Prezzi energia trainano calo inflazione a dicembre. Ma è record nel 2022: mai così alta dal 1985

Rallenta l’inflazione a dicembre ma è record nel 2002: mai così alta dal 1985. Secondo le stime preliminari dell’Istat, nel mese di dicembre 2022 infatti l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, al lordo dei tabacchi, aumenta dello 0,3% su base mensile e dell’11,6% su base annua (da +11,8% del mese precedente). Il rallentamento su base tendenziale dell’inflazione è dovuto prevalentemente ai prezzi dei beni energetici, (che passano da +67,6% di novembre a +64,7%), in particolare della componente non regolamentata (da +69,9% a +63,3%) e ai prezzi dei beni alimentari non lavorati (da +11,4% a +9,5%) e dei servizi relativi ai trasporti (da +6,8% a +6,0%); per contro, un sostegno alla dinamica dell’inflazione deriva dall’accelerazione dei prezzi degli energetici regolamentati (da +57,9% a +70,3%), di quelli dei beni alimentari lavorati (da +14,3% a +14,9%), di quelli dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +5,5% a +6,2%) e dei servizi relativi alle comunicazioni (da +0,2% a +0,7%).

Sempre secondo le stime preliminari Istat, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) – il cosiddetto ‘carrello della spesa’ – aumenta dello 0,2% su base mensile e del 12,3% su base annua (da +12,6% di novembre). La variazione media annua del 2022 è pari a +8,7% (+1,9% nel 2021). In media, nel 2022 i prezzi al consumo registrano una crescita pari a +8,1% (+1,9% nel 2021). Al netto degli energetici e degli alimentari freschi, i prezzi al consumo crescono del 3,8% (+0,8% nell’anno precedente) e al netto dei soli energetici del 4,1% (+0,8% nel 2021).
“In base alle stime preliminari – commenta l’Istat –  l’inflazione acquisita, o trascinamento, per il 2023 (ossia la crescita media che si avrebbe nell’anno se i prezzi rimanessero stabili fino al prossimo dicembre) è pari a +5,1%, ben più ampia di quella osservata per il 2022, quando fu pari a +1,8%”.

Sulla scorta dei dati diffusi dall’Istituto nazionale di statistica, arrivano le reazioni e le analisi delle associazione a tutela dei consumatori e dei produttori, come nel caso di Coldiretti. “L’impennata dell’inflazione pesa sul carrello degli italiani che hanno speso quasi 13 miliardi in più per acquistare cibi e bevande nel 2022 a causa dell’effetto valanga dei rincari energetici e della dipendenza dall’estero, in un contesto di aumento dei costi dovuto alla guerra in Ucraina che fa soffrire l’intera filiera, dai campi alle tavole”. Secondo la Coldiretti, tra le categorie di prodotti che hanno pesato di più sull’aumento di spesa degli italiani ci sono la verdura che precede sul podio “pane, pasta e riso” e poi “carne e salumi” mentre al quarto posto la frutta precede il pesce, poi “latte, formaggi e uova” e quindi “olio, burro e grassi”. Per cercare di risparmiare, 8 italiani su 10 (81%) hanno preso l’abitudine di fare una lista ponderata degli acquisti da effettuare per mettere sotto controllo le spese d’impulso, cambiando anche i luoghi scelti per fare la spesa: il 72% degli italiani si reca nei discount, mentre l’83% punta su prodotti in offerta e in promozione, “andando a caccia dei prezzi più bassi anche facendo lo slalom nel punto vendita, cambiando negozio, supermercato o discount alla ricerca di promozioni per i diversi prodotti”, spiega la Coldiretti. La quale evidenzia come gli aumenti dei prezzi non incidano solamente sulle tasche delle famiglie, bensì sull’intera filiera agroalimentare “a partire dalle campagne, dove più di un’azienda agricola su 10 (13%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività, ma ben oltre 1/3 del totale nazionale (34%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dei rincari, secondo il Crea. Ettore Prandini chiede “rimedi immediati e un rilancio degli strumenti europei e nazionali che assicurino la sovranità alimentare, riducano la dipendenza dall’estero e garantiscono un giusto prezzo degli alimenti per produttori e consumatori”, sottolineando l’esigenza di “raddoppiare da 5 a 10 miliardi le risorse destinate all’agroalimentare nel Piano nazionale di ripresa e resilienza spostando fondi da altri comparti per evitare di perdere i finanziamenti dell’Europa”.

