Con guerra in Ucraina e calo del nucleare francese elettricità in Italia costa il 33% in più

In base alla rilevazione settimanale del Gme, il Gestore dei mercati energetici italiani, il prezzo del gas all’ingrosso è stato di 40,67 euro per megawattora nella settimana 32 di quest’anno, quella tra il 5 e l’11 agosto, in rialzo del 7,3% nei confronti dell’ottava precedente. Lo scorso anno, sempre nella settimana 32, il prezzo del gas all’ingrosso era scambiato a 30,78 euro per megawattora. Rispetto allo stesso periodo del 2023, il gas in Italia costa dunque il 32,1% in più. A surriscaldare i prezzi c’è il pericolo che l’escalation Ucraina-Russia coinvolga gli impianti energetici, ma c’è anche la concorrenza asiatica per il Gnl.

Il contratto Ttf con scadenza settembre sale di oltre il 5% a 45,4 euro per megawattora, durante la seduta odierna, in seguito all’attacco delle forze armate ucraine alla centrale nucleare di Zaporizhzhia e all’annunciata riduzione di capacità nucleare di 2,4 Gwh da parte di Edf a causa dell’ondata di calore che sta colpendo la Francia e l’Europa. Poi in realtà chiude perdendo circa l’1,5% e torna sotto i 40 euro. Si resta comunque sui massimi da 8 mesi perché sullo sfondo il più grande assalto dell’Ucraina in territorio russo, dopo l’invasione del 2022, sta mettendo ancora più pressione alle quotazioni di una delle materie prime chiave dell’Europa. Si combatte nella regione russa di Kursk, sede di un punto chiave di immissione di gas. La stazione di Sudzha è infatti vicino al confine e fa parte dell’ultimo punto di transito del gasdotto russo verso l’Europa attraverso l’Ucraina.

I flussi per ora restano comunque in linea con le settimane precedenti, come sottolineato da Gazprom. C’è grande timore però per un’interruzione improvvisa e anticipata dei flussi, il che rappresenterebbe uno shock per nazioni come la Slovacchia e l’Austria, che attualmente dipendono da questa fornitura e potrebbero vedere prezzi del gas più elevati per aziende e consumatori se venisse bloccata.
I commercianti di gas europei evitano quindi lo stoccaggio in Ucraina dopo gli attacchi russi. E, oltre al confine orientale, l’attenzione è rivolta anche alla prossima manutenzione intensiva presso gli stabilimenti norvegesi a partire da fine agosto, che ridurrà inevitabilmente le forniture.

Non è solo la guerra però ad accendere il gas. Al 6 agosto il tasso di riempimento degli stoccaggi in Europa supera l’86%, al di sopra della media quinquennale del 78%, tuttavia i minori afflussi di Gnl hanno fatto sì che il ritmo delle costruzioni di stoccaggio sia un po’ più lento anno su anno, e quindi le scorte stanno iniziando a scendere al di sotto dei livelli dell’anno precedente quando, in questo periodo, erano all’87%. Il principale colpevole di questa lentezza è stato il minor afflusso di Gnl in Europa. La forte domanda asiatica di gas liquefatto ha garantito che il JKM – l’equivalente del Ttf nell’Asia nord orientale specialmente in Giappone e Corea – sia stata scambiata a un premio superiore rispetto a Ttf per gran parte del 2024, il che ha portato a una deviazione dei carichi di Gnl dall’Europa all’Asia. Gli invii di gas liquefatto alla Ue a luglio sono rimasti sostanzialmente invariati mese su mese, a poco meno di 7,6 miliardi di metri cubi. Tuttavia, questo lascia comunque i volumi di luglio in calo del 25% anno su anno e i volumi mensili più bassi visti dall’inizio della guerra Russia/Ucraina.

Col gas più caro, anche il prezzo dell’energia elettrica rincara. A luglio luglio il Pun – cioè il prezzo della luce all’ingrosso – è salito “a 112,32 euro/MWh (+9,15 euro/MWh), livello più alto da inizio anno”, riflettendo “soprattutto lo stagionale aumento della domanda, con gli acquisti in decisa crescita ai massimi da agosto 2019, dinamica a cui si affianca anche un calo dei volumi rinnovabili“, si legge nell’ultima newsletter del Gme, il Gestore dei mercati energetici italiano. E se le rinnovabili perdono peso nel mix energetico, lo riacquista inevitabilmente il gas. Risultato finale: secondo la rilevazione settimanale del Gme, il prezzo dell’elettricità all’ingrosso è stato di 128,7 euro per megawattora nella settimana 32 di quest’anno, quella tra il 5 e l’11 agosto, in rialzo del 7,1% nei confronti dell’ottava precedente. Lo scorso anno, sempre nella settimana 32, il Pun (prezzo unico nazionale) dell’energia elettrica era di 96,31 euro per megawattora. Rispetto allo stesso periodo del 2023, l’elettricità in Italia costa dunque il 33,6% in più.

