Oggi Consiglio Energia: ministri Ue alla prova del price cap

Da un lato, misure per gli acquisti congiunti, solidarietà energetica e la promessa di un indice complementare per il gas naturale liquefatto. Dall’altro, la diffusione delle energie rinnovabili tagliando i tempi di autorizzazione. I ministri europei dell’energia si riuniscono oggi a Bruxelles in un Consiglio straordinario dell’energia con l’obiettivo di concordare sulle ultime due proposte legislative avanzate dalla Commissione europea per affrontare l’aumento dei prezzi dell’energia, ma anche per guadagnare anche terreno comune sull’idea di introdurre a livello europeo un ‘meccanismo di correzione del mercato’ per affrontare i picchi di prezzo del gas.

Dopo settimane, se non mesi, di pressioni da parte dei governi, la Commissione europea ha avanzato ieri la proposta legislativa con i dettagli per fissare un prezzo massimo “di sicurezza” da applicare in automatico sulle transazioni sul mercato olandese quando sono soddisfatte due condizioni contemporaneamente: quando il prezzo del gas sul TTF supera i 275 euro per megawattora (MWh) per un periodo di due settimane e quando i prezzi del gas sul TTF sono superiori di 58 euro rispetto al prezzo di riferimento del GNL per 10 giorni consecutivi nelle due settimane di scambi. Le condizioni per attuarlo in automatico sono talmente difficili da realizzare, che il meccanismo potrebbe non entrare in funzione mai. In particolare, è la soglia di prezzo così alta per far scattare il meccanismo di correzione del mercato ha attirato subito le critiche delle Capitali, soprattutto quelle che più in questi mesi hanno insistito perché la Commissione presentasse una proposta legislativa per il price cap.

Per l’Italia, la proposta della Commissione Ue non “è sufficiente”, ha detto il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, alla vigilia della riunione con gli omologhi europei. Insufficiente perché “rischia di stimolare la speculazione invece di arginarla. Domani valuteremo rispetto alle modalità quali posizioni prendere, ma così com’è la proposta non è di nostra soddisfazione“, ha motivato. Toni duri quelli usati anche dalla ministra spagnola per la transizione ecologica, Teresa Ribera, che ha definito la proposta una “presa in giro” e ha annunciato il suo rifiuto alla riunione di domani perché il tetto “genera l’effetto opposto a quello desiderato, provoca un maggiore aumento artificiale dei prezzi, mettendo a rischio tutte le politiche di contenimento dei prezzi”. La soglia dei 275 euro/MWh è stata stabilita dopo varie indecisioni da parte della Commissione, scelta accuratamente alta in parte perché la Commissione europea spera di non attivare mai il meccanismo (ha chiaramente dichiarato che vuole usare lo strumento come ‘deterrente’ per abbassare in automatico il prezzo del gas) in parte perché sa che nei negoziati gli Stati membri abbasseranno la cifra. La maggior parte dei governi sposa l’idea di un limite di prezzo che si aggira tra i 150-180 euro per megawattora. A detta dell’esecutivo comunitario però la proposta è un tentativo di andare incontro e trovare un equilibrio tra posizioni distanti. Tra chi, come la Germania e i Paesi Bassi, il tetto non lo vogliono proprio e chi, come l’Italia e altri 15 Stati membri, il price cap lo hanno richiesto a più riprese nel corso di tutta la crisi energetica.

A difendere la proposta è stata ancora oggi la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, secondo cui i livelli di attivazione del price cap proposti dalla Commissione europea sono “sufficientemente elevati da ridurre al minimo i rischi e coerenti con la nostra intenzione di disporre di uno strumento che scoraggi episodi di picchi di prezzo molto elevati”, ha dichiarato di fronte all’Aula di Strasburgo. Domani si terrà il primo scambio di idee dei ministri sulla proposta, cui seguiranno i primi tentativi delle capitali di riscrivere in parte fatti e cifre del testo legislativo. I tempi sono troppo stretti e la materia controversa, per cui per un alto funzionario dell’Ue per quanto la presidenza ceca possa compiere “missioni impossibili”, è troppo “ottimista pensare di riuscire a chiudere” un accordo già domani. Ma il confronto di domani servirà alla presidenza ceca per “testare gli umori e la temperatura” sulla questione e capire in quale direzione andare, se rimettere la questione sul tavolo dei capi di stato e governo riuniti a Bruxelles il 15-16 dicembre.

