Von der leyen

Von der Leyen lancerà il 25 gennaio il dialogo strategico sull’agricoltura

Il dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura nell’Ue con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, partirà formalmente il 25 gennaio, alla presenza di una trentina di organizzazioni della filiera. Il dialogo strategico per rimettere gli agricoltori al centro della transizione era stato annunciato a settembre da von der Leyen in occasione del Discorso sullo stato dell’Unione e confermato a dicembre dalla leader tedesca, che ha indicato il mese di gennaio per l’avvio.

A guidare il confronto, spiegano a GEA fonti della Commissione, sarà Peter Strohschneider, indicato per la “lunga e riconosciuta esperienza professionale“, in particolare come presidente della ‘commissione per il futuro dell’agricoltura’ (Zukunftskommission Landwirtschaft, ZKL) del governo federale tedesco. L’iniziativa, a cui parteciperanno diverse organizzazioni degli agricoltori tra cui COPA e COGECA e IFOAM Organics Europe, punterà nei prossimi mesi a promuovere la creazione di nuove soluzioni e a realizzare una “visione comune” entro l’estate del 2024. Dopo la riunione di avvio saranno organizzati diversi incontri tematici, che si svolgeranno nella prima metà dell’anno.

Il confronto tra agricoltori, cooperative, imprese agricole e organizzazioni non governative e i rappresentanti della società civile, servirà a mettere a fuoco sfide e opportunità per la filiera, come un tenore di vita equo per gli agricoltori e le comunità rurali, il sostegno all’agricoltura entro i confini del nostro pianeta e dei suoi ecosistemi, lo sfruttamento delle enormi opportunità offerte dalla conoscenza e dall’innovazione tecnologica e la promozione di un futuro prospero per il sistema alimentare dell’Ue in un mondo competitivo.

L’intero sistema alimentare deve anche affrontare diverse sfide serie, come il cambiamento climatico e un mercato globale molto competitivo, con un enorme impatto sull’intero settore, in particolare sugli agricoltori e sulle comunità rurali”, ricordano fonti della Commissione. Il dialogo dovrebbe servire a trovare il giusto equilibrio tra gli obiettivi di sicurezza alimentare e il reddito degli agricoltori, non perdendo di vista gli obiettivi della transizione verde che devono coinvolgere anche il comparto (dal momento che da lì arriva oltre il 10 per cento delle emissioni).

Dallo scorso autunno la Commissione europea ha lanciato una nuova fase del Green Deal, più attenta alla realtà industriale e agli agricoltori che negli ultimi mesi hanno manifestato il loro disappunto su alcuni dei pilastri chiave della strategia per la crescita verde dell’Europa. E la loro insoddisfazione è presto diventata bandiera politica del Partito popolare europeo (Ppe) – famiglia politica della stessa von der Leyen – in vista delle prossime elezioni di giugno. Il gruppo e in generale il centrodestra europeo ha preso di mira prima la proposta di Legge sul ripristino della natura, accusata di minacciare la produzione agricola e dunque la sicurezza alimentare in un momento delicato, come quello attuale, della guerra di Russia in Ucraina. E poi, ha contribuito ad affossare la proposta di riduzione dell’uso dei pesticidi, che ormai slitterà direttamente alla prossima legislatura.

agricoltura biologica

Le donne in agricoltura? Migliorano la vita economica delle loro comunità

Più donne impegnate nell’agricoltura equivale a un maggior benessere della comunità. E’ quanto emerge da uno studio della Penn State e dell’Università del Wisconsin-Madison, il primo a valutare concretamente questo collegamento. Ma perché accade? Secondo i ricercatori la causa principale è dovuta al modo in cui le donne agricoltrici affrontano le loro attività; modi che hanno un impatto positivo sulle comunità a cui appartengono.

Lo studio, pubblicato su Applied Economics Perspectives and Policy, ha rivelato che le contee degli Stati Uniti con una quota maggiore di aziende agricole possedute o gestite da donne hanno tassi più elevati di imprenditorialità non agricola, aspettative di vita più lunghe e tassi di povertà più bassi.

“Sappiamo da precedenti ricerche qualitative che le donne agricoltrici tendono a entrare nel settore per ragioni diverse rispetto agli uomini e spesso prendono decisioni pensando al bene comune”, spiega Claudia Schmidt, assistente di marketing e sistemi alimentari locali/regionali presso la Penn State University e autrice principale dello studio. “Ad esempio – aggiunge – si sforzano di soddisfare un bisogno sociale nella loro comunità o danno priorità alla gestione ambientale rispetto ai profitti”. La ricerca esplora, quindi, il concetto di “agricoltura civica” a guida femminile, che “si traduce effettivamente in un miglioramento del benessere della comunità in luoghi con percentuali più elevate di donne agricoltrici”.

