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Enea: In Italia da aprile a settembre +6% emissioni CO2, rinnovabili in calo dell’11%

È tutt’altro che positivo il quadro che emerge dall’Analisi Enea del sistema energetico italiano per il II e III trimestre dell’anno. Se, da un lato, evidenzia infatti consumi di gas più bassi, dall’altro si registra anche un calo delle rinnovabili, oltre alla crescita delle emissioni di CO2 e un forte peggioramento dell’indice della transizione energetica Ispred (-60% nel III trimestre). Dai primi nove mesi dell’anno, quindi, giungono segnali di criticità: a fronte di consumi di energia sostanzialmente fermi, con la previsione di un calo dell’1,5% sull’intero 2022, le emissioni di CO2 sono cresciute del 6%, con una stima di aumento di oltre il 2% a fine 2022. D’altra parte, a fronte del maggiore ricorso alle fonti fossili che stanno quasi tornando ai livelli pre-pandemia (+8% petrolio e + 47% carbone) e di una riduzione del 3% dei consumi di gas, le rinnovabili hanno registrato un calo dell’11%, dovuto a una riduzione dell’idroelettrico che l’aumento di solare ed eolico non è riuscito a compensare.
“Il forte calo dell’indice Enea-Ispred è da collegarsi in particolare al peggioramento della componente decarbonizzazione, scesa al valore minimo della serie storica”, spiega Francesco Gracceva, il coordinatore dell’Analisi trimestrale Enea. “In questo scenario – continua – l’obiettivo europeo di riduzione delle emissioni del 55% al 2030 potrà essere raggiunto solo se nei prossimi otto anni riusciamo a ottenere una riduzione media annua di quasi il 6%”.

Sul fronte della sicurezza energetica, l’analisi evidenzia il peggioramento dell’adeguatezza del sistema gas. “In vista del prossimo inverno richiede particolare attenzione la capacità delle infrastrutture gas di coprire la punta di domanda: infatti, nel caso di un completo azzeramento dei flussi dalla Russia (scesi sotto al 20% dell’import totale nei primi nove mesi, ma già quasi a zero a ottobre), risulterebbe molto difficile coprire punte di domanda legate a picchi di freddo intenso che investano l’intero territorio nazionale”, commenta Gracceva.
Lato prezzi, se per il gas gli incrementi registrati in Italia sono simili alla media europea, nel caso dell’elettricità gli aumenti sono stati all’incirca doppi di quelli registrati nell’Ue, in particolare nel caso delle imprese. “Rispetto al 2021 un’impresa con consumi medio-bassi ha visto aumentare i prezzi di elettricità e gas rispettivamente del 60% e del 120% nel primo semestre 2022, mentre nell’intero 2022 supereranno di ben oltre il 50% i precedenti massimi storici”, sottolinea Gracceva.
A livello di settori, nel periodo gennaio-settembre 2022, i consumi sono diminuiti considerevolmente nell’industria, con un calo particolarmente accentuato nel III trimestre (-15%), mentre è continuata la forte ripresa dei trasporti, sebbene a tassi progressivamente più contenuti (+12% nei nove mesi, +4% nel III trimestre). L’aumento delle emissioni, invece, è riconducibile quasi interamente alla produzione di energia elettrica e calore, alle raffinerie e alle industrie energivore.
“Un segnale importante è che i consumi di energia hanno iniziato a contrarsi in misura progressivamente maggiore rispetto alla dinamica di fattori determinanti come l’andamento del PIL, produzione industriale, mobilità e clima. Un trend simile si è stato registrato in tutta Europa con un calo della domanda dello 0,7% nei primi nove mesi dell’anno”, spiega Gracceva. “È evidente -aggiunge – che la riduzione sia stata determinata fortemente anche dagli alti prezzi dell’energia che hanno imposto a molte imprese energivore uno stop delle attività. Tuttavia, nei prossimi mesi sarà fondamentale verificare se la contrazione possa andare oltre, come effetto delle misure di risparmio energetico”.

In termini di fonti primarie i primi nove mesi del 2022 hanno visto proseguire la risalita delle fonti fossili: i consumi di petrolio sono cresciuti dell’8%, avvicinandosi ai valori pre-pandemici. Ancora più marcato l’aumento dei consumi di carbone (+47%), che a fine anno torneranno non lontani dai livelli del 2018. In forte diminuzione invece i consumi di gas naturale (-3% nei nove mesi, -8% nel III trimestre) e di fonti rinnovabili, in calo costante dell’11% circa in tutti e tre i primi trimestri dell’anno. La performance delle rinnovabili è stata influenzata negativamente dalla significativa riduzione dell’idroelettrico (-25% rispetto al minimo degli ultimi 15 anni), non compensato dall’aumento del 9% di eolico e solare nei primi nove mesi dell’anno, ai massimi storici nel periodo con una quota del 16,3% sulla richiesta di energia elettrica e un picco del 21,7% ad aprile.
L’Enea evidenzia anche un problema sulle materie prime, la cui disponibilità potrebbe risultare un collo di bottiglia per la transizione energetica. Infatti, i dati indicano una pressoché totale dipendenza dell’Ue dall’estero per terre rare, platino e litio (100%), tantalio (99%) e cobalto (86%). Dipendenza ancora più forte per l’Italia, dove le Crm hanno un’incidenza sul Pil pari al 32% e sull’export all’86%. “L’eventualità di non poter soddisfare al 2030 la domanda di energia eolica e per i veicoli elettrici è molto forte”, conclude Gracceva.

