Ecologisti prendono di mira l’aereo privato di Taylor Swift: “Inquina troppo”

Dopo il sito preistorico di Stonehenge, giovedì il controverso gruppo ambientalista Just Stop Oil ha preso di mira i jet privati sulla pista dell’aeroporto internazionale di Stansted, vicino a Londra, nella speranza di trovare l’aereo di Taylor Swift. Intorno alle 5 del mattino (4 GMT), due attivisti, di 22 e 28 anni, hanno sfondato la recinzione dello scalo, che si trova nel nord-est della capitale britannica, per entrare nell’area in cui sono parcheggiati molti jet privati. Una volta entrati, gli attivisti hanno spruzzato due aerei con bombolette di vernice arancione prima di essere arrestati. Just Stop Oil ha affermato che uno degli aerei parcheggiati nell’area era quello della star americana Taylor Swift, che si esibirà a Londra venerdì e questo fine settimana e che è già stata criticata per aver viaggiato con un jet privato.

Secondo l’associazione, il suo aereo era arrivato all’aeroporto qualche ora prima, ma la star non era presente al momento dell’intrusione, ha dichiarato la polizia. Due anni fa, ancora prima dell’inizio del suo monumentale tour ‘Eras’, l’agenzia di marketing Yard l’aveva classificata come la “celebrità più inquinante dell’anno”, con 170 voli in sette mesi. La polizia dell’Essex ha dichiarato che gli attivisti sono stati arrestati pochi minuti dopo essere entrati nel sito. “L’aeroporto e i voli stanno operando normalmente”. I due sono sospettati di “danni criminali e di aver ostacolato l’uso o il funzionamento di un’infrastruttura nazionale”, si legge nel comunicato.

In una dichiarazione rilasciata da Just Stop Oil, uno degli attivisti arrestati ha criticato “i miliardari che vivono nel lusso e hanno i mezzi per volare in jet privati, senza preoccuparsi delle condizioni di vita” di milioni di persone colpite dalle conseguenze della crisi climatica. “I passeggeri che utilizzano jet privati sono responsabili di una quantità di emissioni di CO2 14 volte superiore a quella dei passeggeri di un volo commerciale”, ha aggiunto il gruppo ambientalista. Just Stop Oil chiede la fine dello sfruttamento dei combustibili fossili entro il 2030. Le sue azioni spettacolari e controverse, in particolare nei musei, nelle competizioni sportive o durante gli spettacoli, valgono regolarmente ai suoi attivisti pene detentive.

Giovedì, due donne ottantenni dovranno comparire davanti a un tribunale di Londra per aver danneggiato la teca di vetro che protegge una copia della Magna Carta, il testo fondante della democrazia moderna, esposto alla British Library di Londra. Sono stati accusati di “danneggiamento criminale” e rilasciati su cauzione in attesa dell’udienza. Mercoledì scorso, gli attivisti hanno spruzzato vernice a base di amido di mais sui monoliti del sito preistorico di Stonehenge, noto per le sue pietre erette che formano una serie di cerchi misteriosi.

La polizia del Wiltshire ha arrestato due persone “per il sospetto di aver danneggiato il monumento” e l’azione è stata condannata da tutti i politici britannici, compresi il primo ministro Rishi Sunak e il suo rivale laburista Keir Starmer.

Colombia in ansia per Wilson, il cane eroe che si è perso nella giungla

(Photocredit: AFP)

Protagonista del ritrovamento dei quattro bambini scomparsi nella giungla colombiana, il cane da ricerca Wilson, anch’egli disperso, è oggetto di una campagna di sostegno sui social network e di una ricerca attiva da parte dell’esercito, che “non abbandona mai un compagno sul campo di battaglia”.

#Vamos porWilson, #FaltaUno, #WilsonHeroeNacional sono alcune delle parole chiave che inondano i social network colombiani a sostegno del pastore belga Malinois di 6 anni che ha avuto un ruolo attivo nell’incredibile ritrovamento in vita, venerdì scorso, di Lesly (13 anni), Soleiny, (9) Tien Noriel (5) e Cristin (1). I quattro bambini indigeni hanno vagato nella giungla amazzonica per 40 giorni dopo l’incidente aereo del 1° maggio, di cui sono stati gli unici sopravvissuti.

L’esercito afferma che “le ricerche non sono finite” perché “non abbandona mai un compagno sul campo di battaglia”, spiegando su Twitter che “mentre seguiva le tracce e nella fretta di trovare i bambini (Wilson) si è allontanato dalle truppe e si è perso”.

“L’Operazione Speranza continua, secondo le direttive del presidente (Gustavo Petro) finché non riusciremo a recuperare il cane Wilson”, ha dichiarato martedì il generale Helder Giraldo, comandante delle forze militari colombiane, indicando che “70 commando delle forze militari” sono stati mobilitati per trovarlo. “Cercheremo Wilson e lo riporteremo indietro”, ha detto il generale Pedro Sanchez, capo dell’operazione di salvataggio dei bambini. Il proprietario del cane, Cristian David Lara, è rimasto nella foresta. “Non voleva lasciare la zona finché non avesse ritrovato il suo cane”, ha dichiarato Sanchez al quotidiano El Espectador.