Il fatto che esistano ricadute positive sul territorio, spiegano i ricercatori, suggerisce che avere una massa critica di donne agricoltrici all’interno di una regione più ampia, e non solo all’interno di una contea, ha un impatto ancora maggiore sul benessere regionale
Negli ultimi 20 anni negli Usa il numero delle aziende agricole gestite da donne è aumentato. E in Italia? Secondo un’indagine del centro studi di Confagricoltura, le imprese femminili attive in agricoltura sono 256.815 (dieci anni fa erano meno della metà, rappresentavano il 14% del totale delle aziende).

Secondo gli ultimi dati Istat, le donne occupate in agricoltura sono 823mila: il 30% circa del totale. I capi di azienda donna registrati nel 2020 sono il 31,5% (30,7% nel 2010; 25,8% nel 2000). Le aziende guidate da donne sono collocate soprattutto nelle Regioni del centro sud: la percentuale più alta (40%) di imprenditrici agricole è in Molise. Quelle a capo di aziende agricole coltivano il 21% della Sau (Superficie agricola utilizzata), ma producono il 28% del Pil agricolo.

Agricoltura, Giansanti: “Guerre e instabilità non fanno bene a nessuno, troppe ricadute”

La Sala Serpieri di Palazzo della Valle, sede nazionale di Confagricoltura, ritorna agli antichi splendori, completamente restaurata e con una nuova illuminazione. In una giornata “importante” come quella di oggi, in cui “celebriamo la bellezza di un’opera d’arte del genere, che ritorna alle sue origini“, è giusto anche “mettere al centro i temi di discussione e le preoccupazioni che oggi il settore dell’agricoltura affronta“, confessa il presidente Massimiliano Giansanti, che approfitta del momento per riflettere sui fattori che piegano il comparto.

Il quadro internazionale, la guerra in Ucraina, nel golfo arabico e le difficoltà che si riscontrano anche sul canale di Suez, denuncia, mettono “seriamente in difficoltà” non solo le imprese dell’industria e del commercio ma anche le attività agricole e i consumatori: “Sempre di più sono i fattori esogeni che vanno a incidere sul costo di produzione e trovano un uguale risultato nell’ aumento dei prezzi al consumatore. Questo non ce lo possiamo permettere”.

Gli imprenditori agricoli, rivendica Giansanti, sono “lo scheletro su cui si regge la comunità” e portano sulle spalle il peso della responsabilità di dover “garantire la certezza di cibo per tutti“. Ma l’instabilità del momento, ribadisce, “non fa bene a nessuno“.

Tanto più che il comparto deve fare i conti non solo con le speculazioni e l’inflazione, ma anche e soprattutto con il cambiamento climatico. “L’agricoltura è custode e qualche volta vittima dell’ambiente”, osserva il cardinale presidente della Cei, Matteo Zuppi, nel corso dell’inaugurazione della sala. Parla di un “bisogno straordinario” di agricoltura e di un “rapporto molto stretto” con la Chiesa: “In agricoltura c’è comunità, l’agricoltura invita all’attesa in un momento in cui c’è bulimia digitale. La terra richiede manutenzione, pazienza, lavoro. Per questo abbiamo tanto bisogno della terra, come filosofia, modo di vivere, capacità di scelta delle cose che contano davvero. Nella terra c’è moltissima integrazione e preoccupazione per le aree interne”, scandisce.

Dove non si fa agricoltura il territorio è più soggetto a danni che potrebbero essere mitigati dagli agricoltori”, fa eco il sottosegretario all’Agricoltura, Patrizio La Pietra. E’ per questo che, conferma, si deve fare in modo che “agricoltura e ambiente vadano di pari passo”.

Via libera definitivo alla Manovra 2024. Meloni: “Al centro famiglie, lavoro e imprese”

Con il via libera della Camera (200 voti favorevoli, 112 no e 3 astenuti), la legge di Bilancio 2024 è stata definitivamente approvata dal Parlamento. Dall’energia al Ponte sullo Stretto, alla lotta all’inflazione, sono diversi i temi trattati dal testo da circa 24 miliardi di euro.

Soddisfatta la premier, Giorgia Meloni: “Ringrazio a nome mio e del governo i parlamentari di maggioranza di Senato e Camera per il sostegno e la compattezza dimostrati. Un segnale positivo per una Manovra importante, che mette al centro le famiglie, il lavoro e le imprese. In linea con i principi che guidano la nostra azione e con il programma che gli italiani hanno votato“, scrive su Facebook. Aggiungendo che “questa volta la Manovra viene approvata senza il voto di fiducia. Ringrazio per questo anche le opposizioni che, pur nel forte contrasto sui temi, hanno contribuito allo svolgimento del dibattito. E ora avanti con determinazione, coraggio e responsabilità”. Anche per Giancarlo Giorgettibene il sì alla manovra. Proseguiamo su un percorso di prudenza, responsabilità e fiducia. Avanti così“, commenta il ministro dell’Economia dopo il voto.

Ecco, di seguito, alcuni dei punti principali della manovra 2024.

