Ricehouse

Ricehouse, la startup dell’edilizia che punta sugli scarti del riso

Provare a modificare i principi dell’edilizia, indirizzando il settore verso una concezione più improntata sull’economia circolare. La missione nobile di Ricehouse, startup italiana fondata nel 2016 da Tiziana Monterisi e Alessio Colombo, negli ultimi mesi sta incontrando anche le necessità di un comparto colpito dai rincari delle materie prime. Come lascia intendere il nome, infatti, l’azienda utilizza gli scarti della lavorazione del riso per sostituire i prodotti petrolchimici usati abitualmente nel mondo dell’edilizia, riuscendo così a ridurre notevolmente le emissioni. “La carenza della materia prima – racconta Tiziana Monterisi, ad. e cofondatrice di Ricehouse – così come gli alti costi di questa, ha spostato l’attenzione verso la ricerca di alternative. La bioedilizia inizia molto tempo fa, con le costruzioni fatte con materiali naturali perché effettivamente erano gli unici materiali accessibili. L’industria del mercato edile ha poi distrutto, o nascosto, qualsiasi logica utilizzata nel passato. Oggi, la bioedilizia ritrova un mercato forte e di valore grazie alle attenzioni verso qualità e sostenibilità, che giocano un ruolo strategico per indirizzare la domanda di materiale edile”.

L’attività di Ricehouse rende protagonisti gli agricoltori, che rappresentano un interlocutore fondamentale: “Abbiamo coinvolto gli agricoltori fin dall’inizio. Per loro, la nostra collaborazione significa risparmio immediato. In concreto, hanno un risparmio di costi e aumento delle entrate”, prosegue Monterisi, che poi apre una parentesi estremamente interessante sulle opzioni che Ricehouse può esplorare nei prossimi mesi e anni: “Il nostro obiettivo è quello di riuscire a valorizzare il più possibile tutto lo scarto risicolo a disposizione in Italia e far in modo che il nostro Paese possa essere il produttore per eccellenza di materiali naturali. Usando i sottoprodotti del riso per produrre materiali naturali per il mondo edile, potremmo compensare 1.950.000t di CO2 ogni anno, ovvero l’equivalente di piantare 81.000.000 di alberi”.

Ricehouse

Un’analisi che arriva da una società che fin dal 2016 ha saputo leggere le esigenze di un settore cruciale per il nostro Paese. L’attività di Ricehouse è nata con una lunga fase di ricerca delle giuste sinergie, con aziende che potessero sposare i valori e i processi innovativi proposti. Sviluppando una linea di prodotti per l’edilizia derivante dal riciclo degli scarti di lavorazione agricoli, si è resa portavoce di valori nobili e ha anticipato i temi che sarebbero poi stati introdotti dalle istituzioni italiane e internazionali. “Dopo tanti anni – ammette Monterisi – finalmente siamo nel centro dell’argomento. Noi continuiamo a dire quello che dicevano prima, il nostro messaggio non è cambiato. Di fatto, prima mancava il destinatario con cui rapportarsi. Oggi, invece, possiamo sederci a un tavolo di lavoro per dialogare su punti critici e progetti ambiziosi”. Uno di questi punti è indubbiamente la gestione del Superbonus: “Deve essere un percorso serio, uno strumento valido per una transizione ecologica. Per noi è un’opportunità, tanto più concreta quanto più è strutturato in maniera corretta. La vera svolta potrebbe essere data inserendo i materiali naturali come plus. Inoltre, per una valida bioarchitettura servirebbero parametri per la qualifica energetica”.

È la Giornata mondiale contro la siccità: e in Italia scatta l’allarme

In Italia la grande sete avanza. Se la situazione al Nord è talmente grave da aver portato il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, a chiedere a Roma lo stato di calamità per l’agricoltura, gli effetti della siccità iniziano a estendersi rapidamente anche al Centro. Più di un quarto del territorio nazionale (28%) è a rischio desertificazione e la siccità è “solo la punta dell’iceberg di un processo che mette a rischio la disponibilità idrica nelle campagne e nelle città“, denuncia Coldiretti.