In Australia sciopero a rotazione negli impianti Chevron: a rischio 5% forniture di gnl

Photo credit: AFP

I dipendenti del colosso energetico statunitense Chevron inizieranno uno sciopero a rotazione nei siti di produzione di gas naturale liquefatto (gnl) dell’Australia occidentale all’inizio di settembre, minacciando fino al 5% delle forniture globali. Secondo Chevron, gli scioperi inizieranno il 7 settembre negli impianti di Gorgon e Wheatstone in Australia occidentale. Si tratta di una regione strategica per la produzione di gas naturale a livello mondiale. Con una capacità produttiva di oltre 15 milioni di tonnellate di gas naturale all’anno, Chevron è particolarmente orgogliosa degli impianti di Gorgon, che descrive come “uno dei più grandi progetti di gnl al mondo“. Secondo i rappresentanti sindacali, gli scioperanti chiedono, tra l’altro, salari più alti e migliori condizioni di lavoro.

L’Offshore Alliance, che rappresenta un’ampia forza lavoro, ha accusato la Chevron di sottopagare “i lavoratori altamente qualificati del settore petrolifero e del gas su impianti remoti e ad alto rischio“. Ha inoltre sottolineato che si rifiuta di farsi intimidire dalla multinazionale. Chevron ha dichiarato che continuerà a prendere provvedimenti per “mantenere le operazioni” in “modo sicuro e affidabile” presso gli impianti interessati dallo sciopero a rotazione. “Continueremo inoltre a lavorare al processo negoziale, cercando di ottenere risultati che siano nel migliore interesse sia dei dipendenti che dell’azienda“, ha dichiarato Chevron all’AFP. L’alleanza sindacale ha assicurato che gli scioperi “si intensificheranno ogni settimana finché la Chevron non accetterà le nostre richieste“, criticando “l’inettitudine e l’incompetenza” dell’azienda nel processo negoziale.

Circa 500 dipendenti aderiranno alla protesta, con “scioperi a rotazione, divieti e limitazioni“, ha aggiunto l’Alleanza, che ha avvertito che lo sciopero potrebbe costare a Chevron “miliardi“. Uno degli indici europei di riferimento per il gas naturale è balzato di circa l’8% lunedì sera dopo la conferma dello sciopero. Redmond Wong, analista di Saxo Markets, ha dichiarato che l’annuncio dello sciopero potrebbe portare a “reazioni impulsive nei prezzi del gas in Europa“, ma che il rischio a lungo termine di una carenza di gas è minimo.

Sebbene l’Europa abbia ampiamente ricostruito le proprie scorte di gas, destabilizzate dalla guerra in Ucraina, si teme che ulteriori interruzioni, combinate con la forte domanda in Asia, possano minare le forniture. Il prezzo del gas naturale è salito in tutta Europa all’inizio di agosto dopo che gli operai hanno minacciato di interrompere le piattaforme offshore di Woodside Energy, sempre nell’Australia occidentale. Il prezzo di riferimento è balzato di oltre il 30%. Gli scioperi sono stati scongiurati grazie a negoziati dell’ultimo minuto che hanno portato a un accordo. Chevron e Woodside Energy sono i due maggiori produttori di gas dell’Australia occidentale e insieme rappresentano oltre il 15% del totale delle esportazioni internazionali di gas naturale. Nel 2022, uno sciopero del personale di un trasportatore di gas della Shell è durato 76 giorni e ha causato perdite stimate in 650 milioni di dollari (600 milioni di euro). L’Australia è uno dei maggiori produttori ed esportatori di gas naturale al mondo.

Dopo le auto elettriche la Cina diventa leader anche nel gas liquefatto

La Cina è leader nella transizione elettrica, possedendo la maggior quantità di materie prime necessarie per produrre le batterie, ma sta diventando anche il Paese numero uno nei trasporti e nei contratti di gas liquefatto, quello che passa dai rigassificatori, che si propone come la soluzione al crollo delle forniture russe via gasdotto. Pechino inoltre è esportatore di diesel verso l’Europa, soprattutto dopo le pesanti sanzioni alla Russia. Le mosse dell’Europa, tra blocco all’import energetico di Mosca e accelerazione verso le auto elettriche, sembrano così individuare nell’ex celeste impero il nostro prossimo primo fornitore, con relativi pro e contro.

