Ex Ilva, gip ordina chiusura ma Taranto va avanti. Urso: “Siderurgia irrinunciabile”

Per la magistratura l’ex Ilva di Taranto deve fermarsi, ma la produzione andrà avanti. La notizia viene rilanciata dalla ‘Gazzetta del Mezzogiorno’: la giudice per le indagini preliminari di Potenza emette un nuovo decreto di sequestro dell’area a caldo dello stabilimento. Il provvedimento è stato già notificato alla struttura commissariale di Acciaierie d’Italia in Amministrazione Straordinaria, ma per le norme approvate in questi anni le macchine continueranno a lavorare.

L’ambito in cui nasce il dispositivo è quello del processo ‘Ambiente svenduto’, dopo che la sezione distaccata di Taranto della Corte d’assiste d’appello di Lecce ha annullato, lo scorso settembre, la sentenza di primo grado per disastro ambientale a carico della gestione dell’ex Ilva da parte dei Riva, giudicando competente il tribunale di Potenza. Di fatto, accogliendo il ricorso del pool difensivo, che sin dalle prime battute aveva ritenuto indispensabile cambiare perché da ritenere “parti offese” i giudici togati e popolari che avevano emesso il verdetto di colpevolezza a carico di 37 imputati e tre aziende.

Il decreto di sequestro emesso dalla gip di Potenza, foro dove sono stati trasferiti gli atti, è dunque un atto dovuto. La richiesta di sigilli riguarda i reparti ritenuti causa di emissione nocive tra il 1995 e il 2012, ovvero l’Area Parchi Minerali, Cokerie, Agglomerato, Altiforni, Acciaierie e infine l’area Gestione Rottami Ferrosi. Il provvedimento, però, non troverà riscontro pratico in funzione della legislazione che nel frattempo è cambiata.

Sul rilancio dell’ex Ilva il governo sta puntando molte delle sue fiches politiche. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, proprio martedì scorso è stato a Taranto per la cerimonia di riaccensione dell’Afo1, che permetterà di incrementare la produzione in una fase cruciale della procedura che porterà alla cessione dell’azienda. Sottolineando che sono già 15 i player che hanno manifestato il loro interesse per AdI, di cui 3 per l’intero pacchetto di asset produttivo. Ora si dovrà procedere alla fase informativa e, successivamente, le aziende dovranno presentare la propria offerta. Nel frattempo, il governo ha annunciato che eserciterà la golden power, per porre prescrizioni vincolanti nella cessione. E il 30 ottobre prossimo i sindacati saranno a Palazzo Chigi per un “aggiornamento sulla situazione del Gruppo Acciaierie d’Italia”.

Tutto a dimostrazione dell’importanza che ricopre per la politica industriale a cui mira l’esecutivo. Del resto, il concetto è ribadito dallo stesso Urso a poche ore dalla notizia del nuovo dispositivo di sequestro. “La siderurgia è il pilastro dell’industria manufatturiera a cui non si può assolutamente rinunciare, tanto più alla luce dei cambiamenti geopolitici”, dice in occasione della presentazione del nuovo rapporto Asvis.

Non cambia nemmeno la linea delle opposizioni, però. Dai Cinquestelle è il senatore pugliese e vicepresidente del partito, Mario Turco, ad attaccare: “Il sequestro disposto oggi dal Gip di Potenza nei confronti dell’ex Ilva di Taranto, che ha parlato di utilizzo ‘criminale’ degli impianti dell’acciaieria, è la controprova che anche su questo fronte il governo Meloni non ne azzecca una”. Perché, continua, “soltanto 48 ore fa, tutto il centrodestra italiano festeggiava la sconsiderata riapertura dell’altoforno 1 e il ripristino del ciclo integrale a carbone a Taranto. Guardare sempre indietro – accusa l’esponente M5S –: questo è l’imperativo di chi ci governa”. Intanto, la produzione va avanti.

Ex Ilva, sentenza annullata: processo per disastro ambientale da rifare a Potenza

Tutto da rifare. La sezione distaccata di Taranto della Corte d’assiste d’appello di Lecce annulla la sentenza di primo grado del processo ‘Ambiente svenduto’ per disastro ambientale a carico della gestione dell’ex Ilva da parte dei Riva, giudicando competente il tribunale di Potenza.