Carlo Alberto Buttarelli, direttore Ufficio Studi e Relazioni con la Filiera di Federdistribuzione, racconta lo stato dell’arte delle imprese italiane, “impegnate da oltre un anno a gradualizzare il trasferimento sui prezzi al consumo degli aumenti subiti in fase di acquisto, investendo risorse economiche e riducendo i propri margini per salvaguardare il potere d’acquisto degli italiani. Uno sforzo che non è più sostenibile dal nostro settore che in questi mesi ha dovuto anche fronteggiare i rincari energetici. Per scongiurare una possibile crisi dei consumi nei prossimi mesi è necessario che tutti gli attori della filiera agiscano con senso di responsabilità per limitare il più possibile la spirale della crescita dei prezzi, considerando anche che si registrano i primi segnali di rallentamento delle quotazioni delle materie prime e dei prodotti energetici”.

Nel 2022, gli aumenti di prezzi e tariffe si sono tradotti in una spesa di 61,3 miliardi di euro in più rispetto all’anno precedente, come afferma il Codacons. Che, dati Istat alla mano, traduce – a parità di consumi – la percentuale del tasso annuo dell’8,1% in un maggiore esborso pari in media a +2.369 euro per la famiglia ‘tipo’, cifra che sale a 3.069 euro annui per un nucleo con due figli. “Sono numeri da capogiro – commenta – che avranno ripercussioni pesanti nel 2023. L’andamento al rialzo delle bollette del gas, i carburanti che hanno ripreso a correre e i listini degli alimentari ancora a livelli elevatissimi, faranno sentire i loro effetti nel breve termine, erodendo il potere d’acquisto dei cittadini e riducendo la spesa. Il governo Meloni deve correre ai ripari, adottando misure in grado di calmierare i prezzi al dettaglio e accelerare la riduzione dei listini, allo scopo di salvaguardare i bilanci delle famiglie, che sempre più numerose intaccano i risparmi per riuscire a sostenere bollette e prezzi alle stelle”, conclude Carlo Rienzi, presidente del coordinamento.

Gli fa eco l’Unione Italiana Consumatori: “Sono dati catastrofici. Le famiglie sono sempre più inguaiate. Una coppia con 2 figli ha pagato 700 euro in più rispetto al 2021 per poter mangiare e bere. Una famiglia media ha avuto una stangata per i prodotti alimentari e le bevande analcoliche pari a 513 euro, cifra che sale a 632 per una coppia con 1 figlio e che arriva a 836 euro per le coppie con 3 figli”, fa presente Massimiliano Dona, presidente dell’associazione. “In media per una famiglia – evidenzia – il rincaro dello scorso anno è di 2219 euro, 1200 per l’abitazione, 532 per il solo carrello della spesa”.

Sul tema si sofferma anche la Confederazione Selp. Il suo presidente Giovanni Centrella rimarca il fatto che i dati diffusi stamani dall’Istat sull’inflazione “fanno emergere con chiarezza le difficoltà delle famiglie italiane nell’acquisto dei beni di prima necessità. Al Governo chiediamo di intervenire attivando controlli sui prezzi per evitare speculazioni che potrebbero incidere ancora pesantemente sulle famiglie e le categorie dei lavoratori dipendenti”. Sulla stessa lunghezza d’onda Furio Truzzi, presidente di Assoutenti che, di fronte ai dati diffusi dall’Istat, chiede al governo Meloni “di inserire l’emergenza prezzi tra le priorità dell’esecutivo, varando il taglio dell’Iva sui beni primari come alimentari e generi di prima necessità, e intervenendo sulla tassazione relativa ai carburanti, seguendo l’esempio del suo predecessore Draghi e tagliando le accise che pesano sui costi di una moltitudine di prodotti, considerato che in Italia l’85% della merce viaggia su gomma”.

Per Confesercenti, non bisogna dimenticare “che le famiglie hanno quasi terminato i risparmi con i quali hanno finora sostenuto la spesa, la cui dinamica d’ora in poi sarà guidata sempre più dal potere d’acquisto. Per questo il governo, terminata la fase di emergenza, dovrà garantire interventi decisivi per ridurre innanzitutto la pressione fiscale ed il costo del lavoro, per ridare fiato a famiglie ed imprese e sostenere la ripresa della domanda interna”.

Qual è infine la situazione a livello europeo? Secondo Eurostat, a novembre 2022 i prezzi alla produzione industriale sono diminuiti dello 0,9% sia nell’area dell’euro che nell’Ue, rispetto a ottobre.
I prezzi alla produzione industriale nell’area dell’euro a novembre 2022, rispetto a ottobre, sono diminuiti del 2,2% nel settore energetico e dello 0,4% per i beni intermedi, mentre i prezzi sono aumentati dello 0,2% per i beni di consumo durevoli, dello 0,3% per i beni strumentali e dello 0,6% per i beni di consumo non durevoli. Esclusa l’energia, i prezzi sono cresciuti dello 0,1%.
Nell’intera Ue, i prezzi alla produzione industriale sono aumentati del 56% nel settore energetico, del 17,1% per i beni di consumo non durevoli, del 15,5% per i beni intermedi, del 9,7% per i beni di consumo durevoli e del 7,7% per i beni strumentali. I prezzi nell’industria, esclusa l’energia, sono cresciuti del 13,6%.