Wilson era presente fin dall’inizio delle operazioni di ricerca, quando a metà maggio l’esercito riuscì a localizzare il Cessna 206 con il muso bloccato in verticale nella fitta giungla e i tre adulti a bordo – la madre dei bambini, un parente e il pilota – morti. È stato lui a trovare il biberon di Cristin a quasi quattro chilometri dal luogo dell’incidente, mantenendo accesa la speranza che i bambini venissero ritrovati vivi. Durante le ricerche sono stati trovati anche frutta masticata, pannolini, ripari di fortuna, un paio di forbici e impronte di piedi. Ma quindici giorni fa, “a causa della complessità del terreno, dell’umidità e delle condizioni meteorologiche avverse, Wilson si è disorientato”, ha dichiarato l’esercito.

Diversi indizi, come le impronte del cane accanto a quelle dei bambini, suggeriscono che Wilson “è stato il primo a trovare i bambini”, ha detto il generale Sanchez. Lesly e Soleiny, che si stanno riprendendo in un ospedale di Bogotà insieme al fratello e alla sorella più piccoli, hanno disegnato un’immagine di un cane tra gli alberi vicino a un fiume. Astrid Caceres, direttrice dell’Istituto colombiano per il benessere delle famiglie (Icbf), ha dichiarato sabato che Lesly “ci ha raccontato del cagnolino che si è perso, che non sa dove sia e che li ha accompagnati per un po’”.

In Colombia, che da mezzo secolo è coinvolta in una guerra interna con i narcotrafficanti, l’esercito ha addestrato più di 17.000 cani per il rilevamento di esplosivi e il salvataggio. Secondo il generale Sanchez, Wilson non indossava il Gps, come è consuetudine in questo tipo di operazioni, perché in questa regione del sud della Colombia vivono i dissidenti del gruppo guerrigliero delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (Farc), che hanno rifiutato l’accordo di pace del 2016: questo per impedire al “nemico” di localizzarlo.

Innes FitzGerald

Atleta inglese 16enne rinuncia ai Mondiali in Australia: “Troppa Co2 per il viaggio in aereo”

Cara British Athletics, avere l’opportunità di gareggiare per la Gran Bretagna in Australia è un privilegio. Tuttavia, è con grande rammarico che devo rifiutare questa opportunità”. Si apre così una breve lettera, pubblicata da Athletics Weekly, con cui Innes FitzGerald, giovane promessa inglese della corsa di resistenza, comunica alla federazione atletica del suo Paese di non voler prendere parte ai campionati mondiali di corsa campestre che si svolgeranno in Australia. Il motivo? La “profonda preoccupazione” che l’impatto di un volo così lungo avrebbe sull’ambiente.

Avevo solo nove anni – scrive FitzGerald – quando è stato firmato l’accordo sul clima alla Cop21 di Parigi. Ora, a distanza di otto anni, le emissioni globali sono aumentate costantemente, avviandoci verso una catastrofe climatica. Sir David King, ex consulente scientifico capo del governo, ha dichiarato: ‘Quello che faremo, credo, nei prossimi tre o quattro anni determinerà il futuro dell’umanità’. La scienza è chiara. Una svolta è possibile solo grazie a un cambiamento trasformativo derivante da un’azione collettiva e personale”. Ecco perché “non mi sentirei mai a mio agio a volare sapendo che le persone potrebbero perdere i loro mezzi di sostentamento, le loro case e i loro cari. Il minimo che possa fare è esprimere la mia solidarietà a coloro che soffrono in prima linea a causa del collasso climatico. Arrivare a una decisione non è stato facile, ma non è paragonabile al dolore che proverei nel prendere il volo”.

Una decisione forte da parte della 16enne, che però non è nuova a questo genere di iniziativa. Aveva fatto notizia, infatti, la sua decisione di arrivare dalla sua casa di Exeter, nel Devon, fino a Torino per una gara pochi giorni fa utilizzando solo treno, bus e bicicletta, proprio per la sue riluttanza a prendere aerei. Per il viaggio, insieme alla sua famiglia, ha preso un pullman notturno per Lille prima di prendere un treno per Torino via Parigi. E per percorrere il tragitto fra le stazioni, circa 20 minuti, hanno utilizzato tutti solo biciclette pieghevoli. La mia famiglia è attenta all’ambiente quanto me“, ha detto l’atleta a Athletics Weekly. “Viviamo in una casa ‘passiva’ in una piccola azienda che coltiva frutta e verdura. Quindi mio padre era felice che non volassimo. L’aviazione è l’attività più energivora che possiamo svolgere e fa esplodere l’impronta di carbonio di una persona. Non voglio tutto questo sulla mia coscienza”.

