Un ‘Tavolo luminoso’ per progettare città inclusive e sostenibili

Davanti a un tavolo luminoso che riproduce un plastico del quartiere milanese di “Città Studi”, Barbara Piga – ricercatrice al dipartimento di architettura del Politecnico di Milano – sposta con le mani miniature di case e edifici pubblici. Toccando poi sulla mappa elementi riconosciuti da proiettori posizionati sopra il tavolo, simula l’intensità delle ombre a ogni ora del giorno, o la direzione vento, la temperatura rilevata nei diversi angoli della città. Ma soprattutto, riesce a colorare la mappa in base alle emozioni provate dai passanti.

Stress? Euforia? Tranquillità? Malessere? Oppure desiderio di fare sport, o di leggere un libro? Un angolo, uno scorcio, o un edificio possono suscitare una vasta gamma di sensazioni e relazioni affettive. Conoscerle, e misurarle, può aiutare a progettare uno spazio pubblico. O a ripensarlo a misura d’uomo e ambiente.

Sviluppato dal Politecnico di Milano, il “Tavolo Luminoso” (Luminous Planning Table) è stato presentato oggi nell’ateneo lombardo in una nuova implementazione realizzata in collaborazione con l‘Università degli Studi di Milano. Lo strumento – di fatto una piattaforma che colleziona dati e informazioni provenienti da app attivate sul campo – permette a urbanisti e architetti di interagire real time con un ambiente simulato tridimensionale, per contribuire al miglioramento della qualità dell’ambiente urbano e al benessere delle comunità, a partire dai processi collaborativi di progettazione e di valutazione architettonica. L’idea, come spiega Barbara Piga, è “aiutare a mettere tutti gli attori della pianificazione urbana su un piano di dialogo”.

Ma come si raccolgono i dati che raccontano emozioni e stati d’animo delle persone che abitano un luogo? Che si tratti di monitorare la percezione di uno spazio già esistente, oppure di simulare un progetto, si parte dall’esperienza sul campo. Semplificando: i ricercatori invitano un campione rappresentativo di utenti a – semplicemente – passeggiare per lo spazio (può essere per esempio un quartiere, una piazza, un complesso) muniti di tablet. Attraverso un’app specifica, gli utenti possono, in maniera più o meno guidata, inquadrare edifici, alberi o strade, e associarle a un approfondito sondaggio.

“Abbiamo arricchito questo strumento con nuove funzionalità psico-sociali”, spiega Marco Boffi, docente di psicologia sociale e ambientale dell’università degli Studi di Milano, “che permettono di esplorare in tempo reale il legame tra le caratteristiche fisiche dei luoghi e la loro dimensione psicologica, e di approfondire le relazioni affettive che le persone instaurano con l’ambiente e il territorio”. Il software, poi, elaborerà i risultati per restituire un’analisi scientificamente accurata. “Anche perché”, come aggiunge Barbara Piga, “non esiste una singola reazione, ma una molteplicità di percezioni. I dati quindi possono essere filtrati in base alle caratteristiche del campione”.

Questa metodologia è già stata applicata dal team di ricercatori a diversi casi pratici. “Il primo progetto pilota” racconta Barbara Piga, è stato uno studio per il progetto Vitae”, una vigna urbana realizzata dallo studio di Carlo Ratti e Convivio nella zona sud di Milano che comprende uffici e un centro di ricerca. “O ancora – continua – attraverso questo metodo abbiamo validato gli esiti di progetto del rifacimento di un’intera strada di fronte a una scuola pubblica nella municipalità di Sabadell, in Spagna, appena fuori Barcellona. Un evento che ha coinvolto sia il Comune sia gli studenti”.

Autonomia, Costa: “Creerà differenze gigantesche su politiche ambientali. E rischi di infrazioni Ue”

Per le opposizioni il disegno di legge sull’autonomia differenziata aumenterà i divari tra i vari territori dell’Italia. Se il Parlamento è lo specchio della società, di sicuro la frattura è visibile nelle reazioni delle varie forze politiche. Se dalle parti del centrodestra il provvedimento che porta la firma del ministro degli Affari regionali e le autonomie, il leghista Roberto Calderoli, non sembra creare divisioni insormontabili tra FdI, Carroccio, Forza Italia e Noi Moderati, nei partiti del centrosinistra c’è una sostanziale concordia sulla bocciatura. Dal Pd al M5S, ad Alleanza verdi sinistra il coro è unanime nel chiedere che l’esecutivo si fermi, anzi ci ripensi, pensando alle criticità su temi come sanità, fisco e servizi che potrebbero crearsi. Ma ci sono anche altri aspetti poco battuti, ma altrettanto importanti che il vicepresidente della Camera e deputato Cinquestelle, Sergio Costa, ex ministro dell’Ambiente nei governi Conte 1 e 2, approfondisce con GEA.