 

 

 

 

 

Ecco perché nel 2023 il prezzo del gas tornerà a essere ‘normale’

Fare previsioni economiche affidabili con una guerra in corso è un arduo esercizio. E quindi il lettore mi perdonerà se farò ragionamenti un po’ generali e tendenziali, se parlerò di sentiment piuttosto che di numeri, sfruttando impressioni e sensazioni che mi vengono dall’osservatorio privilegiato rappresentato dal grande gruppo internazionale in cui opero, attivo in tre settori: energia, siderurgia e shipping. Si tratta di tre aree di business tipicamente legate ai trend macroeconomici e ai cicli dell’economia che spesso anticipano gli andamenti più generali.

Dopo il 2021 e il 2022, che sono stati anni di rilancio delle economie mondiali post-Covid segnati da tassi di crescita particolarmente elevati un po’ ovunque, e da un gigantesco ‘effetto molla’ che ha creato non pochi problemi di squilibrio tra domanda e offerta, la situazione sta rapidamente cambiando. Quali sono i fatti che stanno condizionando l’andamento economico della fine di questo anno e che condizioneranno il 2023?

Gli impulsi inflazionistici (soprattutto inflazione da costi delle materie prime e da scarsità di tutti i componenti elettronici) registrati nel 2021 e 2022 e causati dallo squilibrio temporale tra domanda e offerta conseguente alla violenta ripresa post pandemica delle economie mondiali, hanno provocato un rialzo dei tassi di interesse in tutto il mondo.

In Europa questi impulsi inflazionistici sono stati drammatizzati dalle conseguenze dell’invasione russa dell’Ucraina e in particolare dalla crisi energetica provocata dalla progressiva riduzione delle forniture di gas russo al nostro continente.

Le banche centrali, americana e europea, hanno reagito alla situazione provocando appunto il rialzo dei tassi di interesse e così ci siamo trovati in una situazione che non conoscevamo da tanto tempo: inflazione a due cifre (negli Usa si è parlato di una fiammata inflattiva che ha raggiunto il 15%, in Europa siamo intorno al 10%) e un costo del denaro che improvvisamente è tornato a crescere anche perché le banche, costrette per decenni a margini di intermediazione bassissimi, ne hanno un po’ approfittato per ricostruire la redditività perduta. Al riguardo è sufficiente guardare i profitti che le banche hanno fatto negli ultimi semestri.

È chiaro che una situazione del genere, aggravata come detto in Europa dalla crisi energetica, non favorisce la crescita. In molti si attendono una forte riduzione di consumi e degli investimenti e il rallentamento sensibile dell’economia degli ultimi mesi sembra già evidenziarlo.

Al riguardo i più pessimisti tra gli economisti sono arrivati ad evocare il pericolo di stagflazione e cioè l’incubo di una presenza simultanea di recessione e alti tassi di inflazione. Io non ho questa visione catastrofista e da un po’ di tempo vado dicendo sia in sedi pubbliche che private che sono convinto che la straordinaria, per le abitudini degli ultimi venti anni, inflazione attuale sia uno strappo improvviso ma non duraturo e che sia destinata a rientrare abbastanza rapidamente.

Tale convinzione nasce dal fatto che nei sistemi capitalistici e di mercato quando c’è uno squilibrio tra domanda e offerta come quello che si è creato nel periodo post-Covid (quello che abbiamo definito ‘effetto molla’) abbastanza rapidamente e automaticamente l’offerta, trainata dai prezzi alti provocati dalla scarsità si adegua alla domanda. Nel mondo delle materie prime e in genere di tutte le commodity avviene anzi che l’offerta oltre che adeguarsi alla domanda la sorpassa creando situazioni di eccesso che costituiscono potenti fattori deflattivi. È quella che si chiama over capacity, eccesso di capacità installata, che affligge molti settori dall’acciaio all’alluminio alle stive delle navi, settori ciclicamente colpiti da crisi e caduta di prezzi provocati dall’eccesso di offerta.

A mio giudizio succederà così anche per il gas che dopo essere stato scarso a causa della crisi russa tornerà ad essere abbondante e a basso prezzo perché tutti i Paesi che lo producono trascinati dai prezzi alti attuali stanno investendo per aumentare le quantità prodotte e vendute; basta guardare ciò che succede in Algeria, Egitto, Israele, Qatar, Norvegia e Usa.