La situazione a livello nazionale è monitorata con molta attenzione dagli osservatori permanenti sugli utilizzi idrici che sono stati istituiti con protocolli d’intesa inter-istituzionali con le amministrazioni locali competenti. Lo scenario è uno dei peggiori che si possano prevedere“, informa il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani. Il ministero sta costituendo un tavolo politico istituzionale “di alto profilo alla presenza di tutte le autorità di bacino per fare un quadro d’insieme sulla scala dell’intero Paese, l’attenzione è costante“, assicura. L’obiettivo a stretto giro sarà ridurre le perdite di acqua e potenziare la collezione di acque piovane, creando un certo numero di bacini: “Basterebbe un quarto della piovosità nazionale per soddisfare il fabbisogno agricolo“, afferma il ministro.

L’Autorità distrettuale del fiume Po la definisce “la peggior crisi da 70 anni: “La portata del fiume sarà ancora più bassa nelle prossime settimane“, avverte il segretario Meuccio Berselli. Il delta è stato “conquistato” ormai per 30 chilometri dalla risalita del cuneo salino e lungo tutta l’asta registra una “magra” epocale.

Ai sindaci di un centinaio di Comuni piemontesi e di almeno 25 Comuni della provincia di Bergamo è stato già chiesto di emanare ordinanze per il contingentamento dell’acqua. In Lombardia i produttori idroelettrici da oggi aumentano i rilasci dell’acqua a supporto dell’agricoltura.

È una situazione complessa soprattutto nelle parti montane e pedemontane del nostro territorio, l’assenza di precipitazioni nevose in inverno e la siccità prolungata poi hanno svuotato i serbatoi idrici“, aveva spiegato il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo. Che non aveva immediatamente lanciato l’allarme sul capoluogo, ma che aveva spiegato che “ci stiamo rendendo conto di quanto sia importante questo bene prezioso e di quanto sia importante la programmazione“. E non aveva negato il rischio di stato di calamità: “È inutile affermare il contrario. Al momento la situazione è sotto controllo, noi come città metropolitana abbiamo chiesto ai colleghi sindaci di emettere ordinanze sul contingentamento. Aiuteranno, ma dobbiamo metterci in sicurezza qualora questo periodo dovesse continuare”.

L’Osservatorio Anbi sulle Risorse Idriche evidenzia in maniera massiva le conseguenze dei cambiamenti climatici sull’intera Penisola. Il secondo fiume della Toscana, l’Ombrone, è ridotto ormai a uno “stato torrentizio” dopo mesi di sofferenza. La portata è di 890 litri al secondo, quando il minimo per garantire la vita in alveo è indicato in 2mila litri al secondo. Nelle Marche, il fiume Sentino tocca già il minimo storico (-37 centimetri), registrato nell’Agosto 2021, anno considerato idricamente critico per la regione; anche Esino e Nera sono ai livelli più bassi degli ultimi cinque anni. In Umbria, i il fiume Tevere, nel suo tratto iniziale, registra il livello più basso (35 centimetri) dal 1996. Continua a restare basso nel Lazio, dove però è ancora più grave la situazione dell’Aniene, ridotto ad una portata di circa 3mila litri al secondo contro una media di oltre 8mila. Non va meglio ai laghi: in una settimana, il Maggiore si è abbassato di 20 centimetri, il Lario di oltre 30 e l’Iseo di 7. In Lombardia sono ormai completamente esaurite, con due mesi d’anticipo, le riserve di neve.

Sulla situazione e le possibili soluzioni, oggi, giornata mondiale della Siccità e della desertificazione, si tiene un convegno alla Camera con Federica Daga e il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli.

siccità

FIUME PO

agricoltura

Dal 2021 agricoltura in crisi. Continua la ‘tempesta perfetta’

La stragrande maggioranza delle aziende agricole e agroalimentari italiane intervistate ad aprile da Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) nel primo trimestre 2022 ha incontrato serie difficoltà nella gestione d’impresa, a causa dei forti rincari dovuti all’aumento del costo dell’energia e delle materie prime (soprattutto fertilizzanti). Il dato emerge dal rapporto diffuso dall’istituto che ha per titolo ‘I costi correnti di produzione dell’agricoltura. Dinamiche di breve e lungo termine, effetti degli aumenti dei costi e prospettive per le imprese della filiera’ e che contiene anche un sondaggio su 795 aziende per il settore agricolo e 586 imprese dell’industria alimentare.