Presidente Costa, il suo gruppo, il M5S, ha definito l’autonomia differenziata uno ‘spacca-Italia’. Lo sarà anche sulle politiche ambientali?

“Mi concentro avremmo su due elementi. Il primo: se passasse avremmo venti diverse rappresentanze all’estero, tante quante le Regioni. E ognuna con la propria competenza. Le politiche ambientali che si decidono a livello internazionale alle Cop o in sede di Unione europea, che produce eccome elementi ambientali, chi le gestirà più: il governo nazionale dopo una mediazione con i vari governi regionali o direttamente le Regioni? Visto che questa materia non ha bisogno di attendere i Lep, passeranno immediatamente alle Regioni. Dunque, chi si prenderà le responsabilità di negoziare a livello internazionale con le Cop e in Europa? Inoltre, l’ambiente non ha confini amministrativi. Sulla biodiversità, la qualità dell’aria, l’inquinamento, la qualità delle acque ogni Regione avrà la possibilità di stabilire le proprie politiche. Come faccio, dunque, a rendere omologo il territorio nazionale che sto tutelando? Tutto questo produrrà differenze gigantesche”.

Il secondo aspetto?

“Il ddl inciderà sarà la Valutazione di impatto ambientale, che diventerà di competenza regionale, tranne sulle ‘mega opere’, come il Ponte sullo Stretto, per intenderci. Se ogni Regione avrà la propria Via, quale sarà ora il tema di tutela ambientale che sta al centro dell’Italia? Che visione ci sarà della tutela ambientale e come sarà conciliabile tutto questo con l’articolo 9 della Costituzione, che nella scorsa legislatura è stato votato all’unanimità anche dagli attuali partiti della maggioranza?”.

Se ogni Regione avrà la propria politica ambientale, in prospettiva vede problemi con l’Unione europea?

“Corriamo il rischio di incappare in continue procedure di infrazione europee, perché inevitabilmente ci saranno differenziazioni tra regione e regione. Ma l’infrazione sarà nazionale, lo voglio ricordare”.

La transizione ecologica è anche una questione economica. Intravede criticità?

“Quando un’impresa attiva una procedura di investimento, mette in conto anche attività che riguardano la tutela dell’ambiente. Oggi ha regole nazionali che conosce e applica. Ma se passasse il ddl, dall’indomani mattina, le stesse imprese, le stesse attività produttive dovranno gestire la materia in un modo diverso da regione a regione. Il rischio è che queste aziende, presumibilmente, sceglieranno di andare in territori dove avranno lacci meno stretti, quindi tutele minori. Questo non farà altro che aumentare la fragilità ambientale, senza contare il rischio di possibili delocalizzazioni. Ma la legge inciderà anche sulla End of waste, l’economia circolare. Faccio un esempio: Un’azienda che ricicla pneumatici per costruire campi di calcio e calcetto potrebbe ritrovarsi ad avere regole differenti sui componenti da utilizzare se produce, ad esempio, in Lombardia o in Calabria. Ma così come si fa a sviluppare l’economia circolare se non abbiamo una linea produttiva uguale? È una vicenda assurda”.

Il G7 Ambiente approva ‘Carta di Venaria’: stop graduale a carbone. C’è anche ‘Coalizione sull’Acqua’

L’addio al carbone entro il 2035 c’è. Ma è ‘progressivo’ e adattato alla situazione delle singole nazioni. L’accordo che esce dal G7 Clima, Energia e Ambiente che si è tenuto a Venaria, alle porte di Torino, è frutto di un compromesso tra i Paesi che più spingevano per un abbandono rapido dei combustibili fossili entro il 2030, come Italia e Francia, e chi era più riluttante, come il Giappone. Quindi, i ministri del G7 si impegnano a “eliminare progressivamente la generazione di energia a carbone durante la prima metà degli anni 2030 o in un periodo coerente con il mantenimento dell’aumento della temperatura entro un grado e mezzo”.

Di fatto, però, è la prima volta che “si indicano percorso e obiettivo”, spiega il padrone di casa, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto che si dice “molto soddisfatto”. “E’ stato un lavoro intenso e importante che ci ha permesso di arrivare al momento conclusivo e di votare convintamente sul raggiungimento degli obiettivi che ci siamo dati – annuncia -. Si può dire che questo G7 è stato un’operazione ponte tra Cop28 e Cop29, con il G20 di affiancamento”.