Questa mia impressione, su un rientro relativamente rapido dell’inflazione, è confermata negli ultimi giorni dai dati che provengono da diversi paesi: Germania, Spagna, Stati Uniti d’America. In particolare negli Usa i prezzi al consumo a novembre sono aumentati meno delle aspettative più rosee degli analisti. Ci aspettava una crescita del 7,7% che era stata quella del mese di ottobre e invece il dato è del 7,1%, il minimo da un anno. È sempre troppo ma si consideri che a giugno era del 9,1%.

È calato di molto il prezzo della benzina, uno dei beni di consumo ai quali gli americani sono più attenti, che è passato da una media dei tre mesi precedenti novembre di 5 dollari al gallone ai 3,25 dollari a gallone del mese di novembre. Questa caduta dei prezzi al consumo comporterà una seria riflessione della Fed, la Banca Centrale Usa, a proposito della necessità di continuare o meno la stretta monetaria e il rialzo dei tassi con il rischio di provocare una recessione economica che invece si potrebbe evitare.

L’altro elemento che mi induce a un cauto ottimismo sono i dati italiani e il sentimento che riscontro parlando con gli industriali dei diversi settori.

La cosa quasi stupefacente è che nonostante la grave crisi energetica che ha fatto temere l’avvio di una recessione da noi e in Europa, l’Italia crescerà nel 2022 quasi del 4% (l’Istat prevede il 3,9%). Per la prima volta da una quarantina d’anni il nostro Paese crescerà quanto la Cina e molto di più di Francia e Germania. Si tenga presente che l’Italia era cresciuta più di tutti anche nel 2021 (6,7%). Molti analisti sostengono che, in questo contesto, l’obiettivo di una crescita intorno allo 0,5% nel 2023, malgrado il rallentamento in corso, non sia così impossibile come ci hanno detto i pessimisti.

Al di là dei numeri parlando con i colleghi industriali di molti settori sento aspettative non catastrofiche anche perché nella media gli impianti stanno ancora girando intorno all’80% della loro capacità massima. Ciò significa che la domanda c’è, gli ordini ci sono e l’industria continua a produrre ed esportare anche aiutata da un dollaro forte che, se ci aumenta il costo delle materie prime comprate all’estero, normalmente pagate in dollari, dall’altra parte favorisce di molto le esportazioni italiane ed europee nel gigantesco mercato degli Usa.

Le imprese italiane hanno guadagnato mediamente molto negli ultimi due anni e oggi grazie a ciò sono le meno indebitate del mondo avanzato. La buona patrimonializzazione consentirà all’industria italiana di continuare nei processi di investimento in innovazione tecnologica e digitalizzazione innescati e consentiti dai meccanismi di Industria 4.0 del Governo Renzi e dell’allora Ministro dello Sviluppo economico Calenda. Inoltre, se si riusciranno a spendere i soldi del Pnrr, ciò sarà un formidabile elemento di sostegno keynesiano della domanda, specie nelle settore delle infrastrutture. Le Ferrovie dello Stato con i loro svariati miliardi di investimenti previsti nei prossimi quattro anni sono la più grande stazione appaltante del Paese.

Certo permane la forte preoccupazione del costo dell’energia che colpisce sia le famiglie che le imprese. Finora gli interventi di mitigazione dei Governi Draghi prima e Meloni ora hanno ridotto l’impatto. Bisogna vedere se le finanze pubbliche riusciranno nel 2023 a reggere interventi di questo tipo, che sono molto costosi. Finora si sono spesi al riguardo più di 65 miliardi di euro e l’estensione di tali misure al primo trimestre del 2023 decisa dal governo attuale comporterà altri miliardi di spesa pubblica.

Ma anche su questo sono abbastanza ottimista. I prezzi dell’energia, in un quadro complessivo di forte volatilità, stanno scendendo. Probabilmente soffriremo ancora quest’estate quando ci saranno da riempire gli stoccaggi gas ma superata quella fase l’abbondanza di gas che nel frattempo arriverà da più parti ci aiuterà molto.

Pensare positivo aiuta a vivere. I pessimisti non sono mai riusciti a fare nulla.

