La crisi del Mar Rosso è roba nostra: in ansia agricoltura e porti

Si può discutere sulle cifre, non sull’impatto pesantemente negativo della crisi del Mar Rosso. Ad esempio, c’è chi dice che la guerra degli houthi costi al settore agroalimentare 5,5 miliardi a livello di export, chi invece sostiene ‘solo’ 4. Ma sono comunque cifre enormi. Sotto pressione c’è soprattutto l’ortofrutta ma anche vino, pasta, prodotti da forno non se la passano bene. Un conto è sfruttare il canale di Suez, un conto è dover circumnavigare l’Africa e sobbarcarsi costi ulteriori di energia e di noli, un conto ancora è non poter raggiungere le rotte verso l’Asia come si faceva prima.

Un altro esempio da massima allerta sono i porti del Mediterraneo che rischiano di trovarsi tagliati fuori dai traffici commerciali. La situazione è così delicata che pure l’Ispi (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) nella sua newsletter sottolinea i pericoli che stiamo correndo: tra gli stretti di Bab-el-Mandeb e il Canale di Suez transita circa il 22% del commercio mondiale e se le navi non passano da lì “i porti del Mediterraneo tornano al 1868”, la citazione di una dichiarazione del presidente dell’Autorità portuale di Trieste, Zeno D’Agostino. In effetti, allungando il viaggio con la circumnavigazione dell’Africa dal Capo di Buona Speranza si passa (prendendo come esempio la rotta Singapore-Rotterdam) da 8500 a 11800 miglia, cioè da 26 a 36 giorni di navigazione. E, in particolare, non ci si affaccia più subito sul Mare Nostrum – Trieste, Genova, Gioia tauro, Piombino, Ravenna – ma diventano prioritari l’Olanda e gli scali del Nord.

Tutto questo per dire che il Mar Rosso non è un luogo lontano ma è casa nostra, è roba nostra. Prima si risolve questa crisi, prima tornerà a sorridere un’economia già stressata dalla guerra Russia-Ucraina e dal conflitto tra Israele e Hamas. Al netto di qualsiasi analisi geopolitica, di collegamenti veri o presunti tra gli houthi e cosa sta accadendo nella striscia di Gaza, dell’ingerenza iraniana e della strategia attendista di Putin e Xi Ping, conviene che l’Europa non smetta di darsi da fare e di considerare quella zona del mondo particolarmente calda come centrale nel dibattito dell’esecutivo di Ursula von der Leyen e in quello che verrà dopo le elezioni di giugno. Se il presidio militare è indispensabile per proteggere le navi – la missione Ue Aspides che vede coinvolta in prima linea la Marina italiana – diventa dirimente l’azione diplomatica da portare avanti anche sottotraccia. Una volta noi europei eravamo bravissimi a mediare, una volta.

Equa distribuzione, ambiente e politiche europee: agricoltura a confronto ad Agrifood24

Non solo le politiche ambientali dell’Unione Europea, ma anche questioni di lunga data come l’equa distribuzione del valore lungo la catena di approvvigionamento alimentare. All’evento ‘Nuove coordinate per la sostenibilità dell’agricoltura Ue’ organizzato da Withub a Bruxelles gli attori della filiera agroalimentare hanno messo in luce le cause all’origine delle proteste degli agricoltori in Europa, e in particolare a Bruxelles.

Il problema degli agricoltori non è iniziato con il Green Deal, ma oltre 10 anni fa con una serie di politiche sbagliate sulla giusta retribuzione per quello che fanno e producono tutti i giorni”, ha avvertito il presidente della sezione Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente (Nat) del Comitato economico e sociale europeo (Cese), Peter Schmidt. Parlando del contributo della filiera agroalimentare sullo stile di vita europeo, Schmidt ha attaccato sul fatto che “non si parla mai degli interessi all’interno della catena di approvvigionamento” e ha ribadito che “la narrativa secondo cui ‘non ci sono abbastanza soldi’ è decisamente sbagliata”. Sulla stessa linea l’eurodeputata del Movimento 5 Stelle Maria Angela Danzì: “Ciò che il consumatore paga al supermercato è all’80 per cento il costo della filiera che viene dopo l’agricoltore“. L’eurodeputata membro della commissione per l’Ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (Envi) ha ricordato che “servono politiche agricole che incentivino i piccoli agricoltori, faremmo di più l’interesse nazionale se quello che spendono in termini di energie, materiali e sacrificio fosse retribuito in modo adeguato”.