BONUS ELETTRICO – Proroga del bonus sociale elettrico anche per i mesi di gennaio, febbraio e marzo 2024. La copertura di spesa è di 200 milioni, che saranno trasferiti alla Cassa per i servizi energetici e ambientali. CARO SPESA – Contro l’inflazione dei beni di prima necessità, il provvedimento prevede nuove risorse per la carta ‘Dedicata a te’ per chi ha un Isee pari o inferiore a 15mila euro. Il Fondo viene rifinanziato nel 2024 con 600 milioni di euro. Inoltre, “in considerazione del permanere di condizioni di disagio sociale ed economico”, il Fondo per la distribuzione di generi alimentari alle persone indigenti viene inoltre incrementato di 50 milioni di euro.

PONTE SULLO STRETTO – E’ di 11,6 miliardi di euro la dotazione per la realizzazione del collegamento stabile tra Calabria e Sicilia. La cifra è pluriennale e copre l’arco temporale tra il 2024 e il 2032. Di queste risorse 9,3 miliardi arriveranno dal bilancio pubblico, mentre 2,3 miliardi dal Fondo di sviluppo e coesione: 1,6 miliardi dagli stanziamenti previsti inizialmente per la Sicilia e la Calabria e 718 milioni dai ministeri.

ASSICURAZIONI CONTRO EVENTI CALAMITOSI – Le imprese sono tenute a stipulare, entro il 31 dicembre 2024, contratti assicurativi a copertura dei danni agli immobili direttamente cagionati da calamità naturali e catastrofi su territorio nazionale, come i terremoti, le alluvioni, le eruzioni vulcaniche, i fenomeni di bradisismo, le frane, le inondazioni e le esondazioni. L’eventuale scoperto o franchigia nei contratti per “l’adempimento dell’obbligo di assicurazione” non potrà essere superiore al 15% del danno. Il rifiuto o l’elusione dell’obbligo a contrarre l’assicurazione è punito con una multa da 200mila a un milione di euro, irrogate tramite Ivass.

VULNERABILITA’ SISMICA EDIFICI PUBBLICI – E’ istituito, presso il Mef, per poi essere trasferito al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, un Fondo per il finanziamento di un ‘Programma di mitigazione strutturale della vulnerabilità sismica degli edifici pubblici’, con una dotazione con una dotazione totale di 285 milioni, di cui 45 per il 2024, poi 60 milioni per ciascuno degli anni 2025, 2026, 2027 e 2028.

RICOSTRUZIONI POST CALAMITA’ – L’articolo 72 è dedicato alle misure per garantire la prosecuzione delle attività amministrative delle strutture commissariali e degli uffici speciali per la ricostruzione. Tra queste ci sono la la proroga dei contratti stipulati dai comuni del cratere sismico del 2009, in deroga alla normativa vigente in materia di vincoli alle assunzioni a tempo determinato presso le Amministrazioni Pubbliche, l’autorizzazione di spesa è incrementata di 1,4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025. Inoltre, il termine di scadenza dello stato di emergenza per gli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012 viene prorogato, per le regioni Lombardia ed Emilia-Romagna, al 31 dicembre 2024 ed è autorizzata la spesa di 12,2 milioni per il 2024 per le spese relative al funzionamento, all’assistenza tecnica, all’assistenza alla popolazione, al contributo di autonoma sistemazione e a interventi sostitutivi per gli eventi sismici che hanno colpito i territori dell’Emilia-Romagna nel 2012.

SOSTEGNO A PMI ORTOFRUTTICOLE – L’Ismea è autorizzato a erogare prestiti cambiari in favore delle Pmi agricole del settore ortofrutticolo per un massimo pari al 50% dell’ammontare dei ricavi registrati nel 2022 dall’impresa richiedente e, comunque, non superiore a 30mila euro, con inizio del rimborso dopo 24 mesi dalla data di erogazione e durata fino a 5 anni.

EMERGENZE AGRICOLTURA – Per le situazioni di crisi di mercato nel settore agricolo, agroalimentare, zootecnico e della pesca generate da eventi non prevedibili, è istituito presso il Masaf un Fondo per la gestione delle emergenze finalizzato a sostenere gli investimenti delle imprese che operano in questi settori, con una dotazione totale di 270 milioni di euro, suddivisi in 90 milioni per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026.

GARANZIE GREEN – Sace è abilitata a rilasciare, fino al 31 dicembre 2029, garanzie connesse a investimenti nei settori delle infrastrutture, anche a carattere sociale, dei servizi pubblici locali, dell’industria e ai processi di transizione verso un’economia pulita e circolare e la mobilità sostenibile, l’adattamento ai cambiamenti climatici e la mitigazione dei loro effetti, la sostenibilità e la resilienza ambientale o climatica e l’innovazione industriale, tecnologica e digitale delle imprese. Lo prevede la bozza della legge di Bilancio. Le garanzie sono concesse per una durata massima di 25 anni e per una percentuale massima di copertura non eccedente il 70 per cento, ovvero il 60 per cento, ove rilasciate in relazione a fideiussioni, garanzie e altri impegni di firma, che le imprese sono tenute a prestare per l’esecuzione di appalti pubblici e l’erogazione degli anticipi contrattuali ai sensi della pertinente normativa di settore, ovvero il 50 per cento nel caso di esposizioni di rango subordinato.

