Carburanti, benzinai congelano lo sciopero dopo l’incontro con il governo

Lo sciopero del 25 e 26 gennaio è “congelato“. Il governo porta a casa un primo risultato dall’incontro con gestori e titolari dei distributori di carburanti, convocati a Palazzo Chigi subito dopo l’annuncio dell’inizio dello stato di agitazione che sarebbe poi sfociato nell’astensione dal lavoro e il presidio a Montecitorio. A riceverli il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, assieme ai ministri competenti in materia, Giancarlo Giorgetti e Adolfo Urso, e al Garante per la sorveglianza dei prezzi, Benedetto Mineo. L’incontro, da programma, sarebbe dovuto durare 30 minuti, ma alla fine è andato ben oltre l’ora. Le tre sigle, rappresentante da Giuseppe Sperduto (Faib Confesercenti), Alessandro Zavallone (Fegica) e Bruno Bearzi (Figisc) ne avevano di cose da dire all’esecutivo. Alla fine tutti concordano che il passaggio di oggi è stato utile, se non altro a togliere dal tavolo l’equivoco su presunte speculazioni, con cui la foga della politica li aveva spinti nell’occhio del ciclone.

L’incontro è stato assolutamente proficuo, i ministri hanno ascoltato le esigenze della categoria e siamo nelle condizioni di dirci abbastanza soddisfatti, non fosse altro perché è stato stabilito a breve di incontrarci di nuovo per far partire il tavolo tecnico emergenziale“, spiega Sperduto. L’appuntamento è per martedì prossimo: “Il tavolo sarà basato su tutti i temi emergenziali di settore“, spiegano le associazioni, precisando che lo sciopero non è revocato ma solo messo in ‘ghiacciaia’. “Valuteremo tutte le opzioni che sono sul tavolo – spiegano –. Si andrà a esaminare un settore che ha già una serie di crisi interne, strutturali, ma c’è il dato positivo di aver pacificato un rapporto incrinato negli ultimi tempi da polemiche sicuramente infondate“. Dunque, col governo “si ristabilisce un corretto rapporto su una categoria che non ha mai commesso crimini o nefandezze: queste sono le condizioni di partenza, vedremo quando saremo riconvocati: ci riserviamo di fare la nostra scelta sulle iniziative che ora sono congelate“.

I reciproci segnali di apertura sono comunque una buona base di partenza: “Siamo fiduciosi del fatto che le intenzioni del governo sono quelle di lavorare velocemente ed efficacemente e non solo sugli aspetti legati alle accise“, sottolinea Sperduto. Che tocca anche il tema dei controlli: “Devono essere effettuati, è corretto che ci siano e noi cerchiamo di snellire le procedure e le incombenze, che diventano sempre di più ogni giorno. Che ci debbano essere delle sanzioni può anche andar bene, qualora ci fosse del malaffare. Ma così non è“. Sul punto torna anche il segretario nazionale di Fegica, Alessandro Zavallone, che al termine dell’incontro aggiunge: i ministri “hanno capito la differenza differenza tra omissioni e ritardo“, spiegando che le multe comminate ai gestori dalla Guardia di finanza riguardano la mancata comunicazione dei prezzi, un obbligo giornaliero a cui i gestori sono sottoposti, ma “c’è una bella differenza tra chi non comunica e si nasconde e chi, invece, lo fa con tre ore di ritardo. E comunque, questo non incide sul prezzo“.