L’amministratore delegato di Filiera Italia e presidente di Eat Europe, Luigi Scordamaglia, ha concordato sul fatto che “serve una più equa ripartizione del valore nella filiera agroalimentare, tutelando la produzione agricola”, ma ha anche sottolineato che “se smantelliamo la produzione sull’alimentare e sulla manifattura con un ambientalismo interpretato in modo sbagliato, l’unica possibilità sarà importare da Paesi terzi che inquinano di più”. Nessuno, ha spiegato “può farci lezioni di ambientalismo, perché agroalimentare italiano emette un terzo delle emissioni rispetto a  Francia e Germania, 1/5 per ettaro di altri Paesi come il Brasile”

Ad animare il contraddittorio è stata l’eurodeputata in quota Movimento 5 Stelle, che ha ricordato come “l’approccio One Health ci può consentire di non fare politiche schizofreniche per tutelare la salute degli ecosistemi, delle persone e degli animali”, ma che negli ultimi mesi “il discorso sulle politiche della Commissione è stato condizionato da interessi personali, che le hanno definite ‘mera ideologia di stampo ambientalista’”.

Anche il coordinatore della coalizione #CambiamoAgricoltura, Franco Ferroni, ha attaccato quello che definisce “negazionismo agricolo“, che ha “responsabilità sul cambiamento climatico e sulla perdita di biodiversità”, dal momento in cui “la stretta connessione tra l’agricoltura e il benessere degli ecosistemi non trova la stessa attenzione da parte delle associazioni degli agricoltori”. Nel suo intervento Ferroni ha chiesto di “riaprire il dialogo e il confronto”, perché “è stato creato un clima volutamente di contrapposizione tra agricoltura e ambiente che aveva come obiettivo quello di demolire la strategia del Green Deal”.

È per questo motivo che l’organizzazione che riunisce le associazioni a sostegno della riforma della Politica agricola comune (Pac) considera in modo “positivo” l’approvazione della legge sul ripristino sulla natura. Non è invece d’accordo l’amministratore delegato di Filiera Italia Scordamaglia: “Ci sono 500 milioni di consumatori europei che devono consumare, e non tutti con la stessa capacità di spesa”. Questo significa che “o consumano quello che c’è in Europa o quello che viene prodotto nel Mercosur disboscando“. Scordamaglia ha poi sottolineato che “abbiamo contrastato il fatto che, nel momento in cui il mondo affronta la più grave crisi di sicurezza alimentare, qualcuno voleva imporre di togliere il 10 per cento dei terreni all’agricoltura per il ritorno delle torbiere”.

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Agroalimentare, per l’ingresso dell’Ucraina in Ue servirebbero 100 miliardi di euro in più alla PAC

100 miliardi per salvare la Pac. Ecco quanto servirebbe per sostenere la Politica Agricola Comune se l’Ucraina entrasse in Unione Europea. Un tema, questo, al centro dei dibattiti di questi giorni, che ha guidato anche l’evento, organizzato dalla piattaforma editoriale Withub, tenutosi oggi a Bruxelles, ‘Nuove coordinate per la sostenibilità dell’agricoltura Ue’, alla presenza delle principali associazioni di categoria – Cia, Coldiretti, Confagricotura, Eat Europe e Filiera Italia – e del Commissario Europeo per l’Agricoltura, Janusz Wojciechowski.