Photo credits: Instagram @innes_fitzgerald

aereo

Il futuro green per i voli aerei è (per ora) nell’olio di cucina usato

Se la rivoluzione elettrica nell’automotive è già realtà, e persino le compagnie da crociera stanno seguendo la rotta verso la sostenibilità, c’è da chiedersi quando decollerà il primo aereo eco-friendly. Non si tratterebbe solo di una sfida tecnologica o di piani aziendali per migliorare la reputazione ambientale. Ma di una necessità. Al di là dei toni allarmistici, i dati dell’Air Transport Action Group (Atag) dicono che nel 2019 (ormai anno di riferimento pre-pandemico), i voli aerei globali hanno prodotto qualcosa come 915 milioni di tonnellate di CO2, ovvero il 2,1% delle emissioni totali causate dagli esseri umani. L’aviazione pesa inoltre per il 12% sul totale delle emissioni generate dai trasporti (al primo posto, con il 74%, c’è quello stradale). Dovrebbero bastare anche solo questi dati per spingere le compagnie aeree e le istituzioni a tracciare una rotta che obblighi il settore ad una svolta green. Ma c’è di più, considerando il proverbiale rapporto costi/benefici. Un volo passeggeri infatti registra mediamente una capienza vicina all’83%, molto di più di altri sistemi di trasporto. In più i combustibili alternativi, in particolare quelli per aerei sostenibili (Saf, sustainable aviation fuel), sono stati identificati come ottimi candidati per aiutare a raggiungere gli obiettivi climatici del settore. Nella fattispecie, Atag ha fissato al 2050 il limite per raggiungere quota zero emissioni. Mancano poco meno di tre decenni ma il piano appare già ambizioso, considerando il settore. Eppure l’industria aeronautica ha già investito globalmente oltre 1 trilione di dollari dal 2009 per migliorare le proprie flotte e dotarle di mezzi più efficienti. Tale adeguamento ha consentito di risparmiare almeno 80 milioni di tonnellate di CO2. Aumentano inoltre di anno in anno gli investimenti in ricerca e sviluppo. Non solo sulle forniture tecnologiche, ma anche nel campo dei carburanti: i primi test per bio-carburanti destinati all’aviazione sono cominciati nel 2008. Da allora è stato dimostrato che le fonti derivate da Saf come alghe, jatropha o olii di scarto di origine bio (come l’olio da cucina usato) riducono l’impronta di carbonio del carburante per aerei fino all’80%.

SCARTI PREZIOSI. Attualmente il carburante più utilizzato sui voli commerciali è il jet fuel, a base di cherosene (derivato del petrolio più conveniente ed efficiente dell’Avgas, la benzina avio). Ma alcune compagnie aeree, tra cui i colossi Klm, Boeing e Lufhtansa, hanno già cominciato a miscelare il Saf con combustibile fossile per alcuni voli di prova. La sostituzione completa del carburante da qui al 2050 avverrà ovviamente in modo graduale, anche perché la capacità di produzione disponibile nel mondo è molto limitata. Secondo l’Organizzazione internazionale dell’Aviazione civile (Icao), nel 2021 sono stati prodotti circa 5 milioni di tonnellate di Saf a fronte di un fabbisogno annuo mondiale di oltre 140 milioni di tonnellate. Senza contare che il Saf è almeno 2-3 volte più costoso del carburante tradizionale. La stessa Icao ha promosso lo schema Corsia (Carbon Offsetting and Reduction Scheme for International Aviation), per la regolazione delle emissioni di CO2 dall’aviazione civile tramite utilizzo del Saf. Prevede tre fasi (le prime due 2022-2023 e 2024-2026 a partecipazione volontaria, la terza obbligatoria per tutti gli Stati partecipanti dal 2027 al 2035). Finora 107 Paesi hanno adottato lo schema (Italia compresa), e dal 2023 tale numero dovrebbe salire a 114.

LE ALTERNATIVE. Le rotte che l’industria aeronautica può percorrere verso la sostenibilità sono diverse. Almeno sulla carta. Considerando la tecnologia, l’approdo più immediato sarebbe sull’elettrico, il che significherebbe azzerare di netto le e missioni nocive. Troppo bello per essere vero? Dipende. Al momento il problema più grosso è lo stoccaggio delle batterie, troppo pesanti e ingombranti per garantire viaggi di media e lunga percorrenza e soprattutto per imbarcare centinaia di passeggeri o tonnellate di merce. Le sperimentazioni in corso prevedono per ora viaggi mediamente brevi per 4-5 persone. Quanto all’idrogeno, sarebbe la soluzione più conveniente dal punto di vista ambientale, ma anche qui l’ostacolo da superare è l’ingombro di stoccaggio sui velivoli, 3-4 volte superiore di quello del carburante tradizionale. Ciò nonostante, Airbus ha già annunciato di voler inaugurare il primo aereo a idrogeno entro il 2035. Nel frattempo, l’Europa spinge sulla svolta sostenibile. Con il piano ReFuelEU Aviation inserito nel pacchetto sul ‘Fit for 55’, la Commissione Ue intende aumentare almeno all’85% la quota di combustibili sostenibili entro il 2050, includere idrogeno ed elettricità nei mix di biocarburanti e dar vita a un fondo per l’aviazione sostenibile così da incoraggiare gli investimenti in tecnologie a zero emissioni.

jet privato

Quanto inquinano i jet dei vip? Lo racconta Jack Sweeney su Twitter

Ha 19 anni, vive in Florida ed ha una spiccata sensibilità ambientale. Si chiama Jack Sweeney e nemmeno un anno fa (ottobre 2021) ha aperto un profilo Twitter chiamato ‘Celebrity Jets’, seguito al momento da oltre 70mila utenti, nel quale monitora, con tanto di mappa e inquinamento prodotto dai jet, tutti gli spostamenti che le varie celebrità americane effettuano sul proprio aereo privato. In pratica il giovane studente americano utilizza i dati dei transponder degli aerei (informazioni pubbliche) per rintracciare i voli delle star e informare gli utenti sulla CO2 prodotta in questi spostamenti anche brevi.