Ma il problema viene da lontano. “Il 2021 – spiega Ismea – rappresenta un punto di rottura. Quella che i media definiscono la ‘tempesta perfetta’, ovvero l’allinearsi in senso sfavorevole di una molteplicità di fattori di tipo strutturale e congiunturale, endogeni ed esogeni al settore, ha obbligato ad acquisire tale consapevolezza con una specificità: una crisi talmente ad ampio raggio da interessare, concentrandoci sul settore agroalimentare, tutte le filiere e, nell’ambito delle stesse filiere, tutti gli anelli di cui sono composte; dalla produzione dei mezzi tecnici al consumatore finale, cui peraltro una quota importante del proprio reddito è stata ‘distratta’ verso il pagamento degli incrementi notevoli di spese prioritarie come le bollette e il pieno dell’auto, proprio mentre l’inflazione è andata a interessare gran parte dei beni alimentari“.

DAL CALO DEI PREZZI IN PIENA PANDEMIA, ALL’IMPENNATA DEL 2022

Se nel 2020, spiega Ismea nel suo report, come conseguenza della pandemia e del rallentamento delle attività produttive del blocco dei flussi turistici e dei viaggi aerei, si registrò un forte calo dei prezzi del petrolio e delle materie prime energetiche in generale (-32% la riduzione dell’indice rispetto all’anno precedente), che ha trascinato al ribasso anche l’indice dei prezzi dei fertilizzanti, diminuito del 10%, “nel 2021 si è assistito all’impennata dei prezzi di tutte le commodity, non solo gli energetici (+82% nel consuntivo 2021 rispetto al 2020), che hanno spinto un incremento analogo dei fertilizzanti (+81% rispetto all’anno precedente), ma anche i minerali e metalli e i metalli preziosi, con questi ultimi che avevano già registrato un aumento nel 2020 nel contesto di incertezza legato alla pandemia“. In particolare, nel 2021, il prezzo del petrolio è cresciuto del 67% rispetto al 2020, portandosi a 69 dollari al barile, ancora ben lontano dal massimo del periodo 2008-2021 di 105 dollari, raggiunto nel 2012; ma soprattutto si è registrata una vera e propria esplosione del prezzo del gas naturale quotato in Europa, con una crescita del 397%.

I FORTI RINCARI DEL PREZZO DEL GAS NATURALE

La crescita dell’indice internazionale del prezzo del gas naturale ha impattato a sua volta fortemente sul prezzo dei fertilizzanti, essendone il gas una componente produttiva; in particolare, il prezzo dell’urea è più che raddoppiato in un anno, con una quotazione di 483 dollari per tonnellata in media nel 2021, che si avvicina al valore massimo del periodo di 515 dollari, raggiunto nel 2008. Forte la crescita anche per fosfato diammonico e del triplo superfosfato o superfosfato concentrato, ma per questi due prodotti le quotazioni nel 2021 sono rimaste comunque lontane dai livelli massimi del 2008. Lo scenario per il 2022 si è poi drammaticamente aggravato con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. “La messa fuori uso dei porti sul Mar Nero, le tensioni politiche e le sanzioni comminate alla Russia hanno ulteriormente destabilizzato il mercato delle commodity agricole e degli input produttivi come petrolio, gas e fertilizzanti, nonché fenomeni speculativi che in tutte queste incertezze hanno trovato un florido terreno di coltura“, conclude Ismea nella sua analisi.

GLI AUMENTI NON SARANNO FATTI RICADERE SUI CONSUMATORI

La soluzione per contenere i rincari sarà quindi aumentare i prezzi dei prodotti finiti e far così ricadere gli aumenti sul consumatore finale? La maggior parte delle aziende intervistate non la pensa così. Il 38% delle imprese agroalimentari italiane ritiene infatti che nei mesi a venire sarà difficile aumentare i listini dei propri prodotti per recuperare gli incrementi dei costi correnti (47% per l’industria delle paste alimentari e 55% per il settore vitivinicolo). Tuttavia, il 28% delle imprese appartenenti all’industria della trasformazione dei prodotti ortofrutticoli dichiara che nei prossimi mesi i prezzi di vendita dei propri prodotti aumenteranno tra il 3-6% del valore (contro il 19% del campione). Infine, le imprese esportatrici (che rappresentano circa la metà delle imprese dell’industria alimentare intervistate), intervistate sulla maggiore o minore possibilità di riversare sui prezzi gli aumenti dei costi per i prodotti venduti all’estero, hanno dichiarato in maggioranza (55% delle esportatrici) che le vendite all’estero non hanno consentito di assorbire più facilmente l’incremento dei costi, dato che i mercati esteri sono maggiormente sensibili all’aumento dei listini, ma circa il 30% invece ha avuto maggiori possibilità di recuperare gli aumenti attraverso le vendite all’estero.