PAC: + 100 MILIARDI O MENO SOSTEGNO PER TUTTI. Quali sarebbero gli effetti sulla Pac dell’ingresso in Europa di un gigante agricolo come l’Ucraina? L’Europa assegna i finanziamenti ai paesi membri prevalentemente in base all’estensione in ettari della superficie agricola. Oggi, i 27 Stati dell’Ue hanno una superficie agricola di 157 milioni di ettari, la sola superficie coltivabile dell’Ucraina è di 41 milioni di ettari (dati 2020 estrazione a partire da Eurostat, Servizio Statistico Ucraino). Secondo l’elaborazione del Centro Studi GEA su una simulazione a cura del professor Angelo Frascarelli dell’Università di Perugia, basata su un calcolo effettuato sui criteri della Pac attuale, se l’Ucraina entrasse in Ue oggi, dovrebbe ricevere – in base agli ettari coltivati – fondi per oltre il 20% del budget annuale dell’intera Europa dedicato al sostegno agli agricoltori. Questa proiezione non tiene presente le future azioni correttive dell’effettivo negoziato di adesione dell’Ucraina all’Unione europea, ma calcola l’ipotesi di un’erogazione del sostegno europeo sulla base della superficie agricola per il primo pilastro della PAC, ipotizzando l’ingresso dell’Ucraina alle stesse condizioni degli attuali Paesi membri dell’Ue. Si tratta, quindi di un’importante, ma necessaria, semplificazione dello scenario secondo la quale, tuttavia, l’equilibrio degli altri Paesi Ue sarebbe sconvolto. In un’Unione Europea a 28 Stati, infatti, gli ettari coltivati salirebbero a 198 milioni e mezzo rispetto ai 157 milioni e mezzo attuali. A parità di budget, stando alla simulazione, per ogni ettaro coltivato si riceverebbero 272,34 euro anziché gli attuali 343,52. Ciò significa, facendo il calcolo sull’Italia, che il nostro Paese passerebbe da un contributo di 5,6 miliardi di euro l’anno a 4,2 miliardi. Se invece si volessero continuare a sostenere tutti gli agricoltori dei Paesi Ue con le stesse cifre di oggi e a questi si aggiungessero quelli ucraini, servirebbero appunto 98,9 miliardi di euro in più (per un settennio del quadro finanziario pluriennale), che si andrebbero a sommare ai 378,5 miliardi, il budget pluriennale della Pac attuale.

PAC IN ITALIA. LE CONSEGUENZE REGIONE PER REGIONE. Secondo le elaborazioni dell’università di Perugia su dati Eurostat registrate dal centro studi GEA, inoltre, le 10 regioni che perderebbero di più con l’entrata in Ue dell’Ucraina, immaginando di mantenere i livelli attuali di sostentamento agli agricoltori, sarebbero: la Lombardia (che perderebbe il 52%, passando da oltre 600 milioni a meno di 300); la Calabria (con -48%, quindi da quasi 400 milioni a 200), il Veneto (-47%, da quasi 500 milioni a circa 250). A seguire il Piemonte, l’Emilia Romagna, le Marche, il Friuli Venezia Giulia, la Campania e l’Umbria.

NON SOLO PAC: F2F E FERTILIZZANTI. Cosa comporterà l’applicazione delle norme sulla riduzione del 20% dei fertilizzanti chimici contenute nella Farm2Fork? Secondo un’elaborazione del Centro Studi GEA su dati dell’Università Cattolica del Sacro Cuore campus di Piacenza e Cremona – Vsafe e Federchimica Assofertilizzanti, una diminuzione in produzione per le principali colture italiane: -14,5% per il frumento duro, -12,3% per il frumento tenero, -12% per il mais, -12,6% per il pomodoro, -6,6% per la soia, -9,9% per l’uva da vino. Una calo di produzione che si rifletterebbe sull’economia italiana con una perdita pari a 5,4 miliardi di euro. In questo scenario, potrebbero avere un ruolo importante i biostimolanti. Secondo un’elaborazione del Centro Studi GEA su dati dell’Università Cattolica del Sacro Cuore campus di Piacenza – ISA (Innovation for Sustainable Agriculture R&D), questi prodotti, potrebbero arginare le perdite generate dall’adeguamento richiesto dalla Farm to Fork. Dai test effettuati dall’Università Cattolica di Piacenza, infatti, è evidente come i biostimolanti compensino la riduzione di input chimici e aiutino la pianta in condizioni di stress. Nei test effettuati sulle colture di pomodoro, ad esempio, riducendo i fertilizzanti ma impiegando biostimolanti, la resa non è statisticamente diversa da quella ottenuta con fertilizzazione 100% in termini di altezza delle piante, produzione di frutti e foglie.

