Ok finale del Consiglio Ue alla legge sul ripristino della natura

Ripristinare almeno il 20% delle aree terrestri e marine dell’Ue entro il 2030 e tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050. E’ l’obiettivo della legge sul ripristino della natura – la prima nel suo genere – adottata, dopo mesi di stallo, dai ministri dell’Ambiente dell’Ue riuniti in Consiglio, a Lussemburgo. A favore sono stati 20 Paesi (Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Danimarca, Germania, Estonia, Irlanda, Grecia, Spagna, Francia, Cipro, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Austria, Portogallo, Romania, Slovenia, Slovacchia), 6 i contrari (Italia, Polonia, Ungheria, Svezia, Finlandia, Paesi Bassi) e una astensione (Belgio). Decisiva per lo sblocco è stata l’Austria che, cambiando posizione, ha permesso il raggiungimento dei 15 Paesi che rappresentano il 65% della popolazione europea, come stabilito dai Trattati. “I paesi Ue hanno detto la loro ultima parola: la legge sul ripristino della natura è stata adottata! Questa è la decisione giusta ed è ciò che i cittadini, gli scienziati e l’industria continuano a chiedere. Siamo ancora sulla buona strada per invertire la perdita di biodiversità, iniziamo ora a lavorare insieme e dimostriamo che l’Ue è ancora all’avanguardia“, ha commentato il commissario europeo all’Ambiente, Virginijus Sinkevicius, dopo l’approvazione.

Questa legge mira a mettere in atto misure per ripristinare almeno il 20% delle aree terrestri e marittime dell’Ue entro il 2030 e tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050; stabilisce obiettivi e obblighi specifici e giuridicamente vincolanti per il ripristino della natura in ciascuno degli ecosistemi elencati, da quelli terrestri a quelli marini, d’acqua dolce e urbani; e mira a mitigare il cambiamento climatico e gli effetti dei disastri naturali, aiutando l’Ue a rispettare i suoi impegni ambientali internazionali e a ripristinare la natura europea. Il regolamento impone agli Stati membri di stabilire e attuare misure per ripristinare almeno il 20% delle aree terrestri e marittime dell’Ue entro il 2030 e copre una serie di ecosistemi terrestri, costieri e d’acqua dolce, forestali, agricoli e urbani, comprese le zone umide, le praterie, le foreste, i fiumi e i laghi, nonché gli ecosistemi marini, comprese le fanerogame marine e i letti di spugne e coralli. Fino al 2030, gli Stati membri daranno priorità ai siti Natura 2000 nell’attuazione delle misure di ripristino. Sugli habitat ritenuti in cattive condizioni, come elencati nel regolamento, gli Stati membri adotteranno misure per ripristinare: almeno il 30% entro il 2030, almeno il 60% entro il 2040, almeno il 90% entro il 2050. “Gli Stati membri si impegneranno per prevenire un deterioramento significativo delle aree che hanno raggiunto buone condizioni grazie al ripristino e ospitano gli habitat terrestri e marini elencati nel regolamento“, ha evidenziato ancora il Consiglio.

Il Consiglio ha poi sottolineato come, negli ultimi decenni, l’abbondanza e la diversità degli insetti impollinatori selvatici in Europa siano diminuite drasticamente. Per affrontare questo problema, il regolamento introduce requisiti specifici per misure volte a invertire il declino delle popolazioni di impollinatori entro il 2030 al più tardi. Gli Stati membri metteranno anche in atto misure volte a migliorare due di questi tre indicatori: “la popolazione di farfalle delle praterie, lo stock di carbonio organico nei terreni minerali delle terre coltivate e la quota di terreni agricoli con caratteristiche paesaggistiche ad elevata diversità“. Altre misure sono “l’aumento della popolazione di uccelli forestali e la garanzia che non vi sia alcuna perdita netta negli spazi verdi urbani e nella copertura delle chiome degli alberi fino alla fine del 2030“. Inoltre, gli Stati membri metteranno in atto misure volte a ripristinare le torbiere prosciugate e a contribuire a piantare almeno tre miliardi di alberi in più entro il 2030 a livello di Ue. Per trasformare almeno 25 mila km di fiumi in fiumi liberi entro il 2030, gli Stati membri adotteranno misure per rimuovere le barriere antropiche alla connettività delle acque di superficie. Infine, secondo le nuove regole, gli Stati membri devono pianificare in anticipo e presentare alla Commissione piani nazionali di ripristino, mostrando come raggiungeranno gli obiettivi. Devono inoltre monitorare e riferire sui propri progressi, sulla base di indicatori di biodiversità a livello dell’Ue.