Sul decreto Trasparenza varato dal Cdm in settimana, invece, il giudizio resta sospeso. Il provvedimento non è ancora stato pubblicato e le associazioni attendono di leggerlo sulla Gazzetta ufficiale, prima di esprimersi. Di sicuro nell’ora a Palazzo Chigi nessuno ha consegnato loro nulla, dicono all’unisono. Eppure nel testo c’è un altro motivi di distanza con le istituzioni, quello sull’obbligo di esporre il prezzo medio dei carburanti accanto a quello di vendita. Sia per i gestori, sia per associazioni dei titolari degli impianti servirà a poco. “Abbiamo prospettato al governo l’idea di dare visibilità ai prezzi di cessione perché venga dato un ulteriore elemento di valutazione al consumatore finale e non solo il prezzo medio di vendita“, dicono i rappresentanti dell’Angac, appena usciti da Palazzo Chigi, dove sono stati ricevuti assieme a Unem e Assopetroli. “Si tratta del prezzo con cui la compagnia petrolifera vende il carburante ai gestori degli impianti – spiega Fausto Liuzzi –. Questo potrebbe far capire al consumatore che non è il gestore l’artefice di questa paventata speculazione, perché è l’ultimo tassello, assieme proprio al consumatore finale, di una catena che dovrebbe essere effettivamente controllata e monitorata“.

Soddisfatto anche il ministro delle Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, che al Mimit incontra anche le associazioni dei consumatori. “Abbiamo aperto un confronto, credo estremamente positivo e anche costruttivo, sia con gli operatori del settore a Palazzo Chigi, con due tavoli specifici, poi successivamente al con i consumatori – dice -. Le due facce della stessa medaglia, che è quella di riportare in questo settore la maggiore trasparenza possibile, al fine anche di controllare l’aumento dei prezzi“. A latere degli incontri, infatti, il governo non esclude che se i prezzi dovessero raggiungere soglie troppo alte ci possa essere una ‘sterilizzazione’ delle accise: ovvero, come spiegato dalla premier, Giorgia Meloni, “quello che lo Stato guadagna in più da accise e Iva lo usa per riabbassare il prezzo ed è esattamente quello che prevede il nostro decreto“.

Carburanti, Meloni rivendica le scelte del Governo: Con taglio accise via altri aiuti

Gli ‘appunti di Giorgia’ questa volta suonano più come ‘la difesa di Giorgia’. Perché la premier Giorgia Meloni non ci sta ad accettare le critiche di chi la accusa di incoerenza rispetto a un video del 2019, che circola in queste ore, nel quale la premier parlava della necessità di tagliare le accise sulla benzina.Non avendo il governo deciso di modificare la norma del precedente, si è detto che ero incoerente. Non è un caso che quel video sia del 2019, sono ancora convinta che sarebbe un’ottima cosa tagliare le accise sulla benzina, ma si fanno i conti con la realtà e non sfuggirà che dal 2019 a oggi il mondo è cambiato e ci impone di fare delle scelte”. Che, sostiene Giorgia Meloni, “rivendico perché le considero di giustizia sociale. Anche per questo, sul suo profilo Facebook, l’inquilina di Palazzo Chigi sottolinea di non aver mai promesso di tagliare le accise, “perché conoscevo la situazione davanti alla quale mi sarei trovata. Sono fortemente speranzosa della possibilità che riusciremo a fare un taglio strutturale delle accise, ma necessita di una situazione diversa e di rimettere in moto la crescita economica di questa nazione”. La premier denuncia che “gira da più parti un video del 2019 in cui io parlo della necessità di tagliare le accise sulla benzina. E 

Nello specifico, il governo non ha fatto marcia indietro sul provvedimento dello scorso governo che nel tentativo di calmierare la benzina tagliava temporaneamente le accise. Noi abbiamo confermato la scelta del precedente governo, che era una scelta temporanea. L’abbiamo confermata perché il taglio delle accise deliberato fino a dicembre costa un miliardo al mese, mediamente 10 miliardi l’anno. Per prorogare il taglio delle accise  – spiega – sulla benzina non avremmo potuto confermare e aumentare il taglio del costo sul lavoro, aumentare del 50% l’assegno unico per i bambini, aumentare il fondo sulla sanità, aumentare la platea delle famiglie che potevano accedere al sostegno dello Stato per calmierare le bollette, una decontribuzione per i percettori di Rdc, non avremmo potuto mettere risorse sul fondo per i crediti di imposta delle Pmi. Tutte queste misure le avremmo dovute cancellare dalla legge di bilancio. Abbiamo scelto di mettere le risorse su queste cose perché tagliare le accise sulla benzina è una misura che aiuta tutti indipendentemente dalla condizione economica che hanno. Noi abbiamo preso questi 10 miliardi e invece di spalmarli abbiamo deciso di concentrarle su chi aveva più bisogno”.