 

 

FILIERA ITALIA. “I 378 miliardi di PAC attuali rappresentano una risorsa fondamentale che aiuta gli agricoltori a sostenere i costi di standard produttivi di sicurezza e ambientali più elevati al mondo e rendere competitiva con la fase di produzione agricola l’intera filiera e sono tutto il contrario di un sostegno passivo al reddito degli agricoltori. Se non ci fossero, 300 miliardi sarebbero stati caricati direttamente sul carrello della spesa dei consumatori con conseguenze tutt’altro che positive soprattutto per le fasce più povere, alle quali non sarebbe permesso di accedere a un’alimentazione di qualità che caratterizza i paesi europei e l’Italia in particolare”, ha detto Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia e presidente di Eat Europe. E sull’Ucraina: “È fondamentale sostenerla in questo momento difficile ma non è accettabile che a pagare il prezzo di una possibile entrata del Paese in UE sia la filiera agroalimentare, anche considerando che sempre di più fondi speculativi internazionali stanno mettendo le mani su una parte crescente dell’agricoltura ucraina danneggiando gli stessi piccoli agricoltori ucraini, Quindi aiutare l’Ucraina (ma non certo la speculazione), tutelando anche la nostra filiera”.

CONFAGRICOLTURA. “Confagricoltura da sempre sostiene che l’attuale Pac sia inadeguata oggi e inadatta a rispondere alle prossime sfide, poiché mette a rischio non solo un settore produttivo, ma la sicurezza alimentare globale. Per rispondere alle esigenze emerse chiaramente in questi ultimi anni e in prospettiva di un futuro allargamento dell’Ue, anche il budget dedicato deve essere rivisto tenendo conto pure degli aumenti dei costi di produzione e dell’inflazione. Il tema della dimensione del bilancio agricolo Ue impone poi un approfondimento alla luce del fatto che la sicurezza alimentare dell’Europa dipende dai livelli di efficienza e competitività delle imprese, e dal reddito che gli agricoltori riescono ad ottenere dal proprio lavoro”, ha detto Cristina Tinelli, Direttrice Relazioni Ue e internazionali di Confagricoltura e Presidente del gruppo Sviluppo rurale di Copa-Cogeca.

CIA. “Serve un cambio di rotta deciso da parte dell’Ue per costruire un futuro che consenta la sopravvivenza della produzione europea, redditi dignitosi, mantenimento e crescita delle aree rurali, sostenibilità economica, ambientale e sociale”, ha dichiarato il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini. “Questo significa ragionare su una nuova Pac, con meno burocrazia e regole semplificate per facilitare i pagamenti, a partire dagli ecoschemi, cancellando l’obbligo del 4% per l’incolto. Abbiamo già subito una drastica riduzione delle rese a causa della crisi climatica, è assurdo che la Ue ci dica di tenere dei terreni a riposo. In più, la Pac non può più essere l’unica politica a rispondere alle sfide della transizione verde. Poi c’è lo scenario politico internazionale: considerato il ruolo strategico dell’Europa sul fronte della sicurezza alimentare, nonché il potenziale ingresso dell’Ucraina nell’Unione, il prossimo quadro finanziario pluriennale dovrà essere in linea con tali ambizioni, richiedendo maggiori risorse e tutele sul mercato. Per tutto questo, è importante lavorare affinché il futuro Commissario europeo all’Agricoltura abbia un peso politico importante e sia in grado di creare consenso sui dossier più caldi, come le TEA, e favorire l’intesa tra tutti gli Stati membri”.

COLDIRETTI. “Abbiamo bisogno di tempi certi e urgenti per la maggiore flessibilità sugli aiuti di Stato e sulle semplificazioni della Pac annunciate dalla Commissione europea per gli agricoltori. Serve una risposta sulla moratoria dei debiti per le aziende agricole, in risposta all’aumento dei tassi di interesse. Molte delle nostre proposte sono state accolte dal Commissario europeo all’agricoltura, ma non basta se non si capisce una volta per tutte che i tempi dei nostri agricoltori non sono quelli della burocrazia europea. Ci aspettiamo che nel Consiglio europeo di marzo ci sia la svolta necessaria e anche in prospettiva chiediamo una Pac più vicina alle imprese”, ha detto Ettore Prandini, presidente di Coldiretti.

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A Bruxelles l’evento ‘Nuove coordinate per la sostenibilità dell’agricoltura Ue’

Si tiene oggi a Bruxelles, presso la Sala Félicien Cattier, Fondazione Universitaria, l’evento ‘Nuove coordinate per la sostenibilità dell’agricoltura Ue’, organizzato da Withub con la direzione editoriale di GEA, Eunews e Fondazione art. 49. L’incontro si concentrerà sulla nuova Politica Agricola Comune e sugli investimenti del prossimo Mff sull’agricoltura e la sua sostenibilità; sulla prospettiva dell’ingresso dell’Ucraina nell’Ue; sul ruolo dell’industria agroalimentare nella tutela della salute e sulla promozione di stili di vita sani. Sarà possibile seguire il convegno in diretta streaming qui.