Di fatto la corte accoglie il ricorso del pool difensivo, che sin dalle prime battute aveva ritenuto indispensabile cambiare perché da ritenere “parti offese” i giudici togati e popolari che avevano emesso il verdetto di colpevolezza a carico di 37 imputati e tre aziende. Uno degli avvocati dei Riva, Pasquale Annicchiarico, raggiunto al telefono da GEA, spiega che “è stata accolta la tesi che avevo presentato dieci anni fa“, perché “lo avevamo detto subito che quel processo doveva essere celebrato a Potenza: in sei mesi si poteva fare tutto e poi ripartire, invece abbiamo perso dieci anni“. Secondo quanto stabilito oggi in aula, dunque, “adesso ci saranno 15 giorni per il deposito delle motivazioni, che leggeremo con attenzione” e poi si attiverà l’iter per il passaggio di competenze del processo. Ma, stando a quanto sottolinea il legale, rispondendo a una precisa domanda di GEA, il rischio che nel frattempo intervenga la prescrizione non è così immediato. “Per certi reati i tempi sono lunghi...”, dice Annicchiarico. Secondo le recenti modifiche alle normative in materia di reati ambientali, la prescrizione per disastro ambientale adesso va dai 30 ai 37 anni, mentre per il reato di inquinamento ambientale è dai 12 ai 15 anni.

La reazione di politica e associazioni è di rabbia e delusione, se non addirittura rabbia. “Una giornata triste per tutti coloro che ci hanno creduto, ma noi non ci scoraggiano per niente“, è il commento dell’associazione ‘Genitori Tarantini‘, uno dei gruppi più attivi in questi anni. Su Facebook dice la sua anche uno dei legali di Gt, Maurizio Rizzo Striano: “Nel mio piccolo, da sempre sono stato convinto che la strada del penale non era quella giusta per mettere in ginocchio il mostro. Il processo penale serve a condannare i delinquenti non a fare chiudere industrie. Le prove raccolte nel processo resteranno inoppugnabili anche se alla fine non vi sarà nessuna condanna perché tutti i reati saranno prescritti”.

Scoramento viene espresso anche da un’altra associazione, Giustizia per Taranto: “Si dovrà ripartire da zero con grosse possibilità che vada tutto in prescrizione. Ennesimo schiaffo ai danni della città di Taranto. Le parole le abbiamo finite“.

Il Codacons, intanto, annuncia che presenterà un esposto “per incompetenza contro i giudici (Misserini e D’errico) che hanno emesso la sentenza annullata dalla Corte, affinché siano accertate le relative responsabilità nella vicenda giudiziaria“. Intanto, sulla decisione si esprimono in termini netti: “Enorme delusione, la giustizia italiana celebra il suo funerale”.

Anche per Legambiente è “una decisione sconvolgente: ingiustizia è fatta“. Il presidente nazionale, Stefano Ciafani, assieme ai presidenti delle sezioni regionale e tarantina, Daniela Salzedo e Lunetta Franco, attenderanno di leggere le motivazioni, ma assicurano che l’associazione “si costituirà come parte civile anche nel nuovo processo a Potenza“.

Dura anche la presa di posizione del portavoce nazionale di Europa Verde, Angelo Bonelli: “Sono esterrefatto! L’inquinamento è stata un’invenzione? Morti e malattie non hanno responsabilità? Questa non è giustizia. Con questa decisione su Taranto si infligge l’ennesima ferita dopo il disastro sanitario”. Il deputato di Avs cita alcuni dati: “A Taranto, nel corso degli anni, è stato immesso in atmosfera il 93% della diossina prodotta in Italia, insieme al 67% del piombo, secondo quanto riportato dal registro Ines dell’Ispra, successivamente diventato E-Prtr. Questa situazione ambientale drammatica spinse, il 4 marzo 2010, l’autorità sanitaria a vietare il pascolo entro un raggio di 20 km dal polo siderurgico“. Bonelli, poi, tuona: “Siamo di fronte a uno dei disastri sanitari e ambientali più gravi della storia italiana ed europea, che ha causato troppe vittime, soprattutto tra i bambini. Questa sentenza non rappresenta un atto di giustizia, ma una ferita inferta a chi ha già pagato un prezzo altissimo con la propria salute e con la propria vita“.

Ex Ilva, ok Ue al prestito ponte da 320mln. Urso: “Siamo su strada giusta”

La Commissione europea dà il via libera al prestito ponte da 320 milioni di euro per Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria. Il ministero delle Imprese e del Made in Italy ha ricevuto questa mattina la ‘comfort letter’ in cui si esprime una valutazione positiva sui termini del prestito, che prevede un tasso di interesse annuo dell‘11,6%.

Una conferma che, sottolinea il Mimit, “attesta la validità del piano industriale elaborato dalla gestione commissariale e la capacità dell’azienda di restituire la somma in tempi congrui e senza configurarsi come aiuto di Stato“.