L’Inflazione scende in Europa, in Italia invece no. Ecco spiegato il perché

Stabile a novembre l’inflazione in Italia anche se rimane a livelli che non si vedevano dal 1984.
“Dopo la brusca accelerazione di ottobre, a novembre l’inflazione, che rimane a livelli che non si vedevano da marzo 1984 (quando fu +11,9%), è stabile. I prezzi di alcune componenti, che ne avevano sostenuto l’ascesa, tra cui gli energetici non regolamentati e in misura minore gli alimentari non lavorati, rallentano su base annua, mentre quelli di altre componenti continuano ad accelerare, tra cui gli energetici regolamentati e in misura minore gli alimentari lavorati. Anche i prezzi del carrello della spesa accelerano ma di poco. Se nei prossimi mesi continuasse la discesa in corso dei prezzi all’ingrosso del gas e di altre materie prime, il fuoco dell’inflazione, che ha caratterizzato sin qui l’anno in corso, potrebbe iniziare a ritirarsi”. Commenta così l’Istat la stima preliminare flash sull’inflazione, che ha visto i prezzi crescere dello 0,5% rispetto ad ottobre, contro attese di un +0,2%, e dell’11,8% nei confronti di novembre 2021, la stessa percentuale dello scorso mese. Per le associazioni dei consumatori una famiglia tipo spenderà mille euro in più solo per il cibo, mentre le organizzazioni imprenditoriali lanciano l’allarme consumi in vista del Natale ma soprattutto verso il 2023.
Secondo l’Istat l’aumento mensile del tasso d’inflazione è dovuto prevalentemente ai prezzi dei Beni energetici regolamentati (+3%) – nonostante la diminuzione nel mercato tutelato delle bollette del gas, – degli Energetici non regolamentati (+2,2%), degli Alimentari lavorati (+1,5%) e dei Beni non durevoli (+0,6%). In calo invece, a causa per lo più di fattori stagionali, i prezzi dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (-0,4%) e dei Servizi relativi ai trasporti (-0,2%). Anno su anno continua a essere più caro il famoso carrello della spesa: i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona registrano una accelerazione su base tendenziale (da +12,6% a +12,8%), mentre rallentano, al contrario, quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +8,9% a +8,8%). E sempre 2022 su 2021 va segnalato che l’inflazione ‘di fondo’, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, accelera da +5,3% a +5,7% e quella al netto dei soli beni energetici sale da +5,9% a +6,1%.
Stabili congiunturalmente i prezzi dei Beni alimentari non lavorati (da +12,9% a +11,3% anno su anno), a causa della decelerazione dei vegetali (da +25,1% a +14,8%; -4,9% su base mensile), mentre accelerano quelli della frutta (da +6,4% a +6,9%; +3,4% rispetto a ottobre).
Andamenti in accelerazione si osservano per i prezzi del gas di città e nel mercato tutelato (da +3,4% a +13,4%; +9,8 rispetto al mese precedente), per i prezzi degli alimentari lavorati (da +13,3% a +14,4%; +1,5 su base mensile) e di ristoranti e bar (da +6,6% a +7,3%; +0,9% il congiunturale).
Proprio l’incremento di quasi il 10% del prezzo del gas rispetto ad ottobre, nonostante il crollo della quotazione all’ingrosso della materia prima e l’abbassamento delle bollette nel mercato tutelato, fa sì che in Italia l’inflazione continui ancora a salire. Nel resto d’Europa invece, mese su mese, il caro-vita è sceso nei principali Paesi: -0,5% in Germania, +0,4% in Francia (con un annuale però di +6,2% rispetto al +11,8% italiano) e -0,1% in Spagna.
Infatti l’Eurostat certifica che su base mensile l’indice dei prezzi al consumo nella Ue ha mostrato una flessione dello 0,1% rispetto al +1,5% dello scorso mese, mentre anno su anno l’inflazione è salita del +10% contro attese ferme al +10,4% e un dato precedente al +10,6%.

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Inflazione, Mattarella: “Difesa dei redditi e risparmio compito primario Repubblica”

Difendere il valore dei redditi e del risparmio. E’ il messaggio lanciato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della 98esima Giornata mondiale del Risparmio organizzata dall’Acri. “Contro la crescita dell’inflazione, dovuta all’impennata del costo dell’energia e degli altri beni di prima necessità, appare più che mai un compito primario al quale la Repubblica è tenuta per Costituzione“, avverte il capo dello Stato. Che ricorda il “clima di incertezza” che caratterizza l’edizione 2022 della Gmr, con le “sfide molto impegnative che si presentano davanti a noi”, prima fra tutte “la condizione di guerra intrapresa dalla Federazione Russa contro l’Ucraina con le sue conseguenze”. Per Mattarella “la pace va pazientemente costruita e garantita ogni giorno in ogni società civile“, rendendo “evidente, in questo senso, il ruolo del risparmio e dei suoi impieghi come motore di stabilità, sviluppo e strumento di coesione sociale”. Il monito tocca anche gli istituti di credito, ma non solo: “Una responsabilità accresciuta deve essere percepita dalle banche e dagli altri operatori finanziari in questa direzione: non si farà mai abbastanza per rafforzare la resilienza di individui e imprese, specie del tessuto medio-piccolo”, sottolinea. Perché “nell’era dell’incertezza la fiducia è merce preziosa, indispensabile per la ripartenza: offrire un clima positivo e una rete di sicurezza è responsabilità che non può essere evasa”.