L’appuntamento è alle 9.30, con l’opening del direttore di Eunews Lorenzo Robustelli. A seguire, il primo panel si occuperà di ‘Pac e nuovo Mff: le risorse per l’agricoltura e la sua sostenibilità ambientale, sociale ed economica’ e vedrà gli intervento di Paolo De Castro, eurodeputato, Comm. AGRI e INTA; Leonardo Pofferi, vice presidente Cogeca; Ettore Prandini, presidente di Coldiretti; Cristiano Fini, presidente di Cia; Cristina Tinelli, direttrice Relazioni Ue e internazionali di Confagricoltura e Presidente del gruppo Sviluppo rurale di Copa-Cogeca; Carmen Naranjo Sanchez, Commissione Ue, Direttrice Risorse DG AGRI. Modererà il direttore di GEA, Vittorio Oreggia.

Il secondo panel, dal titolo ‘Il contributo della filiera agroalimentare a un sano stile di vita europeo’, vedrà gli interventi di Peter Schmidt, Cese, presidente della sezione Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente; Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Filiera Italia e Presidente di Eat Europe; Franco Ferroni, coordinatore della Coalizione #CambiamoAgricoltura. Modererà il direttore di Eunews, Lorenzo Robustelli.

Le conclusioni saranno affidate, intorno alle 12.15, al commissario europeo per l’Agricoltura Janusz Wojciechowski

Agroalimentare, Agriturist: Comprendiamo difficoltà legislative, confidiamo in future azioni

Dispiace l’esclusione dal bando degli agriturismi. Tuttavia, Agriturist comprende l’azione del ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, tesa a non perdere i 76milioni di euro destinati alla promozione del patrimonio agroalimentare italiano. E’ quanto comunica l’associazione in una nota.

Continuiamo a chiedere l’inclusione di una rete di attività fondamentale per la valorizzazione dell’enogastronomia italiana e della tutela del nostro paesaggio, ma – prosegue il comunicato – comprendiamo che i criteri fissati nel 2022 erano contenuti in un decreto già approvato e registrato alla Corte dei Conti. Confidiamo, quindi, in future azioni di sostegno specifiche per gli agriturismi, che rappresentano un settore fortemente connesso con le produzioni DOP, IGP e bio, divenute punto di riferimento dell’enogastronomia e del turismo ad essa collegato“.

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Agricoltura, da Italia pacchetto di proposte a Ue. Lollobrigida: “Tornati centrali”

L’Italia presenta le sue proposte alla Ue e cerchia in rosso le date del 21 e 22 marzo prossimi. Il giorno dopo il consiglio Agrifish più difficile, con la guerriglia urbana che ha messo a ferro e fuoco Bruxelles, il responsabile del Masaf, Francesco Lollobrigida, spiega la posizione italiana in Europa, sottolineando che la premier, Giorgia Meloni, ha chiesto di mettere anche l’agricoltura all’ordine del giorno del prossimo Consiglio Ue. Per battere il ferro finché è caldo, lascia intendere il ministro della Sovranità alimentare.

L’Italia, da protagonista, nell’ambito del Consiglio Agrifish ha presentato un documento che invita la Commissione Ue a fare un passo indietro rispetto alle politiche ideologiche e folli che, in nome di un presunto ambientalismo, hanno messo in ginocchio il nostro settore primario“, dice Lollobrigida. Sottolineando che “tutti gli Stati membri si sono espressi favorevolmente”. Al centro del piano c’è la revisione della Pac, “perché l’ultima è scritta male: porta criticità operative che creano problematiche“.

Il paper italiano avvisa che “se il modello di transizione ecologica dell’agricoltura promosso dal Green Deal continuasse ad essere portato avanti solitariamente dall’Ue o senza il necessario correttivo della reciprocità a livello di scambi commerciali, il saldo degli effetti ambientali a livello globale sarebbe addirittura negativo“. Il concetto base è che “la minore produzione agricola nell’Unione europea derivante da vincoli ambientali più severi e la sua conseguente delocalizzazione verso Paesi caratterizzati da regole meno rigorose, farà crescere l’inquinamento a livello mondiale, penalizzando la lotta ai cambiamenti climatici che, per sua stessa natura, non può che essere condotta a livello globale“. In pratica, spiega il ministro, “se le scelte tengono conto solo del principio della sostenibilità ambientale, ci sono conseguenze sulla desertificazione e sul dissesto idrogeologico“, oltre al fatto che “con consumo invariato e riduzione delle produzioni si incentivano le importazioni da nazioni che non rispettano le nostre stesse regole. Anzi, si aumentano quelle produzioni a livelli esponenziali, con conseguenze sull’ambiente“.