Gas, Pichetto ‘boccia’ proposta Ue su price cap: Insufficiente

Sin dalla campagna elettorale, l’obiettivo numero uno del centrodestra sul caro bollette era quello di fermare la speculazione. Con ‘strumenti’ europei, ma la risposta continentale non convince il governo. “La proposta della Commissione Ue sul price cap non la riteniamo sufficiente“, dice infatti il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, a margine della 39esima assemblea dell’Anci, in corso a Bergamo. Il motivo? “Rischia di stimolare la speculazione invece di arginarla”. Ecco perché annuncia che al Consiglio europeo sull’Energia “valuteremo rispetto alle modalità quali posizioni prendere, ma così com’è la proposta non è di nostra soddisfazione“, sottolinea il responsabile del dicastero di via Cristoforo Colombo. La linea è comune nell’esecutivo, visto che poche ore dopo è Adolfo Urso a ribadire che la proposta di Bruxelles è “un pannicello caldo, sono passati sei mesi, con una guerra nel cuore d’Europa, con una guerra energetica dichiarata da Mosca contro il nostro continente, e dopo sei mesi la montagna europea partorisce questo topolino?“, sentenzia il ministro delle Imprese e del Made in Italy.

Alla sua ‘prima’ da ministro davanti ai sindaci italiani, Pichetto parla di energia e nuove prospettive. Definisce “cogenti” ed “epocali” le sfide legate alla crisi che si è sviluppata in questi mesi e all’inflazione galoppante (mai così alta dagli anni Ottanta del secolo scorso). “Negli ultimi due anni il nostro Paese è cambiamo notevolmente – spiega -. I nostri borghi hanno ritrovato una centralità durante la pandemia, con nuove opportunità e meccanismi di lavoro diversi, ma anche con nuove fragilità. Ma i temi più cogenti ora sono la crisi energetica e l’inflazione“.

Il governo si è insediato esattamente un mese fa, ma “tante sono le azioni che abbiamo davanti, a partire dal tema del Pnrr che impegna istituzioni e corpi intermedi a tutti i livelli“, prosegue Pichetto. Che delle sfide non ne fa una questione “solo del governo e del Parlamento, ma del Paese intero”. E va considerato il fatto che “siamo condizionati da fattori esterni, è cambiato il ruolo dei sindaci, il Comune è, per il cittadino, il primo luogo di riferimento nei momenti di difficoltà – sottolinea davanti alla platea dei primi cittadini -. Ma ora mi vorrei rivolgere ai nostri figli e nipoti: per la prima volta nella storia vivranno condizioni di vita non in crescita, ma in senso opposto, rispetto alla generazione precedente. Noi dobbiamo invertire questa tendenza ed è nostro compito farlo in fretta”.

Parlando di fonti di approvvigionamento energetico il ministro fa poi notare che “se non ci fosse stato il Tap oggi non avremmo la luce accesa“. Confermando l’impegno del governo “all’abbattimento delle 55% delle emissioni entro il 2030 e l’azzeramento nel 2050 – ha chiarito -. La soluzione sta quindi nella ricerca di nuove fonti di energia alternative a quelle fossili. Bisogna quindi innalzare il ricorso al geotermico, all’eolico, all’idroelettrico. Tralascio il nucleare, le mie visioni infatti sono note. Dobbiamo abbandonare il fossile e se nel 2023 dovessi firmare un atto d’indirizzo per l’acquisto del carbone per me sarebbe una coltellata. La parte di gas deve scendere accompagnando le rinnovabili”.