suolo

La revisione dei regolamenti Ue sulla condivisione di sforzi e uso suoli

Oltre al sistema di scambio delle quote di emissione dell’Unione Europea (ETS), il pacchetto Fit for 55 si spinge oltre, con una proposta di revisione del regolamento sulla condivisione degli sforzi (ESR) tra Stati membri nei settori rimasti scoperti – edifici, agricoltura, rifiuti, piccola industria e trasporti – e del regolamento sulle emissioni e gli assorbimenti di gas a effetto serra derivanti dall’uso del suolo, dai cambiamenti di uso e dalla silvicoltura (LULUCF).

La condivisione degli sforzi – Il regolamento sulla condivisione degli sforzi adottato nel 2018 stabilisce obiettivi annuali vincolanti per le emissioni di gas serra dal 2020 al 2030 per ciascun Paese membro UE, per l’insieme di settori che rappresenta circa il 60% delle emissioni dell’Unione. Nella proposta di revisione della Commissione è prevista la riduzione di almeno il 40% rispetto ai livelli del 2005, con un aumento di 11 punti percentuali rispetto all’attuale obiettivo del 29%. Saranno fissate per ognuno dei Ventisette le assegnazioni annuali di emissioni (AEA), ridotte progressivamente fino al 2030, e creata una riserva volontaria aggiuntiva. A livello di bilancio, viene stimato sul milione e 750 mila euro il costo totale delle misure di sostegno per l’adattamento al quadro più esigente.

La relazione che dovrà essere votata in sessione plenaria del Parlamento Ue, a firma Jessica Polfjärd (Partito Popolare Europeo), invita la Commissione a garantire l’adeguatezza degli obiettivi nazionali, con la possibilità di fissare limiti settoriali alle emissioni. Introduce maggiore trasparenza sulle azioni degli Stati membri e collega l’azione correttiva alla revisione dei piani nazionali per l’energia e il clima, in caso di mancato rispetto degli obiettivi per due anni consecutivi. Elimina la riserva aggiuntiva e stabilisce le assegnazioni annuali di emissioni per il periodo 2023-2030, eliminando il loro adeguamento nel 2025 e chiedendo una proposta sugli obiettivi Ue per le emissioni non-CO2 coperte dall’ESR entro il 2023.

L’uso del suolo

La proposta di revisione del regolamento sulle emissioni e gli assorbimenti di gas a effetto serra derivanti dall’uso del suolo, dai cambiamenti di uso del suolo e dalla silvicoltura (LULUCF) include l’abbandono a partire dal 2026 della regola del no-debit, vale a dire che le emissioni di gas serra non possono superare gli assorbimenti all’interno dello stesso settore. Viene introdotto un rafforzamento dell’obbligo per gli Stati membri di presentare piani di mitigazione integrati per il settore terrestre e dei requisiti di monitoraggio grazie alle tecnologie digitali. A partire dal 2031 il regolamento dovrà coprire l’intero settore agricolo, incluse le emissioni non-CO2, e sarà necessario definire un valore per le azioni di mitigazione, introducendo un sistema di certificazione della rimozione del carbonio.

Secondo la proposta della Commissione, l’obiettivo è di invertire l’attuale tendenza alla diminuzione degli assorbimenti nel settore terrestre, arrivando a 310 milioni di tonnellate di CO2 equivalente rimosse entro il 2030 e alla neutralità climatica del settore agricolo e forestale entro il 2035. La relazione che sarà votata in sessione plenaria del Parlamento UE, a firma Ville Niinistö (Verdi), è allineata all’obiettivo delle 310 milioni di tonnellate di CO2 equivalente entro il 2030, ma aggiunge un nuovo sforzo aggiuntivo di 50 milioni di tonnellate di CO2 da rimuovere attraverso l’agricoltura del carbonio. Al contrario, è stata respinta l’idea di unire le emissioni di gas a effetto serra derivanti dall’uso del suolo, dai cambiamenti di uso e dalla silvicoltura con quelle agricole non-CO2 a partire dal 2031.

biotecnologie

Con BioTech l’agricoltura diventa più sostenibile

Con il progetto BioTech abbiamo dimostrato nei fatti che le nuove biotecnologie sono uno strumento potente per rendere l’agricoltura più sostenibile, limitando l’uso di fitofarmaci, migliorando il valore nutrizionale degli alimenti e assicurando la produzione agricola, anche in un contesto di cambiamento climatico”. Così Luigi Cattivelli, direttore Crea Genomica e Bioinformatica e coordinatore di BioTech, il primo progetto di ricerca pubblica dedicato alle biotecnologie sostenibili in agricoltura. In 4 anni di sperimentazione, BioTech si è focalizzato sui problemi maggiori e prioritari che deve affrontare l’agricoltura italiana, cercandone le soluzioni più adeguate in ottica sostenibile: tra questi la resistenza alle malattie più diffuse e allo stress idrico, la resa e la migliore qualità nutrizionale.

