L’Onu si prepara alla Conferenza sull’Acqua: linfa vitale del pianeta a lungo ignorata

Le Nazioni Unite inizieranno mercoledì ad affrontare la crisi globale dell’acqua, la “linfa vitale” del pianeta che è stata ignorata per troppo tempo nonostante i miliardi di persone a rischio a causa del suo inquinamento, della sua scarsità o, al contrario, del suo eccesso. “È la prima volta in 46 anni che il mondo si riunisce intorno alla questione dell’acqua. Ora o mai più, è l’occasione di una generazione“, ha dichiarato all’AFP Henk Ovink, inviato speciale per l’acqua dei Paesi Bassi, co-organizzatori insieme al Tagikistan di questa conferenza Onu sull’acqua che si terrà dal 22 al 24 marzo. L’ultima conferenza di questa portata, su un tema che non è coperto da alcun trattato globale e non è appannaggio di alcuna agenzia Onu dedicata, risale al 1997 a Mar del Plata, in Argentina.

Eppure l’evidenza è chiara. “Abbiamo rotto il ciclo dell’acqua“, lamenta Henk Ovik, dicendosi “mai così preoccupato come oggi“. “Stiamo prelevando troppa acqua dal suolo, stiamo inquinando l’acqua rimanente e ora c’è così tanta acqua nell’atmosfera che sta colpendo le nostre economie e le nostre persone a causa del cambiamento climatico”. Il risultato è che c’è troppa acqua da una parte e troppo poca dall’altra, con inondazioni e siccità che aumentano e si moltiplicano in tutto il mondo a causa del riscaldamento globale provocato dalle attività umane. Secondo le Nazioni Unite, 2,3 miliardi di persone vivono in Paesi sottoposti a stress idrico. Inoltre, nel 2020, 2 miliardi di persone non avevano accesso all’acqua potabile, 3,6 miliardi non disponevano di servizi igienici e 2,3 miliardi non potevano lavarsi le mani a casa. Situazioni che favoriscono le malattie. E tutto ciò è ben lontano dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile adottati dalle Nazioni Unite nel 2015, che prevedono di garantire a tutti l’accesso a servizi idrici e igienico-sanitari gestiti in modo sostenibile entro il 2030.

Dobbiamo sviluppare una nuova economia dell’acqua che ci aiuti a ridurre gli sprechi, a fare un uso più efficiente dell’acqua e a consentire una maggiore equità” nell’accesso a questa risorsa, ha commentato la direttrice generale dell’Organizzazione mondiale del commercio Ngozi Okonjo-Iweala, coautrice di un recente rapporto che descrive “una crisi sistemica derivante da decenni di cattiva gestione umana dell’acqua“. Per cercare di invertire la tendenza, i governi e altri attori pubblici e privati sono stati invitati a presentare impegni raggruppati in una ‘Agenda d’azione per l’acqua’ per la conferenza. “Il vertice sull’acqua deve portare a un ambizioso programma d’azione sull’acqua che dia a questa forza vitale del nostro mondo l’impegno che merita“, ha commentato il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres.

A New York sono attesi circa 6.500 partecipanti per gli oltre 500 eventi della conferenza, tra cui una ventina di capi di Stato e di governo – tra cui il re dei Paesi Bassi e il presidente del Tagikistan – decine di ministri e centinaia di rappresentanti della società civile e della comunità imprenditoriale. In vista della conferenza, sul sito web sono già stati registrati centinaia di progetti, dalla costruzione di servizi igienici a basso costo per milioni di persone in tutto il mondo, al miglioramento dell’irrigazione agricola in Australia, all’accesso all’acqua potabile nelle Fiji. Gli organizzatori sperano di ottenere altri impegni, grandi e piccoli, nel corso dei tre giorni.

Goccia dopo goccia, diventerà un oceano“, ha commentato l’inviato speciale per l’acqua del Tagikistan, Sulton Rahimzoda, durante una conferenza stampa, affermando che “ogni impegno è importante“, che si tratti di “una casa, una scuola, un villaggio o una città“. “Non possiamo accontentarci di progressi incrementali, ma dobbiamo pianificare una profonda trasformazione della nostra gestione idrica in una nuova realtà climatica“, ha lanciato la sfida Ani Dasgupta, responsabile del think tank World Resources Institute, assicurando che “le soluzioni esistono“, e che sono “a basso costo“. “Assicurare l’acqua alle nostre società entro il 2030 costerebbe poco più dell’1% del PIL globale“, ha dichiarato. “E il ritorno di questi investimenti sarebbe immenso, dalla crescita delle economie all’aumento della produzione agricola, fino al miglioramento della vita delle comunità povere e vulnerabili“.