Dunque, per il governo italiano va rivista la Pac 2023-2027, con azioni a breve termine come la rimodulazione della normativa sugli aiuti di Stato, incrementando l’importo in ‘de minimis’ nel settore agricolo a 50mila euro, con un quadro temporaneo per l’emergenza agricola e una moratoria sul credito agricolo sulla scorta di quanto accaduto con la pandemia e la crisi energetica.

Ancora, incentivare soluzioni alternative alla messa a riposo dei terreni per salvaguardare l’ambiente, il cui obbligo va rimosso con una deroga temporanea fino alla prossima Politica agricola comune, dove poi cancellarlo definitivamente. Servono, inoltre, adeguate risorse finanziarie per sostenere il reddito degli agricoltori, assicurare la sicurezza alimentare e mantenere un tessuto rurale vitale, ma soprattutto aumentare gli aiuti ai giovani per consentire il ricambio generazionale. Tra le proposte c’è quella di riflettere sugli eco-schemi, soprattutto sulla possibilità di remunerare la produzione di beni pubblici e le esternalità positive prodotte dal settore agricolo.

Ovviamente, ci sono anche interventi settoriale: la produzione commercializzata dell’olio extra vergine di oliva non dovrà scendere al di sotto del 15%, l’innalzamento al 60% dell’aiuto di spesa agli operatori ortofrutticoli, i limiti temporali previsti per le autorizzazioni e il reimpianto di vigneti devono essere eliminati o ampliati ad almeno 8 anni, il finanziamento dell’estirpazione dei vigneti per problemi fitosanitari e il suo reimpianto e la copertura del mancato reddito.

L’Italia chiede il rafforzamento degli interventi sul mercato Ue con l’apertura di stoccaggi di prodotti agricoli europei e nazionali, lo sviluppo rurale con un piano straordinario per il ricambio generazionale (incentivi under 40 oltre i 5 anni, costi standard per investimenti di piccola taglia, rafforzamento degli strumenti di gestione del rischio e contratti di filiera), la creazione di una riserva di crisi. Poi, semplificare: “L’Ue è un contesto politico, non solo burocratico in cui si svolgono i compitini“, tuona Lollobrigida. Che indica la parola d’ordine: “Semplificazione, di cui tutti si riempiono la bocca ma ogni volta che si deve delineare un percorso, si cercano orpelli sempre maggiori“.

Nella strategia non mancano contromisure per evitare la concorrenza sleale, in particolar modo dal Mercosur, irrobustendo l’impianto della direttiva europea. “Nessun accordo commerciale tra Commissione europea e Paesi terzi può essere stipulato se non si garantiscono gli stessi standard in vigore nel mercato Ue, in termini di sicurezza sanitaria, alimentare ed ambientale, sicurezza sul lavoro e diritti dei lavoratori“, si legge nel documento. Inoltre, va rivista la legge europea sul ripristino della natura, evitando nuovi oneri a carico degli agricoltori: “E’ l’elemento cardine dell’impostazione ideologica“, prosegue il ministro che aspetta dal Parlamento Ue “un segnale chiaro su questa dinamica, che credo sia l’evoluzione di un processo che deve chiudersi, in cui è stata prevalere un’impostazione che ha messo in ginocchio il sistema produttivo e che rischia di ucciderlo“.

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Inquinanti eterni in frutta e verdura: +220% Pfas in 10 anni nei vegetali europei