Ampio anche il capitolo dedicato al Pnrr, che Pichetto paragona all’intervento Usa che aiutò l’Italia nella ricostruzione nel secondo Dopoguerra. “Il piano Marshall, attualizzato a oggi, sarebbe di 80-90 miliardi; oggi con il Pnrr abbiamo 5 volte tanto, quindi bisogna spendere bene e fare le riforme“, dice il ministro. Che in tema di transizione ecologica fa un breve accenno all’industria italiana dell’automotive. “Noi siamo il secondo Paese manifatturiero d’Europa – ha dichiarato – e questo è il più grande settore italiano, con 280mila persone coinvolte, che salgono a oltre due milioni se consideriamo l’indotto. Il cambiamento di questo settore è necessario per la sfida della transizione ecologica, ed avrà delle ripercussioni a livello locale; per questo il percorso verso il 2035 (stop alla vendita in Ue di auto nuove a diesel e benzina, ndr) deve essere governato da governo e amministratori locali“.
In tema ambientale, infine, loda il metodo italiano di gestione dei rifiuti, con “la grande sfida nazionale della differenziata, che è per noi una priorità e una vittoria – chiarisce -. Infatti, siamo tra i primi Paesi in Europa ad aver creato un filone produttivo per il riciclo, e su questo noi non faremo nemmeno un passo indietro”, garantisce Pichetto. Anzi: “Devono essere gli altri Paesi Ue a fare dei passi in avanti”

Ue verso proposta price cap sul gas martedì: si cerca l’accordo

Dopo le accuse dei governi di inazione sul fronte energia, la Commissione europea accelera il passo e dovrebbe presentare la proposta legislativa vera e propria per il price cap sul gas “alla riunione del collegio dei commissari di martedì prossimo“, il 22 novembre, che si terrà a Strasburgo in occasione della plenaria dell’Europarlamento. In tempo utile, dunque, perché i ministri europei dell’energia riuniti a Bruxelles giovedì 24 novembre possano discuterne ed eventualmente approvarlo.

L’agenda ancora non è confermata (l’ordine del giorno verrà stabilito lunedì), ma a chiarire che c’è questa possibilità è stato venerdì il portavoce della Commissione europea, Eric Mamer, nel briefing quotidiano con la stampa, rispondendo a una domanda sulle tempistiche di presentazione della proposta legislativa da parte dell’esecutivo. Dopo le pressioni dei governi, la Commissione europea ha presentato mercoledì alle delegazioni dei Paesi membri Ue uno schema con alcuni dettagli per l’introduzione di un potenziale tetto al prezzo del gas come meccanismo di correzione del mercato, ma senza presentare ancora una proposta legislativa vera e propria e soprattutto priva delle cifre essenziali. Proprio l’assenza dell’atto normativo ha rischiato di essere nuovo motivo di attrito con gli Stati membri, che hanno minacciato di bloccare il via libera alle altre misure del pacchetto di emergenza che sarà sul tavolo del Consiglio energia (che include interventi per contrastare l’aumento dei prezzi del gas come un ‘price cap’ dinamico per le transazioni sulla principale borsa del gas di Amsterdam; una base giuridica per avviare gli acquisti congiunti di gas e nuove regole di solidarietà tra gli Stati membri). Al pacchetto del 18 ottobre mancava però la proposta vera e propria sul price cap, per la quale la Commissione Ue si è presa più tempo.

Lo ‘schema’ propone nei fatti l’idea di un tetto ‘statico’ ma con elementi dinamici sui prezzi dei prodotti del mese prima del TTF olandese, il mercato di riferimento per le transazioni del gas in Europa, da attivare in automatico quando vengono soddisfatte due condizioni: quando i prezzi raggiungono una certa soglia (che ancora deve essere definita dai governi) e quando all’aumento non corrisponde un aumento analogo dei prezzi sul mercato mondiale del gas naturale liquefatto (Gnl). Una volta soddisfatte entrambe le condizioni, il meccanismo si attiverebbe in automatico anche se l’esecutivo Ue si assicura di avere la prerogativa di sospenderlo in caso di interferenze sul mercato o disattivarlo in caso di timori per la sicurezza degli approvvigionamenti o in assenza di necessità e questo elemento della proposta è destinato a far creare attrito tra le Capitali.