L’ultima notizia che aveva suscitato clamore, era quella che riguardava Kylie Jenner, modella e imprenditrice americana del noto ‘clan’ delle Kardashian. La star alla fine della settimana scorsa era infatti finita nell’occhio del ciclone per aver preso il proprio jet privato per compiere un viaggio, da Los Angeles a Camarillo, in California, della durata di appena 17 minuti. Viaggio che sarebbe durato una manciata di minuti in più se l’avesse compiuto in auto, ma che avrebbe inquinato molto meno. Molti utenti sui social infatti l’hanno aspramente criticata e l’hanno definita “criminale climatica. Jenner è una delle star monitorate da Sweeney. Ad esempio, il giovane studente americano, informa che la modella (o chi per lei, visto per motivi di privacy non si sa chi ci sia di preciso a bordo dell’aereo di Kylie Jenner) il 12 giugno scorso per un breve spostamento ha utilizzato 316 kg di carburante per jet, pari a 704 dollari, ed ha emesso una tonnellata di CO2.

Tra i vip sotto la lente di Jack Sweeney c’è anche la superstar Tom Cruise, amante dei jet anche nei suoi film; recentissimo è infatti il campione di incassi ‘Top Gun Maverick’ seguito del famoso ‘Top Gun’ degli anni 80. Insomma, Cruise, informa Sweeney, il 22 giugno scorso con il suo jet privato Challanger 300 in un volo ha consumato 2.807 libbre (1.273 kg) di carburante per un costo di 2.890 dollari, producendo 4 tonnellate di CO2. E così via con gli aerei dell’attore Mark Wahlberg, del cantante Blake Shelton, della socialite Kim Kardashian, del rapper Travis Scott o della cantante Taylor Swift.

Un discorso a parte merita Elon Musk, numero 1 di Tesla (colosso delle auto elettriche e quindi non inquinanti). Il magnate recentemente ha utilizzato il suo jet privato tra Houston e Austin in Texas per un volo di soli 28 minuti. A lui Sweeney ha addirittura dedicato un account speciale. Musk, evidentemente indispettito, gli avrebbe offerto 5.000 dollari per smettere di tracciare i suoi voli. “Che ne dici di 5.000 dollari per questo account e in generale per rendere più difficile ai pazzi rintracciarmi?“, chiese Musk come riferisce Business Insider. Sweeney gli rispose: “Sembra fattibile, account e tutto il mio aiuto. Qualche possibilità di portare l’offerta a 50.000 dollari?“. Sweeney aveva detto al miliardario che quei soldi potevano essere destinati all’acquisto di una Tesla Model 3 per il suo college in Florida. “Ho lavorato molto su questo progetto e 5.000 dollari non sono sufficienti“, aveva spiegato Sweeney in un’intervista a Insider, aggiungendo che quella cifra non era sufficiente per sostituire “il divertimento che ho provato lavorandoci sopra“. Musk alla fine avrebbe giudicato ingiusto pagare per chiudere un profilo e avrebbe quindi lasciato perdere.

Ma Musk non è l’unico ‘big’ sotto la lente di ‘Celebrity Jets’; un altro ‘pezzo grosso’ sarebbe il papà di Facebook, Mark Zuckerberg. Come riferisce Bloomberg, Sweeney a febbraio avrebbe visto per la prima volta le immagini del codice di registrazione dell’aereo di Zuckerberg sulla coda di quello che crede essere il jet del miliardario tecnologico quando è atterrato in Islanda. Il 19enne ha quindi esaminato il movimento precedente dell’aereo e ha scoperto che aveva effettuato diversi viaggi alle Hawaii, dove Zuckerberg possiede un complesso di 700 acri. Sweeney si è detto fiducioso riguardo la proprietà del jet all’inizio di maggio, quando ha notato che è atterrato in Italia nello stesso momento in cui il miliardario ha pubblicato su Instagram una storia in cui dichiarava di aver visitato Milano per incontrare i big dell’industria della moda.

Un report dell’Ong Transport&Environment (T&E) diffuso lo scorso anno ha parlato di una notevole crescita del settore dei trasporti aerei privati e ha stimato un aumento delle emissioni di CO2 di quasi un terzo (+31%) tra il 2005 e il 2019; una crescita più marcata persino rispetto a quella dell’aviazione commerciale (+25% nello stesso periodo di tempo). “Volare su un jet privato è probabilmente la cosa peggiore da fare per l’ambiente. Eppure, i grandi inquinatori ultra-ricchi continuano a volare come se la crisi climatica non esistesse”, aveva spiegato nel report Andrew Murphy, responsabile Aviazione di T&E. Chissà, forse questo studio, datato giugno 2021, è finito nelle mani di Jack Sweeney e lo ha portato ad aprire, ad ottobre 2021, il suo ‘Celebrity Jets’.