Italgas

Italgas punta al settore idrico: trattative con Veolia per Campania, Lazio e Sicilia

Italgas punta a rafforzarsi nel settore idrico. La strategia era già stata tracciata con il Piano Strategico 2022-2028 che prevede, appunto, il potenziamento della presenza del Gruppo nel settore. Per questo sono state avviate trattative in esclusiva con il Gruppo Veolia Environnement S.A. per la potenziale acquisizione delle partecipazioni detenute dal Gruppo Veolia in alcune società attive nel servizio idrico nelle regioni Lazio, Campania e Sicilia. Veolia ha concesso a Italgas un periodo di esclusiva fino al 10 maggio 2023 per il completamento delle attività di due diligence.

In particolare, l’operazione riguarda il potenziale acquisto delle partecipazioni del Gruppo Veolia nel 100% del capitale sociale di Acqua S.r.l. che a sua volta detiene direttamente il 98,5% del capitale sociale di Idrosicilia S.p.A. e, indirettamente, il 75% del capitale sociale di Siciliacque S.p.A.; 100% di Idrolatina S.r.l. che a sua volta detiene il 49% circa di Acqualatina S.p.A.; 47,9% di Acqua Campania S.p.A.

Le società Acqua, Idrosicilia e Idrolatina sono holding pure, mentre Siciliacque, Acqualatina e Acqua Campania hanno natura operativa. Nello specifico, Siciliacque è concessionaria del servizio di captazione, accumulo, potabilizzazione e adduzione nella Regione Sicilia con circa 2.000 km di rete di adduzione. Il servizio copre oltre il 30% della popolazione regionale. Acqualatina è il gestore del servizio idrico integrato nell’ATO 4-Lazio Meridionale che include 38 Comuni per un bacino d’utenza di 550.000 abitanti. Acqua Campania è il gestore dell’Acquedotto della Campania Occidentale su concessione della Regione Campania. Svolge attività di captazione, potabilizzazione, adduzione e trasporto di acqua potabile destinata alle società di distribuzione idrica per un bacino d’utenza complessivo di circa 4 milioni di abitanti.

agricoltura

Siccità, NaanDanJain: Israele insegna, agricoltura di precisione per superare crisi

Israele è un territorio grande quanto una Regione italiana, per due terzi arido o semiarido, con il 20% di superficie arabile. Le risorse idriche sono poche, le piogge carenti, la popolazione in crescita, i mercati di importazione distanti. Eppure, il deserto è fiorito. “Per necessità”, spiega a Gea Antonio D’Alfonso, senior commercial advisor dell’azienda ‘NaanDanJain’, leader mondiale nell’irrigazione tailor-made.

“Il merito è degli investimenti in ricerca e sviluppo portati avanti da oltre 70 anni”, afferma. Negli anni Cinquanta e Sessanta il Paese ha costruito il National Water Carrier, per trasportare l’acqua dal Nord al Sud e inventato il sistema dell’irrigazione a goccia. Negli anni Ottanta ha utilizzato le acque reflue trattate per irrorare i campi. Negli anni Novanta ha messo a punto un programma ambizioso di dissalazione a osmosi inversa su larga scala. Negli anni Duemila ha lanciato una vigorosa campagna mediatica di sensibilizzazione della popolazione al problema della scarsità d’acqua.

Oggi il Paese riutilizza ben oltre il 90% delle sue acque reflue a scopi agricoli e industriali (548/563 milioni di metri cubi di acque reflue recuperate nel 2020), conta su cinque impianti di dissalazione per la produzione di acqua dolce e su altri due in costruzione, ospita oltre 250 aziende di tecnologie idriche e oltre 180 startup water-tech innovative per il trattamento delle acque reflue (42%), la gestione delle reti idriche (35%), l’irrigazione, la generazione di acqua (per dissalazione, estrazione dall’aria, recupero dell’acqua piovana), le applicazioni domestiche e il monitoraggio di qualità e sicurezza idriche.

“Le aree desertiche sono state coltivate a tutti gli effetti. Israele è davvero la culla dell’irrigazione di precisione e di qualità”, scandisce d’Alfonso. Ci è riuscita con l’esperienza e con gli investimenti: “le aziende del Paese investono in ricerca e sviluppo il 5-10-15% degli utili, una scelta lungimirante”, riporta.