L’idea dell’Esecutivo è stata accolta con un giudizio positivo dalla maggioranza degli Stati membri, secondo quanto riferiscono fonti diplomatiche, soprattutto dal blocco di 16 Paesi – guidato dall’Italia, insieme Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Francia, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia e Spagna – da mesi ormai a favore di un meccanismo di correzione del mercato come un tetto al prezzo del gas. Alcune riserve sono state sollevate da Stati come Germania e Olanda, che hanno sollevato gli stessi timori sullo schema e sulla proposta, sostenendo in più anche la necessità di effettuare una valutazione di impatto sulle sue implicazioni. La Commissione Ue aveva inizialmente deciso di aspettare di avere il via libera formale da parte dei ministri su questo schema, prima di presentare la proposta vera e propria. Ma la minaccia da parte dei governi Ue di tenere in ostaggio tutto il resto del pacchetto di emergenza, dovrebbe aver convinto l’esecutivo europeo a presentare la proposta vera e propria prima del tempo.

auto e furgoni

Le nuove regole per auto e furgoni al vaglio dell’Aula

La neutralità climatica passa per la trasformazione del settore trasporti, soprattutto quello su gomma. Il 15% delle emissioni totali di gas serra dell’Ue proviene da qui. La Commissione europea propone nuovi standard per autovetture e veicoli commerciali leggeri, condivisi dalla commissione Ambiente del Parlamento Ue che a maggio ha approvato il testo senza una maggioranza chiara (46 favorevoli, 40 contrari, 2 astenuti). Il voto d’Aula in programma mercoledì risulta dunque più incerto che mai. Il testo in plenaria prevede una mobilità stradale a emissioni zero entro il 2035, da raggiungere attraverso una riduzione graduale dell’impatto inquinante e climatico. L’attuale limite di 7 grammi di anidride carbonica prodotti per chilometro percorso deve rimanere valido fino al 2024, per poi scendere a 5 grammi dal 2025, a 4 grammi dal 2027 e 2 grammi fino alla fine del 2034. La commissione Ambiente ha detto poi “no” agli eco-incentivi. Per le industrie, dal momento dell’entrata in vigore del regolamento, spariscono i meccanismi per spingere la produzione di veicoli a zero e basse emissioni, poiché ritenute “non più utili allo scopo originario”.

Si chiede inoltre di rivedere le metodologie di calcolo dell’inquinamento di auto passeggeri e veicoli commerciali leggeri. La soglia di emissione di CO2 va ridotta gradualmente, ma il criterio dei grammi di anidride carbonica dovrebbe essere sostituito da un’analisi più completa e “comune” a livello di Unione europea per valutare “l’intero ciclo di vita delle emissioni di CO2” delle quattro-ruote immesse nel mercato unico, che tenga conto anche dei carburanti utilizzati e l’energia consumata da questi veicoli. Si dà tempo alla Commissione europea fino al 2023 per definire questo nuovo modo di calcolo di sostenibilità.

abruzzo

Quattro regioni italiane al centro del progetto ‘green’ della Ue

Ci sono anche quattro regioni italiane (Abruzzo, Emilia-Romagna, Toscana e Veneto) tra le 63 selezionate dalla Commissione Europea per il progetto pilota per i partenariati per l’innovazione regionale. L’iniziativa, sviluppata dalla Commissione europea e dal Comitato delle regioni, è volta a promuovere le trasformazioni verdi e digitali attraverso l’assistenza degli enti locali da parte degli esperti del Centro comune di ricerca (JRC) per tradurre in atto le politiche green e digital dell’Ue.

L’Europa guarda sempre più verso la transizione ecologica. Ma per percorrere questa strada è fondamentale affrontare l’attuale divario in materia di innovazione presente tra le diverse regioni. A questo proposito i partecipanti al progetto potranno usufruire del ‘Partnership for Regional Innovation Playbook‘, un documento di orientamento utile a migliorare il coordinamento delle politiche di innovazione regionali, nazionali e della Ue.

Una grande difficoltà sta nell’affrontare e comprendere le sfide da superare a livello internazionale. “Attraverso il progetto pilota, la Regione Abruzzo cerca di beneficiare del dialogo interregionale e di acquisire conoscenze su come affrontare con successo gli ostacoli nell’intraprendere la transizione verso la sostenibilità economica, sociale e ambientale e la competitività globale”, ha affermato Marco Marsilio (FdI), presidente della Regione Abruzzo e membro della commissione Ambiente del Comitato europeo delle regioni.