Un altro primato del G7 a guida italiana è l’istituzione di una ‘Coalizione sull’Acqua’, per “identificare obiettivi e strategie comuni per catalizzare ambizioni e priorità condivise per affrontare la situazione globale della crisi idrica e sottolineare il ruolo degli approcci multisettoriali”. Pichetto ricorda che è la prima volta che come G7 viene posto il tema dell’emergenza idrica: sul quadro mondiale “la crescita della popolazione fa sì che le prossime guerre finiscono per essere le guerre dell’acqua”.

Nel documento finale della due giorni di ministeriale, la cosiddetta ‘Carta di Venaria’ come è stata ribattezzata, si parla anche di favorire la forte crescita delle rinnovabili attraverso la moltiplicazione della capacità di stoccaggio dell’energia; promuovere la collaborazione dei G7 nel settore dell’energia da fusione; emanciparsi dalle rimanenti importazioni di gas russo; ridurre le emissioni di metano; aumentare la sicurezza e la sostenibilità delle materie prime critiche; eliminare le emissioni di gas serra diversi dalla Co2; creare un ‘Hub G7’ per accelerare le azioni di adattamento alla crisi climatica. “Abbiamo inoltre preso il rilevante impegno politico di mettere fine a ogni nostra significativa dipendenza dal gas russo – specifica Pichetto – lavorando per abbandonarne le importazioni prima possibile, al fine di ridurre le entrate della Russia, come misura di supporto all’Ucraina”.

Ulteriori impegni sono: la riduzione del 75% al 2030 delle emissioni di gas metano dalle filiere dei carburanti fossili; la decarbonizzazione degli impianti industriali e hard-to abate ricorrendo alle tecnologie innovative tra cui CCS, l’idrogeno rinnovabile a basse emissioni e biometano; la sicurezza di approvvigionamento delle materie prime critiche mediante la concreta attuazione del Piano previsto al G7 dello scorso anno. Sono state inoltre confermate le diverse opzioni per la decarbonizzazione del settore stradale.

Importante il capitolo sull’adattamento ai cambiamenti climatici in cui si registrano una serie di impegni e nuove iniziative come ‘G7 Adaptation Accelerator Hub’ che nasce dall’esigenza di trasformare le priorità dei piani di adattamento dei paesi in via di sviluppo più vulnerabili in piani d’investimento capaci di attrarre finanziamenti pubblici e privati. L’impegno per la collaborazione in particolare con i paesi africani, sulla scorta della impostazione politico-culturale del Piano Mattei italiano, ricorda il Mase, è evidenziata dalla creazione di un Hub del G7 dedicato alla promozione di un approccio comune da adottare nelle iniziative progettuali di gestione sostenibile del suolo in Africa e nel bacino del Mediterraneo. “Sottolineiamo – si legge nel documento finale – che questi sforzi si inseriscono nel contesto di uno sforzo globale più ampio volto a potenziare e allineare la finanza pubblica e privata da tutte le fonti per mobilitare i trilioni di dollari necessarie per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e per cogliere l’opportunità per accelerare una crescita allineata all’obiettivo di 1,5°C”.

G7 Ambiente verso ‘accordo storico’: addio al carbone entro 2035. In serata scontri a Torino

G7 verso un accordo ‘storico’. I ministri dell’Ambiente e dell’Energia riuniti a Venaria sono vicini a un‘intesa sull’addio al carbone nella produzione di energia tra il 2030 e il 2035. Sulla spinta dell’Onu, ad aprire la strada “con azioni più ambiziose”, alle porte di Torino si lavora alacremente per arrivare a un testo comune in vista della dichiarazione finale, attesa martedì alla fine della seconda giornata di summit. “Abbiamo una grande responsabilità. La comunità internazionale attende un nostro messaggio”, sottolinea Gilberto Pichetto Fratin aprendo, alla Reggia, la riunione dei ministri.

A fronte di una fuga in avanti, a ministeriale ancora in corso, del ministro britannico Andrew Bowie, che parla del raggiungimento di un accordo storico “per abbandonare il carbone nella prima metà degli anni 2030”, il padrone di casa è più cauto. Al momento, infatti, sembra vi sia un accordo di tipo tecnico, e si stia lavorando per raggiungere un’intesa politica. “Manca il timbro dell’accordo politico tra Paesi”, conferma il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica che presiede i lavori.
Il peso ‘politico’ del vertice si vedrà dunque martedì, con la dichiarazione finale. Il dibattito è incentrato sulla data: alcuni paesi come la Francia stanno conducendo una campagna affinché il G7 abbandoni il carbone entro il 2030, ma il Giappone in particolare, dove un terzo della sua elettricità proviene dal carbone, è riluttante a fissare una scadenza. Così come la Germania. L’Italia, dal canto suo, punta a essere un’apripista, con un phase-out fissato “in tempi brevissimi”. “Può essere l’anno prossimo o anche prima”, spiega Pichetto. Il dubbio è dettato dalla condizione geopolitica. Di fatto, racconta, “c’è un atto di indirizzo firmato da me che dà la riduzione al minimo delle produzioni di carbone di due centrali di Civitavecchia e Brindisi a fine settembre. Ho optato per la riduzione al minimo perché c’era il grande dubbio che potesse succedere qualcosa sul quadro geopolitico internazionale”.