Pnrr, inviata a Bruxelles la richiesta di pagamento della V rata: 10,6 miliardi. Meloni esulta

L’Italia ha inviato alla Commissione europea la richiesta di pagamento della quinta rata del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Entro il 31 dicembre, come avevano promesso sia la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sia il ministro che ha in mano il dossier, Raffaele Fitto. Una ‘doppietta‘, quella messa a segno dal governo, che ha incassato il 28 dicembre il bonifico di 16,5 miliardi della quarta rata, dopo la verifica, da parte di Bruxelles, del raggiungimento dei 28 obiettivi e traguardi previsti.

La richiesta di pagamento di oggi della quinta rata, che segue il versamento avvenuto ieri della quarta rata e l’entrata in vigore del nuovo Piano, chiude un anno di grande impegno e di risultati straordinari del governo nell’attuazione del Pnrr”, commenta la premier, Meloni. Che assicura: “Siamo molto soddisfatti e determinati a proseguire il lavoro anche nei prossimi mesi”.

Esulta anche Fitto: “La richiesta di pagamento della quinta rata segna un ulteriore importante successo del presidente del Consiglio Meloni e del governo nell’attuazione del Piano”. Il nostro Paese è il primo Stato membro dell’Ue a presentare formalmente la richiesta. “Come già avvenuto per la quarta, anche per la richiesta della quinta l’Italia si conferma in anticipo sui tempi rispetto a tutti gli altri Stati membri – aggiunge il ministro per gli Affari europei -. Un risultato straordinario che è frutto di un grande lavoro di squadra e di un dialogo costante e positivo con la Commissione europea”.

La nuova tranche di risorse europee vale 10,6 miliardi di euro ed è legata a 52 obiettivi, che riguardano investimenti in diversi settori chiave. A partire dall’agricoltura, per aumentare l’efficienza dei sistemi di irrigazione e implementare la produzione di energia verde. Ma anche nel comparto idrico, con nuove opere per il potenziamento delle condotte, dei sistemi di depurazione e per la riduzione delle perdite di rete. E ancora l’ambiente, con la realizzazione di nuovi impianti e l’ammodernamento di quelli esistenti per la valorizzazione dei rifiuti. Per il trasporto pubblico locale è previsto il rafforzamento del parco autobus a emissioni zero e di metropolitane, tram e bus rapid transit.

Per quanto riguarda le infrastrutture, la quinta rata del Pnrr prevede l’elettrificazione della linea ferroviaria del Mezzogiorno e l’alta velocità lungo la tratta Salerno-Reggio Calabria. Ma ci sono target anche nella cultura, con l’efficientamento energetico di cinema, teatri e musei; nella scuola, con la realizzazione di nuovi plessi ad alta efficienza energetica, del patrimonio immobiliare pubblico, con la costruzione di nuovi edifici dell’amministrazione della giustizia e l’ammodernamento di quelli esistenti. Nella sanità, con l’implementazione di moderni sistemi di cura legati alla telemedicina. Nella Pubblica Amministrazione, con interventi per la transizione al digitale. E per le università, con l’assegnazione di borse di studio e il finanziamento di progetti di ricerca.

Sulle riforme, poi, Palazzo Chigi sottolinea che “sono stati raggiunti importanti obiettivi, come la piena operatività del sistema nazionale di e-procurement per l’acquisizione di beni, servizi e informazioni in via telematica, la riorganizzazione del sistema scolastico, l’entrata in vigore delle misure legate alla concorrenza e al quadro legislativo degli appalti pubblici”. Prima del nuovo versamento (finora l’Italia ha ottenuto un totale di 101,9 miliardi, diviso in quattro rate), si aprirà ora l’iter di valutazione e verifica, da parte delle istituzioni europee, dell’effettivo raggiungimento degli obiettivi e delle milestones previste. “Sappiamo che la fase di assessment sarà come sempre molto rigorosa – conclude Fitto -. Ma da parte nostra siamo fiduciosi“.

Calano i pesticidi nel piatto, ma Legambiente avverte: “Ora serve una legge contro il multiresiduo”

Cala la percentuale di pesticidi sulle nostre tavole, ma resta alta l’allerta rispetto ai possibili effetti additivi e sinergici sull’organismo umano del cosiddetto “cocktail di fitofarmaci”. E’ quanto emerge dal nuovo report di Legambiente ‘Stop pesticidi nel piatto 2023’, realizzato in collaborazione con Alce Nero e presentato oggi a Roma. Al centro dello studio 6085 campioni di alimenti di origine vegetale e animale provenienti da agricoltura biologica e convenzionale sottoposti ad analisi e relativi a 15 Regioni del nostro Paese.