Pichetto: “Nel 2030 due terzi energia da rinnovabili, servono rigassificatori”

Il Mase prosegue sulla via della transizione energetica. L’obiettivo al 2030 resta produrre un terzo dell’energia da fonti fossili e due terzi da rinnovabili. Intanto però, i rigassificatori sono necessari per raggiungere l’indipendenza dalla Russia, Piombino sarà temporaneo, in uso per non oltre tre anni. “C’è l’impegno mio e del governo“, assicura il ministro, Gilberto Pichetto Fratin. In cambio, la città toscana riceverà compensazioni. Lo Stato si farà carico delle esigenze delle comunità che “offrono un servizio così importante al Paese“, afferma Pichetto. Si tratta di realizzare opere di riqualificazione ambientale importanti e in tempi rapidi.

Il titolare del dicastero di via Cristoforo Colombo risponde alle domande delle commissioni Ambiente e Attività produttive e fa il punto sulle sue linee programmatiche. “Il conseguimento degli obiettivi di autonomia energetica, rende indifferibile un percorso di importante sviluppo di fonti rinnovabili“, ribadisce. Il Pnrr prevede uno stanziamento di 60 miliardi di euro con l’aumento della quota di produzione di energia verde, il potenziamento delle infrastrutture di rete, la promozione dell’efficienza e della produzione e dell’utilizzo dell’idrogeno.

Ambiente e sicurezza energetica sono strettamente interconnesse, il cambio del nome del ministero non è un caso: “E’ volto a rimarcare le due grandi missioni, che sono tutt’altro che antitetiche“. Un esempio è il Piano nazionale integrato energia e clima, che ha il compito di pianificare le politiche di decarbonizzazione e di contrasto alle emissioni climalteranti. In altre parole, spiega: “E’ teso al contrasto al cambiamento climatico, ma al tempo stesso punta ad implementare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, il mercato interno dell’energia, la ricerca, l’innovazione e la competitività“.

Le trasformazioni e i cambiamenti del sistema energetico, dunque, costituiscono un elemento fondamentale per la riuscita della transizione ecologica. Quanto alle Comunità energetiche rinnovabili, annuncia, “sono in corso interlocuzioni in Europa, credo di poter dire che c’è l’assenso a trasformare il prestito in sovvenzione. Questo ci permette di superare alcuni nodi, spero a giorni o a ore di avere formale risposta da parte dell’Unione europea“.

A Bruxelles l’Italia continuerà a giocare un ruolo da protagonista, garantisce, con lo stesso approccio che l’ha portata al negoziato sul cap al prezzo del gas. “E’ stato il nostro Paese a portare un numero considerevole di altri Stati membri a chiedere una soluzione condivisa a livello europeo“, rivendica e precisa che il price cap “non è la definizione del prezzo, ma una misura anti-speculazione. Funziona come in borsa, quando viene sospeso un titolo per eccesso di ribasso o di rialzo“.

In prospettiva, nessuna preclusione sul nucleare, torna a ripetere. Anzi, incalza, “mi sembra possa rispondere in maniera efficace al raggiungimento degli obiettivi di neutralità tecnologica“. Lo stato delle competenze resta comunque in capo all’Enea e l’auspicio è che si arrivi a implementare la quarta generazione nell’arco di 10-15 anni: “Sarà un vettore tecnologico di transizione propedeutico all’approccio finale alla fusione nucleare“.

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ENEA e Asi guardano alla Luna per produrre energia con un mini-reattore nucleare

Progettare un mini-reattore nucleare made in Italy compatto, leggero, affidabile e sicuro, in grado di produrre energia per le future basi lunari e la successiva colonizzazione di Marte e dello Spazio profondo. È l’obiettivo dell’accordo di collaborazione sottoscritto da ENEA e Agenzia Spaziale Italiana (ASI) che punta a sfruttare competenze, infrastrutture e professionalità multidisciplinari dei Centri di Ricerche ENEA di Bologna e Brasimone (Bologna) e di ASI per costruire uno Space Nuclear Reactor (SNR). L’annuncio viene dato in occasione della seconda Giornata nazionale dello spazio del 16 dicembre. “I principi base per la progettazione dello Space Nuclear Reactor sono la modularità, in grado di garantire un facile ampliamento della potenza disponibile, e la ridondanza dei sistemi essenziali per garantire la massima sicurezza del reattore”, sottolinea Mariano Tarantino, responsabile della Divisione ENEA di Sicurezza e sostenibilità del nucleare. “Particolare attenzione – aggiunge – verrà posta alla minimizzazione del peso totale del sistema per rendere possibile il trasporto a bordo di un razzo cargo e l’affidabilità dei componenti, privilegiando, ove possibile, tecnologie mature made in Italy”.