Le startup hanno raccolto 159 milioni di dollari di capitale nel periodo 2018-2020, confluito principalmente nei settori del trattamento delle acque reflue e della gestione delle reti idriche. Quanto ai settori dell’agri-tech e del food-tech (oltre 400 aziende innovative) nel 2021 gli investimenti nelle startup hanno raggiunto la cifra record di 833,5 milioni di dollari. Di questi, 200 milioni sono affluiti nell’agri-tech.

L’irrigazione a goccia, sostiene l’esperto, è “assolutamente esportabile in Italia” e in parte è già stata esportata. E’ “adatta a tutti i tipi di colture”, anche a quelli per cui nel nostro Paese si utilizza moltissima acqua. “Sono stati ottenuti risultati straordinari persino sul riso, risultati pubblicati e noti”, assicura. Anche sul grano e sul mais si fanno regolarmente irrigazioni con impianti a goccia. “Oggi abbiamo sistemi a goccia che tutti gli anni si ripetono anche su colture intensive. In termini di resa e di risparmio idrico ed energetico si possono fare delle grosse economie, a parità di superficie c’è una resa più alta e un consumo minore, è consolidato”, garantisce.

Nel tempo, oltre alla goccia, sono state sviluppate altre tecniche irrigue, come la micro-irrigazione localizzata per le colture protette in serre o l’aspersione a pieno campo, tutte tecniche che richiedono un uso molto limitato di acqua. “Prima si irrigava con quantità di acqua importanti, quasi allagando, e frequenze dilatate. In Israele da oltre 10 anni si parla di ‘pulse irrigation’, si usano quantità minime di acqua e frequenze alte, evitando dispersione di energia, di prodotto, evaporazione”, afferma D’Alfonso.

Una irrigazione di precisione ha bisogno di grandi tecnologie. La spesa non è irrilevante, ma l’agricoltura 4.0 “ha un beneficio di natura economica nella logica di applicabilità oltre che nella funzione”, ricorda. Anche in Italia conviene: “Ci sono sgravi finanziari per chi investe in questo tipo di tecnologia. Tutti devono provare a utilizzare tecniche innovative”.

siccità

Oggi tavolo su siccità: ipotesi commissario contro burocrazia. Rischio razionamenti

Il maltempo di questi giorni sembra aver portato sollievo ai bacini del Po, in secca da settimane. Piogge e nevicate hanno infatti favorito una ripresa dei deflussi nei corsi d’acqua dell’Emilia Centrale e della Romagna, anche se le portate medie giornaliere del Po nella sezione di Piacenza e Cremona sono ancora prossime ai valori di ‘portata caratteristica di magra’,  come segnala l’Autorità di Bacino del fiume. Una situazione di allarme, soprattutto per l’agricoltura, che ha fatto correre ai ripari il governo: oggi è infatti convocato a Palazzo Chigi il tavolo di lavoro interministeriale sull’Acqua presieduto dalla premier Giorgia Meloni a cui saranno presenti i ministri Salvini, Lollobrigida, Fitto, Pichetto Fratin e Musumeci. Da giorni i dicasteri di Infrastrutture, Agricoltura, Coesione, Ambiente e Protezione civile lavorano per arrivare a varare un piano di interventi a breve scadenza, ma anche una programmazione di medio-lungo periodo. Quello a cui si guarda è una sorta di cabina di regia, guidata da un commissario con poteri sulla gestione dell’acqua: una proposta che molto probabilmente sarà discussa nel prossimo Consiglio dei ministri.

La siccità non è stata un’emergenza” perché “ormai in Italia è un evento ciclico, ha spiegato il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, al termine dell’incontro al Parlamento europeo con gli eurodeputati italiani. Per questo, al tavolo, il governo porterà documenti di analisi della situazione sia nella fase emergenziale, ma soprattutto in quella strutturale. “Bisogna lavorare parallelamente sull’emergenza di quest’anno, quindi riuscire a trovare il modo di efficientare quello che abbiamo, e poi lavorare in termini strategici per arginare la dispersione idrica che in Italia arriva a una media del 40%, in alcune regioni anche al 50%“, ha aggiunto Lollobrigida. Sul tavolo vi sarà anche la proposta di un meccanismo, con un commissario o un’altra formula, che permetta di superare la burocrazia, in emergenza, ma che attivi una cabina di regia permanente “che permetta di immaginare interventi per l’oggi, di medio periodo e di prospettiva“, ha concluso il ministro.