La buona notizia è che la percentuale dei campioni in cui sono state rintracciate tracce di pesticidi nei limiti di legge è risultata in diminuzione (39,21% contro il 44,1% dello scorso anno), così come quella dei campioni irregolari (1,62%). Regolare e senza residui è risultato, invece, il 59,18% (lo scorso anno erano 54,8%). A destare invece preoccupazione il fatto che, seppur nei limiti di legge, nel 15,67% dei campioni regolari sono state trovate tracce di un fitofarmaco e nel 23,54% di diversi residui. Dati, questi, che, soprattutto sul fronte del multiresiduo, fanno accendere più di qualche campanello di allarme agli addetti ai lavori rispetto ai possibili effetti del “cocktail di fitofarmaci”. Nei prodotti biologici, rintracciati residui solo nell’1,38% dei campioni, una contaminazione probabilmente dovuta al cosiddetto “effetto deriva” determinato dalla vicinanza ad aree coltivate con i metodi dell’agricoltura convenzionale.

Nei campioni analizzati sono state rintracciate 95 sostanze attive provenienti da fitofarmaci. La frutta si conferma la categoria più colpita dalla presenza di residui, trovati nel 67,96% dei campioni. In riferimento alla verdura, il quadro risulta migliore: il 68,55% dei campioni analizzati è risultato senza residui. Tra gli alimenti trasformati, i cereali integrali e il vino sono quelli in cui è stato rintracciato il numero più alto di residui permessi (rispettivamente 71,21% e 50,85%). Tra i pesticidi più presenti si segnalano (in ordine decrescente): Acetamiprid, Fludioxonil, Boscalid, Dimethomorph. Da segnalare la presenza di residui di neonicotinoidi non più ammessi come Thiacloprid in campioni di pesca, pompelmo, ribes nero, semi di cumino e tè verde in polvere; Imidacloprid in un campione di arancia, 2 campioni di limoni, 3 campioni di ocra; Thiamethoxam in un campione di caffè.

Legambiente, con questo report, lancia oggi un appello alle istituzioni nazionali ed europee chiedendo “interventi concreti sotto il profilo legislativo”, in particolare una legge una specifica sul multiresiduo che, “sulla base delle attuali evidenze scientifiche, vieti la compresenza di principi attivi”. Allo stesso tempo, l’associazione ambientalista continua la sua battaglia contro il glifosato e lancia una nuova campagna “Glifosato free”, per premiare le aziende che, “a dispetto della proroga, hanno messo al bando tale sostanza”. “Il multiresiduo – dice Angelo Gentili, responsabile agricoltura di Legambiente – deve essere combattuto attraverso procedimenti normativi. Gli effetti dei “cocktail di fitofarmaci” devono essere prevenuti e arginati. Una legge appare come l’unica soluzione per fare da argine. Serve, poi, una sempre maggiore sensibilizzazione da parte di cittadine e cittadini”.

Tinelli (Confagricoltura): Ingresso Ucraina in Ue avrà impatto enorme

“Le ultime due riforme della politica agricola” europea “sono state una rivoluzione copernicana e hanno visto una modifica del modello agricolo europeo. L’entrata dell’Ucraina è sicuramente un atto dovuto. D’altra parte l’impatto sull’agricoltura europea sarà enorme, quindi da questo punto di vista la Commissione dovrebbe cominciare a studiare quali saranno, prima di tutto, gli effetti dell’allargamento e verificare il budget che sarà destinato alla politica agricola”. Lo ha dichiarato a GEA Cristina Tinelli, responsabile relazioni Ue e internazionali di Confagricoltura a margine della decima edizione dell’evento ‘How can we govern Europe?’, organizzato da Withub con la direzione editoriale di Eunews e GEA, in corso a Bruxelles, presso la residenza dell’ambasciatore d’Italia in Belgio. “E’ chiaro – ha aggiunto – che non possiamo accettare una diminuzione del budget, per cui dovranno essere studiati dei meccanismi di phase in nei confronti dell’Ucraina, come è stato – d’altra parte – per l’adesione degli ex nuovi paesi dell’Est. Insomma, quindi auspichiamo che comunque le risorse a disposizione rimangano le stesse per per la politica agricola, anche se sicuramente bisognerà studiare dei meccanismi tali per cui si possa continuare in questo senso”.

Agricoltura, Cia chiede un Piano Nazionale: Da tutela filiera a gestione acque

Un Piano Nazionale per l’Agricoltura e l’Alimentazione. Lo Chiede Cia-Agricoltori italiani al governo, durante l’assemblea annuale a Roma. Accrescere peso economico e forza negoziale dell’agricoltura; incentivare ruolo e presidio ambientale del settore; mettere l’agricoltura al centro dei processi di sviluppo delle aree interne; salvaguardare servizi e attività sociali vitali per i territori rurali; consolidare la crescita dell’export agroalimentare Made in Italy. Queste le cinque mosse da cui partire.