Nei prossimi 15 mesi ENEA ed ASI delineeranno le caratteristiche dello Space Nuclear Reactor italiano, identificheranno i possibili scenari operativi (esplorazione lunare, marziana e dello Spazio profondo) e le tecnologie ritenute critiche, effettueranno un’analisi costi-benefici tenendo conto dei differenti scenari d’interesse e definiranno una roadmap di Ricerca e Sviluppo per le fasi successive.
ASI guarda con interesse a questa tecnologia che potrebbe su lungo periodo contribuire a risolvere i problemi energetici nelle fasi sia di esplorazione di altri pianeti, che per i viaggi e le esplorazioni nello Spazio profondo. Poter disporre di un reattore compatto, modulare, affidabile, di piccole dimensioni e in grado di garantire la necessaria sicurezza alla vita dell’uomo in un ambiente già di per sè ostile, costituirebbe una grande potenzialità per l’esplorazione. Inoltre, operare con dimensioni contenute permetterebbe una riduzione dei costi di produzione, dei tempi di sviluppo e un ingombro che ne consentirebbero l’utilizzo esteso senza difficoltà di trasporto, in diversi scenari.
I reattori nucleari per applicazioni spaziali sono stati studiati fin dagli anni ’50 come alternativa affidabile, efficiente e compatta. Se nel secolo scorso l’utilizzo è stato limitato ad alcuni prototipi negli Stati Uniti e in Russia, a partire dal 2000 il rinnovato interesse per l’esplorazione umana della Luna e di Marte ha contribuito ad accrescere gli investimenti per la progettazione di piccoli reattori da impiegare nelle future missioni, al fine di garantire indipendenza e piena funzionalità agli “avamposti spaziali”.

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Dialuce (Enea): “Completare stoccaggi ma servono anche piccoli gesti”

Se sono ottimista per l’inverno che verrà? L’importante per ora è completare il riempimento degli stoccaggi di gas e ovviamente sarà importante adottare misure comportamentali per ridurre il consumo e farli durare di più“. Gilberto Dialuce, presidente di Enea, non si sbilancia, resta realista e prevede che non potremo evitare del tutto i disagi creati dalla crisi del gas: “Con gli stoccaggi siamo a ottimo punto, ma criticità potrebbero arrivare nella seconda metà dell’inverno, verso verso febbraio-marzo e poi tutto dipenderà da quello che succederà con le importazioni dalla Russia, che a oggi sono circa la metà“, spiega contattato da GEA.

Il piano di risparmio adottato dal Mite si è basato sul rapporto Enea presentato due mesi fa, che prevedeva possibilità di intervenire per contenere i consumi, “non solo per le criticità attuali, ma anche in ottica di decarbonizzazione“, ricorda Dialuce.

Investire nelle rinnovabili “non basta“, occorre “aumentare l’efficienza energetica, consumare in modo intelligente e consumare meno. Questo documento faceva un’analisi a tutto campo, non solo per ridurre la temperatura degli ambienti e la durata del periodo complessivo del riscaldamento, ma proponeva anche altri interventi sugli stili di vita. Significa rendersi conto consapevolmente di quanto l’energia sia un bene prezioso“.

I piccoli gesti ci coinvolgono tutti, sono fondamentali e a costo zero: “Si possono fare da subito, intervenendo su cose anche banali come la durata della doccia o la lavatrice solo a pieno carico. Se lo facessero tutti gli italiani, investendo in una campagna di informazione, ci sarebbe una crescita stabile delle coscienze che porterebbe 2,7 miliardi di risparmio“. Sommata ad altre misure che comporterebbero investimenti minimi, come sostituire le lampadine con i led, rinnovare gli elettrodomestici, installare pompe di calore elettriche al posto della caldaia, il risparmio sarebbe notevole: “Se sommiamo tutto c’è un grosso potenziale, 6 miliardi e mezzo di metri cubi che possono essere risparmiati strutturalmente“.

Quanto invece alle grandi decisioni da prendere a livello centrale per il mix energetico italiano, l’obiettivo è guardare alla decarbonizzazione e il futuro passa per l’idrogeno prodotto da fonti rinnovabili ma anche dal nucleare di quarta generazione e in prospettiva dalla fusione. Sono fonti da integrare alle rinnovabili, che sono intermittenti: “C’è il tema dello stoccaggio stagionale, che a oggi è ancora da inventare“, ricorda Dialuce.

Uno degli scenari fatti a livello nazionale ed europeo prevedono un aumento della quota rinnovabile, ma ci sono ancora consumi non facilmente immaginabili elettrificabili – afferma -. Elettrificare questi processi non è semplice“. Le imprese che hanno bisogno di calore, ma non ad altissima temperatura, possono sfruttare il solare termodinamico, quelle che hanno bisogno di temperature molto più alte dovranno puntare sull'”idrogeno, prodotto con rinnovabili“. Per il settore dei trasporti pesanti, per i quali l’idrogeno è una possibilità, dovranno passare anche dai biocarburanti, ma non solo. “Se oltrepassiamo il 2030, nell’ultimo miglio, dal 2030 al 2050, saranno necessari salti tecnologici e alcuni paesi contano anche sul nucleare di quarta generazione e, in prospettiva, sulla fusione“.

