e sui costi. Questo, in sintesi, è quello che emerge dal rapporto Istat e da un’analisi di Utilitalia.

Nel 2020 diminuisce la produzione di rifiuti urbani rispetto al 2019 (-3,6% con 487 kg di rifiuti urbani prodotti per abitante), mentre raggiunge il 63% la quota di raccolta differenziata che nel 2019 era pari al 61,3%, fa sapere l’istituto di statistica. Sono più del 90% le famiglie che dichiarano di aver sempre effettuato la raccolta differenziata nel 2021 (91,8% per la carta, 90,8% per la plastica e 91,1% per il vetro). In crescita anche la differenziazione dell’umido/organico (86,7% dall’83,9% del 2018), quella dell’alluminio (81,3% dal 71,3%), la raccolta costante di farmaci (84,8% dal 48,2%) e di batterie (52,8% dal 45,6%).

A TRENTO RECORD RACCOLTA DIFFERENZIATA. La quota di raccolta differenziata dei rifiuti urbani aumenta in tutte le regioni, fatta eccezione per la provincia autonoma di Trento (-0,9 punti percentuali rispetto al 2019) e la Val D’Aosta (-0,6 punti percentuali). Nonostante il lieve calo, qui si ha la quota più alta di raccolta differenziata (76,7%) e una produzione di rifiuti urbani pro capite inferiore alla media nazionale (486,4 kg per abitante). A seguire il Veneto (76,1% di raccolta differenziata e 476,1 kg per abitante di rifiuti urbani), la Sardegna (74,5% di raccolta differenziata e 444,4 kg per abitante di rifiuti urbani prodotti) e la Lombardia (73,3 e 467,8). A livello di città, 56 capoluoghi hanno superato il target del 65% (51 nel 2019 e 17 nel 2015). Tra questi svettano Treviso, Ferrara e Pordenone con oltre l’87%. In 37 capoluoghi si registra una quota di raccolta differenziata inferiore rispetto all’anno precedente; il calo più consistente si rileva a Catania, che passa da 14,5% a quota 9,7% di raccolta differenziata. In sei capoluoghi si registra invece un incremento di oltre 10 punti percentuali: ad esempio a Siracusa e Messina.

AL NORD LE FAMIGLIE PIU’ VIRTUOSE. Nel dettaglio, le famiglie che dichiarano di differenziare sempre i contenitori in plastica passano dall’87,1% del 2018 al 90,8% del 2021. Invece quelle che differenziano sempre i contenitori in vetro sono il 91,1% nel 2021 dall’85,9% del 2018, una quota da sempre più alta rispetto agli altri tipi di rifiuti e in costante crescita. Per la carta l’andamento è simile a quello del vetro: 91,8% nel 2021 da 86,6% nel 2018. In decisa crescita nel tempo anche la raccolta di batterie esauste (dal 45,6% nel 2018 al 52,8% nel 2021) e di farmaci scaduti (dal 48,2% al 54,6%). Ma la crescita più sostenuta nei tre anni considerati si registra per la raccolta dei contenitori in alluminio (dal 71,3% all’81,3%). Sul territorio la quota di famiglie che differenzia costantemente i rifiuti è più alta al Nord ma la distanza con le altre zone del Paese si è ridotta nel tempo grazie alla progressiva diffusione di buone prassi, come il servizio di raccolta porta a porta attivato in molti comuni italiani. Infatti è salita a poco più del 73% la percentuale delle famiglie che dichiara di essere servita dal servizio di raccolta porta a porta: nel 2018 era al 66%.

I RIFIUTI COME RISORSA DI ECONOMIA CIRCOLARE. Grazie a questi sforzi sono aumentati i benefici, legati a uno sfruttamento dell’economia circolare. Tra i risultati ottenuti – emerge dallo studio “Utilities protagoniste della transizione ecologica: le sfide dell’economia circolare”, realizzato dalla Fondazione Utilitatis in collaborazione con AGICI e presentato oggi a Rimini alla Fiera Ecomondo – spiccano i 160 milioni di metri cubi di biogas prodotti, un tasso di recupero dei fanghi di depurazione pari all’87% e un tasso di rifiuti avviati a riciclo superiore al 90%. A livello europeo il rapporto tra uso di materia proveniente da processi circolari e uso complessivo di materia si attesta al 12,8%, in Italia questo valore è pari al 21,6%, secondo solamente a quello della Francia (22,2%) e di quasi dieci punti percentuali superiore a quello della Germania (13,4%).

COSTI E MODALITA’ DI RACCOLTA RESTANO CRITICI. Restano tuttavia criticità. Nel 2021 il 58,6% delle famiglie reputa elevato il costo dei rifiuti (in diminuzione dal 2018 quando erano il 68,2%), il 37,2% lo definisce adeguato e solo lo 0,9% lo giudica basso. In Sicilia e in Umbria supera il 70% la quota di famiglie critiche sul costo della raccolta dei rifiuti, definito adeguato da circa il 49% delle famiglie sia della Provincia Autonoma di Trento che della Lombardia; seguono Molise (47,6%) e Friuli Venezia-Giulia (42,4%). Tranne il Molise, le regioni del Sud mostrano la percentuale più bassa di famiglie che ritengono adeguato il costo del servizio di raccolta rifiuti toccando il minimo del 23,2% in Sicilia (33,2% la media nazionale).
Inoltre le famiglie servite dal servizio di raccolta rifiuti porta a porta si dichiarano insoddisfatte soprattutto per la frequenza della raccolta dei rifiuti (57,3%). Nell’ordine seguono problemi legati agli odori dei rifiuti organici non raccolti (40,3%), agli orari (32,3%) e alla gestione dei sacchetti/contenitori destinati alla raccolta (28,0%). Quasi tre famiglie su 10 non sono convinte che i rifiuti vengano separati adeguatamente una volta raccolti e una quota del 17,2% non è soddisfatta delle informazioni ricevute. Per i cittadini, infine, la presenza di detrazioni o agevolazioni fiscali migliorerebbe in termini sia quantitativi che qualitativi la partecipazione alla raccolta differenziata (lo dichiara l’88,8% delle famiglie). Sarebbero poi utili maggiori garanzie di un effettivo riciclo (per il 69,9%) e la presenza di sanzioni /multe per chi non differenzia i rifiuti secondo il 61,7% degli intervistati da Istat.