Si dice fiero Adolfo Urso, che da Napoli ribadisce la conferma che il piano industriale di rilancio elaborato dalla struttura commissariale è “tale da consentire la restituzione nei tempi e con un tasso di interesse piuttosto significativo“. Considerando che parliamo dell’impianto siderurgico “più sfidante in Europa“, rivendica, “siamo sulla strada giusta e non credo fosse facile anche solo immaginarlo“.

Soddisfatti i sindacati, che però domandano un nuovo incontro urgente a Palazzo Chigi, richiesto già unitariamente da Fim, Fiom e Uilm diverse settimane fa, per riprendere la discussione con il governo sulle prospettive dell’ex Ilva, sul piano industriale e di ripartenza, sulle ulteriori risorse da mettere a disposizione dei commissari, sull’occupazione e sull’annunciato bando di gara. “I 320 milioni di euro, come abbiamo più volte ribadito, rappresentano una buona notizia ma non sono sufficienti per il rilancio della produzione, il riavvio degli impianti e il ritorno a lavoro di tutti i lavoratori“, chiosa Rocco Palombella, Segretario generale Uilm. E che l’estate sia iniziata, non conta: “Non possiamo attendere un mese per l’incontro con il Governo – avverte il sindacalista –, la situazione è drammatica con stabilimenti quasi fermi e migliaia di lavoratori senza certezze“. La ripresa del confronto sulla cassa integrazione, sostiene, non può partire prima di un “incontro chiarificatore” a Palazzo Chigi.

Pienamente d’accordo Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil. Le risorse non bastano per un pieno rilancio, conferma, “considerazione delle condizioni in cui si trovano gli stabilimenti ex Ilva“. Il tempo scorre e già quello intercorso tra la richiesta del prestito e la comfort letter è stato “troppo“, insiste: ” Ora occorre capire quando le risorse saranno nelle reali disponibilità dei commissari straordinari”. Di certo, gli impianti di tutti gli stabilimenti non possono continuare a restare fermi e sono necessari gli interventi per le manutenzioni ordinarie e straordinarie. “I lavoratori vivono nella incertezza sul loro futuro – lamenta Scarpa -. Il piano per la ripartenza lo dobbiamo ancora discutere e il Governo deve confrontarsi con le organizzazioni sindacali sui contenuti del bando di gara per l’ipotesi di vendita dell’azienda“.

Positivo l’ok al prestito anche per il segretario nazionale di Fim Cisl, Valerio D’Alò: “Lo aspettavamo, perché tutto ciò che è previsto nel piano di ripartenza è strettamente legato alla presenza di risorse con cui fare investimenti, manutenzioni, acquisto di materie prime“, osserva, ricordando che .anche la cassa integrazione è legata alla ripartenza degli impianti, condizione possibile solo con le risorse, “almeno fino all’arrivo del bando di gara, il vero snodo che dovremo affrontare in futuro“.

Ex Ilva, lunedì a Palazzo Chigi sindacati e indotto. Fiom: Ora realizzazione piano

Lunedì prossimo, 25 marzo, i sindacati saranno nuovamente a Palazzo Chigi per riprendere il filo della discussione sul futuro dell’ex Ilva. Alle ore 19 sono attesi in Sala Verde la Fiom-Cgil, la Fim-Cisl, la Uilm e l’Ugl per discutere i prossimi passi per rimettere in piedi l’acciaieria dopo l’avvio dell’amministrazione straordinaria e la nomina dei commissari. Per il governo dovrebbero essere presenti il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, la responsabile del Lavoro, Marina Calderone, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, e il ministro per gli Affari Ue, il Sud, la coesione e il Pnrr, Raffale Fitto, mentre per la Presidenza del Consiglio dovrebbe partecipare il sottosegretario, Alfredo Mantovano.

All’appuntamento le sigle si presentano con idee ben chiare, come dimostrano le parole di Michele De Palma alla vigilia dell’incontro: “E’ necessario mettere a disposizione ulteriori risorse per poter garantire il consolidamento delle condizioni di salute e sicurezza, di sicurezza degli impianti e di rilancio della produzione”. Per il segretario generale della Fiom-Cgil “si sono insediati i commissari, ma ora è arrivato il momento di passare dalla programmazione alla realizzazione”. Inoltre chiederanno “il rientro a lavoro di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori”, perché per “gli errori fatti dal management del privato, precedentemente, un’azienda salvata dai lavoratori e dal sindacato si ritrovi in discussioni che riguardano una ‘piccola Ilva’ o soluzioni che prevedono riduzioni dell’occupazione”.

Fiom, dunque, vuole il rilancio dell’azienda ma “dentro una concezione nuova”. C’è “davvero bisogno di fare la transizione industriale verso produzioni che siano ecologicamente compatibili – aggiunge De Palma -. Noi non scambiamo la salute e la sicurezza delle persone con il diritto al lavoro. Le due cose devono stare insieme”.