A oggi, secondo l’indice standardizzato dei deflussi calcolato negli ultimi 30 giorni, si trova in condizione di siccità estrema il tratto del fiume Po tra Piacenza e Pontelagoscuro, mentre per le sezioni di Cremona, Boretto e Borgoforte sono state calcolate condizioni idrologiche di siccità severa. Per Legambiente gli interventi che il governo dovrebbe attuare riguardano soprattutto la definizione di un piano di razionamento dell’acqua per agricoltura e il riutilizzo delle acque reflue depurate. “Bisogna prelevare meno acqua possibile, senza se e senza ma – ha sostenuto l’associazione – , e per far ciò occorre adottare un approccio circolare delle acque prendendo come esempio anche quelle esperienze virtuose già attive in diversi territori“. Secondo l’indagine ‘Il riutilizzo delle acque reflue in Italia’, realizzata da Utilitalia (la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche), il riuso delle acque reflue depurate in agricoltura ha un potenziale enorme (9 miliardi di metri cubi all’anno, l’acqua esce dai depuratori), ma in Italia viene sfruttato, a causa di limiti normativi, pregiudizi degli agricoltori e una governance non ancora ben definita, solo per il 5% (475 milioni di metri cubi).

Gli italiani si pensano sostenibili, ma solo il 29% beve l’acqua dal rubinetto

Nonostante il 96,3% degli italiani dichiari di adottare sempre o talvolta comportamenti sostenibili, meno del 30% (29,5%) consuma con regolarità acqua del rubinetto, ma i giovani potrebbero invertire questa tendenza con un 60% di under 30 che già beve senza problemi l’acqua degli erogatori pubblici. A delineare questo scenario è il Libro Bianco 2023 ‘Valore Acqua per l’Italia’, giunto alla quarta edizione e realizzato dall’Osservatorio istituito dalla Community Valore Acqua per l’Italia creata nel 2019 da The European House – Ambrosetti per rappresentare la filiera estesa dell’acqua in Italia, mettendo a sistema i contributi di tutti gli attori che vi operano: dai gestori della rete agli erogatori del servizio, dal settore agricolo a quello industriale, dai provider di tecnologia alle istituzioni preposte.

In tema di acqua pubblica, la conoscenza e percezione degli italiani continuano a essere in contraddizione con i dati fattuali: l’Italia è il primo tra i grandi Paesi europei per qualità dell’acqua in quanto l’85% della risorsa viene prelevata da fonti sotterranee (quindi protette e di qualità) contro il 69% della Germania, il 67% della Francia o peggio ancora il 32% di Spagna e Regno Unito fino al 23% della Svezia. Nel Nord-est c’è maggior fiducia sulla qualità dell’acqua del rubinetto (87,4% degli intervistati la ritiene di livello alto o medio), mentre al Sud e nelle Isole la fiducia scende di oltre 14 punti percentuali al 72,8%. Quello che non convince nel Nord-Italia è soprattutto il sapore, ma al Centro e al Sud non si sentono sicuri della qualità di quest’acqua o non si fidano dell’igiene delle autoclavi.

Il 72% delle persone sottostima il proprio reale consumo giornaliero d’acqua (220 litri pro capite), ma al contempo 9 italiani su 10 sovrastimano la propria bolletta: l’88,4% non conosce il costo unitario dell’acqua in Italia, ritenendolo il più delle volte troppo alto. L’Italia è, in realtà, uno dei paesi europei con la tariffa idrica più contenuta (2,10 €/m3): si spende meno solo in Bulgaria, Romania e Grecia, mentre in Danimarca si superano i 9 Euro al m3 e nella vicina Francia il costo è quasi doppio rispetto al nostro Paese. Gli italiani ritengono le proprie spese legate all’acqua troppo elevate, ma oltre la metà di loro (55%) non conosce il bonus idrico o le tariffe agevolate in vigore così come strumenti di monitoraggio dei consumi. In Italia, inoltre, il parco contatori installato ha un’età media di 25 anni (circa 20 milioni di pezzi in totale), fattore che rende più complessa l’installazione di strumenti tecnologici per il monitoraggio e la gestione dei consumi.

Un ultimo dato emerge sulla percezione degli italiani in merito all’emergenza climatica. Nonostante un 2022 drammatico dal punto di vista dell’emergenza siccità (quasi il 70% del campione riconosce il 2022 come anno più caldo della nostra storia), il cambiamento climatico viene percepito dagli italiani solo come il terzo problema più grave che affligge il Paese (37,4% delle risposte) dopo la sanità (39,9%) e soprattutto l’occupazione e l’economia (62,2%). E se si restringe l’osservazione alla propria zona di residenza il cambiamento climatico scivola al 4° posto fra i problemi più gravi, scavalcato anche dalla carenza di infrastrutture e gestione della mobilità. I 2/3 del campione intervistato, infine, sottostima gli impatti del cambiamento climatico sull’agricoltura.