Arriva poi la sottolineatura sui prezzi alla pompa. “Ci hanno detto – dichiara la presidente del Consiglio – che abbiamo sbagliato i calcoli perché il prezzo della benzina è fuori controllo. Ho sentito dire di tutto, sento ormai parlare sistematicamente del fatto che il prezzo della benzina sarebbe intorno ai 2,5 euro. Sono una persona seria, il prezzo della benzina lo sto monitorando e questi dati non mi tornano. Il dato pubblicato dal ministero delle Imprese e del Made in Italy del prezzo medio della benzina in Italia nella settimana scorsa, quando si diceva che era fuori controllo, era 1,812 euro. È un prezzo che ci piacerebbe fosse più basso, ma non fuori controllo”. La chiosa riguarda, infine, i benzinai, “gran parte dei quali si sta comportando in maniera assolutamente onesta e responsabile e soprattutto a tutela loro dobbiamo verificare se qualcuno non si approfitti di una situazione delicata”.

 

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Carburanti, il Governo contro le speculazioni: distributori dovranno esporre prezzo medio nazionale

Il caro benzina entra di prepotenza nel Consiglio dei ministri dedicato al Dl Ricostruzione e alla proroga del termine del payback sanitario al 30 aprile. Tutto era iniziato con l’incontro, nel pomeriggio di martedì, fra la premier Giorgia Meloni e il ministro Giorgetti e il comandante generale della Guardia di finanza, il generale Giuseppe Zafarana. L’obiettivo era fare il punto e valutare ogni possibile ulteriore azione di contrasto alle speculazioni in atto sui prezzi dei carburanti. Detto, fatto: in serata il Cdm ha dato il via libera ad un decreto legge che introduce disposizioni urgenti in materia di trasparenza dei prezzi dei carburanti e di rafforzamento dei poteri di controllo e sanzionatori del Garante prezzi.

Diverse le misure messe in campo. Innanzitutto un cambio importante nel monitoraggio dei prezzi, che non sarà più settimanale ma giornaliero. Poi, introdotto l’obbligo per i distributori di carburante di esporre il prezzo alla pompa praticato insieme a quello medio nazionale comunicato sul sito del ministero delle Imprese, pena possibili sanzioni. In caso di recidiva, la sanzione può giungere alla sospensione dell’attività per un periodo da sette a novanta giorni. E ancora, si rafforzano i collegamenti tra il Garante prezzi e l’Antitrust, per sorvegliare e reprimere sul nascere condotte speculative. Allo stesso fine, si irrobustisce la collaborazione tra Garante e Guardia di Finanza e viene istituita una Commissione di allerta rapida per la sorveglianza dei prezzi finalizzata ad analizzare le ragioni dei turbamenti e definire le iniziative di intervento urgenti. Sul fronte aiuti ai consumatori, invece, prevista l’erogazione di buoni benzina per un valore massimo di 200 euro per i lavoratori dipendenti nel periodo gennaio-marzo 2023.

Intanto, nelle ore precedenti al Consiglio dei ministri, era stato l’Antitrust a muoversi contro eventuali speculazioni. Con il presidente Roberto Rustichelli che ha chiesto alla guardia di finanza la collaborazione al fine di acquisire la documentazione “inerente ai recenti controlli effettuati sui prezzi dei carburanti, con particolare riferimento alle violazioni accertate“. Documentazione richiesta “per valutare pratiche commerciali scorrette nei confronti dei consumatori e violazioni della concorrenza“.