Così come, scrive ancora il presidente della Repubblica nel suo messaggio, “il coraggio dell’innovazione deve sapersi accompagnare alla grande attenzione alle povertà vecchie e nuove, non ultima la povertà educativa che determina intollerabili esclusioni“. Mentre “l’inclusione, anche quella finanziaria, appare un obiettivo da non trascurare, per accrescere nei risparmiatori la consapevolezza delle opportunità e dei rischi offerti dal mercato, per consentire la crescita del Paese“. Inoltre, “le Fondazioni bancarie sono state un veicolo molto prezioso e la loro funzione è accentuata in questa stagione per attenuare gli impatti sociali negativi, senza che debba venir meno il primario compito delle istituzioni pubbliche in questa direzione“. La situazione economica di famiglie, cittadini e imprese merita, dunque, attenzione particolare da chi ha il compito di gestire non solo il risparmio, ma anche il credito utile allo sviluppo e alla crescita. L’invito di Mattarella serve proprio a non dimenticare le priorità nella difficile condizione in cui versa l’economia globale. Un tema che tocca tutto e riguarda tutti, nessuno escluso.

liz truss

Finisce l’era Johnson, inizia quella di Liz Truss. Energia e inflazione sul tavolo

Con un’inflazione a due cifre e un’economia sull’orlo della recessione, la crisi legata all’aumento del costo della vita nel Regno Unito e la questione energetica sono entrate a gamba tesa nell’agenda delle priorità di Liz Truss, eletta nuova leader del Partito Conservatore britannico, che da oggi è la nuova premier, subentrando al dimissionario Boris Johnson.

Per la terza donna nella storia alla guida del Paese – dopo Margaret Thatcher e Theresa May – la sfida verso la neutralità climatica entro il 2050 inizia subito, anche se, avverte, c’è “un modo migliore per raggiungere” questo obiettivo che “non danneggia le persone e le imprese“. A cominciare dalla cosiddetta fratturazione idraulica o fracking, tecnologia controversa che consente di estrarre più facilmente gas e petrolio sfruttando la pressione dei liquidi per provocare fratture negli strati rocciosi più profondi del terreno. Johnson, durante il suo ultimo discorso pubblico aveva messo in dubbio le potenzialità del fracking. Truss, inoltre, ha già annunciato di voler aumentare le estrazioni nel Mare del Nord, scatenando le ire degli ambientalisti, contrari all’aumento del numero di permessi per le trivellazioni. Sul fronte nucleare, la neopremier dovrebbe sostenere la strategia del governo Johnson, che ha dato il via libera al finanziamento del progetto della centrale Sizewell C e vuole moltiplicare piccoli reattori.

Ma per Truss la vera sfida sarà anche trovare un modo per affrontare la crisi legata all’inflazione, che ha ormai raggiunto il 10,1% ed è la più alta degli ultimi 40 anni. Secondo Goldman Sachs è reale il rischio che schizzi al 22% se il prezzo del gas resterà così alto. Per una famiglia media la bolletta media del gas, a partire da ottobre, subirà un aumento anche dell’80% e sarà pari a 3.549 sterline. Numerosi studi hanno già parlato di “catastrofe umanitaria” se i cittadini britannici non riusciranno a riscaldarsi adeguatamente questo inverno.

Truss, già ministra degli Esteri nel governo Johnson, durante la sua campagna ha sostenuto la necessità di tagliare le tasse invece che elargire aiuti diretti da parte del governo. Ma di fronte alla rabbia popolare ha corretto la rotta, aprendo a bonus e sussidi statali. Diversi media sostengono che potrebbe arrivare fino al congelamento dei prezzi dell’energia, come suggerito dall’opposizione laburista.

(photo credits: DANIEL LEAL / AFP)

Dal grano al pane prezzi decuplicati: “Troppa speculazione”

Dal grano al pane i prezzi aumentano anche di dieci volte a causa di speculazioni e distorsioni all’interno delle filiere che impoveriscono i cittadini e danneggiano gli agricoltori, strozzati dai rincari record di energia, mangimi e fertilizzanti. Lo denuncia Coldiretti, che prevede un’impennata dell’inflazione che peserà sul carrello degli italiani oltre 8 miliardi nel 2022 mentre nei campi i compensi sono ormai scesi sotto i costi di produzione, costringendo molte imprese a lavorare in perdita.