La presenza di pesticidi contenenti Pfas (i cosiddetti ‘inquinanti eterni’) è esplosa tra il 2011 e il 2021 nei vegetali consumati nell’Unione Europea, in particolare nella frutta estiva. Secondo un’analisi dei dati ufficiali dei programmi nazionali degli Stati membri per il monitoraggio dei residui di pesticidi negli alimenti, basata su 278.516 campioni di vegetali, il volume di frutta contaminata da residui di Pfas è aumentato del 220% tra il 2011 e il 2021. A rivelarlo è un rapporto di alcune ong, tra cui Générations Futures e PAN Europe, secondo il quale i frutti più colpiti sono quelli estivi, come le fragole (37% contaminate nel 2021), le pesche (35%) e le albicocche (31%). Per gli ortaggi, che in proporzione sono meno colpiti dalla contaminazione, l’aumento è del 247% in dieci anni, con l’indivia (42%) e i cetrioli (30%) che registrano i valori più alti nel 2021. Dei 20 Paesi dell’Ue presi in esame, la frutta e la verdura coltivate nei Paesi Bassi (27%), in Belgio (27%), in Austria (25%), in Spagna (22%), in Portogallo (21%), in Grecia (18%) e in Francia (17%) contengono il maggior numero di tracce di Pfas.

Queste sostanze, che si degradano molto poco una volta nell’ambiente e che avrebbero un effetto nocivo sulla salute, sono solitamente citate per il loro uso nell’industria o in prodotti di consumo come i rivestimenti antiaderenti delle padelle. Ma secondo il rapporto, i Pfas utilizzati più frequentemente in agricoltura tra il 2011 e il 2021 sono il fungicida fluopyrame, l’insetticida flonicamid e il fungicida trifloxystrobin.

I risultati del rapporto, spiegano le ong, “dimostrano che l’uso dei Pfas nei pesticidi sta portando a un’assunzione sempre più comune” di residui di queste sostanze “da parte dei consumatori europei” e che “questa fonte di contaminazione (…) non dovrebbe essere minimizzata rispetto a quella causata da altri Pfas”. L’anno scorso, l’Unione Europea ha fatto il primo passo per limitarne l’uso, tuttavia i pesticidi che li contengono sono esclusi dal campo di applicazione di questa restrizione, poiché i prodotti fitosanitari sono regolamentati da testi propri.

“Il continuo accumulo di Pfas nel suolo, nell’acqua e nella catena alimentare, e i cocktail che ne derivano, presentano rischi cronici per la salute umana. È urgente vietarli da tutti gli alimenti e dai mangimi per proteggere la salute dei cittadini europei”, affermano le due associazioni.

Proteste agricoltori, Giansanti: “Non esagerare andando oltre sistema leggi”

“Noi di Confagricoltura oggi siamo qui a Bruxelles con la nostra assemblea generale per far fronte a quelle che sono le richieste del mondo agricolo che noi rappresentiamo. C’è modo e modo di rappresentare lo stato di disagio vissuto; si può andare ovviamente in giro con i trattori, si possono anche fare momenti di proteste e di proposta andando a incontrare le istituzioni. Io credo che tutto ciò che serve per riportare al centro del dibattito il futuro dell’agricoltura sia importante, però non bisogna poi esagerare con momenti di protesta che vanno oltre il sistema delle leggi”. Lo ha detto il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, a margine dell’Assemblea di Confagricoltura a Bruxelles. “Quindi – ha aggiunto – fino a che tutto ciò si svolge in maniera pacifica va bene” perché “dobbiamo trovare le soluzioni nel confronto aperto che deve esserci tra agricoltori e istituzioni europee. Ci aspettiamo molto oggi dal Consiglio dei Ministri, c’è bisogno di spingere molto soprattutto per l’Italia. Le concessioni che sono state date in questi giorni da parte della Commissione, certamente risolvono dei problemi ma non quelli che noi auspicavamo in Italia”. Serve, ha detto ancora Giansanti, “la ripresa di una discussione necessaria quanto mai tra i ministri sulla necessità di ripartire da zero dalla Pac. Dobbiamo ricostruire la Pac con una riforma hard di medio periodo con delle politiche di mercato perché altrimenti le nostre aziende agricole rischiano di chiudere”.

Agricoltura, la furia dei trattori devasta Bruxelles: la polizia risponde con i lacrimogeni

Alta tensione nel quartiere europeo a Bruxelles dove circa mille trattori hanno invaso da questa mattina, a partire dalle nove, decine di strade per manifestare ancora contro le politiche comunitarie, mentre al Consiglio Ue si riunivano i ministri europei dell’agricoltura. Sul tavolo del vertice le ultime misure di breve e medio termine che la Commissione europea ha proposto la scorsa settimana per ridurre gli oneri amministrativi per gli agricoltori.