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Caro-benzina, Codacons: C’è speculazione. Ma petrolio precipita, attesi ribassi per i carburanti

I prezzi di benzina e diesel sono tornati a salire in Italia fino a oltre 2 euro al litro per il servito, dopo l’abolizione degli ultimi sconti sulle accise (18,3 centesimi Iva compresa) decisa dal governo Meloni, mentre il Brent precipita sotto gli 80 dollari al barile. Non accadeva dal 21 dicembre che il prezzo – con consegna a marzo 2023 – del petrolio di riferimento europeo scendesse sotto una soglia chiave secondo i grandi produttori dell’Opec.
Poco dopo le 18 il Brent cedeva oltre il 4% a 78,7 dollari al barile. Questo perché gli investitori temono un calo della domanda in Cina, dove i funzionari sanitari stanno lottando per contenere la diffusione del Covid. Il tutto mentre si registra una sorprendente ripresa della produzione petrolifera OPEC+ dopo che la Nigeria, secondo produttore dell’Africa, si è assicurata un passaggio sicuro per i flussi di petrolio attraverso il delta del fiume Niger. Il governo di Lagos da mesi chiedeva la fine della violenza e dei furti lungo la regione del delta del grande fiume e adesso avrebbe assunto fedeli signori della guerra per garantire il passaggio sicuro di petrolio e personale.

Questioni geopolitiche a parte, la discesa del Brent sembra una manna dal cielo per gli automobilisti italiani e per il governo Meloni, da giorni finito nel mirino delle opposizioni per la mancata proroga degli sconti sulle accise introdotti dal governo Draghi nel marzo 2021 per porre un freno alla fiammata sui carburanti che aveva portato la benzina fino a 2,184 euro al litro. Proprio in virtù di questo ribasso del Brent, magari già da lunedì potremmo assistere a un abbassamento dei prezzi al distributore. Prezzi che rimangono comunque anomali, vista la quotazione del Brent. Facendo infatti un confronto a parità di accise, si nota che a metà marzo 2022 il prezzo della benzina toccò appunto il massimo a 2,184 euro al litro il 14 con una quotazione picco del Brent intorno ai 127 dollari circa al barile (l’8), mentre ora la stessa benzina costa oltre 1,8 euro al litro (prezzo del 2 gennaio più le accise) con un valore del Brent a 80 dollari al barile (20 dicembre): in proporzione, rispetto a marzo, un litro di super dovrebbe dunque essere pagato poco più di 1,37 euro al litro. Invece costa parecchi centesimi in più.

Sull’impennata dei prezzi dei carburanti “non pesano solo le accise, il cui taglio non è stato prorogato dal governo, ma incombe anche l’ombra di speculazioni sui listini”, afferma il Codacons, annunciando un esposto alla Guardia di finanza e alle Procure della Repubblica di tutta Italia affinché accendano un faro sull’andamento dei prezzi alla pompa. “La benzina in modalità self ha già superato quota 1,8 al litro, mentre il gasolio in modalità servito ha sfondato la soglia dei 2 euro al litro – spiega il presidente Carlo Rienzi – tutto ciò mentre le quotazioni internazionali del petrolio sono in ribasso e non giustificano in alcun modo l’andamento dei prezzi alla pompa, al netto del rialzo delle accise. Per tale motivo presentiamo un esposto alle procure della Repubblica di tutta Italia e alla Guardia di finanza chiedendo di aprire un’indagine per la possibile fattispecie di aggiotaggio e di sequestrare le bolle di acquisto dei carburanti direttamente presso le società petrolifere, per verificare le motivazioni di tali aumenti alla pompa“.

