Ponte Morandi 7 anni dopo, Mattarella: “Ha segnato un punto di non ritorno”

Dimenticare è impossibile, ricordare un dovere perché non accada più. Poche persone in Italia non ricordano dov’erano e cosa facevano alle 11.36 del 14 agosto 2018, minuto esatto in cui è crollato il pezzo di Ponte Morandi, sulla A10 di Genova, inghiottendo la vita di 43 persone. La corsa a recuperare informazioni, il compulsare frenetico dei social, poi il video più virale con quella frase, “Oh Dio”, ripetuta quattro volte da chi aveva il telefono in mano, con voce rotta da paura e pianto.

Sono passati sette anni, ma le immagini sono ancora un pugno nello stomaco e, come tutti gli anni, la città della Lanterna si è riunita per commemorare le vittime. Anche oggi è stato osservato il minuto di silenzio e in contemporanea sono suonate le sirene delle navi in porto e le campane di tutta la Diocesi di Genova. Perché non è finita e forse non finirà mai, finché non si saprà tutta la verità su quello che è accaduto, a parte l’epilogo, che è l’unica, drammatica certezza di tutta questa vicenda. “Il 14 agosto 2018 segna una pagina drammatica nella storia del nostro Paese”, una “ferita indelebile nel cuore di Genova, della Liguria, dell’Italia”, scrive il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel messaggio inviato alla sindaca, Silvia Salis. Il capo dello Stato usa parole nette per ricordare la tragedia del Polcevera: “Ha segnato un severo richiamo alle responsabilità pubbliche e private in tema di sicurezza delle infrastrutture. Un punto di non ritorno a pratiche che hanno generato un disastro di quelle proporzioni”. Anche se “la rapida ricostruzione di un così importante tratto stradale, il Ponte Genova San Giorgio, riconnettendo la Città e l’Italia, è stata un atto di ripartenza”, sottolinea ancora Mattarella, “la tutela delle infrastrutture, per garantire piena sicurezza nella circolazione, non ammette alcuna forma di negligenza”.

Per la premier, Giorgia Meloni, “accertare le responsabilità per ciò che è accaduto, individuare le eventuali colpe ed omissioni, dare risposte definitive” sono “obblighi morali e civili che non possono essere disattesi”. Perché “è ancora vivissima la sete di verità e giustizia, invocata con tenacia dai famigliari delle vittime e sostenuta da tutto il popolo italiano” per “una catastrofe che rimarrà per sempre nella memoria del nostro popolo”.

Chi quel giorno era al posto di Meloni, allo stesso modo, non riesce, né vuole dimenticare. “Il dolore e lo strazio provato in quelle ore, fra le macerie, sono per me memoria incancellabile, se ripenso a quel 14 agosto”, scrive l’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Che torna su una delle vicende più spinose dell’epoca: “Dove c’erano concessioni autostradali vergognose, firmate in passato a tutto vantaggio dei privati, abbiamo fatto il massimo di quel che si poteva fare di fronte a un accordo che legava mani e piedi lo Stato e le sue casse”, ricorda il leader M5S. Nel suo governo c’era anche Matteo Salvini, sebbene in veste diversa da quella di ministro delle Infrastrutture e dei trasporti come oggi. “Ci stringiamo alle famiglie delle vittime, ai loro cari, a tutti coloro che hanno vissuto sulla propria pelle le conseguenze di un dramma che non sarebbe mai dovuto accadere”, scrive sui social il vicepremier.

Dell’esecutivo gialloverde faceva parte pure Lorenzo Fontana, oggi presidente della Camera: “Ricordo con dolore il 14 agosto di sette anni fa, giorno del crollo del Ponte Morandi. Il mio pensiero va alle famiglie delle vittime e a tutta Genova, che ha saputo reagire con coraggio e dignità”. Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, invece, era all’opposizione, ma il ricordo non si è mai spento: “Resta tuttora forte, così come resta forte l’impegno a fare della memoria un fondamento di responsabilità”.