La Cina continua a dominare la classifica globale della catena di fornitura di batterie agli ioni di litio di BloombergNEF (BNEF), terzo anno consecutivo, sia per il 2022 che per le sue proiezioni per il 2027, grazie al continuo supporto alla domanda di veicoli elettrici e investimenti in materie prime. La Cina ospita attualmente il 75% di tutta la capacità di produzione di celle della batteria e il 90% della produzione di anodi ed elettroliti. L’aumento dei prezzi del litio ha anche portato a maggiori investimenti nelle raffinerie di carbonati e idrossidi nel Paese, rendendolo il principale raffinatore di metalli per batterie a livello globale, quanto mai necessari per la diffusione di veicoli elettrici. E sempre i dati di BNEF mostrano che è ancora la Cina ad aver attratto più fondi della transizione energetica con 546 miliardi di dollari, circa la metà del totale del 2022.

Pechino sta rapidamente diventando anche la forza dominante nel mercato del gas naturale liquefatto, con gli acquirenti cinesi che rappresentano il 40% dei recenti contratti di GNL a lungo termine tra gli attori globali, come scrive il quotidiano giapponese Nikkei. Il principale gruppo energetico cinese Sinopec Group ha raggiunto un accordo di 27 anni con QatarEnergy di proprietà statale alla fine dello scorso anno per acquistare 4 milioni di tonnellate di GNL all’anno e le importazioni dovrebbero iniziare intorno al 2026. In qualità di cliente chiave, la Cina sta anche negoziando per investire in un imponente progetto del Qatar per espandere la produzione di gas liquefatto. Una società energetica cinese del settore privato, ENN Group, ha firmato un contratto lo scorso anno con Energy Transfer, con sede in Texas, per l’acquisto di 2,7 milioni di tonnellate di GNL all’anno per 20 anni. ENN ha aumentato il suo accordo di acquisto con NextDecade, anch’esso con sede in Texas, a 2 milioni di tonnellate all’anno per 20 anni. Inoltre – sottolinea Nikkei – NextDecade ha accettato di fornire 1 milione di tonnellate di GNL all’anno a China Gas Holdings, il cui principale azionista è un veicolo di investimento controllato dalla città di Pechino. Le importazioni inizieranno negli ultimi anni ’20. Nel corso del 2021 e del 2022, la Cina ha chiuso contratti di acquisto di GNL a lungo termine per un valore di quasi 50 milioni di tonnellate all’anno, riferisce la società di ricerca europea Rystad Energy. Pechino ha triplicato la portata degli acquisti attraverso contratti a lungo termine in soli due anni, rispetto al volume annuale di circa 16 milioni di tonnellate dal 2015 al 2020.

In attesa della transizione, l’Europa intanto continua a correre col diesel. E proprio l’embargo sui prodotti russi sta spingendo Mosca a svendere il proprio gasolio soprattutto a India e Cina, i quali esportano a loro volta in Europa a prezzi più bassi.

Tajani

Tajani: “Se Russia taglia gas sono problemi, più autosufficienza”

La questione energetica continua ad agitare la politica europea. Un rischio di tagli delle forniture russe verso l’Ue è uno scenario che nessuno auspica, ma che comunque entra prepotentemente nella agende non solo nazionali, tanto è vero che il tema è stato oggetto di confronto anche attorno al tavolo del Partito popolare europeo (Ppe), riunito come consuetudine prima del vertice dei capi di Stato e di governo dell’Ue. “Se la Russia smette di inviare gas sono problemi”, riconosce Antonio Tajani, coordinatore unico di Forza Italia e vicepresidente del Ppe, nel colloquio concesso a Gea a margine dei lavori. “Ci auguriamo che non succeda, ovviamente”, ma in ogni caso quello che serve è uno sforzo collettivo per trovarsi preparati se mai il peggio dovesse concretizzarsi. “Dobbiamo accelerare sui tempi dell’autosufficienza energetica”, il che vuol dire investimenti e politiche mirate. I primi vanno stimolati, le seconde varate con priorità assoluta.