Salvare l’agricoltura per salvare il futuro”, osserva il presidente, Cristiano Fini. Perché, precisa, “senza un’agricoltura in salute, viene compromesso il diritto a un’alimentazione sana, sostenibile e accessibile a tutti“.

Credo che quest’anno, a un anno di distanza dall’ultima assemblea, possiamo vantare un risultato, non io come ministro, ma tutti: la sinergia all’interno del governo ha permesso di rimettere al centro l’agricoltura“, rivendica dal palco il ministro Francesco Lollobrigida. Tuttavia, mette in chiaro Fini, “il settore ora vive una crisi generalizzata, tra tante emergenze che acutizzano il divario tra i prezzi pagati agli agricoltori e quelli sugli scaffali dei supermercati, con aumenti che superano anche il 400% dal campo alla tavola”. Cia si candida dunque come interlocutore delle istituzioni per definire il Piano agricolo nazionale “sempre annunciato, ma mai realizzato, in grado di invertire la rotta, collocando finalmente il settore primario tra i protagonisti della filiera agroalimentare, un colosso da circa 550 miliardi di fatturato in cui l’agricoltura prende però solo l’11%”, afferma il presidente. In questo percorso “l’Italia e, soprattutto, l’Europa devono essere dalla nostra parte, abbandonando posizioni e regolamenti ideologici anche in vista delle prossime elezioni Ue. D’altronde – chiosa Fini – se non c’è agricoltura, il Made in Italy non può esistere, scompare il presidio del territorio e le aree interne muoiono. Un rischio che il Paese non può correre”.

A Bruxelles “l’Italia gioca in difesa“, replica Lollobrigida: “Abbiamo criticato l’Europa perché i dati non ci tornavano, non riteniamo giusto pagare coltivatori per non coltivare e pescatori per non pescare. Sacrificare il mondo produttivo in nome di ideologie è stato un errore. Se smettiamo di produrre per non inquinare, i prodotti dobbiamo prenderli da filiere lunghe“, riflette. “In 30 anni abbiamo perso il 30% delle aziende agricole per scelte sbagliate – aggiunge -. All’inizio, su diversi temi, abbiamo preso posizioni isolate, ma alla fine non siamo rimasti isolati“.

Il Piano agricolo presentato da Cia è di respiro pluriennale, da sviluppare secondo cinque assi d’intervento organizzati per obiettivi chiari e relative misure.

Quanto alla gestione delle acque, per Cia è urgente un nuovo Piano di gestione di quelle a uso irriguo, secondo una logica che preveda il trattenimento quando l’acqua è disponibile e il suo utilizzo in periodi di siccità, con una programmazione oltre il 2026 e risorse dedicate all’agricoltura per la crescita del sistema dei grandi invasi (dighe) da considerarsi integrati, e non alternativi, a quello dei piccoli invasi (laghetti). Gli agricoltori trovano anche la sponda del vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini. “Il mio obiettivo è arrivare a mezzo miliardo per intervenire sulla dispersione idrica“, da inserire in un emendamento nella legge di Bilancio, “così come nella rimodulazione del Pnrr abbiamo aggiunto un miliardo di euro. Sono convinto che riusciremo a spendere fino all’ultimo centesimo i fondi per il settore idrico”, garantisce.

L’appoggio arriva anche dall’opposizione. “L’agricoltura è sottoposta a uno stress profondo e gli agricoltori sono i primi a sapere che bisogna lottare contro il cambiamento climatico. Ma non possiamo permetterci di lasciarli soli. Occorre fare una conversione ecologica insieme agli agricoltori, che sono presidio dei territori. Un’agricoltura resiliente è più diversificata“, dice la segretaria del Pd, Elly Schlein. “Il cibo è vita e non c’è vita senza cibo di qualità”, scandisce la leader dem. Sul Piano di lavoro il Partito Democratico è pronto, assicura: “Siamo qui e siamo disponibili a lavorare con voi“.

Pnrr, ok Ue a quarta rata e RePowerEu. Meloni esulta: “21 miliardi, una seconda manovra”

Era nell’aria, ma ora è ufficiale. La Commissione approva le modifiche presentate dal governo al Pnrr italiano legato alla quarta rata e, contestualmente, anche il capitolo aggiuntivo del RePowerEu. Proprio il documento strategico per l’indipendenza energetica, secondo Bruxelles, “copre in modo completo i sei pilastri dello strumento” di rilancio economico, vale a dire transizione verde, trasformazione digitale, crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, coesione sociale e territoriale, sanità e resilienza economica, sociale e istituzionale e politiche per le generazioni future.

Ci sono anche altre novità legate al RePower, perché “aumenta di dimensioni” in termini di risorse, spiega il ministro titolare del dossier, Raffaele Fitto, passando dai 2,7 miliardi di euro iniziali a 2,88 miliardi grazie all’aggiunta di “una piccola unità di calcolo di altri 100 milioni di euro”; e aumenta come contenuti: “Ora esistono sette nuove riforme che si aggiungono alle cinque già previste”. Il surplus, però, non avrà effetti immediati. “Non cambia l’importo della quarta rata” da 16,5 miliardi di euro, chiarisce l’esecutivo comunitario: “Le modifiche del totale da destinare all’Italia riguardano gli importi dalla quinta rata in poi”.