La quarta generazione del nucleare vedrà la luce tra non molto, assicura: “È già in via di sviluppo, ci sono progetti di reattori che possono essere alimentati a piombo fuso (Enea è in un progetto di ricerca). È una tecnologia commercialmente disponibile in un orizzonte abbastanza vicino, nell’arco di una decina di anni“.

Progetto Bargain difende le spiagge. Cappucci (Enea): “Riutilizzare biomasse”

Quelle foglie di Posidonia Oceanica che potevano rappresentare un problema, soprattutto dal punto di vista estetico, sono invece diventate preziose risorse grazie al Progetto Bargain gestito da Enea, Ispra e Università Roma Tor Vergata. Ne parla a GEA il ricercatore Enea, Sergio Cappucci. “Questa tecnologia – spiega – nasce sulle isole Egadi con il Progetto Egadi e ora è stata implementata grazie a un processo innovativo e brevettato che ha ci ha permesso anche di ricevere un premio nel 2013“.

Ma partiamo dall’inizio: la Posidonia è una pianta acquatica diffusa in tutto il Mediterraneo (meno nell’Adriatico). Le sue foglie sono come delle lunghe fettucce verdi che ogni anno si spiaggiano perché portate a riva dalle correnti. Lo spiaggiamento della Posidonia sugli arenili è un processo naturale, ma i bagnanti, soprattutto nel Lazio, la considerano spesso un rifiuto maleodorante invece di una componente naturale del litorale, ignorandone le importanti funzioni ecologiche. Nel ‘Progetto Bargain, spiaggia ecologica’, si realizza invece una convivenza equilibrata tra elementi naturali e antropici e la Posidonia spiaggiata viene gestita in modo corretto e consapevole, evitando il conferimento in discarica. “Con le mareggiate – prosegue Cappucci – a riva si mescolano sia i rifiuti plastici che le foglie di Posidonia; per questo ci siamo inventati questo sistema per riutilizzare le biomasse”.

Tra aprile e maggio quindi, sia l’amministrazione locale che i gestori dei lidi, raccolgono le foglie, le separano dagli altri rifiuti e le fanno asciugare. Una volta asciutte, le foglie vanno a costituire l’arredo balneare, come l’imbottitura di sedute della spiaggia, oppure diventano passerelle sulla sabbia, paraventi tra ombrelloni e spiagge, camminamenti o strutture ombreggianti. Terminata la stagione balneare, il materiale vegetale torna di nuovo al suo stato naturale per formare cumuli che possano difendere la spiaggia dall’erosione del mare. Un circolo virtuoso che si ripete dunque ogni anno. “Sulla stessa linea – spiega Cappucci – c’è stato il Progetto Stratus a Villasimius, poi quello a Capo Carbonara e a Favignana. Nel biennio 2018-2020 invece è stato mandato in porto, con Ispra e Università di Tor Vergata, il Progetto Bargain“. E ha avuto parecchio successo. Cappucci riferisce infatti che i bagnanti hanno apprezzato quest’anima ecologica degli stabilimenti balneari e li hanno premiati frequentandoli. “La nuova frontiera – conclude Cappucci – è ora legata alla legge Salvamare, recentemente approvata dal Parlamento. L’articolo 5 infatti parla specificatamente di gestione delle biomasse vegetali spiaggiate, come lo sono appunto le foglie della Posidonia“.

Secondo le norme la reimmissione nell’ambiente naturale, anche con riaffondamento in mare o trasferimento nell’area dietro le dune di sabbia, può essere effettuata solo dopo la separazione della sabbia dal materiale organico nonché alla rimozione dei rifiuti plastici, e la loro destinazione può essere anche finalizzata al ripascimento dell’arenile. Tutte iniziative che Enea, con Ispra, effettua ormai da anni.

Lago Trasimeno

Microplastiche nelle acque dolci: parte monitoraggio Legambiente-Enea-Arpa

Nei laghi Bracciano e Trasimeno sono presenti microplastiche da frammenti di rifiuti, polistirolo e pellet. Lo rilevano i dati del progetto Blue Lakes di Legambiente, in collaborazione con Enea e Arpa. Il problema dell’inquinamento delle acque dolci è diffuso, ma ancora non abbastanza affrontato.

Abbiamo iniziato a monitorare le microplastiche nei laghi nel 2016, venivamo da un monitoraggio in mare e ci siamo resi conto che mancava informazione sull’inquinamento delle acque interne, questa era a nostro avviso una carenza enorme“, spiega Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente, presentando il progetto a Piediluco, lago rientrato recentemente nel monitoraggio. “Con Enea abbiamo iniziato a fare una prima sperimentazione sul lago di Garda, poi abbiamo capito che serviva un’azione più strutturata da qui nasce Blue Lakes”.

Il progetto è articolato: affronta l’emergenza ambientale mirando a prevenire e ridurre la presenza delle microplastiche nei laghi attraverso un approccio integrato che rafforza la governance, forma gli addetti ai lavori, aumenta la consapevolezza attraverso attività di informazione e sensibilizzazione della cittadinanza. L’obiettivo è sviluppare e condividere metodi standardizzati di monitoraggio.