Lunedì a Palazzo Chigi si parlerà anche di come rimettere in equilibrio la situazione dell’indotto, che aspetta ormai da tempo che venga sanata la situazione economica. Sempre in Sala Verde, infatti, alle ore 20 sono attesi anche i rappresentanti di Aigi, Confapi Taranto, Casartigiani Puglia, Confindustria Taranto, Cna Taranto, Fai Conftrasporto e Federmanager. Dopo la nuova fase avviata con l’uscita di scena di ArcelorMittal, dunque, il governo vuole stringere i tempi e recuperare il terreno perso.

Ex Ilva, Urso nomina tutti i commissari e li riunisce al Mimit Sindacati: “Sfida epocale”

La squadra dei commissari che avranno il compito di rilanciare l’ex Ilva in amministrazione straordinaria è completa: tre per Acciaierie d’Italia, tre per il Gruppo Ilva.
Dopo Giancarlo Quaranta, nominato lo scorso 20 febbraio, per AdI arrivano Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia ed esperto di tematiche ambientali, e Giovanni Fiori, esperto di corporate governance e internal auditing. Per il Gruppo Ilva, invece, dopo le dimissioni di Francesco Ardito, Alessandro Danovi e Antonio Lupo, arrivano lo stesso Danovi, esperto di risanamento d’impresa, gestione dell’insolvenza e operazioni straordinarie; Francesco di Ciommo, esperto in diritto bancario e finanziario, delle crisi di impresa, amministrativo e societario; Daniela Savi, esperta in gestione della crisi d’impresa e in materia fiscale.

Urso riunisce subito tutti al Mimit in due tavoli. Il primo riguarda gli impianti, il secondo l’indotto. L’obiettivo è fare il punto della situazione attuale e sui prossimi passi da compiere per il rilancio delle attività. Al primo tavolo partecipano solo Urso e i commissari, al secondo, in videoconferenza, partecipano lo staff del ministro, i commissari di AdI, i rappresentanti dell’Abi, di Sace, di Banca Ifis, di Assifact e delle associazioni dell’indotto, sulle azioni da mettere in campo per il salvataggio della filiera.

Ora la compagine è completa e si può entrare nel merito delle questioni“, scandisce Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil, che chiede un accordo per la ripartenza per mettere in sicurezza gli impianti, i lavoratori e creare le condizioni ambientali adeguate per rilanciare la produzione. “E’ necessario fare presto – incita -, serve ridare liquidità all’azienda, altrimenti gli impianti rischieranno di fermarsi e deve essere garantita la continuità salariale per i lavoratori“.

La sfida, per il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, è “epocale“: “Riuscire a rimettere l’ex Ilva in una condizione di normalità, salvaguardando i posti di lavoro, per poi rilanciarla avviando un piano reale di decarbonizzazione“. Questo, spera, “deve portare alla fine del contrasto tra la città e il grande stabilimento“.

Ottimista anche la Fim Cisl, che conta sul recupero dei ritardi accumulati negli anni. “Siamo fiduciosi che la squadra possa portare avanti un buon lavoro, dando continuità industriale e nel contempo fare i necessari interventi che permettano di rimettere nel più breve tempo possibile il Gruppo sul mercato“, afferma il segretario nazionale, Valerio D’Alò.

La prossima settimana, il 9 marzo, le parti sociali saranno con il ministro delle Imprese negli stabilimenti di Genova e a Novi Ligure.

A Novi, stamattina, c’è stata una riunione del tavolo di crisi permanente convocato dal presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, e dall’assessore al Lavoro, Elena Chiorino, con il presidente della provincia di Alessandria, Enrico Bussalino, i sindaci dei Comuni di Novi Ligure e Racconigi, insieme ai rappresentanti di Cgil, Cisl, Uil, i sindacati di categoria Fiom Cgil, Fim Cisl e Uil, e le Rsu, ma anche con i parlamentari e i consiglieri regionali.  La visita di Urso in Piemonte è un “segnale molto forte di attenzione da parte del governo che ha raccolto la sollecitazione di questo territorio a considerare quello di Ilva un tema nazionale“, scandisce Cirio, che consegnerà un documento condiviso da istituzioni e sindacati: “La priorità è tenere alta l’attenzione e garantire la continuità produttiva degli stabilimenti piemontesi di Novi Ligure, Racconigi e Gattinara che, insieme all’indotto, rappresentano oltre 3 mila posti di lavoro in Piemonte”, afferma. La convocazione del tavolo resta permanente fino alla piena operatività dei tre stabilimenti piemontesi.