Nel corso della mattinata la polizia, in tenuta antisommossa, ha isolato le strade del quartiere europeo con barricate di filo spinato, facendo ricorso al getto d’acqua di idranti e gas lacrimogeni contro i manifestanti che lanciavano a loro volta uova, bottiglie di vetro e petardi contro il ‘muro’ di agenti. Nelle strade del quartiere europeo, tra Rue de la Loi e Chaussée d’etterbeek, i manifestanti hanno appiccato fuochi, alimentati da pneumatici, copertoni e cumuli di paglia a cui è stato dato fuoco. Chaussée d’Etterbeek, a poche decine di metri da dove erano riuniti i ministri, i dimostranti hanno cercato in più occasioni di sfondare la barricate minacciando ripetutamente di superare le barriere con i trattori.

 

 

Sotto le pressioni delle proteste, la presidenza belga alla guida dell’Ue e la Commissione europea hanno deciso di incontrare nel primo pomeriggio i rappresentanti dei giovani agricoltori del Belgio per ascoltare le loro preoccupazioni. Solo dopo la fine del Consiglio, intorno alle 16, la situazione ha iniziato a normalizzarsi, le stazioni metro più vicine alle istituzioni europee (Schuman e Maelbeek) sono state riaperte e anche il traffico in superficie è tornato alla normalità.

Mentre le proteste si stavano concentrando di fronte alle sedi del Consiglio e della Commissione, davanti al Parlamento europeo si è tenuto il presidio di Coldiretti. Da parte della Commissione europea “c’è stata un’apertura in termini di proposte“, “ma abbiamo la necessità di avere la certezza dei tempi rispetto all’attuazione degli stessi regolamenti modificati, in termini di semplificazione, di risorse economiche stanziate e nel senso di andare oltre quello che è il limite degli aiuti di Stato che fino a oggi abbiamo avuto, per poter intervenire nei confronti anche di tutte quelle filiere produttive che oggi hanno forti criticità”, ha riconosciuto il presidente, Ettore Prandini parlando anche della necessità di una revisione immediata della Pac. “E’ una politica agricola comune piena di cavilli e di burocrazia, piena di vincoli per le imprese agricole che in tanti casi, soprattutto nei confronti delle piccole e medie imprese, non riescono ad avere attuazione rispetto a quello che è un utilizzo delle risorse per come storicamente era stata pensata nella politica agricola comune”.

Dello stesso avviso il ministro dell’Agricoltura e Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, che ha ricordato come l’Italia abbia chiesto una revisione della Pac “che sia rapida. Noi chiediamo di sviluppare una produzione come elemento centrale, garantire il reddito delle imprese agricole perché senza reddito anche la passione non è sufficiente a continuare a svolgere questa attività e senza agricoltura non c’è possibilità di tenere insieme un patrimonio culturale di ricchezza che questo mondo rappresenta e che per l’Italia è vitale”. Per il ministro italiano l’attuale Pac, entrata in vigore a gennaio 2023 dopo due anni di periodo transitorio, “è stata scritta male, noi chiediamo delle modifiche sostanziali dove il reddito dell’agricoltore come manutentore del territorio sia tenuto in considerazione più di posizioni ideologiche”. Lollobrigida ha concluso sottolineando che “noi italiani abbiamo il dovere di sentirci corresponsabili delle scelte” dell’Ue “ma di influenzarle, non siamo una nazione di secondo piano ma una delle nazioni più importanti dell’agroalimentare”.

Agricoltura, Prandini: “Regole per aziende Ue valgano anche per import”

“Il lavoro che si è fatto con la Francia la Spagna il Portogallo e anche altri Stati membri è quello di arrivare ad ottenere una regolamentazione per quanto concerne tutto il sistema della reciprocità. Noi pretendiamo che le regole che vengono imposte alle imprese agricole europee, in questo caso quelle italiane, siano le stesse quando noi andiamo a importare prodotti provenienti da altri continenti“. Così il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, di fronte al Parlamento europeo a margine delle proteste di agricoltori in corso a Bruxelles. “Finché non riusciremo a ottenere questo regolamento, che deve essere trasparente e chiaro con un aumento dei controlli, soprattutto sulle frontiere in termini di importazione, noi continueremo a essere presenti a Bruxelles, continueremo a manifestare perché riteniamo che sia un diritto sacrosanto dei nostri agricoltori, non essere penalizzati per quanto riguarda un mercato che deve essere libero, deve essere aperto, ma deve avere anche le stesse regole”.