Il confronto tra amministrazioni regionali, nazionali ed europee rappresenterà un vantaggio dal quale ricavare più insegnamenti possibili per trasformare l’Italia in un Paese più sostenibile. “L’azione pilota ‘Partnership of Regional Innovation’ rappresenta per la Toscana momento unico di confronto, di sperimentazione e di apprendimento che ci aiuterà a migliorare il quadro strategico relativo alle politiche per l’innovazione oltre a dotarci degli strumenti di supporto decisionale necessari per abbattere le barriere che frenano la transizione ecologica e digitale”, ha evidenziato il presidente della Regione Toscana, Eurgenio Giani (Pd).

ue

Bocciata la revisione del mercato elettrico. Ue: “Prudenza su tetto prezzi”

La struttura del mercato elettrico all’ingrosso dell’Unione Europea non è responsabile per l’attuale crisi dei prezzi dell’energia, garantisce forniture efficienti e sicure di elettricità in condizioni di mercato relativamente “normali” e dunque “vale la pena di essere mantenuto”. Sono le conclusioni a cui è giunta l’Acer, l’Agenzia dell’Unione Europea per la cooperazione tra i regolatori dell’energia, nella valutazione finale pubblicata venerdì sulla struttura del mercato all’ingrosso dell’elettricità dell’Ue.

L’analisi del mercato elettrico europeo era stata commissionata in autunno dalla Commissione Europea per valutare che tipo di interventi sul mercato apportare per affrontare il rincaro dei prezzi dell’energia, su pressione di diversi Stati membri come la Francia e la Spagna. Con la guerra in Ucraina i prezzi di gas ed elettricità hanno raggiunto livelli da record dal momento che la Russia è il principale fornitore di gas all’Europa. Ma la crisi geopolitica si è inserita in un contesto di prezzi energetici già molto elevati a causa della ripresa della domanda con la progressiva uscita dalla fase più acuta di pandemia Covid-19.

Per mesi i governi europei si sono divisi in due schieramenti, tra un gruppo di Paesi mediterranei guidati dalla Spagna – spalleggiati anche da Italia e Portogallo – a favore di un intervento mirato dell’Ue sul mercato elettrico, con l’introduzione ad esempio di massimali sui prezzi dell’elettricità o del gas e anche un disaccoppiamento dei prezzi del gas e dell’elettricità per evitare il cosiddetto effetto contagio. Germania e altri Paesi del Nord Europa frenano in sostanza perché un massimale di prezzo potrebbe disincentivare gli investimenti alle energie rinnovabili.

Per l’autorità dei regolatori dell’energia l’attuale desing del mercato non ha bisogno di essere ristrutturato in profondità, e non è “responsabile per l’attuale crisi” ma anzi ha contribuito a mitigarne gli effetti più gravi. Tuttavia, le Istituzioni dell’Ue dovrebbero prendere in considerazione miglioramenti “a lungo termine” per garantire l’espansione su larga scala di energie rinnovabili necessarie alla decarbonizzazione entro il 2050, tra cui un aumento degli scambi di elettricità tra i paesi dell’UE, un maggiore coordinamento tra i paesi per sostenere gli investimenti nelle reti e nelle infrastrutture elettriche.

Proprio questa settimana, Madrid e Lisbona hanno ottenuto, vista la particolarità energetica del loro territorio (con poche interconnessioni e tante rinnovabili), l’approvazione da parte della Commissione Europea per fissare un tetto al prezzo del gas come misura temporanea per un anno. L’Acer ritiene che “non sia del tutto chiaro” quale sia il contributo che un tetto al prezzo del gas potrebbe dare. L’autorità avverte della necessità di essere “molto prudenti” verso l’intervento sul mercato all’ingrosso in “tempo di guerra”, quindi giustificato da una emergenza. La relazione conclude che “la necessità di interventi nel funzionamento del mercato dovrebbe essere considerata con prudenza e attenzione in situazioni di estrema costrizione”.