La guerra ha di fatto “moltiplicato manovre speculative e pratiche sleali sui prodotti alimentari, sottolinea l’associazione, parla di tentativi di ridurre la qualità dei prodotti offerti sugli scaffali, etichette ingannevoli, taglio dei compensi riconosciuti agli agricoltori al di sotto dei costi di produzione.

Il risultato è che, secondo l’analisi su dati Ismea, per ogni euro speso dai consumatori in prodotti alimentari freschi e trasformati, appena 15 centesimi vanno in media agli agricoltori ma se si considerano i soli prodotti trasformati la remunerazione nelle campagne scende addirittura ad appena 6 centesimi. Il pane è uno degli esempi più significativi.

Un chilo di grano viene pagato agli agricoltori intorno ai 35/40 centesimi e serve per produrre un chilo di pane che viene venduto a consumatori a prezzi che variano dai 3 ai 5 euro a seconda delle città, secondo Coldiretti. L’incidenza del costo del grano sul prezzo del pane resta dunque marginale pari a circa il 10% in media. Ma c’è anche il caso del pomodoro. In una bottiglia di passata da 700 ml in vendita mediamente a 1,3 euro oltre la metà del valore (53%), secondo la Coldiretti, è il margine della distribuzione commerciale con le promozioni, il 18% sono i costi di produzione industriali, il 10% è il costo della bottiglia, l’8% è il valore riconosciuto al pomodoro, il 6% ai trasporti, il 3% al tappo e all’etichetta e il 2% per la pubblicità.

prezzi

Per riequilibrare la distribuzione del valore lungo la filiera tutelando cittadini e agricoltori, è entrato in vigore il 15 dicembre il decreto legislativo in attuazione della Direttiva Ue sulle pratiche commerciali sleali. Ma contro il caro prezzi una soluzione strutturale è rappresentata anche dalla diffusione dei contratti di filiera per l’equa distribuzione del valore lungo la filiera e per tutelare il reddito degli agricoltori.

Per affrontare questa emergenza causata da guerra e siccità Coldiretti, insieme a Filiera Italia, è pronta a presentare progetti operativi – spiega il presidente della Coldiretti Ettore Prandini -. Oltre all’accordo con Philip Morris Italia sul tabacco, stiamo progettando investimenti di sistema per il 100% italiano, dalla zootecnia al vino, dal grano alla frutta secca, dall’olio all’ortofrutta. Dobbiamo puntare ancora di più su qualità, sostenibilità, innovazione e ricerca per rafforzare ancora il Made in Italy sui mercati esteri”.

Bankitalia: Con guerra e stop gas russo rischio crescita zero

Nello scenario peggiore, in caso di escalation della guerra in Ucraina e di interruzione delle forniture di gas dalla Russia già da quest’estate, la crescita in Italia sarebbe nulla nel 2022 e si andrebbe in recessione di oltre 1 punto percentuale nel 2023. L’ipotesi è della Banca d’Italia, nelle proiezioni macroeconomiche per l’economia italiana 2022-2024. L’inflazione al consumo subirebbe un’impennata dell’8% nel 2022, ma resterebbe alta anche nel 2023, vicina al 5,5 %, per scendere solo nel 2024.

Previsioni molto più rosee, ma riviste rispetto a quelle precedenti, nello scenario base. In questo caso Via Nazionale stima la crescita del Pil al 2,6% per quest’anno, all’1,6% nel 2023 e all’1,8% nel 2024. A gennaio la previsione era stata di una crescita del +3,8% nel 2022, del 2,5 nel 2023 e dell’1,7 nel 2024. Il quadro è fortemente condizionato dall’evoluzione della guerra in Ucraina, i cui sviluppi potrebbero avere effetti sull’economia nelle due direzioni opposte.

In uno scenario di base si assume che le tensioni associate alla guerra (che si ipotizza resti confinata all’Ucraina) proseguano per tutto il 2022, continuando a comportare il rialzo dei prezzi delle materie prime, mantenendo elevata l’incertezza e rallentando il commercio internazionale. In questo caso, però, “si esclude un’intensificazione delle ostilità tale da portare a una sospensione delle forniture di materie prime energetiche dalla Russia“. Dopo essere rimasto stagnante nel primo trimestre dell’anno, il Prodotto interno lordo si espanderebbe a ritmi modesti nel trimestre per il 2022, per poi rafforzarsi dall’anno prossimo. L’inflazione al consumo si collocherebbe al 6,2 per cento nella media di quest’anno, spinta dagli effetti del rincaro dei beni energetici e delle strozzature all’offerta; scenderebbe al 2,7 per cento nel 2023 e al 2,0 per cento nel 2024.