Nei campioni raccolti nel Bracciano e nel Trasimeno, sono stati rilevati soprattutto frammenti, presenti in tutte le stagioni con valori percentuali dal 90 al 70% sulle microplastiche analizzate. Tra le altre microplastiche, i film (che solitamente derivano dalla decomposizione degli imballaggi) mostrano un aumento percentuale nel periodo primaverile; le fibre (associate solitamente al lavaggio degli indumenti) sono in percentuale inferiore (4%) rispetto alle forme predominanti e non sono presenti nei campioni primaverili. Rimane costante infine la presenza dei filamenti con un valore maggiore pari al 9% nel campionamento invernale.

Dalla caratterizzazione chimica condotta per consentire l’identificazione del polimero che compone ogni particella raccolta è emersa una percentuale predominante di polietilene (PE) e polipropilene (PP) in entrambi i laghi, rispettivamente 50 e 15% nel lago di Bracciano, 70 e 20% nel Trasimeno.

Polietilene e Polipropilene sono tra i materiali più presenti nella nostra vita quotidiana: il primo costituisce il 40% del volume totale della produzione mondiale di materie plastiche, il secondo trova largo impiego come plastica per alimenti, ad esempio per contenitori alimentari rigidi, come i vasetti di yogurt, i bicchierini di plastica per caffè o i tappi delle bottiglie di plastica.

microplastiche

Nel lago di Bracciano è presente una maggiore eterogeneità di polimeri, seppure con valori non superiori al 2%, fatta eccezione per il polietilene tereftalato PET (28%). Diversamente nel Trasimeno il polistirene (PS) è il terzo polimero maggiormente presente con valore pari al 10%, mentre il polivinilcloruro (PVC) anche se presente non supera l’1%.

Questi dati sulla quantità e tipologia di microplastiche nei corpi idrici lacustri consentono di colmare il gap di conoscenze rispetto ai numerosi studi condotti nei mari e negli oceani in tutto il mondo, di studiare questo fenomeno complesso e ampiamente diffuso e la standardizzazione dei metodi di monitoraggio è fondamentale per confrontare dati, valutare la distribuzione e l’apporto di particelle nella dinamica terra-mare“, sottolinea Maria Sighicelli, ricercatrice del Dipartimento sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali Enea.

L’applicazione di questo protocollo, aggiunge Zampetti, ha richiesto un “continuo adattamento alle diverse condizioni ambientali delle acque interne sottoposte ad una maggiore incidenza di micro e nano-plastiche dovuta alle numerose attività antropiche e alla vicinanza di aree urbanizzate eterogenee“. La sua definizione è molto importante perché, prosegue “ad oggi, se questo inquinamento è monitorato e codificato nelle acque marine, non lo è nei fiumi e nei laghi, dove non solo le microplastiche sono presenti ma spesso si fa un uso importante delle acque ai fini irrigui o idropotabili. Per questo ci auguriamo che il progetto Blue Lakes possa contribuire a dare uno strumento utile di monitoraggio e a rivedere la normativa sui controlli, inserendo anche questo parametro”.

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Risparmiare e aiutare l’ambiente: i 20 consigli di Enea

Contro il caro-bollette e gli sprechi di energia, arriva la guida di ENEA in 20 punti per risparmiare sui consumi e aiutare l’ambiente. La guida contiene suggerimenti su buone pratiche da applicare ed errori da evitare 10 consigli riguardano l’uso efficiente del riscaldamento e altri 10 l’uso ‘intelligente’ dell’energia.