Urso a Taranto: “Ex Ilva sarà rilanciata e può diventare il sito più sostenibile d’Europa”

In fondo al tunnel, si intravede di nuovo la luce per l‘ex Ilva. Adolfo Urso vola a Taranto per visitare gli impianti, incontrare le istituzioni, il commissario di AdI in amministrazione straordinaria, Giancarlo Quaranta, e i sindacati. L’obiettivo, spiega il ministro, è quello di farlo diventare il sito siderurgico più sostenibile d’Europa.

L’Ilva sarà messa in sicurezza e poi entrerà in fase di ambientalizzazione: “Vi chiedo – dice ai lavoratori – la massima collaborazione e io vi darò la massima collaborazione del governo e di tutte le istituzioni“. Ricuce, apparentemente, anche con la città ferita da troppi morti d’inquinamento: “Insieme dobbiamo dimostrare che questo è il sito di Taranto, che questo è lo stabilimento siderurgico della nostra nazione“. Sarà quindi rilanciato e assegnato a chi “davvero dimostra di essere un player industriale importante e significativo“.

Quaranta e gli altri due commissari che saranno nominati a giorni saranno, garantisce, messi in condizione di avere da subito le risorse finanziarie che servono alla manutenzione degli impianti. Stop alla cassa integrazione poi per chi lavora per garantire la sicurezza delle macchine. Intanto, Urso chiede all’Europa di cambiare la politica siderurgica e quella industriale: “Mi sono incontrato più volte con i commissari competenti – fa sapere -. Due settimane fa a Bruxelles ho posto con chiarezza la necessità di cambiare la tempistica e le modalità che gli obiettivi della politica siderurgica europea perché altrimenti saremmo schiacciati da chi produce fuori dall’Europa senza rispettare le condizioni ambientali e sociali che noi giustamente vogliamo rispettare“.

Bene per il governatore della Puglia, Michele Emiliano, che dopo anni però si mostra disincantato sul dossier Ilva: “Questo è l’ennesimo Governo col quale collaboriamo e abbiamo, come al solito, tutta la voglia di risolvere la questione. Fino ad ora, non ci è riuscito nessuno. In questa vicenda, la Regione Puglia è stata estromessa da ogni ruolo, ma apprezziamo la gentilezza e il garbo con le quali il ministro Urso ci ha comunque coinvolti”, osserva.

Nonostante questo, la Regione ha messo a disposizione l’avanzo di amministrazione, che ammonta a diverse decine di milioni di euro, per acquistare i crediti delle aziende dell’indotto che “rischiano di rimanere con un pugno di mosche in mano a causa dell’amministrazione straordinaria”, precisa il governatore.

Sulla decarbonizzazione il presidente è molto chiaro: “E’ un obbligo molto conveniente per Taranto“, chiosa. Se si decarbonizza, infatti, si può pretendere che l’Unione Europea consideri l’acciaio della città come uno dei pochi acciai green già utilizzabili in Europa. E’ un modo, insomma, per fare “competizione intelligente“, abbassando i costi di produzione e mettendo Taranto tra le prime acciaierie del mondo in grado di produrre acciaio pulito, con un vantaggio competitivo rispetto ad altri competitor che, dopo le chiusure del mercato americano, avverte Emiliano, “non possono certo pensare di venire a sbolognare in Europa acciaio prodotto con emissioni di CO2 altissime e con inquinamento altissimo”.

Ex Ilva, ingresso privati entro anno. Domani incontro Urso-Vestager su prestito ponte

Un socio privato sostituirà ArcelorMittal in Acciaierie d’Italia entro la fine dell’anno. “Non è detto che sia italiano, l’importante è che ci sia un partner che abbia davvero interesse a investire“. Dal Forum in Masseria di Bruno Vespa, Adolfo Urso tira quasi un sospiro di sollievo dopo settimane da incubo.

Quasi, perché la situazione è ancora seria, non c’è cassa, ma si sta sbloccando. Il ministro delle Imprese parla più volte di ‘Sistema Italia’ e di coesione tra politica, sindacati, sistema produttivo. E non a caso. Ci sono diverse navi ferme in rada, a Taranto, che hanno un carico prezioso per l’ex Ilva: le materie prime. Senza quelle, gli impianti si fermano e se si fermano vengono compromessi. Sono ferme perché le materie vanno pagate prima dello sbarco: ecco perché Urso ha mobilitato il Gruppo Marcegaglia, con le aziende clienti di AdI, per pagare in anticipo le fatture in scadenza nelle prossime settimane. Contemporaneamente, fa sapere di essersi mosso con le multinazionali che forniscono materie prime, perché le forniscano in tempo utile.