Aereo

Il futuro green per i voli aerei è (per ora) nell’olio di cucina usato

Se la rivoluzione elettrica nell’automotive è già realtà e persino le compagnie da crociera stanno seguendo la rotta verso la sostenibilità, c’è da chiedersi quando decollerà il primo aereo eco-friendly. Non si tratta solo di una sfida tecnologica o di piani aziendali per migliorare la reputazione ambientale. Ma di una necessità. Al di là dei toni allarmistici, i dati dell’Air Transport Action Group (Atag) dicono che nel 2019 (ormai anno di riferimento pre-pandemico), i voli aerei globali hanno prodotto qualcosa come 915 milioni di tonnellate di CO2, ovvero il 2,1% delle emissioni totali causate dagli esseri umani. L’aviazione pesa inoltre per il 12% sul totale delle emissioni generate dai trasporti (al primo posto, con il 74%, c’è quello stradale).

Dovrebbero bastare anche solo questi dati per spingere le compagnie aeree e le istituzioni a tracciare una rotta che obblighi il settore ad una svolta green. Ma c’è di più, considerando il proverbiale rapporto costi/benefici. Un volo passeggeri, infatti, registra mediamente una capienza vicina all’83%, molto di più di altri sistemi di trasporto. In più, i combustibili alternativi, in particolare quelli per aerei sostenibili (Saf, sustainable aviation fuel), sono stati identificati come ottimi candidati per aiutare a raggiungere gli obiettivi climatici del settore. Nella fattispecie, Atag ha fissato al 2050 il limite per raggiungere quota zero emissioni. Mancano poco meno di tre decenni ma il piano appare già ambizioso, considerando il settore.

Eppure l’industria aeronautica ha già investito globalmente oltre 1 trilione di dollari dal 2009 per migliorare le proprie flotte e dotarle di mezzi più efficienti. Tale adeguamento ha consentito di risparmiare almeno 80 milioni di tonnellate di CO2. Aumentano, inoltre, di anno in anno, gli investimenti in ricerca e sviluppo. Non solo sulle forniture tecnologiche, ma anche nel campo dei carburanti: i primi test per bio-carburanti destinati all’aviazione sono cominciati nel 2008. Da allora è stato dimostrato che le fonti derivate da Saf come alghe, jatropha o olii di scarto di origine bio (come l’olio da cucina usato) riducono l’impronta di carbonio del carburante per aerei fino all’80%.

SCARTI PREZIOSI

Attualmente il carburante più utilizzato sui voli commerciali è il jet fuel, a base di cherosene (derivato del petrolio, più conveniente ed efficiente dell’Avgas, la benzina avio). Ma alcune compagnie aeree, tra cui i colossi Klm, Boeing e Lufhtansa, hanno già cominciato a miscelare il Saf con combustibile fossile per alcuni voli di prova. La sostituzione completa del carburante da qui al 2050 avverrà ovviamente in modo graduale, anche perché la capacità di produzione disponibile nel mondo è molto limitata. Secondo l’Organizzazione internazionale dell’Aviazione civile (Icao), nel 2021 sono stati prodotti circa 5 milioni di tonnellate di Saf a fronte di un fabbisogno annuo mondiale di oltre 140 milioni di tonnellate. Senza contare che il Saf è almeno 2-3 volte più costoso del carburante tradizionale. La stessa Icao ha promosso lo schema Corsia (Carbon Offsetting and Reduction Scheme for International Aviation), per la regolazione delle emissioni di CO2 dall’aviazione civile tramite utilizzo del Saf. Prevede tre fasi: le prime due 2022-2023 e 2024-2026 a partecipazione volontaria, la terza obbligatoria per tutti gli Stati partecipanti dal 2027 al 2035. Finora 107 Paesi hanno adottato lo schema (Italia compresa), e dal 2023 il numero dovrebbe salire a 114.

LE ALTERNATIVE

Le rotte che l’industria aeronautica può percorrere verso la sostenibilità sono diverse. Almeno sulla carta. Considerando la tecnologia, l’approdo più immediato sarebbe sull’elettrico, il che significherebbe azzerare di netto le e missioni nocive. Troppo bello per essere vero? Dipende. Al momento il problema più grosso è lo stoccaggio delle batterie, troppo pesanti e ingombranti per garantire viaggi di media e lunga percorrenza e soprattutto per imbarcare centinaia di passeggeri o tonnellate di merce. Le sperimentazioni in corso prevedono per ora viaggi mediamente brevi per 4-5 persone. Quanto all’idrogeno, sarebbe la soluzione più conveniente dal punto di vista ambientale, ma anche qui l’ostacolo da superare è l’ingombro di stoccaggio sui velivoli, 3-4 volte superiore di quello del carburante tradizionale. Ciò nonostante, Airbus ha già annunciato di voler inaugurare il primo aereo a idrogeno entro il 2035.