A Brescia nasce Kilometro verde, per un’agricoltura attenta al risparmio di acqua e suolo

Il risparmio di acqua e suolo, nonché il recupero di aree urbane dismesse sono alcuni tra i benefici della tecnica di coltivazione in verticale anziché in orizzontale. Il ‘Vertical Farming’ – questo il nome della tecnica – viene considerata la nuova frontiera dell’agricoltura, come spiega a GEA Giuseppe Battagliola, ideatore della start up bresciana ‘Kilometro verde’ basata, appunto, su questo concetto. “II Vertical Farming nasce come evoluzione dell’agricoltura idroponica, tecnica di coltivazione fuori suolo in cui le piante crescono in una soluzione di acqua e sali minerali. È un tipo di coltura al chiuso, in cui si sfrutta lo spazio in verticale per far crescere le piante in un ambiente protetto in cui tutti gli elementi sono sotto il controllo dei nostri agronomi. Questo ci permette di creare le condizioni ottimali per le diverse specie, sfruttando le conoscenze relative alle biodiversità e agli habitat. Il Vertical Farming – prosegue l’imprenditore è ritenuto la principale innovazione nel settore ortofrutticolo perché consente di risparmiare il 95% di acqua rispetto alle colture tradizionali, di coltivare 365 giorni all’anno, annullando le stagionalità, di risparmiare suolo e di recuperare aree urbane dismesse. Il prodotto finale è incontaminato, già pronto al consumo e con una qualità e una salubrità superiori”.

Nonostante questa attività sia considerata la nuova frontiera del settore agricolo, in Italia si è ancora in una fase di sviluppo embrionale, mentre si possono trovare diversi esempi in altri Paesi del mondo. “È però verosimile – commenta Giuseppe Battagliola – pensare che l’ulteriore valore aggiunto delle Vertical Farms sarà quello di far fronte a problematiche demografiche e legate al clima ostile che caratterizzano alcuni paesi. Il Vertical Farming non ha ancora espresso tutte le sue potenzialità, specialmente per quanto riguarda le fonti energetiche, colonna portante di questa attività. Kilometro Verde, consapevole di questo, ha in essere un accordo con un primario produttore/distributore di energia per la creazione di un campo solare di 10 Megawatt. La riduzione del carbon footprint è perseguita anche attraverso la mitigazione ambientale, il riciclo inteso nel suo concetto più ampio, per creare un’azienda basata sull’economia circolare”. Come imprenditore di questo settore – risponde l’imprenditore – sentivo la necessità di soddisfare le esigenze di una popolazione che è sempre più alla ricerca di un prodotto ‘più pulito’ e che, allo stesso tempo, ha una sensibilità sempre maggiore verso le dinamiche ambientali e sostenibili, il tutto in una logica di economia circolare. Uno dei grandi vantaggi del Vertical Farming è appunto quello di poter risparmiare grosse porzioni di suolo, sfruttando lo spazio in verticale e permettendo così di moltiplicare la superficie produttiva, liberando terra per i contadini e massimizzando la qualità dei prodotti. Diamo così una risposta ad una grande problematica, quella della graduale riduzione del terreno coltivabile. Il Vertical Farming permette anche di riavvicinare le coltivazioni ai centri urbani e di creare una vera logica di “km zero”, riducendo le distanze della filiera distributiva e sfruttando aree dismesse per riqualificare, anche dal punto di vista socio-economico, centri abitati che soffrono della decadenza del settore manifatturiero e commerciale. Preciso che non tutte le colture sono adatte ad essere coltivate nelle Vertical Farms, dato che un elemento caratterizzante di questo tipo di coltura è lo sviluppo in altezza di più strati di coltivazione; quindi, piante troppo alte sono difficilmente adattabili a tali strutture”.

Giuseppe Battagliola, già imprenditore nel settore ortofrutticolo della IV gamma (frutta e verdura confezionata fresca e pronta per il consumo, come per esempio le insalate in busta), conclude consigliando a chiunque di mettersi in gioco rispetto
 a un'esperienza di questo genere. “Posso dire che è un percorso tanto difficile quanto appassionante. Difficile, perché la transizione verso un’economia più sostenibile, etica e che coniughi le mutate esigenze del clima, dell’ambiente 
e del consumatore è una sfida per l’intera l’umanità. Appassionante, perché il Vertical Farming crea un connubio tra elementi apparentemente contrastanti da cui si genera valore per le persone e per il territorio: scienza e tecnologie innovative
da una parte, agricoltura dall’altra”.