RISULTATI E PROSPETTIVE

BioTech ha presentato i primi risultati al Festival del Giornalismo Alimentare di Torino. Hanno riguardato pomodori, melanzane, cereali e mele. Nell’ambito dei pomodori, sono state sviluppate piante capaci di bloccare lo sviluppo di alcune infestanti oppure con migliore resistenza alla salinità. Il progetto ha contribuito anche alla selezione di linee con elevato contenuto di vitamina D, un lavoro recentemente pubblicato sulla rivista Nature Plants. Per quanto riguarda le melanzane, sono state ottenute piante resistenti alla fusariosi o senza semi che consentono di ampliare il periodo di raccolta del frutto. In ambito cerealicolo, sono state invece messe a punto piante con semi più grandi oppure con nuovi geni di resistenza alle ruggini. Per le mele sono state studiate soluzioni contro le malattie, in particolare la ticchiolatura. Molti altri prodotti sono in fase di completamento a cominciare da vite, pero, kiwi e basilico resistenti a particolari malattie, pomodori ed agrumi arricchiti in antiossidanti, agrumi con semi più piccoli, uva da tavola senza seme.

APPROCCIO

Le biotecnologie sostenibili – spiega il Crea in una nota – sono le nuove tecniche per la mutagenesi mirata (Genome Editing) e il trasferimento di geni tra piante della stessa specie (Cisgenesi). In entrambi i casi non si verifica l’inserimento di tratti Dna provenienti da organismi distanti, per cui, in realtà, queste piante sono sostanzialmente diverse dai tradizionali Ogm. Al contrario, esse sono molto più simili a quelle ottenibili, con maggiore difficoltà, minore efficienza e tempi assai più lunghi con i metodi convenzionali“.

A livello normativo, il Crea ha evidenziato che “queste piante sono oggetto della stessa norma che regola le piante transgeniche, che non consente la loro sperimentazione in campo“. Per questo i risultati “derivano tutti da prove realizzate in laboratorio“. Ma “per passare dal laboratorio alla realtà dei campi serve una nuova normativa“.

Alberto Cirio

Cirio a Versalis: “Aiutateci a creare una vera economia circolare”

Arriva da Crescentino, al confine tra le province di Torino e Vercelli, la proposta del governatore piemontese, Alberto Cirio, a Versalis, che nelle campagne del piccolo comune ha dato vita all’unico impianto italiano di produzione di bioetanolo ‘advanced’, cioè ottenuto da biomasse lignocellulosiche che non sono in competizione con la filiera alimentare. Impianto che per Versalis “ha una straordinaria importanza dal punto di vista strategico perché è il primo esempio al mondo di applicazione industriale della tecnologia Proesa (Produzione di etanolo da biomasse) per la produzione di energia rinnovabile“, ha ricordato il presidente Marco Petracchini, durante un incontro istituzionale organizzato per illustrare il ciclo produttivo del sito. Ed è proprio al termine delle spiegazioni ‘tecniche’ che il governatore piemontese ha invitato i vertici di Versalis – società di Eni impegnata nello sviluppo della chimica green – ad allargare il concetto di economia circolare al territorio piemontese, così da portare “benefici non solo all’ambiente, ma anche a tutti i ‘pezzi’ del circolo, a partire dalle aziende“.

L’impianto di Crescentino, acquisito dal gruppo nel 2018, è stato completamente riconfigurato e dall’inizio del 2022 produce bioetanolo partendo da biomasse di legno e cellulosa che, sostanzialmente, sono scarti di altre produzioni. L’obiettivo è trattare 200mila tonnellate all’anno di masse green, per una capacità massima di di circa 25mila tonnellate all’anno di bioetanolo. Lo stabilimento, inoltre, si basa sulla circolarità: si autosostiene dal punto di vista energetico, grazie alla produzione di energia elettrica rinnovabile e vapore dalla centrale termoelettrica che viene alimentata da biomasse a filiera corta e dalla lignina coprodotta dal processo.