  1. Utilizzare lampadine a risparmio energetico. La tecnologia LED permette un grande risparmio energetico in quanto, a parità di potenza assorbita, produce una luce 5 volte superiore rispetto alle classiche lampadine ad incandescenza e alogene.
  2. Migliorare la coibentazione dell’abitazione. La realizzazione di un isolamento termico a cappotto dell’involucro e in particolare la coibentazione della copertura, riducono le dispersioni tra il 40 e il 50%.
  3. Isolare tetto e soffitto. Un tetto ben isolato fa la differenza sulla bolletta energetica, riuscendo a contenere le dispersioni di calore verso l’alto.
  4. Utilizzare serramenti a doppi vetri. Importante è la sostituzione dei vecchi serramenti, che spesso sono portatori di spifferi e ponti termici.
  5. Ridurre l’utilizzo di acqua calda. Fare il bagno rispetto a fare una doccia implica un consumo di acqua di quattro volte superiore. Infatti il consumo medio di acqua per fare il bagno è di 120 -160 litri, mentre per fare una doccia di 5 minuti è stimato un consumo di 75-90 litri e per una di 3 minuti 35-50 litri.
  6. Preferire apparecchi elettronici di classe energetica superiore. I consumi elettrici delle abitazioni sono riconducibili per il 58% agli elettrodomestici ed è grazie alla sostituzione di questi ultimi che si può ottenere una sensibile riduzione dei consumi energetici.
  7. Utilizzare ciabatte multipresa. Lasciando gli elettrodomestici in stand-by per un anno si accumula un consumo inutile stimato tra gli 8.760 Wh e i 35.040 Wh
  8. Non lasciare la luce accesa inutilmente.
  9. Realizzare impianti di generazione di energia rinnovabile sfruttando fonti come il sole, il vento, l’acqua.
  10. Effettuare la manutenzione degli impianti che consumano ed inquinano meno quando sono regolati correttamente.
  11. Controllare la temperatura degli ambienti. Ogni grado in più comporta consumi di energia significativi, con conseguente aggravio in bolletta.
  12. Fare attenzione alle ore di accensione dei riscaldamenti.
  13. Schermare le finestre durante la notte. Chiudendo persiane e tapparelle o mettendo tende pesanti si riducono le dispersioni di calore verso l’esterno.
  14. Evitare ostacoli davanti e sopra i termosifoni e non lasciare le finestre aperte a lungo.
  15. Fare il check-up dell’immobile, tramite la diagnosi energetica o l’attestato di prestazione energetica (APE), consente di determinare gli interventi più convenienti per contenere consumi e costi.
  16. Dotare il proprio impianto di una centralina di regolazione della temperatura.
  17. Utilizzare valvole termostatiche.
  18. Utilizzare un sistema di contabilizzazione del calore per gestire in autonomia il riscaldamento del proprio appartamento e pagare solo in base al consumo effettivo.
  19. Sostituire la caldaia esistente con una caldaia a condensazione perché raggiungono un’efficienza più alta e garantiscono un risparmio energetico oltre che economico.
  20. Sbrinare regolarmente frigoriferi e congelatori affinché abbiano un’efficienza energetica maggiore.

20 consigli ENEA

Dialuce

Ecco come risparmiare 2,7 miliardi di metri cubi di gas

Risparmiare quasi 2,7 miliardi di metri cubi di gas metano e ridurre la bolletta delle famiglie di circa 180 euro/anno, grazie a un insieme di misure nel settore residenziale. È questo in estrema sintesi l’obiettivo dello studio ‘Azioni per la riduzione del fabbisogno nazionale di gas nel settore residenziale’, elaborato dall’ENEA e presentato l’11 luglio dal presidente Gilberto Dialuce nel corso di un evento stampa online al quale hanno partecipato il ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, l’amministratore delegato di Snam, Stefano Venier, il delegato nazionale Energia e Rifiuti dell’ANCI, il sindaco di Lecce Carlo Salvemini e la direttrice del Dipartimento Efficienza energetica dell’ENEA, Ilaria Bertini.

Lo studio approfondisce due specifiche linee di azione, ovvero misure comportamentali e misure amministrative con particolare riferimento al riscaldamento invernale. In queste ultime rientra l’abbassamento di 1 °C dei termostati, dai 20° abituali a 19° per ottenere un risparmio medio nazionale del combustibile per riscaldamento domestico del 10,7%; inoltre, la riduzione di un’ora al giorno dell’accensione può contribuire ad una diminuzione del 3,6% del consumo. Attuando in contemporanea queste due misure e aggiungendo anche la riduzione di 15 giorni del periodo di accensione, il risparmio può arrivare al 17,5%, pari a circa 2,7 miliardi di metri cubi di gas (1,65 miliardi dalla diminuzione di 1°C e 550 milioni dalla riduzione di un’ora giornaliera). Sul fronte delle bollette, queste proposte possono originare un risparmio complessivo, calcolato ai prezzi attuali, di 178 euro all’anno per famiglia.

Risparmiare energia è un imperativo e come ENEA vogliamo dare il nostro contributo sul fronte della ricerca, delle tecnologie innovative e della promozione di una cultura sull’uso intelligente di questo bene, senza rinunciare al comfort, in una prospettiva di decarbonizzazione e di progressiva riduzione delle forniture dall’estero già da quest’inverno”, ha sottolineato il presidente Dialuce.

A livello comportamentale, l’utilizzo delle pompe di calore elettriche già installate per il condizionamento estivo anche per il riscaldamento invernale, la riduzione dell’uso del gas per acqua calda sanitaria e cucina, il minor consumo di energia elettrica grazie a un uso migliore degli elettrodomestici possono portare ad un risparmio di 3,6 miliardi di metri cubi/anno. Ulteriori 0,4 miliardi possono essere risparmiati con la sostituzione di elettrodomestici e climatizzatori con modelli ad alta efficienza e l’installazione di un’illuminazione a LED.

La tempestiva adozione delle misure indicate nello studio – ha aggiunto Dialuce – anche scontando un fattore di riduzione degli effetti dovuti alla difficoltà di controllare nei riscaldamenti non centralizzati, potrebbe inoltre consentire di ridurre la pressione sugli stoccaggi di modulazione del gas per il prossimo inverno, per riempire i quali, almeno al 90% entro ottobre, il Governo ha adottato misure straordinarie”, ha aggiunto Dialuce. Lo studio ENEA, come ha ricordato il presidente, è partito dal settore residenziale, responsabile di circa il 30% dei consumi finali di energia e del 12% delle emissioni dirette di CO2, “ma è prevista l’estensione anche al terziario, con l’accortezza di distinguere i consumi delle utenze alle quali non applicare le misure, come ospedali e scuole“.