Con l’ultimo sì di oggi dato dai Paesi Ue, il regolamento verrà pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Ue ed entrerà in vigore, diventando direttamente applicabile in tutti gli Stati membri. Entro il 2033, la Commissione esaminerà l’applicazione del regolamento e i suoi impatti sui settori agricolo, della pesca e forestale, nonché i suoi effetti socioeconomici più ampi. Soddisfazione è stata espressa dal Wwf Ue che via X ha scritto: “Abbiamo la legge europea sul ripristino della natura! Gli Stati membri hanno appena adottato una legge rivoluzionaria per gli ecosistemi degradati dell’Europa. È una grande vittoria per la natura, i cittadini e l’economia dell’Ue”. Di “enorme passo avanti nella tutela dell’ambiente e di uno strumento cruciale per ridurre” ha parlato anche Cetaf, la rete europea di collezioni biologiche e geologiche, principale voce in Europa per la tassonomia e la biologia sistematica.

INFOGRAFICA INTERATTIVA Ue, il quadro delle presidenze del Consiglio europeo fino al 2030

Nell’infografica interattiva GEA viene illustrata la rotazione della presidenza di turno del Consiglio europeo fino al 2030. Ogni sei mesi infatti la presidenza va a uno dei 27 Paesi dell’Ue; ieri ha iniziato il suo periodo, che terminerà il 30 giugno, il Belgio. All’Italia spetterà nel 2028.

Meloni contro Macron: “Inopportuno invito a Zelensky. Nostra forza dovrebbe essere unità”

Arrivata a Bruxelles per il Consiglio europeo straordinario la premier Giorgia Meloni ha chiarito subito la sua posizione: la presidente del Consiglio italiana non ha infatti gradito l’esclusione dalla cena con Volodymyr Zelensky all’Eliseo, a cui ha partecipato anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz. “Mi è sembrato più inopportuno l’invito” di Macron “al (presidente ucraino, Volodymr) Zelensky – ha detto – La nostra forza in questa vicenda è la nostra compattezza e la nostra unità. Capisco le questioni di politica interna, ma ci sono dei momenti in cui privilegiare la propria opinione pubblica interna rischia di andare a scapito della causa“.

Al vertice Ue straordinario di giovedì e venerdì, per tamponare le ricadute dell’Inflation Reduction Act statunitense sull’Europa, Meloni vuole portare la sua ricetta: prudenza sulla modifica del regime degli aiuti di Stato, perseveranza nel dialogo transatlantico e flessibilità sull’uso delle risorse esistenti. L’attenzione di Roma è a evitare che si creino fratture e divari all’interno del mercato unico. Perché, ha spiegato arrivando a Bruxelles, “dobbiamo difendere la competitività del nostro sistema imprenditoriale, ma non in contrasto con l’Inflation reduction act degli Stati Uniti, ma è un momento in cui riflettere sulle nostre scelte, dobbiamo tornare a controllare le catene di approvvigionamento, dobbiamo aiutare il sistema produttivo ma farlo senza creare disparità all’interno del mercato unico”.