Ed è proprio sul tema della circolarità che si è concentrato il presidente della Regione. La Pianura Padana, ha ricordato, è una delle zone più inquinate d’Europaa causa della sua geografia, con le Alpi che ‘chiudono’ Piemonte, Lombardia e Veneto e impediscono ai venti di spazzare via l’inquinamento. In queste Regioni ci sono restrizioni maggiori da parte di Bruxelles per quanto concerne gli scarti dell’agricoltura: ad esempio, è possibile bruciare i residui della potatura soltanto in un determinato periodo dell’anno, cioè dopo aprile. Ma le potature si fanno a ottobre e novembre. E cosa se ne fanno di tutto quel materiale se non possono smaltirlo?“. La Regione, ha spiegato, sta finanziando gli agricoltori affinché “si consorzino e acquistino dei cippatori” e allora “vi chiedo“, ha detto rivolgendosi ai vertici di Versalis, “perché non affiniamo meglio questo meccanismo? Se noi li sosteniamo in questa iniziativa, perché non vi attivate affinché il prodotto della cippatura trovi una destinazione sul territorio, cioè nel vostro impianto?

È un progetto che noi abbiamo già in mente – ha risposto Sergio Lombardini, responsabile BU Biochem Versalisma ci sono, al momento, ostacoli non di natura tecnica, quanto di partnership e normativa“. Ostacoli che, però, potrebbero essere superati “consorziandoci e creando, possibilmente, questa unità di cippatura con una municipalizzata“. “La sua proposta – ha rimarcato – incontra assolutamente una nostra idea“.

Il governatore piemontese, al termine del suo intervento, ha sottolineato quanto sia importante per la politica “progettare e avere una visione. Abbiamo un problema – ha ricordato – che è l’inquinamento. E allora dobbiamo trasformarlo in una opportunità, mettendo l’agricoltura al centro di un sistema di economia circolare. Ci sono molti soldi che arrivano dall’Europa e sono a disposizione per finanziare anche iniziative come queste. Mettiamo sempre un tappeto rosso a chi vuole investire in Piemonte“.

agricoltura 4.0

Di Maio: “L’insicurezza alimentare crea instabilità”

Non c’è solo il problema del gas e dell’indipendenza dalla Russia. La guerra in Ucraina, considerata il granaio d’Europa, sta ponendo in maniera forte il tema dell‘insicurezza alimentare che coinvolge Paesi di primo piano a livello mondiale. Per uscire da questa situazione delicata, una delle vie può, anzi deve, essere l’investimento nelle tecnologie, anche se questo argomento è quasi ignorato dagli agricoltori italiani. “Solo il 6% dell’agricoltura italiana è interessata a processi d’avanguardia. L’obiettivo, per questo settore, deve essere quello di far aumentare sempre più questo numero”,  ha evidenziato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio partecipando all’evento Techagriculture meeting Italia-Israele.

Ad ascoltare Di Maio, oltre all’innovazione digitale occorre tenere presente anche il percorso verso la transizione ecologica e considerare l’influenza che le coltivazioni hanno sull’ambiente. Nonostante a livello globale l’agricoltura italiana sia una delle meno impattanti, la tecnologia potrebbe aiutare il settore a ridurre le emissioni di gas serra che mettono in pericolo il Pianeta. “Investire nella tecnologia per l’agricoltura significa utilizzare al massimo il suo potenziale e renderla sempre più sostenibile“, le parole del ministro che tendono verso una direzione ben precisa.

Nonostante ci sia ancora tanto lavoro da fare, i dati sull’espansione del comparto agrario sono incoraggianti. “Nel 2020, con un giro d’affari di 540 milioni di euro, la filiera ha registrato una crescita del 20% rispetto al 2019”, ha osservato Di Maio. Ma il percorso è appena cominciato. Per fare un esempio, “le superfici ad oggi coltivate in Italia con strumenti di agricoltura 4.0 sono nell’ordine del 3-4% del totale“, ha evidenziato Di Maio sottintendendo che si tratta di una percentuale che va alzata in maniera brusca nel più breve tempo possibile.

agricoltura biologica

Biologico? Sempre più attuale ma ostacolato da caro-energia

L’attenzione all’agricoltura biologica è sempre più attuale. E questo è un dato di fatto, dal momento che, si osserva nella relazione sui ‘Finanziamenti per la ricerca nell’agricoltura biologica’, il fatturato – tra consumi interni ed esportazioni – nell’arco di una decina di anni è passato da 2 a 6 miliardi di euro.

La sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti ha approvato il rapporto con Delibera n. 8/2022/G, in cui la magistratura contabile ha esaminato la gestione del ‘Fondo per la ricerca nel settore dell’agricoltura biologica’ che finanzia i programmi di ricerca nel ramo, oltreché in quello relativo alla sicurezza e salubrità alimentari. L’esame della Corte incentrato sulla verifica dei risultati conseguiti a fronte di quanto stabilito nel ‘Piano strategico nazionale per lo sviluppo del sistema biologico’, elaborato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, in cui il Fondo stesso è ricompreso.

È stata evidenziata la necessità di un’accelerazione nell’attuazione dei progetti e l’adozione, da parte dell’amministrazione, di un efficace sistema di monitoraggio degli stessi per attivare la tempestiva revoca del finanziamento, con recupero di quanto anticipato, nei casi di inerzia non giustificata dei soggetti proponenti.

L’agroalimentare è sempre stato il traino delle esportazioni del nostro Paese – ha affermato il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Stefano Patuanelli – e continua ad esserlo perché i tassi di crescita sono importanti: oltre al record di 52 miliardi di export dello scorso anno, ci sono anche i primi mesi di quest’anno in cui non si cede il passo“. “Sicuramente le complicazioni ci sono, la situazione internazionale la conosciamo – ha aggiunto il Ministro – e le difficoltà indotte dall’invasione della Russia in Ucraina sono evidenti, in termini di aumento dei costi, di difficoltà delle imprese a sostenere il costo dell’energia in particolare, che a cascata incide su tutte le produzioni. Il governo sta facendo, per la parte interna, tutto quello che deve fare per sostenere i settori produttivi, ma è importante che l’Europa non receda da quella voglia di stare assieme e agire comune che ci ha caratterizzato nel momento in cui abbiamo affrontato la crisi dovuta alla pandemia, che era asimmetrica, mentre questa è asimmetrica perché colpisce alcuni Paesi in maniera più profonda di altri. E questo può indurre al ritorno delle dinamiche degli egoismi europei“, ha concluso Patuanelli.

agricoltura

Il biogas è tra le dieci azioni di Farming For Future

Garantire un sistema alimentare sostenibile che permetta di utilizzare meno risorse tutelando la biodiversità e producendo di più con maggiore qualità e a costi più accessibili. Sono questi gli obiettivi di Farming For Future, il progetto avviato dal Consorzio Italiano Biogas per la conversione agroecologica dell’agricoltura italiana stimolata dalla diffusione del biogas agricolo, in accordo con gli obiettivi del Green Deal e le relative strategie di settore.

Farming For Future è una proposta che si declina in 10 azioni, delle quali 8 strettamente connesse all’agricoltura e ai suoi investimenti, mentre 2 sono di pertinenza dell’industria, quella del gas in primis.

  1. Energie rinnovabili in agricoltura: sostituire i combustibili fossili con fonti di energia rinnovabili per ridurre l’inquinamento e le emissioni;
  2. Azienda agricola 4.0: adottare tecniche di agricoltura e zootecnia avanzate per calibrare le risorse necessarie alle colture e allevamenti;
  3. Gestione dei liquami da allevamento: impiegare effluenti zootecnici e scarti agricoli nella digestione anaerobica per ridurre le emissioni e produrre bioenergie rinnovabili;
  4. Fertilizzazione organica: utilizzare fertilizzante organico (digestato) per restituire nutrienti al suolo e ridurre l’uso di fertilizzanti chimici;
  5. Lavorazioni agricole innovative: adottare tecniche avanzate di lavorazione del suolo e fertilizzazione organica per ridurre le emissioni dai suoli;
  6. Qualità e benessere animale: implementare tecniche agricole e zootecniche di eccellenza per migliorare la qualità e il benessere degli allevamenti;
  7. Incremento fertilità dei suoli: adottare le doppie colture per incrementare la cattura della Co2 e la fertilità dei suoli;
  8. Agroforestazione: integrare coltivazioni suoli legnose nei campi coltivati per aumentare la fotosintesi e la sostanza organica nei suoli;
  9. Produzione e uso di biomateriali: sviluppare e utilizzare materiali di origine biologica, naturali e rinnovabili;
  10. Biogas e altri gas rinnovabili: produrre metano e idrogeno rinnovabili dal biogas agricolo.