Domani il ministro incontrerà la commissaria europea per la Concorrenza, Margrethe Vestager, a Copenaghen. Occorre l’autorizzazione dell’Europa per il prestito ponte da 320 milioni di euro previsto nel decreto di gennaio con cui verrà pagato soprattutto l’indotto. Gli emendamenti al Dl saranno votati la prossima settimana. Martedì, Urso sarà a Taranto per incontrare tutti, dai lavoratori ai rappresentanti delle imprese, ma anche gli enti locali e il sindaco, e dare atto di quello che si sta facendo con l’amministrazione straordinaria. Il commissario ha preso possesso degli impianti e, assicura il ministro, “ha ricevuto un’accoglienza straordinaria e corale“.

Ecco il ‘Sistema Italia‘ di cui parla, quello che, a suo dire, consentirà di arrivare al nuovo socio privato entro la fine del 2024 e “con procedure di pubblica evidenza” in un clima “del tutto diverso”. Cioè, spiega, “con tutte le forze politiche, sindacali e produttive unite“.

Il piano acciaio per l’Italia va avanti e non comprende solo l’Ilva. Prenderà forma “prima dell’estate“, in prossimità di quelle che potrebbero essere le procedure di assegnazione che prevedono quattro poli: Acciaierie del Nord, Terni, Piombino e l’ex Ilva. “Avremo da qui a breve un piano siderurgico nazionale che nel delineare la produzione in qualche misura – rivendica – definirà quello che lo Stato si aspetta dagli investitori, chiunque essi siano, per il più grande polo siderurgico d’Europa“.

Ex Ilva, avviata l’amministrazione straordinaria. Quaranta commissario straordinario

Meno di 24 ore dopo l’ultima riunione con indotto e sindacati, il governo ammette “con decorrenza immediata” Acciaierie d’Italia alla procedura di amministrazione straordinaria. Proprio come richiesto, lo scorso 18 febbraio scorso, da Invitalia, il socio pubblico di AdI (38% del capitale). Come commissario straordinario il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha scelto Giancarlo Quaranta (nella foto in basso a sinistra, dal suo profilo LinkedIn), ingegnere, che il Mimit definisce “professionista con lunga esperienza nel settore siderurgico“. Fino a questo momento, infatti, ricopriva il ruolo di direttore della Divisione tecnica ed operativa di Ilva Spa in amministrazione straordinaria e presidente del Consorzio elettrosiderurgici Italiani per il preridotto. Toccherà a lui traghettare le Acciaierie d’Italia verso un futuro diverso, lontano da ArcelorMittal, che intanto annuncia con una nota la fine del coinvolgimento in AdI, iniziato nel 2018.

La multinazionale, nonostante la situazione ormai irrimediabilmente precipitata, rivendica di essersi “impegnata pienamente a favore delle persone e delle risorse di AdI, allora nota come Ilva, investendo oltre 2 miliardi di euro” che hanno consentito all’azienda “di completare nei tempi previsti un vasto programma ambientale da 800 milioni di euro che ha garantito il rispetto dell’Autorizzazione Integrata Ambientale stabilita dal governo italiano, oltre a investire 1,2 miliardi di euro nell’ammodernamento delle attrezzature in tutti i siti. AdI ha inoltre beneficiato di centinaia di milioni di euro di credito attraverso la fornitura di materie prime da parte di ArcelorMittal“.

Non solo, perché il gruppo indiano va oltre, assicurando che “desiderava risolvere la significativa discrepanza negli investimenti di capitale in AdI da parte dei due azionisti“. Al punto che “nelle recenti discussioni ArcelorMittal ha avanzato proposte pragmatiche per affrontare questo problema, pur continuando il partenariato pubblico-privato con Invitalia istituito nell’aprile 2021. Quando non siamo riusciti a concordare termini accettabili, abbiamo anche offerto di vendere la nostra partecipazione in AdI a Invitalia. Le discussioni, nonostante i migliori sforzi di ArcelorMittal, non hanno avuto successo“. Per Mittal “se AdI fosse stata in grado, dopo l’aprile 2021, di accedere al tradizionale finanziamento del debito e di raccogliere il capitale circolante necessario per finanziare le sue esigenze correnti, invece di fare affidamento sugli apporti di capitale dei suoi azionisti come unica fonte di capitale, questa situazione avrebbe potuto essere evitata“.