Sul tavolo del G7 anche temi come la necessità di diversificare le fonti di approvvigionamento per i sistemi di energia rinnovabile, così come il riutilizzo dei minerali, per dipendere meno dalla Cina, che domina il settore delle tecnologie verdi. Secondo l’Italia, terre rare ed energie rinnovabili saranno al centro dei colloqui con le delegazioni africane invitate a Torino. Sul tema del rapporto con le nazioni in via di sviluppo e le economie emergenti, Pichetto annuncia tre priorità: “concretezza, cooperazione in particolare con l’Africa, un approccio pragmatico e non ideologico secondo il principio di neutralità tecnologica”. Sull’Africa, in particolare, il ministro ribadisce “la necessità di partenariati di tipo non predatorio”, così come vuole il Piano Mattei. Più in generale, tra i temi al centro della due giorni torinese, il ministro parla di “rinnovabili, efficienza energetica, uscita progressiva dai fossili, biodiversità, ma anche ricerca per il nucleare di nuova generazione, fusione, economia circolare, materie prime critiche, biocarburanti”. 

Inoltre, Canada, Francia, Germania e Regno Unito, che spingono per l’adozione di un trattato per ridurre l’inquinamento da plastica, hanno intenzione utilizzare il G7 per cercare di mobilitare Usa e Giappone, che sono più riluttanti. Secondo una fonte francese, il G7 dovrebbe impegnarsi a ridurre la produzione di plastica, presente ovunque nell’ambiente, dalle cime delle montagne al fondo degli oceani, oltre che “nel sangue degli esseri umani”. Per questo, “il G7 si impegna a ridurre la produzione globale di polimeri primari per porre fine all’inquinamento da plastica nel 2040”, come si legge in una bozza del comunicato finale.

A Torino, serata di tensioni  per il corteo promosso da centri sociali e collettivi studenteschi per protestare contro la presenza in città di ministri e delegazioni. Partito da Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche, il corteo è stato bloccato più volte dalle forze dell’ordine che al lancio di bottiglie e uova hanno risposto con idranti e lacrimogeni. I manifestanti, per lo più appartenenti a centri sociali, tra cui Askatasuna, e a collettivi studenteschi hanno tentato a più riprese di raggiungere gli hotel che ospitano i ministri. Il corteo ha quindi sfilato per le vie intorno all’ateneo dietro lo striscione ‘Contro il G7 di guerre e devastazione. Fuori i ministri e zone rosse da Torino’, per poi sciogliersi verso le 22 davanti a Palazzo Nuovo da dove era partito. Al termine sarebbero una cinquantina le persone identificate per le quali potrebbe scattare la denuncia per violenza a pubblico ufficiale aggravata, lancio di oggetti e danneggiamento. Secondo i manifestanti tra loro ci sarebbero cinque feriti. Tre invece i contusi tra le forze dell’ordine. ‘‘Solidarietà alle forze dell’ordine che in queste ore stanno subendo gli attacchi violenti di un gruppo di manifestanti a Torino. Faccio appello a tutti: ogni contributo al confronto è prezioso purché sia portato in modo costruttivo e pacifico’‘, ha fatto sapere in una nota il ministro Pichetto, che aggiunge: ‘‘il G7 si appresta ad adottare una decisione storica sullo stop all’uso del carbone. È la dimostrazione dell’impegno concreto dei nostri Paesi nel contrastare il cambiamento climatico e nel proteggere l’ambiente”.
Oggi, Askatasuna ha indetto una conferenza stampa (alle 12 in via Accademia, a Torino) per “raccontare la verità” sulle proteste di ieri sera.

La lotta al cambiamento climatico passa anche dalla…radiologia

Nella lotta al cambiamento climatico ciascuno può fare la propria parte, radiologi compresi. Un gruppo di autori diversi, guidati dall’Università di Toronto, ha sviluppato un approccio per i reparti e gli studi di radiologia per ridurre le emissioni di gas serra e diventare più resistenti agli effetti del cambiamento climatico. Il loro piano d’azione è stato pubblicato su Radiology, rivista della Radiological Society of North America(RSNA).