Nel frattempo, l’Europa spinge sulla svolta sostenibile. Con il piano ReFuelEU Aviation inserito nel pacchetto sul ‘Fit for 55’, la Commissione Ue intende aumentare almeno all’85% la quota di combustibili sostenibili entro il 2050, includere idrogeno ed elettricità nei mix di biocarburanti e dar vita a un fondo per l’aviazione sostenibile così da incoraggiare gli investimenti in tecnologie a zero emissioni.

(Photo credits: Eric PIERMONT / AFP)

aereo

ReFuelEu Aviation, il piano dell’Europa per decarbonizzare l’aviazione

Mettere a disposizione degli aeroporti dell’Ue una quota di almeno l’85% di combustibili sostenibili entro il 2050, includere anche idrogeno ed elettricità nei mix di biocarburanti e dar vita a un fondo per l’aviazione sostenibile per incoraggiare gli investimenti in tecnologie a zero emissioni. Sono solo alcuni dei punti del mandato negoziale che il Parlamento europeo ha adottato lo scorso 7 luglio in sessione plenaria a Strasburgo sull’iniziativa ReFuelEU Aviation, la proposta di regolamento per un trasporto aereo sostenibile, parte del pacchetto sul ‘Fit for 55’ presentato a luglio scorso dalla Commissione europea.

Nell’idea dell’Esecutivo, ReFuelEU Aviation punta a promuovere l’uso di carburanti sostenibili per l’aviazione (Saf) negli aeroporti di tutta Europa, attraverso obiettivi in percentuale da applicare progressivamente negli aeroporti dell’UE. La proposta deve inoltre definire nello specifico di cosa parliamo quando facciamo riferimento ai “carburanti sostenibili in fatto di aerei”.

Aviazione più pulita, verde e dunque più sostenibile. I settori dell’aviazione e del trasporto marittimo non sono tra i più inquinanti dell’Ue (circa il 4% delle emissioni totali di gas serra dell’UE), ma sono quelli che secondo le stime sono in più rapida ascesa. Nel mandato negoziale approvato in plenaria, i deputati chiedono un aumento per gli obblighi di carburanti sostenibili (Saf) a disposizione degli aeroporti. Rispetto alla proposta della Commissione europea, la quota minima di un carburante sostenibile per l’aviazione che dovrebbe essere messo a disposizione negli aeroporti dovrebbe essere al 2% a partire dal 2025, aumentando al 37% nel 2040 e all’85% entro metà del secondo, tenendo conto del potenziale di elettricità e idrogeno nel mix complessivo di combustibili (la Commissione ha proposto il 32% per il 2040 e il 63% per il 2050).

Alla Commissione europea si chiede di sviluppare entro il 2024 un sistema di etichettatura a livello europeo sulle prestazioni ambientali per i voli commerciali. I deputati si sono soffermati sull’estensione della definizione di carburanti sostenibili, che comprende carburanti sintetici o alcuni biocarburanti prodotti da residui agricoli o forestali, alghe, rifiuti organici o olio da cucina usato. Nella definizione andrebbero inclusi anche i carburanti derivanti dal carbonio riciclato, prodotti dal trattamento dei rifiuti e dal gas di scarico del processo di produzione negli impianti industriali. Inoltre, per un periodo limitato (fino al 2034), anche alcuni biocarburanti prodotti da grassi animali o distillati potrebbero essere inclusi nel mix di carburanti per l’aviazione. Non è passata invece la proposta di includere anche derivati dall’olio di palma e dalla soia.

Per l’Europarlamento nei mix di carburanti devono rientrare però l’idrogeno pulito (o rinnovabile, derivato dal processo di elettrolisi dall’acqua) e l’energia elettrica rinnovabile, “poiché entrambe sono tecnologie promettenti che potrebbero contribuire progressivamente alla decarbonizzazione del settore aereo”, spiega l’Eurocamera. In ultimo, i deputati spingeranno nei negoziati con gli Stati per dare vita a un nuovo fondo per l’aviazione sostenibile dal 2023 al 2050, così da finanziare gli investimenti in combustibili aeronautici sostenibili, tecnologie innovative di propulsione degli aeromobili e ricerca di nuovi motori.

Una normativa più chiara e rigorosa in materia di sostenibilità, secondo la Commissione europea è necessaria per attrarre investitori nel settore. “Creando un quadro normativo affidabile attireremo anche gli investimenti”, spiega la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson. L’Ue deve ora lavorare per creare un vero mercato per il carburante sostenibile destinato all’aviazione per mettere anche il settore “sulla strada giusta della decarbonizzazione entro il 2050“. “I carburanti sostenibili sono parte centrale nella decarbonizzazione dell’aviazione in particolare per le tratte (di voli) lunghe e medie”, dove si prevede che i combustibili liquidi rimarranno predominanti almeno fino al 2050. Per la commissaria “dispiegati su larga scala hanno il potenziale per abbattere le emissioni di CO2 del settore, consentendo ai cittadini di spostarsi con gli aerei in maniera più responsabile“.