In sette anni molte cose sono cambiate a Genova: al posto del vuoto c’è Ponte San Giorgio, ricostruito a tempo di record, con tecniche tecnologicamente innovative e normative ad hoc che consentirono di accelerare i tempi di tutte le fasi. Se lo ricorda bene Marco Bucci, all’epoca sindaco di Genova e commissario alla ricostruzione, oggi presidente della Regione Liguria: “Quel giorno io c’ero, e la mia vita è cambiata totalmente”, dice alla cerimonia di commemorazione. “Vogliamo che non sia soltanto un ricordo di quello che accadde il 14 agosto, ma qualcosa che permea ogni giorno il nostro lavoro. Non possiamo permetterci di fare le cose male. Non possiamo permetterci tragedie come questa. È inaccettabile”. Ad ascoltarlo c’è Silvia Salis, che ha preso di recente il suo posto al Comune di Genova. Pur essendo eletta sotto la bandiera opposta a quella di Bucci, la sindaca non nega al predecessore gli onori per il lavoro fatto, assicurando che continuerà: “Questa è una ferita che non si rimarginerà mai. Una ferita per la città, per chi vi ha perso qualcuno di caro. Per questo – dice Salis – ci impegniamo non solo a portare avanti il Memoriale, ma a riempirlo di vita, di contenuti, a fare in modo che le scuole lo vivano come una tappa fissa del loro percorso educativo”. Per sempre il 14 agosto, affinché non ci sia mai più un altro 14 agosto.

Per Meloni dazi al 15% “sostenibili”. Ma Schlein attacca: “Resa alle imposizioni di Trump”

Per Giorgia Meloni avere dazi sulle esportazioni in Usa al 15% è una “base sostenibile”. Sicuramente meglio di una guerra commerciale, che “avrebbe avuto conseguenze imprevedibili, potenzialmente devastanti”. La premier, da Addis Abeba, dice la sua sull’accordo stretto da Donald Trump e Ursula von der Leyen in Scozia, ma intravede ancora qualche spiraglio nelle pieghe del negoziato tra Bruxelles e Washington: “Bisogna valutare i dettagli e lavorarci, perché quello sottoscritto domenica non è vincolante, su alcune cose c’è ancora da battersi”.

Il pensiero, ovviamente, corre a settori come la farmaceutica o i vini, che pesano per un Paese come l’Italia. Si tratta di speranze più che di certezze, ma visti i tempi è pur sempre un punto di partenza migliore del 30% prospettato solo poche settimane fa dal tycoon. Meloni riconosce alla presidente della Commissione Ue di essere stata chiara nel dire che “bisogna andare nei dettagli, dunque essere certi che ci siano alcuni settori sensibili inseriti nell’accordo”, verificando se siano possibili esenzioni, “particolarmente su alcuni prodotti agricoli”.

La presidente del Consiglio non si sbilancia, invece, sugli approvvigionamenti di energia dagli Usa: “Non so a cosa si riferisca, al momento non so valutarlo”. Vuole prima vedere i testi nero su bianco, anche se nel frattempo vanno studiate strategie per aiutare i settori che ne usciranno più colpiti dai dazi. Sul punto Meloni si aspetta di più dall’Ue: “Semplificazioni, mercato unico, c’è tutto un lavoro su cui l’Europa non può più perdere tempo, anzi deve accelerare e compensare i possibili limiti”.

La macchina italiana, intanto, si attiva. Antonio Tajani riunisce alla Farnesina i rappresentanti del mondo produttivo, davanti ai quali ammette che i dazi al 15% sono alti ma “sostenibili”, confermando così la versione del governo. “Il rischio era avere una situazione peggiore”, ammette il ministro degli Esteri agli imprenditori, ai quali esprime una preoccupazione ancora maggiore: “La svalutazione del dollaro, una sorta di altro dazio”. La speranza è che la Bce abbassi ancora i tassi, ma di soluzioni ne prospetta almeno un paio a caldo: “Un quantitative easing o una procedura accelerata modificando per qualche mese il Sme Supporting Factor, che agevola il credito alle piccole e medie imprese, portandolo da 2,5 a 5 milioni”.

Se agli occhi del vicepremier “questa era la migliore trattativa possibile”, per il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, “forse era difficile fare di più”. Il responsabile del Mase ritiene che sia presto per valutare gli impatti dei dazi sull’economia italiana, ma una battuta geo-economica se la concede a ‘PiazzAsiago’: “Per noi sicuramente Kamala Harris sarebbe stata più conveniente”.

Almeno su questo non potrebbe che concordare Elly Schlein. “Non è un buon accordo come sostiene il governo Meloni – commenta la segretaria del Pd -. Ha i tratti di una resa alle imposizioni americane, dovuta al fatto che il governo italiano insieme ad altri governi nazionalisti totalmente subalterni a Trump, hanno spinto per una linea morbida e accondiscendente che ha minato l’unità europea e indebolito la posizione negoziale dell’Ue”, attacca. Senza risparmiare critiche all’esecutivo: “Anziché lottare per rinnovare i 750 mld di investimenti comuni europei del Next Generation Eu, Meloni e i suoi sodali ne regalano uno identico per portata agli Stati Uniti di Trump”. Schlein chiede risposte immediate sugli aiuti alle imprese e nel frattempo guida la ruspa verso Palazzo Chigi: “Altro che ponte con gli Usa, questa amicizia a senso unico di Meloni con Trump avrà un costo altissimo per le imprese e lavoratori italiani”.