La sostanza comunque non cambia, perché tirando le somme, il governo “mette a disposizione della crescita economica italiana altri 21 miliardi di euro”, in pratica “una seconda manovra economica in gran parte destinata allo sviluppo e alla competitività del tessuto produttivo italiano”, dice la premier, Giorgia Meloni, alle associazioni datoriali, convocate a Palazzo Chigi per illustrare la legge di Bilancio 2024. “Abbiamo lavorato a una manovra consapevoli che parallelamente stavamo trattando con la Commissione europea la revisione del Pnrr”, spiega ancora la presidente del Consiglio. Lasciando intendere che la strategia dell’esecutivo è sempre stata quella di viaggiare su un doppio binario: “Abbiamo verificato le criticità e le abbiamo superate, abbiamo fatto in modo che tutti i soldi del Pnrr venissero spesi nei tempi e quindi abbiamo concentrato le risorse sulla crescita e la modernizzazione della nazione e mi pare che il risultato, sul quale in pochi scommettevano, dice che non era una scelta sbagliata”, rivendica ancora Meloni. Che ringrazia Bruxelles: “La Commissione è stata sicuramente rigida per certi versi, ma molto aperta alla possibilità che queste risorse fossero spese nel migliore dei modi”.

Entrando nel concreto, ci sono “12,4 miliardi di euro assegnati al sistema delle imprese, 6,3 miliardi alla transizione 5.0, 320 milioni per il supporto alle pmi per l’autoproduzione di energia e fonti rinnovabili e 2 miliardi per i contratti di filiera in agricoltura”, elenca Fitto. E ancora: “2,5 miliardi di euro per il supporto al sistema produttivo, 850 milioni di euro per il parco agrisolare e 308 milioni per il fondo tematico per il turismo”. Inoltre, “un’altra proposta molto qualificante è quella della rimodulazione, d’intesa con la struttura commissariale, di 1,2 miliardi destinati nella gestione destinati all’alluvione in Emilia-Romagna, Marche e Toscana. Esistono poi investimenti per 5,2 miliardi sul fronte delle reti delle Infrastrutture, 1,8 miliardi per la realizzazione e il rafforzamento strategico delle reti elettriche e del gas, oltre 1 miliardo agli interventi per la perdita e la riduzione idrica, oltre 1,1 miliardi per l’acquisto di nuovi treni ad emissioni ridotte, 400 milioni per l’elettrificazione delle banchine portuali e 920 milioni per la messa in sicurezza degli edifici scolastici e la realizzazione di nuove scuole”.

Nella rimodulazione ci sono anche “1,380 miliardi destinati alle famiglie a basso reddito per l’efficientamento energetico e l’edilizia abitativa”. Fitto assicura che “nei prossimi giorni definiremo gli ultimi aspetti per giungere alla definizione del pagamento della quarta rata del Pnrr entro il 31 dicembre”, stessa data entro cui il governo è convinto di poter “raggiungere i target della quinta rata” e quindi “fare la richiesta di pagamento”.

A esultare è tutta la squadra di Meloni. “Con la riprogrammazione del Pnrr sono ulteriori 12,4 i miliardi per le imprese, di cui quasi 10 miliardi sui progetti del Mimit”, dice il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che vede lievitare al 30% la quota di fondi per il suo dicastero. “Quasi 10 miliardi che si aggiungono ai 19 miliardi già assegnati e agli 8 del fondo complementare, per un totale di 37 miliardi in dotazione al Mimit – riepiloga Urso -. Risorse decisive per sostenere la competitività del sistema produttivo. Destineremo così altri 6.4 miliardi a transizione 5.0 per un totale di 13,3 miliardi per l’innovazione tecnologica tra fondi Pnrr e nazionali (6.8 miliardi) già in Bilancio nel biennio 2024/2025“.

agricoltura

Eventi estremi, aumento prezzi e ritardo politiche: 2023 anno nero per l’agricoltura