Aereo

Carburanti sostenibili soluzione per decarbonizzare industria aerea

Sottoposta a pressioni per ridurre la sua impronta ambientale, l’industria aerea si è impegnata ad abbattere drasticamente le sue emissioni di CO2 ma ha ancora molta strada da fare per rispettare i suoi impegni. Secondo l’Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile (ICAO), un’agenzia delle Nazioni Unite, l’aviazione rappresenta tra il 2 e il 3% delle emissioni globali di CO2. Anche se indebolito dalla pandemia, si prevede che il traffico aereo globale raggiungerà i 10 miliardi di passeggeri nel 2050, più del doppio del livello del 2019. Questo significa altrettante emissioni in più se non si fa nulla.

L’Associazione Internazionale del Trasporto Aereo (Iata), che rappresenta la stragrande maggioranza delle compagnie aeree, e l’industria aeronautica si sono impegnati a ridurre le emissioni nette di CO2 a zero entro il 2050. Quarantadue Paesi, tra cui l’UE, il Regno Unito e gli Stati Uniti, nella ‘Dichiarazione di Tolosa’ di febbraio hanno chiesto ai Paesi di tutto il mondo di approvare questo obiettivo in occasione della prossima assemblea dell’ICAO a fine settembre.

L’impatto delle scie degli aerei sul riscaldamento globale, tuttavia, non è stato oggetto di alcun impegno per la loro riduzione in questa fase. Anche se ancora poco valutato, sembra essere “importante almeno quanto le emissioni di CO2“, secondo uno studio dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea (EASA). L’industria conta sui miglioramenti tecnologici e infrastrutturali – nuovi materiali, motori più parsimoniosi, migliore gestione del sistema di traffico aereo – per fare un po’ di strada. Il produttore di motori CFM, una joint venture tra GE e Safran, sta lavorando con il suo progetto Rise per un futuro motore disponibile nel 2035 che ridurrà il consumo di carburante di oltre il 20%.

Secondo il settore aeronautico europeo (compagnie aeree e produttori), tutti questi miglioramenti tecnologici permetteranno di raggiungere quasi la metà dei guadagni previsti. La Iata ritiene che essi contribuiranno solo al 14% dello sforzo necessario. Una parte di questo sforzo – l’8% secondo gli europei, il 19% secondo la Iata – proverrà da un sistema di cattura e commercio del carbonio.

I carburanti sostenibili per l’aviazione (SAF) rappresentano la maggior parte degli sforzi per la decarbonizzazione dell’aviazione – due terzi degli sforzi secondo la Iata, un terzo secondo l’industria aerea europea. Si ottengono da biomasse, oli di scarto e persino, in futuro, dalla cattura della CO2 e dall’idrogeno verde per la produzione di carburanti sintetici. Hanno il vantaggio di poter essere utilizzati direttamente negli aerei di oggi e di poter ridurre le emissioni di CO2 fino all’80% rispetto alla paraffina durante il loro intero ciclo di vita. Airbus e Boeing si sono impegnati a far volare i loro aerei con il 100% di SAF entro il 2030, ma questi carburanti rappresentano attualmente meno dello 0,1% del carburante bruciato dall’aviazione e sono da due a quattro volte più costosi della paraffina. Per incoraggiare la loro produzione, l’UE sta valutando l’obbligo graduale di incorporare il FAS nella paraffina, mentre gli Stati Uniti stanno valutando crediti d’imposta.

La propulsione elettrica è attualmente limitata a piccoli aerei e ai futuri taxi volanti nelle aree urbane. Il peso delle batterie necessarie per immagazzinare l’energia la rende inadatta agli aerei di linea. Un’area di sviluppo è la propulsione ibrida elettrica: durante alcune fasi del volo, come il decollo, un motore elettrico fornisce energia supplementare al motore a combustione. A lungo termine, sono in corso ricerche sulle celle a combustibile per alimentare un motore elettrico senza bisogno di batterie: l’elettricità verrebbe prodotta a bordo da una reazione chimica tra l’ossigeno prelevato dall’aria e l’idrogeno liquido contenuto in serbatoi. Questa ricerca differisce da quella sugli aerei alimentati a idrogeno, dove l’idrogeno verrebbe bruciato direttamente in un motore a combustione. Il progetto guidato da Airbus mira ad avere un primo aereo in servizio entro il 2035, probabilmente un velivolo a corto raggio con meno di 100 posti, secondo il suo presidente Guillaume Faury. Ma l’idrogeno è quasi quattro volte più ingombrante della paraffina, rendendo impossibile il suo utilizzo per le tratte a lungo raggio, per le quali il SAF rimarrà l’unico carburante.

Aereo, treno, auto o nave: cosa inquina di più? Ferraris (Fs): “Noi i più green”

Sebbene di questi tempi non si possa considerarlo ‘lineare’, dato che è soggetto a rallentamenti, ripartenze e piccole deviazioni, il processo di transizione ecologica è irrevocabile. Non si può tornare indietro, ma è possibile scegliere diversi percorsi per arrivare agli obiettivi. Ed è necessario tenerne conto anche nell’organizzazione delle vacanze e delle modalità con le quali raggiungere i luoghi di villeggiatura.