“L’aumento delle emissioni di gas serra provoca cambiamenti climatici, eventi meteorologici estremi e un peggioramento dell’inquinamento atmosferico con effetti negativi sulla salute”, spiega l’autrice principale Kate Hanneman, secondo la quale “l’obiettivo di questo articolo è aumentare la consapevolezza del rapporto interconnesso tra salute del pianeta e radiologia, sottolineare perché i radiologi dovrebbero preoccuparsi della sostenibilità, mostrare le azioni che possono essere attuate per mitigare il nostro impatto e preparare i reparti ad adattarsi agli effetti del cambiamento climatico”.

Si stima, infatti, che la radiologia, attraverso la produzione e l’uso di apparecchiature di imaging medico e delle relative forniture, generi fino all’1% delle emissioni complessive. Da qui l’esigenza di “un approccio coordinato e di azioni concrete” da mettere in atto. Gli autori suggeriscono che i dipartimenti di radiologia dovrebbero istituire di un team di sostenibilità per monitorare e misurare le metriche chiave e gli indicatori di performance.
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Gli interventi ad alto impatto raccomandati per migliorare la sostenibilità in radiologia includono anche il passaggio da forniture mediche monouso a quelle riutilizzabili, lo spegnimento dei sistemi di climatizzazione nelle aree non occupate e quelle delle apparecchiature quando non sono in uso. Come spiega Hanneman, spegnendo gli scanner o portandoli a livelli di potenza inferiori quando non sono in uso, le emissioni complessive di gas serra possono essere ridotte fino al 33% per la risonanza magnetica e tra il 40% e l’80% per la TAC.

Un’altra azione potenziale consiste nell’implementare strumenti di supporto alle decisioni per scegliere esami di imaging a basso consumo energetico, quando è opportuno. Le emissioni di anidride carbonica equivalente variano a seconda della modalità di imaging e sono più elevate per la risonanza magnetica e la tomografia computerizzata rispetto agli ultrasuoni e alle radiografie.

Gli autori suggeriscono anche di abbreviare i protocolli di imaging e di espandere l’uso delle applicazioni cliniche della RM a basso campo e di collaborare con i produttori per aggiornare o rinnovare le apparecchiature piuttosto che acquistarne di nuove, quando possibile. Per ridurre i rifiuti di imballaggio, si suggerisce, poi, di passare da sistemi di iniezione di contrasto monodose a sistemi multipaziente e di stabilire programmi di gestione dei rifiuti sostenibili.

“Non tutte le azioni suggerite saranno applicabili o attuabili in ogni reparto di radiologia”, dice l’autrice, che invita i team che si occupano di sostenibilità a “pensare in modo creativo per determinare quali azioni avranno il maggiore impatto nel loro reparto”.

Innovativo e attento all’ambiente, è ‘griffato’ Italia il nuovo palazzo della City di Shanghai

Un palazzo di 16 piani caratterizzato da una lunga rampa da 1 chilometro in corten posizionata nella facciata ovest che costituisce un percorso di accesso ai vari piani, mentre due rampe a ovest e sud-est conducono ai garage sotterranei. Con queste caratteristiche è stata inaugurata a Shanghai la nuova sede dell’East China Electronic Power Design Institute, progettato dallo studio fiorentino di Archea Associati guidato dall’achistar Marco Casamonti, autore tra le altre cose del Viola Park, della cantina Antinori nel Chianti Fiorentino recentemente considerata la più bella del mondo, del nuovo stadio nazionale e della torre di Tirana, e che sta ultimando il Kiss bridge in Vietnam.

Il progetto mira a integrare le varie funzioni all’interno di un unico blocco in cui tutte le esigenze funzionali sono centralizzate, rendendo il progetto più economico ed efficiente. L’intervento ha voluto rispettare la scena esistente e rispondere alle caratteristiche del sito, tenendo conto del paesaggio urbano e dei requisiti di pianificazione generale. L’immobile si affaccia su due strade principali della città di Shanghai: Wuning Road a est e Zhongshan North Road (Inner Ring Elevated) a sud, posizione che gli conferisce il potenziale per diventare un punto di riferimento cittadino.

Il progetto mantiene due ingressi su Wuning Road utilizzati uno come accesso principale e l’altro come entrata secondaria per il traffico veicolare e pedonale. Elemento caratterizzante dell’intero edificio è una lunga rampa (1 km) in corten posizionata nella facciata ovest che costituisce un percorso di accesso ai vari piani, mentre due rampe a ovest e sud-est conducono ai garage sotterranei. L’edificio si sviluppa su sedici livelli fuori terra per una superficie di 50mila metri quadrati e due piani interrati di 25mila metri quadrati, per un totale di 75mila mq.