Strada in salita per l’agricoltura italiana, segnata sempre più dagli impatti della crisi climatica, dall’aumento dei prezzi e dai ritardi sul fronte delle politiche agricole. Nei primi dieci mesi del 2023 sono stati ben 41 gli eventi meteorologici estremi, una media di 4 al mese, che hanno causato danni all’agricoltura con pesanti ripercussioni economiche. Emilia-Romagna con 10 casi, Veneto (6), Toscana (4) e Piemonte (4) le regioni più colpite. Inoltre, ad aggravare il quadro si inserisce il ritardo italiano rispetto agli obiettivi europei fissati al 2030 dalle direttive From farm to fork e Biodiversity – che prevedono la riduzione del 50% dei pesticidi, del 20% dei fertilizzanti, del 50% degli antibiotici utilizzati negli allevamenti, il raggiungimento del 10% di aree dedicate a biodiversità e corridoi ecologici nei terreni agricoli e del 25 % di biologico a livello europeo. E’ la fotografia che emerge dal V Forum nazionale Agroecologia Circolare di Legambiente. Secondo i dati sugli eventi meteorologici estremi elaborati dal suo Osservatorio Città Clima, il 2023 può essere considerato un anno nero per l’agricoltura: se si guarda indietro negli anni, su un totale di 114 eventi estremi che hanno avuto impatti sull’agricoltura dal 2010 ad oggi, ben 80 (il 70%) sono avvenuti negli ultimi 4 anni (2020/2023). Nord e Sud Italia le zone più colpite in questi quattro anni con Emilia-Romagna 15 casi, Piemonte 14, Puglia 11, Veneto 10, Lombardia e Sicilia 7, in sofferenza.

Di fronte a questo quadro, a preoccupare è anche l’aumento dei prezzi dei prodotti agricoli e il fatto che l’Italia sia in ritardo anche sull’attuazione del Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, il PAN, la cui ultima stesura risale al 2014 e la cui scadenza era fissata per il 2019. Oltre all’emanazione dei decreti attuativi della legge sull’agricoltura biologica approvata nel marzo 2022. “Preoccupante anche sul fronte europeo il ritardo e le incertezze sull’approvazione del SUR, il regolamento europeo sull’uso dei pesticidi, e la posizione favorevole dell’Italia sulla proroga all’utilizzo per altri dieci anni del glifosato in Europa, su cui è necessario un deciso cambio di rotta”, segnala Legambiente rilanciando la necessità di seguire la via maestra tracciata dall’agroecologia, dall’innalzamento dell’asticella dell’agricoltura integrata, dall’agricoltura bio e dalle tante esperienze virtuose, i cosiddetti ‘Ambasciatori dell’Agroecologia’. Sono questi per l’associazione ambientalista i tre pilastri su cui l’Italia deve accelerare il passo, recuperando anche i tanti ritardi accumulati fino ad ora e dicendo no all’utilizzo del glifosato in Europa.

Sei le proposte, di cui tre tecniche, che Legambiente indirizza oggi al Governo Meloni e in primis al ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e che mettono al centro l’agroecologia, “capace di unire innovazione e sostenibilità rispondendo in maniera resiliente alla crisi climatica in atto, e l’agricoltura biologica che può fare da apripista all’intero settore agroalimentare. Per raggiungere questo obiettivo occorre prima di tutto superare il gap tra domanda e offerta, riducendo i costi per i produttori e per i consumatori”. Per questo Legambiente propone l’IVA al 2%per tutti i prodotti biologici certificati, bonus fiscali (dedicati alle donne in gravidanza, ai bambini e alle categorie più fragili) e credito d’imposta per le aziende agricole che decidono di convertirsi al biologico per ridurre i costi della certificazione oggi totalmente a carico degli agricoltori. Non va dimenticato che l’Italia è leader sul biologico con 90.000 operatori, più di 2 milioni di ettari coltivati a biologico e ha raggiunto il 18,7% della SAU (Nomisma 2023).

“Il nostro Paese – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambienteè pronto alla transizione ecologica delle filiere agroalimentari, chiede un cibo sempre più sano e giusto e vuole poter contare su un prodotto sostenibile dal campo alla tavola. Per andare in questa direzione serve rimettere al centro i tre pilastri della sostenibilità – ambientale, sociale ed economica – garantendo reddito e maggiore sicurezza agli operatori del settore. Favorire il made in Italy, sostenere le nostre filiere, fornendo supporto tecnico di fronte alle incertezze legate alla crisi climatica e all’aumento dei prezzi, è l’unica via dicendo allo stesso tempo no alla proroga per l’utilizzo del glifosato in Europa. L’agricoltura è in transizione, lavoriamo insieme affinché lo sia anche il Paese”.

“Il modello agroalimentare che vogliamo promuovere – spiega Angelo Gentili, responsabile nazionale agricoltura Legambientedeve essere capace di ridurre gli input negativi della chimica di sintesi, ma anche quelli idrici ed energetici, e diminuire fortemente le emissioni climalteranti, innalzando l’asticella dell’agricoltura integrata, promuovendo senza indugi il biologico, cambiando l’intero sistema a 360° e favorendo l’innovazione tecnologica. Deve poi scommettere sull’economia circolare, come già stanno facendo numerose aziende virtuose, sull’efficienza energetica; sul rinnovo del parco macchine; sul biogas e biometano fatto bene; sul fotovoltaico sui tetti dei capannoni, andando oltre l’autoconsumo e favorendo le comunità energetiche; sull’agrivoltaico, che unisce all’innovazione tecnologica dei pannelli fotovoltaici, le pratiche agricole realizzate in modo complementare, evitando consumo di suolo con una sinergia positiva fra produzione agricola ed energetica. È questa la ricetta vincente”.