Nel caso dei trasporti, il Green deal europeo prevede la riduzione del 90% entro il 2050 delle emissioni di gas a effetto serra (Ggh) rispetto al 1990. E facilitare il passaggio a modalità di trasporto più sostenibili può dare un contributo assai rilevante al raggiungimento della quota. La parola chiave è gradualità e non per nulla il periodo interessato dalla transizione è di 60 anni. Non è infatti possibile azzerare le emissioni solamente tramite le energie alternative e rinnovabili, men che meno in questo momento storico condizionato dalla carenza di materie prime e dalla crisi energetica. Considerati i rallentamenti indotti dalla situazione geopolitica, non appare dunque un errore ritenere il Green deal Ue molto ambizioso. Il settore dei trasporti è però quello che potrebbe contribuire maggiormente al successo dell’operazione ‘sostenibilità’.

Secondo i dati dell’Agenzia europea per l’ambiente (Eea), il sistema trasporti rappresenta il 24,6% delle emissioni di gas serra nell’Ue 27, e i responsabili delle emissioni di CO2 sono in primis il trasporto su strada (71,8%), seguito dalla navigazione (14,1%), dall’aviazione (13,2%) e dal trasporto ferroviario (0,4%). L’Eea sottolinea che gli sforzi per ridurre le emissioni si sono moltiplicati nell’ultimo decennio, ma le concentrazioni di inquinanti atmosferici “sono ancora troppo elevate. All’inquinamento atmosferico dei trasporti, dal particolato (PM) al biossido di azoto (NO2), si aggiunge anche quello acustico, che rappresenta un altro problema per la sostenibilità ambientale, tanto che in Ue si stima che oltre 100 milioni di persone siano soggette a livelli nocivi causati dal traffico stradale, ferroviario e aereo.

Nel suo studio ‘Treno o aereo?’ pubblicato nel 2021, l’Eea conferma che comparando costi e benefici, il viaggio in treno è sempre una scelta meno dannosa per l’ambiente e che “l’impatto delle emissioni dell’aviazione è invariabilmente maggiore in base al chilometro per passeggero”. Tuttavia, secondo l’Agenzia europea per l’Ambiente, “volare non è necessariamente la scelta più dannosa”, dato che spesso è l’auto ad avere il maggior impatto date le emissioni sulle lunghe percorrenze e l’occupazione bassa del mezzo (al massimo 5 persone per viaggio). Secondo l’Eea, infatti, il viaggio in treni ad alta velocità risulta essere l’opzione “più rispettosa dell’ambiente a causa dell’alto tasso di occupazione.

Il treno – spiega a GEA Luigi Ferraris, amministratore delegato di Ferrovie dello Statoè il mezzo di trasporto più sostenibile e green per eccellenza, e può giocare un ruolo chiave nel processo di transizione ecologica perché contribuisce in modo determinante a ridurre l’emissione di CO2, i picchi di traffico stradale e i conseguenti costi esterni della mobilità privata su gomma“. “Il nostro Piano Industriale 2022-2031, da 190 miliardi di euro di investimenti – aggiunge Ferraris – mira a realizzare infrastrutture sempre più moderne, interconnesse e resilienti e a rendere più attrattivo il treno, promuovendo un trasporto collettivo multimodale“. Si tratta quindi di indicazioni delle quali occorre tenere conto al momento di pianificare le vacanze: la scelta dell’opzione di trasporto più ecosostenibile (ovviamente in base alla meta da raggiungere) è il primo e forse più importante passo verso un turismo all’insegna del green.

L’Europa, contesto di riferimento del rapporto dell’Agenzia europea per l’Ambiente, è il nuovo mercato domestico per Fs, “divenuto tale anche grazie alla crescente liberalizzazione e alla spinta verso un trasporto collettivo e condiviso” precisa l’ad, che parla di sviluppo di una proposta di business, tra gli obiettivi del polo ‘Passeggeri’, uno dei quattro poli business nati per ridefinire la governance del Gruppo. “Facendo leva sui pregi della multimodalità, miriamo a sviluppare un trasporto sempre più integrato, economico, affidabile e sostenibile – spiega Ferraris -. Figura centrale sarà il cliente, al quale verranno offerte soluzioni di integrazione con un servizio che, grazie ad una piattaforma digitale, gli consentirà di pianificare, prenotare e pagare l’intero viaggio door-to-door, utilizzando più mezzi di trasporto con soluzioni su misura, basate sui bisogni individuali”.

Lo studio dell’Agenzia europea dell’Ambiente chiarisce anche la necessità di infrastrutture adeguate per la cosiddette rivoluzione green nei trasporti. La tecnologia in effetti non può essere considerata solamente per la riduzione dei consumi e la mitigazione delle emissioni, ma l’intero settore dei trasporti deve compiere il proverbiale balzo innovativo affinché anche le infrastrutture diventino sostenibili e maggiormente integrate nell’ambiente. Le reti dei trasporti al momento, infatti, hanno un grave impatto sul paesaggio perché dividono le aree naturali in appezzamenti più piccoli con effetti anche rilevanti su fauna e verde. Anche nel caso dell’innovazione infrastrutturale si può parlare di processo irrefrenabile ma, ancora una volta, è obbligatorio un equilibrio tra sviluppo e ambiente.