ENEA

Gli interventi comportamentali, che dipendono da scelte del cittadino andrebbero supportati con campagne di informazione e comunicazione mirate, sottolineando che, adottando comportamenti più virtuosi, i vantaggi economici possono arrivare fino a 240 euro all’anno per famiglia”, ha spiegato la direttrice del Dipartimento Efficienza energetica dell’ENEA, Ilaria Bertini. Se anche solo la metà delle famiglie adottasse le misure che non richiedono spese iniziali, si potrebbe arrivare già dal prossimo inverno a un risparmio di 1,8 miliardi di metri cubi di gas. Ma non solo. “È necessario – ha detto – accrescere la consapevolezza nel consumatore attraverso una diretta correlazione fra l’uso domestico dell’energia, il consumo e il costo. La vera chiave di volta è proprio la pervasiva diffusione di sistemi di misura negli edifici che possono evidenziare ai consumatori l’impatto di condotte/atteggiamenti poco virtuosi e mitigarli attraverso azioni comportamentali o l’impiego di sistemi di regolazione automatici (building automation), che hanno ormai costi contenuti, semplicità di installazione e interfacce intuitive”, ha concluso.

Più nel dettaglio, le misure amministrative proposte da ENEA (modifica dei tempi di accensione degli impianti e della temperatura massima interna consentita) sono state definite utilizzando una metodologia che si basa sulla definizione di modelli energetici applicati a due abitazioni tipo’, rappresentative del parco edilizio italiano: un appartamento in edificio plurifamiliare e una villetta unifamiliare. I fabbisogni energetici sono stati calcolati utilizzando il metodo dinamico orario, ripetendo le simulazioni per ogni zona climatica italiana, con più città per zona, e considerando i periodi convenzionali di accensione degli impianti e il numero attuale di ore giornaliere di riscaldamento.

Per ogni zona climatica sono state calcolate percentuali di risparmio medie, considerando la diversa incidenza, nel parco immobiliare italiano, del numero di appartamenti (70% delle abitazioni) e di fabbricati monofamiliari (30%). Tali percentuali di risparmio sono state quindi applicate sui volumi di gas naturale per riscaldamento effettivamente consumati in ogni zona. I risultati di tale calcolo analitico sono stati anche confrontati con i dati forniti da Snam sui volumi invernali globali di gas forniti ai punti di riconsegna del gas alle reti di distribuzione cittadine, riscontando una buona convergenza.

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Petta (Enea): “Servono informazione, infrastrutture adeguate e stop sprechi”

Come si può affrontare la siccità che sta piegando non solo il settore agricolo italiano, ma mettendo in pericolo anche industria e settore civile? “Con informazione, digitalizzazione, infrastrutture adeguate e azzeramento degli sprechi“. Lo dice Luigi Petta, ingegnere e responsabile del laboratorio tecnologie per l’uso e la gestione efficiente di acqua e reflue dell’Enea con cui GEA ha parlato per avere un quadro della situazione che, pare, diventerà sistemica nel Paese.

Questo evento siccitoso – spiega Petta – è conseguenza di una carenza di precipitazioni registrata nel corso dell’anno e soprattutto nel periodo invernale. Quello che quest’anno ha inciso maggiormente è stata la mancanza di nevicate invernali e l’assenza, principalmente per il bacino padano, di uno stoccaggio in forma nevosa che avrebbe garantito una restituzione graduale di risorse idriche verso valle“. Essendo mancato tutto questo e considerata la carenza di precipitazioni, “siamo giunti a questo livello, con fiumi quasi in secca, a livelli tipici di fine agosto. Stiamo vivendo gli effetti dei cambiamenti climatici che stanno determinando sempre di più una minore regolarità delle precipitazione. Dall’assenza si piogge si passa poi a eventi estremi, come le bombe d’acqua che hanno colpito recentemente il centro Italia. Situazioni che portano ad alluvioni e a forte stress dei sistemi fognari“.

Secondo Petta il risultato netto di questa situazione è la “riduzione di fonti idriche da cui prelevare, le acque per l’agricoltura, l’industria o gli usi residenziali che principalmente vengono da corpi idrici superficiali o falde profonde. In quest’ultimo caso, il ricorso all’acqua di falda contraddistingue più le zone del Nord Italia rispetto al Meridione.