Non è la versione dei sindacati, però, che plaudono la tempestività della nomina del commissario straordinario e “l’avvio della procedura di amministrazione straordinaria dell’ex Ilva per affrontare i problemi a partire dai lavoratori, dalla produzione, dalla salute e sicurezza e dalla tutela ambientale“, commenta il coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil, Loris Scarpa. Ritenendo “necessario che nelle prossime ore ci sia un incontro con le organizzazioni sindacali per aprire la discussione sullo stato degli impianti e le azioni per garantire la continuità produttiva“. Inoltre “il confronto con Palazzo Chigi continui“. Sulla stessa lunghezza d’onda anche il segretario generale Uilm, Rocco Palombella: “Pur ritenendo l’amministrazione straordinaria un provvedimento estremo, alle attuali condizioni rappresenta l’unica possibilità per salvare e rilanciare l’ex Ilva, l’ambiente, i lavoratori e le imprese dell’indotto e i lavoratori di Ilva As“. Per la Fim Cislla scelta di Quaranta in parte ci rassicura e ci dà la possibilità di sperare in un vero cambio di passo e nel rilancio del sito“, sottolineano il segretario generale e il segretario nazionale, Roberto Benaglia e Valerio D’Alò. “E’ fondamentale – aggiungono – che l’amministrazione straordinaria duri il tempo necessario a preparare il terreno per l’investitore privato e per farlo, è necessario dare al commissario le fondamentali dotazioni, anche in termini finanziari, per fa ripartire l’acciaieria“.

Ugl Metalmeccaniciapprezza sia la nomina di Quaranta, scelta di qualità per il mondo dell’acciaio, sia la tempestività del governo nel procedere a una soluzione in una vertenza strategica per l’industria italiana“. Mentre Usb pone l’accento “sulle vicende dell’appalto, perché grande è la preoccupazione per i tanti dipendenti delle ditte in attesa del pagamento degli arretrati“.

Compiti che spetteranno ora al nuovo commissario straordinario. Che a gennaio, festeggiando i 40 anni dal suo primo giorno di lavoro nello stabilimento di Taranto dell’Italsider, scriveva su Linkedin: “Con l’inizio del 2024 auguro alla ‘fabbrica’ di ritrovare vigore e donare benessere ai suoi dipendenti ed ai contesti territoriali che la ospitano con i suoi stabilimenti“. Ora dipenderà molto anche da lui.

Ex Ilva, lunedì sindacati a P.Chigi. Uilm: Da Morselli solo bugie. E l’ad querela

Il negoziato tra ArcelorMittal e Governo prosegue, ma con scarsi risultati: l’amministrazione straordinaria appare sempre più vicina. Lunedì 19 febbraio, in serata, il ministro delle Imprese Adolfo Urso incontrerà ancora a Palazzo Chigi i sindacati del comparto, per comunicare i prossimi passi per il rilancio dell’ex Ilva.

La prossima settimana, in commissione Industria del Senato, inizieranno anche le votazioni sugli emendamenti ai due decreti integrati che riguardano Acciaierie d’Italia e soprattutto l’indotto, con i lavoratori e le aziende che sono state messe sotto copertura di uno strumento di cassa integrazione. Urso però lamenta una scarsa collaborazione di AdI sulle informazioni da estrarre dai propri database, in merito alle imprese dell’indotto che potrebbero utilizzare gli strumenti messi in campo con il decreto legge. In particolare, non sarebbe stata comunicata la composizione del debito. Sono quindi le imprese dell’indotto che in caso di amministrazione straordinaria rischierebbero maggiormente. Negli incontri precedenti, il Governo ha assicurato di voler preservare gli impianti produttivi, l’occupazione e tutelare l’ambiente.

Venerdì, intanto, si consuma lo scontro tra il leader della Uilm, Rocco Palombella, e l’ad di Acciaierie d’Italia, Lucia Morselli. “Questo negoziato non ha più senso. Anche perché tutto si è arenato sulla richiesta di una manleva, una sorta di lasciapassare giudiziario per Morselli, e per il cda, nessuno può garantirlo“, denuncia il sindacalista dalle colonne di Repubblica. “E – aggiunge – non sarebbe corretto concedere questo scudo“.

Gli avvocati del socio pubblico Invitalia e quelli di Mittal, a suo dire, sarebbero fermi sempre sugli stessi punti. In particolare si discuterebbe del “lasciapassare per l’ad Morselli, una sorta di scudo penale, e del fatto che Invitalia pretenda da ArcelorMittal il pagamento di una compensazione per come è ridotta l’azienda rispetto a quando sono entrati. E gli indiani non vogliono riconoscere nulla“, scandisce Palombella. I problemi, però, per le parti sociali, sono altri. “Basta leggere la lettera che i commissari dell’Ilva, da cui le Acciaierie affittano gli impianti di Taranto e degli altri siti, scrivono a Morselli per capire che la situazione non va“, afferma. I programmi produttivi non corrispondono a quelli presentati quando è iniziato l’affitto del sito, i report su manutenzione e stato degli impianti non arrivano o sono parziali.