Un’intensificazione del conflitto avrebbe ripercussioni più pesanti. In uno scenario avverso, in cui si ipotizza un arresto delle forniture a partire dal trimestre estivo, solo parzialmente compensato per il nostro paese mediante altre fonti, si prevedono ricadute dirette, in particolare per le attività a più elevata intensità energetica, ulteriori forti rialzi nei prezzi delle materie prime, un più deciso rallentamento dell’export, un più forte deterioramento dei climi di fiducia e un aumento dell’incertezza. Sotto queste ipotesi, il Pil prodotto aumenterebbe in misura pressoché nulla in media d’anno nel 2022, si ridurrebbe di oltre 1 punto percentuale nel 2023 e tornerebbe a crescere nel 2024. L’inflazione al consumo subirebbe un netto aumento nel 2022, avvicinandosi all’8,0 per cento, e rimarrebbe elevata anche nel 2023, al 5,5 per cento, per scendere decisamente solo nel 2024.

Né l’uno, né l’altro scenario includono ulteriori misure di politica economica – precisa Bankitalia -, che potrebbero essere introdotte per mitigare le ricadute dell’inasprimento del conflitto sulle famiglie e le imprese“.

Protesta

Arriva la protesta delle ‘pentole vuote’ contro il caro-prezzi

Migliaia di ‘pentole vuote‘, simbolo delle difficoltà economiche delle famiglie, affolleranno le piazze d’Italia il prossimo 10 giugno. È la protesta lanciata dalle più importanti associazioni dei consumatori, che chiamano a raccolta delegati in tutte le Regioni contro il caro-prezzi dell’energia. “Siamo in presenza non di un generico né temporaneo aumento dei prezzi, ma di una vera e propria emergenza nazionale, alimentata da ingiustificabili fenomeni speculativi, che sta costringendo le famiglie a rinunce e privazioni che avranno importanti conseguenze“, spiegano le organizzazioni.

Denunciano un gap sempre più profondo nel Paese, che colleziona disuguaglianze, povertà energetica e povertà alimentare. Più di un quarto delle famiglie si trova già in difficoltà e sta iniziando a ridurre anche i consumi essenziali, come quelli alimentari, sanitari e di cura della persona. Inflazione e caro-bollette, afferma il presidente di Assoutenti, Furio Truzzi, “non solo modificano i comportamenti economici dei consumatori, portandoli a tagliare gli acquisti anche per beni essenziali, ma producono un danno ingente alla nostra economia, in termini di Pil, occupazione e incidenza della povertà“.

Al Governo le sigle chiedono di essere ricevute e coinvolte nelle scelte sul contrasto alla povertà energetica, il sostegno alle famiglie e ai soggetti più fragili, la determinazione e sorveglianza dei prezzi, i carichi fiscali.

Nel 2022, l’inflazione ha già raggiunto il 6,5%, come non accadeva dai primi anni ’90, e il rialzo dei tassi d’interesse previsto porterà all’aumento delle rate di mutui e prestiti.

A monte, secondo i dati dell’Istat, i prezzi alla produzione dell’industria sono aumentati nel mese di aprile dello 0,2% su base mensile e del 35,3% su base annua. Se l’incremento congiunturale appare contenuto, quello su base annua è il secondo maggior rialzo di sempre, dopo quello di marzo, del 36,9%. “Un guaio per i consumatori, dato che questi rincari verranno inevitabilmente traslati in avanti sui clienti finali, con effetti sull’inflazione e sulla riduzione del potere d’acquisto delle famiglie“, scandisce Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.

Le associazioni lamentano risposte troppo “timide” dell’esecutivo, che, tuonano, “si è limitato a misure di carattere emergenziale e temporaneo, come la tassazione sui superprofitti delle società dell’energia, gli sgravi parziali per alcune imprese e la riduzione degli oneri fiscali sulle bollette, ma rinviando i necessari interventi di carattere strutturale che da tempo rivendichiamo per arginare una crisi che si prospetta non di breve periodo“.

I raduni si terranno il 10 giugno alle 11, con presidi a Roma in piazza Santi Apostoli e contemporaneamente in tutti i capoluoghi regionali davanti alle Prefetture. Sono state invitate a partecipare alla manifestazione le organizzazioni sindacali e datoriali, il mondo del terzo settore e del volontariato sociale, le associazioni ambientaliste e studentesche. Insieme, dalle piazze d’Italia, presenteranno una piattaforma di interventi per calmierare i prezzi e combattere la speculazione.