È sulla base di questa valutazione che la Commissione europea dovrà presentare a maggio le sue proposte per una eventuale riforma del mercato elettrico, l’ultimo Consiglio europeo di fine maggio ha dato il mandato politico all’Esecutivo per esplorare tutte le opzioni sul tavolo per ammortizzare i costi della crisi, compreso il cosiddetto ‘price cap’ (il tetto sul prezzo). La Commissione Europea porterà avanti il confronto sulla struttura del mercato elettrico all’ingrosso dell’UE “per fornire le iniziative necessarie già a maggio, come richiesto dal Consiglio europeo di marzo”, ha confermato su Twitter la commissaria europea per l’energia, Kadri Simson.

biogas

La scommessa Ue sul biogas per l’indipendenza energetica

Diversificare i fornitori di gas, decarbonizzare le industrie e puntare sulle energie rinnovabili. Ma non solo. I piani della Commissione Europea per liberarsi dal gas e dagli altri combustibili fossili importati dalla Russia, prevedono anche di aumentare la produzione di biometano nell’UE, portando a 35 miliardi di metri cubi la produzione europea entro il 2030, sfruttando soprattutto fonti di biomassa sostenibili come i rifiuti e i residui agricoli. Dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, iniziata lo scorso 24 febbraio, la Commissione europea ha annunciato un piano ‘REPowerEU’ per rendere l’Europa indipendente dai combustibili fossili russi al più tardi entro il 2027, a cominciare proprio dal gas (che l’UE importa per oltre il 40% del proprio mix energetico). I “come e dove” di questa transizione saranno dettagliati in una comunicazione separata attesa a metà maggio da parte dell’Esecutivo comunitario, ma Bruxelles ha già anticipato nelle linee la sua strategia di attacco mettendo al centro di questo piano anche livelli più alti di biometano prodotto a livello europeo, nell’ottica dello sviluppo di un’economia più circolare.

Il biometano è un gas composto da metano ottenuto dalla purificazione del biogas. Un’alternativa ‘green’ e rinnovabile al gas naturale, che può essere usato tra le altre cose per la fornitura di riscaldamento ed elettricità per gli edifici e le industrie e la produzione di combustibili rinnovabili per i trasporti. L’ambizione di produrre 35 miliardi di metri cubi di biometano all’anno entro il 2030 in UE significa di fatto raddoppiare l’obiettivo proposto dall’Esecutivo europeo neanche un anno fa nel pacchetto sul clima ‘Fit for 55’, che fissava la cifra a 17 miliardi di metri cubi/l’anno nel quadro della revisione prevista della direttiva europea sulle energie rinnovabili.

La proposta della Commissione deve ancora passare al vaglio dei co-legislatori – Parlamento e Consiglio – ma potrebbe essere modificata ancora prima di essere approvata. L’obiettivo di produrre in Europa 35 miliardi di metri cubi di biometano rappresenta oltre il 20% delle attuali importazioni di gas dell’UE dalla Russia e può svolgere un ruolo importante nella strategia di diversificazione delle forniture energetiche all’UE. Secondo le stime provvisorie dell’Esecutivo comunitario, 35 miliardi di metri cubi di biometano possono andare a sostituire fino a 10 miliardi di metri cubi all’anno di gas russo importato entro il 2030, a cui si aggiungono i 25-50 miliardi di metri cubi che potrebbero essere sostituiti con 15 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile prodotto nella Ue.

Secondo l’associazione europea del biogas (EBA), l’obiettivo di arrivare a 35 miliardi di metri cubi di biometano prodotto in Ue è realizzabile, anche se oggi secondo le loro stime gli Stati membri producono solo 3 miliardi di metri cubi di biometano all’anno. Un aumento fino a 35 miliardi di metri cubi richiede la mobilitazione di materie prime sostenibili di biomassa, principalmente rifiuti e residui, ma anche la costruzione di nuovi impianti per la produzione biometano. Nella strategia, che sarà dettagliata nella futura comunicazione, si legge che i piani strategici nazionali che gli Stati membri UE devono mettere a punto nel quadro della nuova politica agricola comune (la PAC) dovranno svolgere un ruolo chiave per sbloccare i finanziamenti al biometano prodotto da fonti di biomassa sostenibili, anche attraverso rifiuti e residui agricoli particolari.

wifi sottomarino

L’italiana Wsense vince il Blueinvest award Ue

L’azienda italiana Wsense ha vinto il Blueinvest award della Commissione europea. L’azienda, nata come spin-off della Sapienza, sviluppa reti wifi sottomarine e ha ottenuto il riconoscimento nella categoria ‘Ocean Observation’ al Blueinvest Day. La categoria, nello specifico, riguardava i nuovi prodotti, tecnologie e soluzioni basate sull’intelligenza artificiale per l’osservazione degli oceani, dalla raccolta e analisi dei dati marini. Wsense è stata una fra le due sole aziende italiane ad essere stata selezionata tra i finalisti del contest Blueinvest Day 2022, l’evento appena concluso dedicato all’innovazione nella Blue Economy organizzato dalla Commissione Europea a Bruxelles grazie al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca.