 

scarsità acqua

Allarme Onu: Accesso all’acqua negato a miliardi di persone

Lo scorso anno, tutte le regioni del mondo sono state colpite da eventi meteorologici estremi legati all’acqua, il cui accesso è negato a miliardi di persone. L’allarme arriva dall’Organizzazione meteorologica mondiale delle Nazioni Unite, nel suo primo rapporto annuale sullo stato delle risorse idriche mondiali che ha lo scopo di aiutare a monitorare, gestire le limitate risorse mondiali di acqua dolce e soddisfare la crescente domanda.

Nel 2021, segnala il dossier dell’Omm, vaste aree del mondo hanno registrato condizioni più secche del normale, sotto l’influenza del cambiamento climatico e della ‘Nina’.
Gli effetti del cambiamento climatico si fanno spesso sentire attraverso l’acqua. Tra questi, siccità più intense e frequenti, alluvioni più estreme, scioglimento accelerato dei ghiacciai, che hanno effetti a cascata sulle economie, sugli ecosistemi e su tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana. Eppure non abbiamo una comprensione sufficiente dei cambiamenti nella distribuzione, nella quantità e nella qualità delle risorse di acqua dolce“, spiega il segretario generale dell’Omm, Petteri Taalas.

Attualmente, 3,6 miliardi di persone non hanno accesso all’acqua per almeno un mese all’anno. Secondo il rapporto, questa cifra è destinata a salire a più di cinque miliardi entro il 2050. Tra il 2001 e il 2018 il 74% di tutti i disastri naturali è stato legato all’acqua. “Nel 2021, tutte le regioni hanno sperimentato eventi idrologici estremi sotto forma di inondazioni e siccità, che hanno avuto un impatto significativo sulle comunità e hanno causato molti morti“, si legge nel rapporto.

Rispetto alla media idrologica trentennale, nel 2021 gran parte del mondo ha registrato condizioni più secche del normale. È il caso del Rio de la Plata in Sud America, che sta vivendo una siccità persistente dal 2019, dell’Amazzonia meridionale e sudorientale e dei bacini in Nord America, tra cui i fiumi Colorado, Missouri e Mississippi.

In Africa, fiumi come il Niger, il Volta, il Nilo e il Congo hanno registrato una portata inferiore alla norma nel 2021. Lo stesso vale per alcune zone della Federazione Russa, della Siberia occidentale e dell’Asia centrale. Etiopia, Kenya e Somalia stanno vivendo una grave siccità dopo diversi anni consecutivi di precipitazioni inferiori alla media.
Al contrario, gravi inondazioni hanno causato molte vittime, in particolare nella provincia cinese di Henan, nell’India settentrionale, nell’Europa occidentale e nei Paesi colpiti da cicloni tropicali, come Mozambico, Filippine e Indonesia.

Il rapporto sottolinea che la criosfera – ghiacciai, manti nevosi, calotte di ghiaccio e permafrost – è la più grande riserva naturale di acqua dolce al mondo.
Circa 1,9 miliardi di persone vivono in aree in cui l’acqua è fornita dai ghiacciai e dallo scioglimento delle nevi. Di conseguenza, i cambiamenti nella criosfera hanno un impatto importante sulla sicurezza alimentare, sulla salute umana, sugli ecosistemi e sullo sviluppo umano. A livello globale, lo scioglimento dei ghiacciai è proseguito nel 2021 e sta accelerando.

Impronta idrica tra le più alte in Ue. Legambiente: Insostenibile

La siccità era un problema che prima sperimentavamo solo in alcuni mesi dell’anno, oggi la carenza idrica va avanti. L’emergenza è iniziata nell’inverno scorso, di fatto dura da un anno“. La denuncia è di Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente.

Nel corso del Forum Acqua 2022, l’associazione chiede misure strutturali per gestire meglio la risorsa idrica, sempre più preziosa.
L’acqua che preleviamo per agricoltura, industria e uso civile, in Italia, è di 33 miliardi di metri cubi ogni anno. Ma l’acqua che effettivamente consumiamo ammonta a 26 miliardi di metri cubi. Abbiamo il 22% di perdite tra quello che preleviamo e quello che consumiamo. Perdite che non sono solo negli acquedotti, ma anche sulle reti di irrigazione“, spiega Zampetti.
Il 55% circa della domanda proviene dal settore agricolo, il 27% da quello industriale e il 18% da quello civile. I consumi rappresentano poco meno del 78% dei prelievi. Quanto alle perdite, il 17% di queste si verificano nel settore agricolo e il 40% in quello civile.

