
Nonostante i dazi la Cina non frena: prevista crescita al 5,2% nel II trimestre 2025
La Cina dovrebbe annunciare la prossima settimana una crescita di circa il 5% nel secondo trimestre, secondo gli analisti intervistati da France Presse, nonostante la guerra commerciale con Washington e i consumi ancora modesti.
La seconda economia mondiale sta combattendo una battaglia su più fronti per raggiungere il suo obiettivo di crescita “di circa il 5%” nel 2025, un compito complicato dal braccio di ferro commerciale lanciato dal presidente americano Donald Trump. Il dato ufficiale del Prodotto interno lordo per il periodo aprile-giugno, che sarà pubblicato martedì, fornirà un indicatore cruciale dello stato della seconda economia mondiale. Secondo la stima condotta da un panel di una decina di analisti intervistati da Afp, il Pil cinese è cresciuto del 5,2% su base annua nel secondo trimestre, contro il +5,4% del primo trimestre.
Questi buoni risultati sono dovuti in particolare alle esportazioni vigorose, paradossalmente stimolate dal conflitto commerciale, e al sostegno statale ai consumi interni. Ma gli esperti avvertono del rischio di un rallentamento nei prossimi sei mesi. “Il commercio estero non può compensare da solo la debolezza della domanda interna”, spiega Sarah Tan, economista di Moody’s Analytics. “Senza un sostegno politico più deciso e riforme strutturali per rafforzare i redditi e la fiducia delle famiglie, la ripresa cinese rischia di perdere slancio nella seconda metà dell’anno”, aggiunge.
Le esportazioni cinesi sono state vigorose nel secondo trimestre dell’anno, in particolare perché le aziende hanno aumentato gli ordini per proteggersi da nuove turbolenze commerciali. “Aprile è stato particolarmente favorevole alle esportazioni, a causa dei dazi doganali statunitensi particolarmente elevati (annunciati) in quel mese”, spiega Alicia Garcia-Herrero, capo economista per l’Asia-Pacifico presso Natixis. Questa vitalità ha portato la banca a rivedere al rialzo le sue previsioni di crescita per il secondo trimestre, spiega l’economista, che avverte tuttavia dei rischi di una crescita “molto più debole” nei prossimi mesi.
A metà giugno, Washington e Pechino hanno concordato a Londra un “quadro generale” per appianare le loro divergenze commerciali, ma i punti di attrito rimangono numerosi, sottolineano gli esperti. Di fronte a queste incertezze, la Cina spera che i consumi interni prendano il posto delle esportazioni come motore di crescita per raggiungere il suo obiettivo annuale di PIL. Negli ultimi mesi, lo Stato-partito ha annunciato misure di stimolo dei consumi, tra cui un programma di sussidi pubblici volto a incoraggiare le famiglie a sostituire o acquistare nuovi beni. “Sebbene questo dispositivo abbia stimolato brevemente le vendite al dettaglio, non ha risolto i problemi strutturali più profondi che frenano i consumi, come la stagnazione dei redditi, la scarsa sicurezza del posto di lavoro e il morale fragile”, sottolinea Sarah Tan. Questo piano è “solo una soluzione temporanea”, afferma. La crescita del primo trimestre ha superato le aspettative, attestandosi al 5,4%, anche grazie alle esportazioni solide. “Se la crescita del PIL supererà il 5% su base annua nel primo semestre del 2025, sarà grazie alla produzione manifatturiera e alle esportazioni”, scrivono Larry Hu e Yuxiao Zhang, economisti di Macquarie. “Ma poiché la domanda interna rimane debole, questa crescita è deflazionistica, senza creazione di posti di lavoro né profitti”, aggiungono. I prezzi al consumo in Cina sono infatti diminuiti in aprile e maggio, un fenomeno generalmente considerato pericoloso per l’economia, prima di registrare una leggera ripresa in giugno. I prezzi alla produzione sono invece diminuiti il mese scorso al ritmo più rapido degli ultimi due anni. “Senza una forte ripresa politica, sarà difficile sfuggire all’attuale spirale deflazionistica”, scrivono Hu e Zhang. Ma “un piano di stimolo massiccio è improbabile finché le esportazioni rimangono solide”. I leader cinesi “vogliono semplicemente raggiungere l’obiettivo del 5%, non superarlo”, concludono.