Ma come risolvere, o mettere per lo meno una toppa a questa situazione? “Innanzitutto azzerando lo spreco di acqua. L’Italia ha una rete di distribuzione inefficiente: preleviamo 100 per portare a destinazione poco meno di 60, con perdite idriche che si assestano nell’ordine del 41,2% con picchi locali anche di oltre il 60%. È un problema strutturale che arriva da decenni di mancati investimenti“. Anche se si interviene ora è chiaro che il beneficio non sarà immediato, ci sono decine di migliaia di km di rete idrica da ripristinare. “Poi – dice Petta – è inefficiente anche l’uso che facciamo dell’acqua. L’agricoltura assorbe la metà delle risorse idriche prelevate, ma non vengono applicati sistemi di razionalizzazione dell’acqua, si utilizzano ancora vecchie tecniche irrigue; ora ci sono sistemi a goccia o superficiali che portano a un deciso risparmio della risorsa idrica perché fanno arrivare l’acqua lì dove ce n’è più bisogno, senza sprechi“. Anche il settore dell’industria non brilla per risparmio idrico: “Spesso e volentieri le aziende non si curano di risparmiare – prosegue Petta – anche perché, è bene ricordare, l’acqua è un bene che costa poco e molti la maltrattano. L’ultimo ambito di uso dell’acqua è poi quello residenziale, che assorbe il 23% del totale del consumo. Qui ci sono abitudini da correggere per consumare di meno; innanzitutto si pone il problema di favorire la contabilizzazione dei consumi idrici. Molti cittadini infatti non hanno la misura del proprio consumo idrico, lo conoscono solo in generale a livello condominiale. C’è dunque una mancata consapevolezza di quanto si sta consumando e se non so dove sto sprecando, non posso fare nulla per porvi rimedio. Quindi è fondamentale fare educazione e informazione“.

Risparmiata l’acqua, quella che resta deve poi essere utilizzata al meglio. “Bisogna quindi intervenire a livello di infrastrutture cercando di intercettare le masse d’acque, realizzando ad esempio nuovi bacini di contenimento. Poi anche la tecnologia viene in soccorso, con sistemi digitali si possono controllare tutti i processi per efficientare il processo di raccolta e distribuzione“.

Infine, l’ultimo suggerimento che viene dall’Enea, utile in campo agricolo, è quello che Petta definisce “ricorso a fonti idriche non convenzionali“, ovvero le acque reflue depurate da destinare a uso irriguo. “In questo modo – spiega – si offrirebbe all’agricoltura una risorsa costante e sarebbe una boccata d’ossigeno per tutto il sistema in periodi di crisi come questo“. In Italia però attualmente questo recupero idrico di effluenti viene effettuato solo nel 4% dei casi. “Di 100 metri cubi di di effluenti depurati, solo 4 vengono usati per questo scopo“. Esempi ci sono a Cesena, con le acque reflue recuperate e depurate (grazie alla multiservizi Hera) e destinate all’irrigazione dei campi oppure in provincia di Reggio Emilia con una sperimentazione simile del gruppo Iren.

Cingolani

Cingolani: “Completare 90% stoccaggi gas prima possibile, sarà un inverno delicato”

Crisi energetica? Un effetto di tutti gli errori commessi negli ultimi 20 anni. Il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, intervenuto all’evento di Enea ‘Azioni per la riduzione del fabbisogno nazionale di gas nel settore residenziale’, accende ancora i riflettori sulla crisi energetica. “Abbiamo deciso che era meglio non produrre gas italiano, avessimo avuto la soddisfazione di dire di aver prodotto meno gas risparmiando un danno all’ambiente, avremmo almeno potuto giustificare questa decrescita. In realtà neanche questo, il consumo di gas è rimasto invariato e la riduzione enorme di produzione nazionale l’abbiamo sostituita importandola dalla Russia“, spiega il ministro. Sottolineando la necessità di rimpiazzare i 30 miliardi di metri cubi di gas provenienti da Mosca: “Non è un’operazione che si fa in un attimo, anche se la diversificazione delle fonti è già stata fatta”, puntualizza Cingolani, ringraziando Eni “per il grande lavoro effettuato”.

L’auspicio più grande ora, spiega il titolare del Mite, è quello di “poter essere ragionevolmente indipendenti dalle forniture russe entro la seconda metà del 2024“. In ogni caso, “dobbiamo assolutamente arrivare ad avere gli stoccaggi al 90% entro gli ultimi mesi dell’anno“. Questo per non rimanere in carenza di energia il prossimo inverno. Che si preannuncia “un pochino più delicato”, dice Cingolani. Ecco perché “dobbiamo arrivare ad avere gli stoccaggi pieni il prima possibile”.

Lo scenario energetico non rimane circoscritto a stoccaggi e risparmio, ma è connesso anche all’emergenza siccità. Su questo fronte, il ministro annuncia che a breve gli italiani riceveranno una serie di messaggi, in particolare su due grandi temi: “Uno è l’acqua, perché tutti sono al corrente di quello che sta succedendo con la siccità, e l’altro è ovviamente l’energia“. I due problemi non sono affatto slegati. Infatti, la mancanza d’acqua “non consente il raffreddamento di alcune centrali termoelettriche” e “l’idroelettrico, non essendoci acqua, produce di meno. È un’azione combinata quella che dobbiamo fare – ha chiarito Cingolani – stiamo pensando di costruire una serie di comunicazioni che che danno suggerimenti di comportamento, di sobrietà nell’uso delle risorse e questo lo stiamo discutendo fra diversi ministeri: penso che sarà fondamentale lanciare questi messaggi a breve, visto che fra un po’ ci sarà la pausa estiva poi comincerà il periodo in cui consumi crescono”.