In audizione in Senato, Morselli ha chiesto un prestito da un miliardo per poter acquistare gli impianti e “diventare una azienda normale“, assicurando che i debiti veri non ammonterebbero a 3,1 miliardi, ma a meno di 700 milioni. “Morselli in Parlamento ha detto solo bugie“, tuona Palombella, incassando una querela dell’amministratore delegato.
È la seconda volta che l’ad tenta e pensa di intimidirmi per delle critiche alla sua gestione e alle sue parole dette in audizione al Senato“, fa sapere il segretario della Uilm, assicurando che non arretrerà “di un millimetro nella difesa di tutti i lavoratori, dell’ambiente e del futuro produttivo di un asset strategico per il nostro Paese“.

Ex Ilva, Morselli: Trattativa c’è, Mittal vuole restare. Urso: Si cambia equipaggio

Mentre a Taranto gli imprenditori dell’indotto occupano e bloccano il ponte girevole paralizzando la città, a Palazzo Madama Lucia Morselli racconta di una ex Ilva che sembra irriconoscibile. “L’azienda è ancora viva, produce, ha gli impianti in efficienza e paga gli stipendi, anche ieri, anche questo mese”, scandisce l’ad di Acciaierie d’Italia in audizione in commissione Industria.

Il problema, sostiene, è solo di liquidità e i debiti sono molto meno di quelli emersi in queste settimane, non 3,1 miliardi, ma neanche 700 milioni. Questo perché la composizione negoziata non è del gruppo, è su una delle società del gruppo: “Il debito di cui si parla è in massima parte inter-company, verso la società capogruppo che finanzia le partecipate, questo vale circa un miliardo. In più c’è un miliardo di debito ‘fantasma’, che dovremmo pagare nel caso in cui dovessimo comprare gli impianti“, precisa. Il debito vero, sarebbe, di fatto “meno di 700 milioni per una società che fattura 3-4 miliardi”. Il piano industriale è stato approvato dal cda e copre fino al 2030: “E’ forte perché è stato approvato da entrambi i soci in assemblea, sia da Invitalia che da ArcelorMittal“, ricorda.

Lo scorso anno, il governo però è stato costretto a erogare un finanziamento in conto capitale da 680 milioni: “Sono andati tutti all’Eni e alla Snam, per pagare le bollette energetiche“, si giustifica Morselli. Anzi, precisa: “Sono andati tutti al signor Putin, neanche all’Eni e alla Snam, perché poi li avranno trasferiti a coloro da cui hanno comprato il gas. Sono il costo di una guerra“.

La trattativa con il governo è in corso e i termini sono quelli noti: trovare soluzioni alla compagine societaria. ArcelorMittal si dice pronta a cedere la maggioranza, portando a un cambio di governance: “Sono accordi presi da anni, si tratta di metterli a posto“, smorza l’ad. Arcelor vuole restare, “con atteggiamento disponibile a quello che il governo italiano desidera”, afferma. In queste ore il confronto tra Invitalia e la società è serrato, per capire se si possa evitare l’amministrazione straordinaria, ma lo Stato, assicura il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, non subentrerà a Mittal.

Per Morselli, la strada migliore è sempre e solo l’accordo. “La vita non si fa con i decreti, le aziende non si fanno con i decreti, si fanno con le persone, i decreti non hanno mai risolto problemi aziendali“, sostiene. Il decreto dell’esecutivo invece, denuncia, “cancella tutte le possibilità di gestione intermedia della crisi“, dando la possibilità di usarne una sola: l’amministrazione straordinaria.

La soluzione a tutti i problemi sarebbe per AdI acquistare gli impianti, che sono in affitto. La locazione scade a maggio, per questo nessuna banca sarebbe disposta a erogare finanziamenti, senza orizzonti di recuperabilità, né dal punto di vista della solidità né del tempo. Se l’azienda fosse proprietaria degli impianti, “diventerebbe normale – ribadisce l’ad -, io gestisco un altoforno che non è mio“. Come? Azzarda l’idea di una sorta di ‘mutuo’ da un miliardo: “Sono 5-6 anni che l’azienda gestisce gli impianti senza possederli, ora basta, il piano ambientale è finito“. Non esclude neanche la possibilità dell’ingresso di un altro socio: “Credo sia un’azienda che possa interessare a molti“.

I sindacati, intanto, vengono convocati di nuovo a palazzo Chigi lunedì 19 febbraio, alle 18.15. La posizione di Urso resta la stessa dell’ultima convocazione: se Mittal non investe su Taranto, nonostante gli utili miliardari, è “chiaro che occorre cambiare rotta ed equipaggio“.