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Addio sconti, prezzo benzina e diesel in rialzo: a livelli 5 mesi fa. Ma il petrolio costa meno

Volevano abolire le accise sui carburanti in campagna elettorale. E invece le aumentano. Da ieri gli italiani pagano benzina e diesel 20 centesimi al litro in più“, scrive su Facebook il segretario nazionale di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, dell’Alleanza Verdi Sinistra. “In pochi mesi Giorgia Meloni è passata dalla richiesta di abolire le accise sulla benzina all’aumento di circa 20 centesimi al litro arrivato con il nuovo anno”, evidenzia in una nota Laura Ferrara, europarlamentare del Movimento 5 Stelle. Il primo gennaio è decaduto infatti anche l’ultimo sconto sulle accise di benzina e diesel pari a 15,3 cents più Iva, introdotto il 21 marzo 2022 dal governo Draghi per fermare i rincari che avevano spinto il prezzo della benzina a 2,18 euro al litro il 14 marzo scorso. Il primo sconto, che complessivamente valeva 0,122 euro, era già sparito a fine novembre.

Oggi il Ministero delle Imprese e del Made in Italy fornirà l’aggiornamento settimanale sui prezzi. Applicando l’aumento ai prezzi rilevati lo scorso 26 dicembre, un litro di benzina è così passato da 1,625 a 1,835 euro, mentre il diesel è rincarato da 1,689 a 1,872 euro di media. Per ritrovare queste quotazioni alla pompa bisogna tornare a inizio agosto, quando la benzina si pagava circa 1,87 euro al litro. Il record estivo si toccò il 4 luglio con 2,1 euro al litro nonostante uno sconto accise appunto di oltre 30 centesimi, in seguito a una fiammata dei prezzi del petrolio: il Brent, il greggio europeo, chiuse la seduta del 28 giugno a 118 dollari al barile.

Facendo invece un confronto a parità di accise, si nota che a metà marzo 2022 il prezzo della benzina toccò appunto il massimo a 2,184 euro al litro il 14 marzo con una quotazione picco del Brent intorno ai 127 dollari al barile (l’8 marzo), mentre ora la stessa benzina costa oltre 1,835 euro al litro (prezzo del 26 dicembre più le accise) con un valore del Brent a 80 dollari al barile (20 dicembre): in proporzione, rispetto a marzo, un litro di super dovrebbe dunque essere pagato poco più di 1,37 euro al litro. Invece costa parecchi centesimi in più. Secondo Nomisma Energia, per comprendere il prezzo giusto al distributore bisogna sommare “al costo del carburante sul mercato internazionale un margine lordo a copertura di tutti i costi trasporto, margine gestore, investimenti sul punto vendita, pubblicità, promozioni”. E “l’andamento del margine lordo e la sua incidenza percentuale sul prezzo alla pompa negli ultimi 24 mesi determinano, per benzina e gasolio, un margine ottimale – secondo Nomisma Energia – intorno a 16 centesimi di euro per litro“. Ma anche sommando questo margine rimane una netta differenza di prezzo rispetto a marzo.

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A Gaza la plastica bruciata diventa ‘benzina’ artigianale

A Gaza il prezzo della benzina è uno dei più alti del Medio Oriente e la popolazione una delle più povere. Per ovviare a questa crisi, Mahmoud al-Kafarneh e i suoi fratelli hanno avuto un’idea: bruciare le bottiglie di plastica per ricavarne carburante. Una soluzione economica e pratica, visto che nell’enclave ci sono molti abitanti sottoposti a un rigido blocco israeliano da 15 anni, ma che rappresenta anche una potenziale “catastrofe” ambientale e sanitaria, dicono allarmati gli specialisti.