Il progetto punta a raggiungere un potenziale di produzione di 6,5 miliardi mc di biometano agricolo entro il 2030, all’abbattimento delle emissioni del settore agricolo del 32%, oltre a una ulteriore riduzione del 6% delle emissioni nazionali di Co2 legate all’uso di energia fossile.

Agricoltura come soluzione alla crisi energetica. Più biogas e biometano

Il superamento della crisi energetica può passare anche dall’agricoltura? Sì, ma è necessario l’allentamento dei vincoli burocratici che, da un lato costringono le imprese a produrre meno energia di quanto potrebbero e, dall’altro, rendono difficile lo sviluppo del biogas e del biometano. Ne è certo Piero Gattoni, presidente del Consorzio Italiano Biogas (CIB) – che rappresenta tutta la filiera della produzione di biogas e biometano in agricoltura – secondo il quale rimuovendo alcuni limiti burocratici, “gli impianti agricoli esistenti potrebbero garantire un incremento di produzione di 600 milioni di metri cubi di biogas nel mix energetico (pari a circa 15% dell’attuale produzione) da destinare al mercato elettrico”. L’immediata applicazione delle misure previste dal Pnrr, inoltre, spiega, “potrebbe garantire la produzione di oltre 4 miliardi di metri cubi di biometano al 2026, pari a circa il 30% dell’obiettivo del nostro Governo di sostituzione delle forniture di gas naturale importato dalla Russia”.

Secondo i dati dello Statistical report 2021 di EBA (European Biogas Association), inoltre, dal 2019 al 2020 c’è stata una crescita notevole del biometano in Europa e le previsioni sono rosee. Oggi, la produzione di biogas e biometano potrebbe coprire il 4,6% del fabbisogno in Ue ed entro il 2050 la percentuale potrebbe salire al 30%.

LA DIFFUSIONE DEL BIOGAS AGRICOLO

Attualmente in Italia ci sono 1700 impianti agricoli, che rappresentano l’84% degli impianti di biogas sul nostro territorio, per un potenza installata agricola di 1014 MW. Negli ultimi 10 anni lo sviluppo della digestione anaerobica ha fatto registrare 4,5 miliardi di euro di investimenti, creando 12mila posti di lavoro stabili.

SERVONO INVESTIMENTI

Ma allora cosa manca per agire? La filiera, assicura Gattoni, “è pronta a investire nel settore”, ma servono “misure ad hoc per aumentare la disponibilità di biogas da destinare alla produzione di energia elettrica degli impianti esistenti” e “accelerare l’emanazione dei decreti di attuazione del Pnrr sul biometano”.

LE OPPORTUNITÀ OFFERTE DAL PNRR

Il Pnrr rappresenta sicuramente una grande opportunità per il settore. Alla missione 2, la cosiddetta ‘Rivoluzione verde e transizione ecologica’, sono stati assegnati circa 60 miliardi di euro, cioè quasi un terzo (il 31%) dei 191 miliardi di euro del Piano complessivo. All’interno di questo capitolo, poco più di 23 miliardi di euro (il 34% del totale della missione 2) sono destinati alle energie rinnovabili e alla mobilità sostenibile. Ed è proprio qui che si inserisce lo sviluppo delle rinnovabili. Con il Pnrr si è aperta la possibilità di produrre biometano da destinare anche a settori diversi dai trasporti: per questo punto il piano di sviluppo prevede lo stanziamento di circa 1,92 miliardi di euro.

A PICCOLI PASSI

All’inizio di aprile nel decreto legge Energia è stata inserita una norma sul digestato equiparato, che ne ha riconosciuto il valore fertilizzante. “La possibilità di sostituire fertilizzanti chimici con digestato equiparato, un digestato agricolo utilizzato in modo ottimale – spiega Gattoni – consente di ridurre i costi a carico delle molte aziende agricole già fortemente provate dalla crisi economica in corso, di tutelare la fertilità dei suoli e di favorire davvero l’economia circolare in agricoltura, su cui il settore biogas e biometano è impegnato da oltre un decennio“. Ora si attende l’adozione del decreto FER 2, che introduce diversi incentivi per la realizzazione di impianti geotermici, a biomasse, a biogas, solare termodinamico ed eolico offshore.