Questo risultato è motivo di grande soddisfazione per la Sapienza“, sottolinea la rettrice Antonella Polimeni. “Il riconoscimento del contributo dei nostri ricercatori ai progetti internazionali di alto valore scientifico come questo, assume un significato ancora maggiore per il coinvolgimento nel team di giovani studiosi che rappresentano le migliori energie del nostro Paese”. Wsense, nata da un’idea della professoressa Chiara Petrioli come spin-off di Sapienza Università di Roma, è una società deep tech che porta sul mercato tecnologie brevettate per creare reti wireless sottomarine. È uno di principali pionieri del concetto dell’Internet delle Cose per l’offshore (Internet of Underwater Things – IoUT), per il monitoraggio e lo sfruttamento ecosostenibile degli ambienti marini. “Il riconoscimento ricevuto dalla Commissione europea – dichiara Chiara Petrioli – è il risultato di un gruppo eccezionale di dottori di ricerca e giovani ingegneri, con il supporto di un team di manager che hanno creduto in un progetto industriale nato dai laboratori di ricerca della Sapienza. Lavoreremo con ancora più convinzione per la preservazione dei mari e degli oceani e la crescita in Italia di una economia ‘verde e blu’ basata su dati quantitativi al fine di supportare scelte sostenibili, per fornire alle future generazioni il cibo e l’energia necessaria per il nostro futuro”, conclude Petrioli.

EUROPEAN GREEN DEAL

Il sistema ‘a semaforo’ per gli investimenti in energia sostenibile

Sei obiettivi ambientali, tre colori e un sistema comune europeo di classificazione degli investimenti sostenibili. La piattaforma europea di finanza sostenibile, che ha il ruolo di consigliare la Commissione Europea, ha presentato la sua proposta per estendere il campo di applicazione della tassonomia europea creando due nuove categorie di attività economiche – ‘ambra’ e ‘rossa’ – per gli investimenti che non sono propriamente ‘verdi’ e quindi sostenibili. L’Unione Europea lavora da oltre due anni per introdurre un linguaggio comune di classificazione delle attività economiche, uno strumento per orientare gli investitori (soprattutto quelli privati) a fare scelte ragionate e a investire nella transizione del Green Deal.

Per farlo, l’Ue vuole introdurre linee guida uguali per tutti che aiutino a capire quando un investimento o una attività può considerarsi sostenibile, quando non lo è ma potrebbe diventarlo con le giuste risorse. Il secondo atto delegato di questa proposta, adottato il 9 marzo, è quello che a Bruxelles ha fatto più discutere, perché riguarda le attività cosiddette di transizione e include a certe condizioni e per un tempo limitato anche investimenti verso centrali a gas e nucleari. La decisione dell’Esecutivo di inserirli nella tassonomia – senza una chiara distinzione rispetto alle attività propriamente ‘green’ – ha suscitato forti critiche in Parlamento e in Consiglio dell’UE, i due co-legislatori che devono pronunciarsi sul regolamento nei prossimi quattro mesi. Cercando una mediazione, la piattaforma di esperti ha proposto quindi un sistema di classificazione a semaforo, includendo insieme alla categoria ‘verde’ anche una ‘ambra’, intermedia per tutti gli investimenti che non sono propriamente sostenibili ma che possono svolgere un ruolo nella transizione ecologica, come il gas e il nucleare, e una “rossa” per le attività che causano danni ambientali significativi e che, quindi, vanno eliminate.

È davvero importante essere chiari su quali sono queste transizioni necessarie, per assicurarsi che i mercati dei capitali possano impegnarsi”, ha spiegato nel corso della presentazione Nancy Saich, membro della Banca europea per gli investimenti (Bei) e del gruppo consultivo di esperti della Commissione. Nell’idea della piattaforma di finanza sostenibile, ampliare le categorie della tassonomia può aiutare le aziende a finanziare la vera transizione verso quelle attività che possono svolgere un ruolo verso una economia decarbonizzata. Benefici anche dal punto di vista della trasparenza, perché avere tre categorie distinte aiuta anche a capire meglio in cosa si sta investendo.