Il dato più eclatante, però, è quello dell‘impronta idrica del nostro Paese: 130 miliardi di metri cubi all’anno, una delle più alte d’Europa. Il 60% è relativo all’acqua utilizzata per prodotti o ingredienti importati dall’estero. “Numeri non più sostenibili su cui bisogna intervenire rapidamente“, commenta l’associazione.

Per far fronte all’eccessivo spreco di acqua in Italia, Legambiente propone di adottare un approccio integrato e multi-sistemico, basato proprio sull’impronta idrica, per assumere, lungo tutto il ciclo dell’acqua, un atteggiamento “più responsabile e sostenibile“.

Si tratta dunque di raccontare al consumatore, tramite un’etichetta sui prodotti, l’impatto che hanno sulle risorse idriche, indirizzandolo verso consumi più consapevoli. Utile per il Cigno verde anche inserire tra le norme richieste dai criteri ambientali minimi la Water Footprint, soprattutto nell’ambito dell’acquisto di prodotti, contribuendo a tenere sotto controllo gli impatti idrici. Necessario poi pianificare gli usi dell’acqua arrivando ad avere una visione d’insieme sull’impatto che, la “somma” delle attività, genera in un territorio.

Per quanto riguarda l’uso potabile, l’associazione propone di agire su prelievi e consumi, riducendo le perdite degli acquedotti e dando priorità alla rete di distribuzione cittadina. A livello urbanistico occorre una riqualificazione idrica degli edifici e degli spazi urbani, promuovendo il recupero e riutilizzo dell’acqua in tutti gli interventi edilizi, diffondendo i principi di efficienza idrica degli edifici, lavorando sull’adeguamento degli impianti esistenti implementando il risparmio idrico. Diffondere il ricorso ai Regolamenti Edilizi comunali che indirizzano verso il risparmio idrico, il recupero delle acque meteoriche e/o di quelle grigie. Completare la rete fognaria e realizzare interventi volti alla separazione delle acque reflue civili da quelle industriali e di prima pioggia. A livello industriale occorre ridurre i consumi di acqua “nuova”, progettare impianti e processi che minimizzino l’utilizzo di acqua, monitorare per individuare perdite e sistemarle, rendere per le fabbriche obbligatorio il calcolo dell’impronta idrica e pubblici i bilanci di massa rispetto all’acqua utilizzata e scaricata, oltre i dati relativi alla sua qualità.

Completare la rete di depurazione, ancora oggi incompleta e riqualificare gli impianti di depurazione esistenti, spesso inefficienti, sottodimensionati e in difficoltà, e costruire gli impianti nuovi. Infine, innovare il sistema agroalimentare italiano con finanziamenti fortemente orientati a favorire il minor consumo di acqua, la diffusione di colture e sistemi produttivi meno “idroesigenti”, misure mirate all’incremento della funzionalità ecologica dei suoli agrari e della loro capacità di trattenere l’acqua e a contenere i consumi irrigui entro la soglia dei 2.500 metri cubi ettaro anno.

siccità cina

Metà Cina colpita da siccità: manca l’acqua anche in Tibet

La siccità ha colpito metà del territorio cinese a causa del caldo record di questa estate, che fa scarseggiare l’acqua anche in Tibet. La Cina non ha mai avuto un’estate così calda da quando sono iniziati i monitoraggi, nel 1961. Si tratta di una situazione senza precedenti sia per la durata che per l’estensione dell’ondata di calore. Diverse grandi città hanno registrato i giorni più caldi della loro storia, con temperature fino a 45°C nel Sud-Ovest del Paese. Come il fiume più grande del Paese, lo Yangtze, molti fiumi sono gravemente prosciugati.