I primi piani ospitano molteplici funzioni: reception, sale riunioni, area espositiva, palestra, sala conferenze, archivio. I piani intermedi sono open space destinati ad aree di lavoro, mentre gli ultimi piani sono adibiti a uffici direzionali e sale riunioni. Il tetto, invece, ha funzione più ricreativa grazie alla presenza di un piccolo bar e di un giardino.

 

Photo credit: Jump comunicazione

Italiani chiedono e Google risponde: impennata di ricerche ‘sostenibili’

Viaggi sostenibili? +220% in 5 anni. Riciclare un computer? +50% nell’ultimo anno. Come vivere in modo sostenibile? +200% in cinque anni. In occasione della Giornata della Terra, Google ha rilasciato le ‘classifiche’ italiane legate ai grandi temi di attualità ambientale, come la raccolta differenziata dei rifiuti e l’economia circolare.

In particolare, il mondo delle automobili ha fatto moltiplicare le richieste. Quelle per il riciclo dei veicoli sono aumentate del 340% e del 110% nell’ultimo anno quelle relative al recupero degli pneumatici. Gli italiani hanno mostrato interesse anche per il riciclo dei tessuti (+190%), delle batterie (+180%), dell’energia (+50% in 5 anni). Sul fronte dei rifiuti e sul luogo in cui conferirli, il motore di ricerca ha stilato una classifica delle richieste più frequenti: sul podio salgono smartphone, polistirolo e ‘gli stracci’, seguiti da lampadine, tessuti e abiti, ‘esami raggi’, tetrapack, alluminio, cassette di legno.

Ma non solo. Gli italiani hanno chiesto a Google anche come riciclare una lunga serie di materiali. Tra questi, plastica, uova di Pasqua, vetro, carta, panettoni, tappi di sughero, batterie al litio e stoffa.

Che il clima sia uno dei grandi temi del momento, lo dimostrano anche le domande più frequenti rivolte a Google sull’argomento. Tra tutte, “cos’è il cambiamento climatico” e “quando è iniziato”, come combatterlo, “cosa possiamo fare?” e “cosa sono i green bond?”. Gli italiani più attenti, poi, hanno chiesto più informazioni sull’Agenda 2030 dell’Onu, sullo sviluppo sostenibile e perché si chiama così.

E proprio oggi Google ha annunciato funzionalità nuove e ampliate per aiutare le persone ad essere più sostenibili, soprattutto in viaggio attraverso nuove funzionalità della ricerca e di Maps. Proprio nelle mappe saranno mostrati i trasporti pubblici o i suggerimenti a piedi accanto ai percorsi in auto, se i tempi di viaggio sono comparabili e pratici. Sarà disponibile nelle prossime settimane in oltre quindici città in tutto il mondo, tra cui Amsterdam, Barcellona, ​​Londra, Montreal, Parigi, Roma e Sydney.

G7, a Venaria summit su Energia e Clima. Pichetto: “Idee chiare e risultati veri”

Materie prime critiche, economia circolare, Africa e Piano Mattei, biodiversità della terra e dei mari. Sul tavolo del G7 Clima, Energia e Ambiente, il 28 e 29 aprile nella Reggia di Venaria a Torino, c’è tanto di cui discutere. Sui temi energetici, terrà banco il passaggio dai fossili alle energie pulite. Nelle intenzioni di Gilberto Pichetto, il summit sarà “un ponte tra la Cop28 e la Cop29, con uno sguardo al prossimo G20“.

Tra gli invitati, infatti, oltre ai paesi del G7 e alla Commissione europea, ci saranno anche la delegazione emiratina che ha guidato Cop28 e quella azera che guiderà Cop29, così come il Brasile, prossima presidenza del G20. E, data l’importanza che assume il continente africano in ottica del Piano Mattei, saranno presenti la Mauritania, presidenza di turno dell’Unione Africana, il Kenya in rappresentanza dell’Africa subsahariana, l’Algeria, in rappresentanza del Maghreb, e la Banca Africana di Sviluppo.

Vogliamo imprimere una forte spinta allo sviluppo delle rinnovabili e allargare gli orizzonti a tutte le fonti che, con il supporto scientifico, possano garantirci la sicurezza energetica, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi ambientali”, spiega Pichetto presentando l’iniziativa nella nuova sede della Stampa Estera, a Roma. A Venaria, garantisce, “l’Italia arriva con idee chiare e con la determinazione necessaria per rendere questo G7 portatore di risultati reali e ambiziosi”.