I dem sono attivissimi e rispolverano parole di Giancarlo Giorgetti di un paio di settimane fa, sostenendo che il ministro dell’Economia ritenesse “insostenibile” ogni accordo diverso dal 10%. Fonti del Mef, però, rilanciano in tempo reale il video del 15 luglio scorso, in cui Giorgetti ammette che ricalcare i termini dell’accordo stretto con il Regno Unito “non è nella disponibilità” degli Usa, e pochi istanti dopo aggiunge che “non si può andare molto lontano da questo numero, altrimenti diventa insostenibile”. In effetti, un po’ di differenza la fa.

Ma è tutta l’opposizione a protestare per un accordo che ritiene una “resa incondizionata al sovranismo” del tycoon, per dirla con l’espressione del leader di Iv, Matteo Renzi. Duro anche Giuseppe Conte, che fa il raffronto tra la reazione di Meloni e quella di altri leader europei, ad esempio Francois Bayrou: “Si proclama sovranista, poi diventa portabandiera dello slogan ‘America First’. Crolla il castello di carte di Giorgia Meloni: una premier che, pur di compiacere la Casa Bianca, ha deciso di sacrificare il presente e il futuro di milioni di italiani. Nessun sussulto di dignità, nessun allarmismo per un Paese che corre verso il baratro”. Per Angelo Bonelli (Avs), poi, “spendere 750 miliardi di euro in gas americano significa dire addio alla transizione energetica e costringere famiglie e imprese italiane a bollette sempre più care”. Il coro, comunque, è unanimemente negativo, preannunciando una nuova estate calda della politica. Con il meteo che, ancora una volta, non c’entra.

Sul termovalorizzatore di Roma è sfida aperta tra Pd e M5S

Sfida tra opposizioni sul termovalorizzatore di Roma. Gli ordini del giorno presentati da Alleanza Verdi Sinistra e Movimento 5 Stelle al decreto sulla riorganizzazione della governance del Pnrr, che sostanzialmente chiedono di stoppare il progetto del Campidoglio, anche se ormai è in avanzata fase di avviamento. Una mossa che dalle parti del Pd non è stata presa certo bene. “Scopro dai giornali che nel Pnrr compare il tema del termovalorizzatore a Roma, che col Pnrr non c’entra nulla. Noi facciamo opposizione al governo Meloni, mi auguro che gli altri partiti di opposizione facciano lo stesso, perché se c’è qualcuno che si illude con un odg di provare a creare problemi ad altri partiti di opposizione, io penso che questa pratica non aiuti nessuno“, dice il capogruppo dem al Senato, Francesco Boccia. Che rincara la dose: “Troviamo inaccettabile aprire una discussione su un ordine del giorno che non c’entra nulla col provvedimento di cui si sta discutendo“.

La risposta di Giuseppe Conte non tarda. “Gualtieri, ministro dell’Economia del Conte 2, aveva sottoscritto con tutto il governo un programma che diceva no ai termovalorizzatori. Quindi è stata una ‘piroetta’, un capovolgimento a 360 gradi da parte del sindaco di Roma“, dice il presidente dei Cinquestelle. Che insiste: “Mi auguro recuperi la linearità che c’era prima di questa piroetta, confido che questa segreteria ce l’abbia la linearità, che voti con noi, anche se questo è un ordine del giorno rivolto al governo“. Anche Avs prova a “sgombrare il campo da qualunque equivoco: non c’è nessuno sgarbo fatto a Elly Schlein. C’è solo una questione di merito, l’inceneritore proposto da Gualtieri, che in campagna elettorale tra l’altro aveva detto cose diverse, porterà all’incenerimento 600mila tonnellate di rifiuti“, sottolinea il co-portavoce di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi Sinistra, Angelo Bonelli.

Il governatore dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, invece, è favorevole all’infrastruttura. E sul rischio che il suo partito si spacchi, risponde: “Mi auguro di no, i gruppi parlamentari hanno la loro autonomia, si sa come la penso io e come la pensa la gran parte del Pd“. La segretaria del Pd, Elly Schlein, intanto, non si esprime ma domani (mercoledì 19 aprile) terrà la prima conferenza stampa, al Nazareno, dal varo della nuova segreteria. Proprio nel giorno in cui si voterà sugli odg. Segno che la partita è aperta e i dem già studiano le contromosse.