In un campo polveroso di Jabalia, nel nord di Israele, Mahmoud accende dei tronchi sotto un serbatoio metallico riempito con una tonnellata di plastica per distillare l’olio. Il serbatoio – coperto di fango per conservare il calore – è collegato a un tubo che fa passare i fumi in un serbatoio d’acqua che condensa il vapore e lo raffredda per produrre un combustibile ‘Made in Gaza’, ma non senza causare fumi nerastri e tossici. “Abbiamo iniziato i nostri esperimenti nel 2018. Abbiamo fatto una ricerca su Internet, un sacco di prove ed errori e dopo otto mesi di test siamo riusciti a estrarre il nostro primo carburante“, racconta Mahmoud, 25 anni.

Ogni lotto produce circa mille litri di carburante. Ma tra un’operazione e l’altra, la sua squadra deve aspettare otto ore per far raffreddare il serbatoio e pulirlo. Secondo Mahmoud, la plastica fonde a più di 200 gradi. “Il nostro metodo è davvero rudimentale e prevede solo attrezzature locali. L’estrazione dura dalle 12 alle 14 ore“, spiega. Alcuni dipendenti indossano guanti e maschere, altri no. “Non ci sono rischi e questa è una zona industriale, non abitata“, dice Mahmoud.

Ma Ahmed Hillis, direttore dell’Istituto nazionale per l’ambiente e lo sviluppo di Gaza, è allarmato per la natura “catastrofica” del fenomeno, che è completamente incontrollato.  “Il metodo utilizzato è rudimentale e danneggia molto i lavoratori“, ha spiegato all’AFP, in particolare a causa dell’inalazione di gas tossici. E il serbatoio arrugginito è “una bomba a orologeria perché può finire per esplodere” con il caldo, aggiunge.

Ma a Gaza, un microterritorio popolato da 2,3 milioni di palestinesi, il problema sanitario è raddoppiato dalle condizioni economiche. Controllata dagli islamisti di Hamas dal 2007, la Striscia di Gaza ha un’economia senza sangue. Il tasso di disoccupazione è vicino al 50% e il salario medio orario è di circa due euro. Quando il prezzo del gasolio spedito da Israele è salito a circa 2,45 euro in seguito alla guerra in Ucraina, la situazione è diventata insostenibile. Di conseguenza, il carburante fatto in casa da Mahmoud ha fatto girare la testa a molti. Nel porto di Gaza, Abd al-Muti al-Habil, 23 anni, lo usa per riempire il serbatoio della sua barca. “Costa la metà del prezzo dell’equivalente israeliano. Non ha difetti, è della stessa qualità, non influisce sul motore e ha persino una resa elevata“, ha dichiarato all’AFP.

Ogni notte o quasi, i pescatori partono per ore nel Mediterraneo con barche motorizzate. “Abbiamo bisogno di circa 900 litri di gasolio al giorno e non posso fare affidamento sul carburante proveniente da Israele perché è troppo costoso. Purtroppo le quantità (di carburante artigianale) consegnate non sono sufficienti. Ho solo 500 litri ogni due giorni“, spiega.

Sul Mediterraneo, ma senza una sufficiente capacità di desalinizzazione, Gaza è il regno delle bottiglie d’acqua di plastica. In un garage nella parte orientale di Gaza City, alcuni uomini selezionano pile di plastica alte diversi metri, raccolte per strada prima di essere trattate da Mahmoud Al-Kafarneh. “Compriamo la plastica, la selezioniamo e la maciniamo in una macchina per renderla morbida come un chicco di riso. Poi lo avvolgiamo in sacchetti e lo vendiamo“, racconta uno di loro, Imad Hamed. Ma anche questa macchina ha bisogno di energia. A Gaza, l’unica centrale elettrica non è sufficiente a soddisfare la domanda e le interruzioni di corrente durano 11 ore al giorno. “Ci fermiamo quando va via la corrente. A volte dobbiamo lavorare di notte, se c’è elettricità“, sospira. E per rifornire la centrale elettrica di Gaza di olio combustibile, la piccola officina di Mahmoud e dei suoi fratelli non basta.

(Photo credits: MOHAMMED ABED / AFP)