I gruppi di lavoro a cui hanno preso parte i negoziatori dei rispettivi Paesi hanno definito in questi mesi i temi al centro del Comunicato finale, che traccerà il percorso verso le prossime scadenze globali. Per la parte Ambiente, il focus sarà su consumo e produzione sostenibili, economia circolare ed efficienza delle risorse, con particolare riferimento al tema del riciclo delle materie prime critiche e della circolarità nell’industria tessile e nella moda. Verranno poi affrontati gli ambiti legati al contrasto dell’inquinamento per natura e persone, la biodiversità, gli ecosistemi, il mare e gli oceani. Centrale sarà il tema dell’uso sostenibile delle risorse idriche. Particolare rilievo avrà la collaborazione con Paesi terzi, in particolare con l’Africa su temi trasversali quali il contrasto al degrado del suolo e la lotta alla desertificazione, l’uso delle tecnologie avanzate per il monitoraggio e la prevenzione degli effetti dei cambiamenti climatici e la sostenibilità delle filiere produttive.

Nella sessione Clima ed Energia, si affronterà il tema della ‘Net-zero’ agenda, con obiettivi volti a potenziare i sistemi di accumulo e flessibilità, in modo da gestire il forte apporto delle rinnovabili. Al centro anche il potenziamento dell’efficienza energetica e il rafforzamento della sicurezza, in particolare per la catena di approvvigionamento dei minerali critici necessari per lo sviluppo delle rinnovabili. E ancora, puntare su nuove tecnologie energetiche tra cui ricerca e sviluppo del nucleare sostenibile, ridurre le emissioni di metano e promuovere la collaborazione con i Paesi terzi, specie con quelli più vulnerabili e con gli Stati africani, sul fronte dello sviluppo di risorse energetiche, infrastrutture locali e adattamento.

Carbon Market Watch: “Olimpiadi di Parigi 2024 lontane da medaglia d’oro ecologica”

A quasi 100 giorni dall’inizio dei Giochi Olimpici, l’impatto di Parigi 2024 sul pianeta è “troppo grande” per essere ecologicamente “sostenibile“, secondo l’Ong Carbon Market Watch, che chiede una riforma “radicale“. In origine, il Comitato organizzatore dei Giochi olimpici e paralimpici aveva promesso che i Giochi di Parigi sarebbero stati “neutrali dal punto di vista climatico“, cioè senza emissioni nette di gas serra. Ma di fronte alle critiche, la comunicazione è cambiata e ora parla di un inquinamento da carbonio pari alla metà di quello delle Olimpiadi precedenti.

Siamo molto contenti che Parigi 2024 abbia fatto marcia indietro” rispetto alla sua affermazione iniziale, ha dichiarato all’AFP Benja Faecks, esperto di Carbon Market Watch, e “accogliamo con favore il fatto che abbiano redatto un bilancio delle emissioni di carbonio prima dell’evento“, nonostante i dubbi sulla “legittimità” del calcolo. Si prevede che Parigi 2024 emetterà circa 1,58 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, meno della metà della media di 3,5 milioni di tonnellate dei Giochi di Londra (2012) e Rio (2016). Ma l’obiettivo “sembra ambizioso a prima vista” e “difficile da verificare“, avverte l’Ong. A suo avviso, la strategia climatica degli organizzatori rimane “incompleta” e “manca di trasparenza“: “Non sono stati resi noti né la metodologia né i dettagli del metodo di calcolo“, spiega l’organizzazione in un rapporto. Gli organizzatori “meritano un elogio” per il loro tentativo di rendere più ecologico un evento di tale portata, ma “nonostante i miglioramenti marginali“, l’impronta di carbonio dei Giochi “rimane troppo alta per essere sostenibile“. Questo è “incoraggiante“, ma “bisogna fare di più“, riassume Gilles Dufrasne, uno dei responsabili di Carbon Market Watch.

Per settore, Carbon Market Watch prevede che le principali emissioni di gas serra proverranno dai trasporti (circa il 40%) e dall’edilizia (32%). Il resto è suddiviso tra cibo (1%), acquisti non alimentari come i prodotti alimentari (20%) e consumo di energia (8%). Da parte sua, il Comitato stima che le emissioni saranno suddivise in tre terzi: uno per i viaggi (e il 25% del totale per i soli viaggi degli spettatori), un altro per la costruzione (compreso il 25% per gli edifici permanenti) e il terzo per le operazioni dei Giochi (alloggi, sicurezza, catering, ecc.).
Sono stati compiuti “sforzi” per limitare le emissioni derivanti dalla costruzione – il 95% delle infrastrutture è già esistente o temporaneo – o grazie ai menu vegetariani, ma “gli organizzatori hanno le mani legate quando si tratta di affrontare le maggiori fonti di emissioni”, si legge nel rapporto. È il caso del trasporto aereo di atleti e spettatori, le cui emissioni, allo stato attuale, “non possono essere ridotte in modo significativo“.