La siccità ha colpito un’ampia fascia del Paese che comprende la parte meridionale della regione montuosa autonoma del Tibet e si estende alle regioni costiere orientali, cuore economico della Cina. Questa vasta area, con una popolazione totale di oltre 370 milioni, segue principalmente il corso del fiume Yangtze. Alcune parti del Tibet sono elencate come aree di siccità “grave” o “eccezionale” dall’Agenzia meteorologica nazionale.

siccità cina

Queste condizioni rappresentano una sfida per l’agricoltura in un Paese che già normalmente ha un deficit di terreni coltivabili. Particolarmente problematica è la situazione per le colture di riso e soia, ad alta intensità idrica. Ieri il governo ha deciso di sbloccare aiuti per 10 miliardi di yuan (quasi 1,5 miliardi di euro) a sostegno degli agricoltori. Il denaro sarà utilizzato principalmente per garantire il raccolto autunnale di riso. Il prosciugamento dei fiumi, che alimentano le dighe, sta inoltre costringendo le autorità a razionare l’elettricità a livello locale.

(Photo credits: STR / AFP)

kenya

In Kenya si alza il livello del Lago Turkana: isolata un’antica tribù

Alle prime luci dell’alba, i bambini della tribù El-Molo, una delle più piccole e isolate del Kenya, indossano i loro giubbotti di salvataggio arancioni. La strada per la scuola inizia attraversando il lago Turkana su una barca di legno. Fino a poco tempo fa coprivano la distanza a piedi. Una strada collegava il loro piccolo villaggio al resto del mondo, un’ancora di salvezza per questa antica comunità di pescatori e artigiani che vive sulle rive del lago desertico più grande del mondo.

Ma tre anni fa le acque color smeraldo hanno cominciato a lambire le capanne circolari, per poi salire, raggiungendo livelli mai visti a memoria d’uomo. L’area del Lago Turkana, considerata una delle culle dell’umanità, si estende per oltre 250 km di lunghezza e 60 di larghezza nel nord del Kenya. Tuttavia, secondo uno studio governativo pubblicato lo scorso anno, è aumentata del 10% tra il 2010 e il 2020 e quasi 800 km2 di terreno sono stati inghiottiti. Diversi fattori spiegano questo fenomeno: precipitazioni estreme sui bacini idrografici, legate al riscaldamento globale, aumento del deflusso dal suolo legato alla deforestazione e all’agricoltura, ma anche movimenti tettonici. L’innalzamento dell’acqua ha fatto scomparire anche l’unica fornitura di acqua dolce.

Prima non c’era mai acqua qui. Ci si poteva guidare una jeep“, dice Julius Akolong, mentre attraversa l’ampio canale che ora separa la sua comunità dal resto del Kenya settentrionale. Intrappolata dalle acque del lago, a volte chiamato il “mare di giada“, la comunità di El-Molo è ora pesantemente minacciata. Secondo l’ultimo censimento del 2019, gli abitanti erano 1100, una goccia d’acqua tra i 50 milioni di abitanti e gli oltre 40 gruppi etnici del Paese.

Conosciuti come ‘coloro che mangiano pesce’ dalle tribù di pastori del Kenya settentrionale, gli El-Molo sono migrati un millennio fa dall’Etiopia al Turkana. Oggi pochissimi parlano la loro antica lingua. Nel corso delle generazioni e con i matrimoni con le tribù vicine, le usanze si sono evolute o sono scomparse. L’inaspettata ascesa del lago sta facendo il resto.

Alcuni degli abitanti hanno eretto un accampamento improvvisato sulla sponda opposta del lago: baracche incastonate in una radura arida e battuta dal vento. La scuola è sicuramente più vicina, ma chi ha scelto di vivere lì è più distante dalla comunità. Per coloro che sono rimasti, la vita sull’isola si è trasformata in una battaglia. Reti da pesca e cesti usati da millenni, intrecciati a mano con canne e fibre di palma, sono diventati meno efficaci in acque più profonde, rendendo la cattura più limitata. Non potendo più accedere all’acqua dolce, gli El-Molo sono costretti a bere l’acqua del Turkana, il lago più salato dell’Africa, con tutti i conseguenti disturbi.

I bambini sono i più penalizzati. La maggior parte di loro è bloccata in in casa, privata ​​della scuola perché i loro genitori non possono pagare il trasporto sul peschereccio. Il governo locale e la Ong World Vision stanno aiutando questa popolazione, ma le risorse sono scarse e le esigenze sono molte in questa regione gravemente colpita dalla siccità. La recinzione della scuola e i servizi igienici sono sott’acqua, i coccodrilli hanno invaso parte del parco giochi.

Ma il vero danno per El-Molo è quello identitario. Si stanno perdendo i riti di iniziazione, le cerimonie battesimali e i funerali che rafforzano l’identità e la comunità tribale. Le tombe degli avi sono state inghiottite dall’acqua e il lago minaccia anche i santuari delle divinità tribali.

(Photo credits: SIMON MAINA / AFP)