M5S contro Draghi dopo bocciatura Superbonus

L’eco della stroncatura per il Superbonus 110% fatta a Strasburgo da Mario Draghi, rimbomba forte nei palazzi della politica romana, anche a distanza di oltre 24 ore. Sono soprattutto i Cinquestelle – ça va sans dire – a non aver gradito l’uscita del premier, che parlando per la prima volta alla Plenaria del Parlamento Ue non ha nascosto la sua contrarietà per una misura che, a sua detta, ha più che triplicato i costi per l’efficientamento degli edifici e delle abitazioni. Parole dure, che spiazzano il partito di maggioranza relativa. “Mi meraviglia che difronte all’Europarlamento il presidente Draghi trovi l’esigenza di parlar mal di una misura che sta facendo correre l’economia” e “che ha consentito a lui di andare in Europa e in tutto il mondo, a testa alta, a fregiarsi del 6,6% di Pil“, replica il leader M5S, Giuseppe Conte. “Lo dicono tutti gli economisti: l’incertezza rischia di frenare o rallentare l’economia, qui sul Superbonus si sta bloccando tutto, prima mistificando sulle frodi, poi con il dibattito sulla cessione dei crediti – aggiunge -. Gli operatori quotidianamente ci chiedono come possono programmare se non sappiamo qual è la posizione del governo. Quindi, obiettivamente, tutto questo crea incertezza”.

Si accoda all’analisi anche Stefano Patuanelli, che non solo è il ministro delle Politiche agricole dell’esecutivo presieduto dall’ex Bce, ma è anche il capodelegazione pentastellato. “Dispiace che il presidente del Consiglio del nostro Paese critichi una misura del suo governo in un consesso europeo. Ue che – sottolinea –, quando ci ha comunicato la tranche di pagamento del Pnrr qualche settimana fa, ha citato come prima misura virtuosa la proroga degli strumenti di efficientamento degli edifici“. Per il responsabile del Mipaaf “non si possono dare messaggi sbagliati”, inoltre “anche tecnicamente le cose dette dal premier non sono corrette. E’ un provvedimento che ha fatto ripartire un settore fermo dal 2008“. Lo stupore dei Cinquestelle è doppio, riflettendo sul fatto che solo lunedì scorso il Cdm, nel dl Energia2, con gli aiuti a famiglie e imprese, ha prorogato i termini per le villette unifamiliari.

Non è solo il Movimento 5 Stelle a difendere il Superbonus, però. Forza Italia, infatti, da tempo sostiene la misura e il vice presidente e coordinatore nazionale degli azzurri, Antonio Tajani, pur con toni e parole differenti, replica a Draghi: “E’ uno strumento per fare ripartire l’edilizia, ha ancora effetti positivi. Si tratta di un provvedimento a tempo, è chiaro che deve aver un termine, che può essere fine anno“, ma occorre dare “certezze alle imprese“, dunque “le informazioni contraddittorie rischiano di fare fallire le aziende, con ripercussioni sull’occupazione“.

Ad agitare le acque nella maggioranza c’è anche un altro tema: il termovalorizzatore di Roma. Altro terreno di scontro con il M5S, ma stavolta più all’interno della cosiddetta area progressista. L’obiettivo è soprattutto il Pd, che appoggia il sindaco della Capitale, Roberto Gualtieri, nel progetto. Conte vuole un chiarimento dagli alleati dem e si augura che non venga posta la fiducia sul decreto Energia2 (che contiene la norma che autorizza il commissario per il Giubileo ad accorciare i tempi di realizzazione), lasciando intendere che in quel caso sarebbe difficile votarla per i suoi parlamentari. L’ex ministro dell’Economia, però, non sembra preoccupato: “Un partito che a Roma è all’opposizione si è astenuto (in Consiglio dei ministri, ndr), non mi pare un dramma – sintetizza il concetto Gualtieri -. Il nostro piano è razionale, green e comporta un abbattimento delle emissioni ben superiore di tutte le alternative disponibili“. Dunque, il termovalorizzatore si farà: “E’ il momento che la città recuperi il tempo perduto. Non mi interessano le polemiche, ma dare ascolto ai cittadini e utilizzare le tecnologie green più avanzate. Metteremo Roma all’avanguardia nell’economia circolare“. Con buona pace dei Cinquestelle, che sentono puzza di bruciato: “Dicono spesso che il Movimento voglia far cadere il governo, inizio a pensare che qualcuno voglia spingerci fuori dal governo. Se fosse questa l’intenzione ce lo dicano chiaramente“, rimarca Conte alzando il sopracciglio.

Per usare una metafora meteorologica, sull’esecutivo si addensano nuvole grigie, con possibili rovesciamenti. Se a ‘carattere temporalesco’, però, sarà solo il tempo a dirlo.

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