Carbon Market Watch evidenzia anche “incoerenze“, in particolare nella scelta degli sponsor: “L’assenza di criteri climatici” imposti ai partner “è un’occasione mancata (…) per influenzare le grandi aziende“. Infine, l’Ong ha definito “opache” le promesse degli organizzatori di compensare le emissioni inevitabili con crediti di carbonio. Il ricorso a questo meccanismo “è problematico in tutti i casi“, afferma Faecks, perché da un lato implica la possibilità di “superare i limiti” e dall’altro perché “i crediti di carbonio di alta qualità scarseggiano“.

Si possono ancora organizzare i Giochi in un periodo di riscaldamento globale? “È chiaro che i Giochi Olimpici non possono essere veramente compatibili con il rispetto della barriera di 1,5 gradi di riscaldamento“, l’obiettivo più ambizioso degli accordi di Parigi, “a meno che non ripensiamo radicalmente” la loro organizzazione, ritiene Carbon Market Watch. Invece di far convergere atleti e spettatori da tutto il mondo nello stesso luogo, l’ONG suggerisce che per ogni disciplina la competizione si tenga in una città diversa con accesso riservato alle popolazioni locali: l’atletica a Città del Messico, gli sport acquatici a Buenos Aires, gli sport da combattimento a Seul, il ciclismo ad Ankara, ecc. Oltre a ridurre l’impronta di carbonio, “l’altro vantaggio sarebbe quello di aumentare l’accessibilità dei Giochi“, con un maggior numero di persone in grado di vederli in loco, sostiene Carbon Market Watch.

inquinamento

Non solo danni all’ambiente: ecco come l’inquinamento ci rende infelici

L’inquinamento ambientale non solo causa danni al nostro pianeta, ma agisce anche sul benessere individuale e collettivo e può realmente renderci infelici. Lo rivela uno studio pubblicato a marzo su Environmental Research, nel quale i ricercatori dell’Università di Osaka rivelano che i contaminanti presenti nell’ambiente possono avere un effetto sul benessere emotivo della nostra vita.

Ma come si calcola il livello di felicità? Attraverso uno strumento sviluppato ad hoc si definisce un’aspettativa di vita felice come il periodo durante il quale una persona sperimenta il benessere emotivo soggettivo, mentre la perdita di aspettativa di vita felice (LHpLE) è una diminuzione della durata delle esperienze emotive positive, calcolata combinando sia la riduzione della felicità sia l’aumento della mortalità associata all’esposizione al rischio. Questo indicatore è stato utilizzato per valutare il disagio psicologico e il rischio di cancro associato all’esposizione alle radiazioni dopo l’incidente della centrale nucleare di Fukushima Daiichi, spiega l’autore principale dello studio Michio Murakami. “Tuttavia – dice – questo strumento non era stato utilizzato per valutare gli effetti del cancro o dell’esposizione ad agenti cancerogeni ambientali sulla felicità”.

La nuova ricerca è cominciata proprio da qui, incrociando i dati relativi all’età, al sesso e al rapporto tra cancro e diminuzione della felicità. In seguito, lo studio ha tenuto conto anche dell’esposizione ai comuni agenti ambientali cancerogeni in Giappone, nonché del disagio psicologico, consentendo di confrontare i diversi tipi di esposizione al rischio. Il risultato? “Abbiamo scoperto che la felicità emotiva – dice Shuhei Nomura, uno degli autori – non è diminuita in modo significativo nelle persone affette da cancro, né c’è stata alcuna associazione significativa tra la felicità emotiva e il tipo, la storia o lo stadio del cancro”.

Complessivamente, l’esposizione ad agenti cancerogeni ambientali ha ridotto la durata della vita della felicità emotiva di 0,0064 anni per il radon, 0,0026 anni per l’arsenico e 0,00086 anni per il particolato fine nell’aria. La diminuzione della felicità emotiva è stata ancora più pronunciata per il disagio psicologico, che ha portato a un LHpLE di 0,97 anni. “I nostri risultati suggeriscono che l’esposizione agli agenti cancerogeni e il disagio psicologico riducono significativamente la felicità nel corso della vita”, afferma Murakami.