La premier italiana ha preparato il terreno nei giorni scorsi, con la visita, il 3 febbraio, a Stoccolma, che ha Presidenza di turno a partire da questo Consiglio, e nello stesso giorno a Berlino per parlare personalmente con il cancelliere tedesco, Olaf Scholz. Quindi, ha avuto una fitta serie di telefonate: con il presidente francese, Emmanuel Macron, il primo ministro olandese, Mark Rutte, il cancelliere austriaco, Karl Nehammer, il primo ministro greco, Kyriakos Mitsotakis e con il presidente del governo spagnolo, Pedro Sanchez. Con tutti, oltre all’impegno per il sostegno alle imprese europee, filtra comunione d’intenti sull’appoggio all’Ucraina, con Meloni che domani avrà a margine del Consiglio un un incontro bilaterale con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, e per una gestione condivisa dei flussi migratori, incentrata sulla dimensione esterna e sul controllo dei confini.

L’urgenza delle questioni sul tavolo fa la straordinarietà di questo Consiglio: “Mi auguro possa essere risolutivo o comunque un passaggio importante”, ha auspicato ieri il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto. E’ lui, non essendo un Consiglio ordinario, a riferire prima della partenza e non all’intero Parlamento, ma alle commissioni riunite Esteri e Politiche Ue di Camera e Senato. Il lavoro preliminare della premier, con gli incontri e le telefonate dei giorni scorsi, è stato fondamentale, spiega, per “comprendere i punti di contatto e le differenze, per cercare di superarle e trovare una sintesi”.

Su Kiev la posizione dell’Italia è “netta e chiara”, ha assicurato: “Pieno sostegno senza esitazioni con una forte condanna dell’invasione russa”. Quanto alle ricadute economiche, soprattutto dopo l’Ira statunitense, è stato proposto alla Commissione di mettere in campo modifiche alle regole sugli aiuti di Stato. E’ un’operazione che Roma considera “pericolosa“, perché “altera la tenuta del mercato interno e non dà una risposta unitaria né agli Stati Uniti né all’interno dell’Unione”, ribadisce Fitto. Sarà istituita una commissione per il dialogo tra le due sponde dell’Oceano che, sottolinea, “riteniamo sia fondamentale”. Le modifiche vanno valutate con la massima prudenza, per l’esecutivo, la posizione è cauta e non favorevole a una procedura accelerata.

Serve insomma un quadro chiaro. Nel caso in cui si inizi a ragionare di modificare gli aiuti, l’Italia sposa la proposta che ci sia “una disponibilità forte a una flessibilità nell’uso delle risorse esistenti”. Il tema, ha puntualizzato Fitto, “non è marginale: l’utilizzo flessibile può essere coerente rispetto allo scenario in cui ci troviamo. D’altronde sarebbe singolare che nel cambio complessivo di paradigma si mantenga la rigidità sull’uso delle risorse esistenti”, afferma. Qualcuno, per sostenere le economie, ipotizza la possibilità di mettere in campo un’iniziativa “simile al programma Sure”: “Per noi va bene, ma non raccoglierà ampi consensi”, prevede Fitto.

Infine, l’ipotesi di un fondo sovrano, per la quale c’è una “sollecitazione forte” perché la Commissione presenti una proposta entro l’estate: “Il tema tempo è decisivo e interconnesso con la flessibilità”, avverte il ministro. E’ un’ipotesi che quindi Roma sostiene.
Sull’uso flessibile delle risorse esistenti, l’Italia lavora all’attivazione del RePowerEu all’interno del Pnrr. Il piano è stato pensato all’indomani del Covid, ma prima della guerra in Ucraina, per far fronte alle nuove esigenze, va modificato. “Il governo ha iniziato la fase di consultazione e confronto degli stakeholder per predisporre un programma che implementerà il Pnrr e inevitabilmente è collegato alla coesione. L’obiettivo è un riallineamento dei programmi con una strategia chiara e un confronto costante con la Commissione europea. Stiamo proseguendo con un lavoro proficuo”, informa Fitto.

Le risorse serviranno anche per accelerare il Piano Mattei, che nelle intenzioni del governo farà dell’Italia l’hub energetico d’Europa, grazie agli scambi con il Nord Africa. “La collocazione naturale del Paese nel Mediterraneo fa sì che ci possa essere un nuovo protagonismo per l’Italia, che vada oltre i confini nazionali”, ricorda il ministro. In questa prospettiva, insiste, “l’utilizzo intelligente delle risorse rappresenta un’opportunità”.