L’autosufficienza energetica passa anche per un maggior ricorso al gas petrolio liquefatto, il Gnl che l’Ue ha iniziato ad acquistare sul mercato, soprattutto quello nordamericano. Ma anche qui “occorre accelerare”, insiste Tajani. “Servono rigassificatori”, che l’Europa degli Stati al momento non ha. “Ne servono più di quanti ce ne sono” attualmente. È una consapevolezza diffusa, attorno al tavolo del centro-destra europea, che “rifiuta di chiudere gli occhi di fronte a queste sfide impegnative”. Un passaggio contenuto anche nella dichiarazione del Ppe diffusa alla fine summit. “Abbiamo discusso anche della situazione economica”, spiega ancora Tajani, perché se il possibile taglio alle consegne di gas russo sono un’eventualità, il problema dei prezzi dell’energia è già un problema reale, che si ripercuote sul tessuto produttivo e le prospettive di crescita dell’Europa.

gnl

Le sfide del Gnl su cui punta l’Ue: costi, ambiente e infrastrutture

Gas naturale liquefatto (Gnl), ovvero la principale alternativa dell’Ue alle risorse energetiche della Russia. Una via da intraprendere in nome di sicurezza di approvvigionamenti, ma la cui percorribilità è tutta da dimostrare. Problemi di costi, di sostenibilità e di gestione politico-economica sono i principali nodi legati al Gnl, che sono messi in evidenza dal Servizio di ricerche del Parlamento europeo in un documento di lavoro per le commissioni parlamentari. La considerazione preliminare è che la “la sostituzione del gas naturale russo sarà molto più difficile della sostituzione del petrolio e del carbone”, e ciò a causa delle differenze nelle infrastrutture di approvvigionamento, trasporto e stoccaggio. Sebbene “parte della soluzione a lungo termine” risieda nella promozione delle fonti energetiche rinnovabili e del risparmio di efficienza energetica, l’Ue richiederà comunque grandi volumi di importazioni di gas naturale a breve e medio termine. Questo implica due cose, una positiva e una negativa. Il principale vantaggio del Gnl rispetto al gas naturale che viaggia via gasdotto è che può essere importato in modo flessibile da un’ampia gamma di Paesi fornitori, quindi “migliora anziché diminuire la sicurezza dell’approvvigionamento”. Il principale svantaggio del Gnl è che “le forniture sono spesso più costose”, anche in considerazione del fatto che l’Europa sarebbe in concorrenza diretta con i paesi asiatici in cui il Gnl è la norma.

Ci sono anche problemi ambientali legati al processo di trasporto di gas a temperature molto basse su grandi distanze, che portano a elevate emissioni di gas serra. Il Gnl è gas naturale raffreddato fino a -160 gradi Celsius, quindi trasportato allo stato liquido tramite navi appositamente progettate. Servono dunque sistemi di raffreddamento energivori, e le navi utilizzano cherosene, combustibile altamente inquinante e clima-impattante.

A questo si aggiunge la questione pratica. Allo stato attuale, rilevano gli esperti del Parlamento europeo, l’Ue non è in grado di accogliere il Gnl né gestire la quantità crescente di gas naturale liquefatto. “La capacità di Gnl rimane distribuita in modo non uniforme in tutta l’Ue. Alcuni Stati membri, anche grandi come la Germania, non dispongono attualmente di capacità operative di importazione di Gnl”. Attualmente circa il 37% ( pari a 60 miliardi di metri cubi) della capacità totale di Gnl dell’Ue si trova in Spagna, che ha “collegamenti limitati” con gasdotti con la Francia e quindi con il resto d’Europa. L’importazione di più Gnl solleva la questione di come aumentare la capacità di trasporto dei gasdotti. Dopo la Spagna, la Francia ha la seconda infrastruttura Gnl più grande dell’Ue con circa la metà della capacità della Spagna (33 miliardi di metri cubi). Altri importanti importatori di gas naturale liquefatto all’interno dell’Ue sono l’Italia (15 miliardi di metri cubi), i Paesi Bassi (12 miliardi di metri cubi) e il Belgio (11 miliardi di metri cubi). La capacità di importazione è inferiore nell’Europa orientale e sudorientale, le regioni “più dipendenti dal gas russo e quindi più vulnerabili” all’interruzione delle forniture fisiche a causa della guerra in Ucraina. Alla luce di tutto questo “vi è una chiara necessità di anticipare gli investimenti” per permettere un’effettiva alternativa al prodotto acquistato da Gazprom. Perché dal punto di vista della sicurezza dell’approvvigionamento, un’ulteriore considerazione è che il Gnl “richiede la realizzazione di una specifica capacità di importazione”, in modo che il gas possa essere ricevuto e rigassificato per entrare nella rete dei gasdotti.

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