La proposta della piattaforma potrebbe essere la base di un compromesso per arrivare a una posizione comune tra le tre istituzioni europee. Parlamento e Consiglio hanno quattro mesi per esaminare il documento ed eventualmente opporsi, con la possibilità di chiedere un periodo extra di due mesi per valutare il testo. Agli Stati serve una super maggioranza di almeno 20 membri (su 27) per opporsi, mentre al Parlamento europeo basta una maggioranza semplice (ossia almeno 353 deputati in seduta plenaria). Varie fonti dell’Eurocamera sostengono che una prima votazione dell’atto delegato nelle commissioni competenti ambiente (Envi) e i problemi economici (Econ) dovrebbero svolgersi dal 14 al 21 giugno, per poi fare approdare il testo al voto dell’intera plenaria nella prima settimana di luglio.

agricoltura

Italia sul podio Ue per agricoltura bio, perde in gestione rifiuti

L’Italia batte l’Unione europea sul tema dell’agricoltura biologica, ma sul fronte della gestione dei rifiuti il nostro Paese ha ancora molta strada da fare.

Eurostat ha pubblicato sul suo sito le statistiche più rilevanti per il Green Deal europeo, che è una delle sei priorità della Commissione europea per il 2019-24. Le macro aree sono tre: la riduzione dell’impatto sul clima, la tutela del pianeta e della salute e il viaggio verso una transizione verde e giusta. Si tratta di un quadro di insieme sulle maggiori performance in ambito ambientale registrate dal 2009 al 2020. Confrontando i risultati dell’Italia con quelli della media europea, emerge un quadro fatto di luci ed ombre. Nel campo delle emissioni di gas serra si nota come l’Italia, pur partendo da una situazione molto più critica rispetto agli altri Paesi europei, sia riuscita comunque ad allinearsi ai parametri nel 2019. Ad esempio, nel 2009 partiva con un indice di emissione di 92 punti (la base 100 era quella del 1990), mentre l’Ue era a 81,8; dieci anni dopo Italia e media Ue sulle emissioni erano praticamente appaiate: 74,9 l’Italia contro il 74,1 dell’Ue.

Per quanto riguarda invece le materie prime, l’Italia ne consuma molte meno rispetto alla media Ue: se sostanzialmente nel 2011 il nostro Paese e l’Europa erano vicine (13,9 tonnellate pro capite contro le 15,6 dell’Ue), da quella data in poi il crollo nel Bel Paese è stato verticale, mentre in Ue l’andamento è rimasto stabile. Al 2019 l’Ue consuma 14,5 tonnellate pro capite, l’Italia 9,3.

L’Italia resta indietro anche nella spesa pubblica per ricerca e sviluppo: l’Ue al 2020 aveva speso il 2,32% del Pil, l’Italia solo l’1,53%. Amplissimo invece è il divario tra Europa e Italia nel consumo di energia primaria, un gap ormai atavico (era così sin dal 2009): nel 2020 l’Europa ha consumato in media 1.236,5 milioni di tonnellate di petrolio equivalente (Mtep) contro i 132,3 dell’Italia.

La Penisola vince invece a mani basse nel capitolo ‘Zone di agricoltura biologica’: nel nostro Paese, nel 2020, il 16% della superficie agricola era a vocazione biologica, contro appena il 9,1% della media Ue. Tutt’altro scenario, invece, alla voce ‘Popolazione incapace di riscaldare la casa’: nel 2019 in Italia l’11,1% della popolazione non era in grado di scaldare la propria casa, contro il 6,9% della media Ue. Impennata vertiginosa invece per quanto riguarda la produzione di rifiuti; se l’Italia nel 2008 ne produceva molti meno della media Ue (1.595 kg pro capite contro i 1.731 dell’Europa), in quattro anni l’ha appaiata e superata di 30 kg nel 2018 (1.850 kg pro capite contro i 1.820 dell’Ue).
Infine un altro dato non esaltante per l’Italia è la percentuale di passeggeri che viaggiano in treno: solo il 6,3% di passeggeri interni per km contro gli 8 dell’Unione europea.