Dai batteri delle acque reflue una speranza contro l’inquinamento da plastica

Un team di ricercatori della Northwestern University ha scoperto che una comune famiglia di batteri che vive nelle acque reflue, i Comamonadacae, è in grado di degradare la plastica per nutrirsi. Secondo quanto riportato nello studio, pubblicato sulla rivista Environmental Science & Technology, questi minuscoli organismi, dopo aver frammentato la plastica in piccoli pezzi, rilasciano un particolare enzima che la rompe ulteriormente permettendo loro di cibarsi del carbonio contenuto al suo interno.

“Abbiamo dimostrato sistematicamente, per la prima volta, che un batterio delle acque reflue può prendere un materiale plastico di partenza, deteriorarlo, frammentarlo, scomporlo e usarlo come fonte di carbonio”, ha detto Ludmilla Aristilde della Northwestern, che ha guidato lo studio. “È sorprendente che questo batterio sia in grado di eseguire l’intero processo e abbiamo identificato un enzima chiave responsabile della scomposizione dei materiali plastici. Questo potrebbe essere ottimizzato e sfruttato per aiutare a sbarazzarsi della plastica nell’ambiente”.

I ricercatori hanno preso in considerazione batteri che crescono sul polietilene tereftalato (PET), un tipo di plastica comunemente usato negli imballaggi alimentari e nelle bottiglie e che, a causa della sua difficoltà a decomporsi, è uno dei principali responsabili dell’inquinamento da plastica. “È importante notare che la plastica PET rappresenta il 12% dell’uso totale di plastica a livello mondiale”, ha dichiarato Aristilde. “E rappresenta fino al 50% delle microplastiche presenti nelle acque reflue”.

Per capire meglio come i Comamonadacae interagiscono con la plastica, il team, dopo aver isolato i batteri dalle acque reflue, li ha fatti crescere su pellicole e pellet di PET, osservando sia i cambiamenti che avvenivano sulla superficie del materiale sia l’eventuale presenza di nanoplastiche nell’acqua che circondava i microrganismi.

“In presenza del batterio, le microplastiche sono state scomposte in minuscole nanoparticelle”, ha detto Aristilde. “Abbiamo scoperto che il batterio delle acque reflue ha una capacità innata di degradare la plastica fino ai monomeri, piccoli blocchi che si uniscono per formare polimeri. Queste piccole unità sono una fonte biodisponibile di carbonio che i batteri possono utilizzare per la crescita”.

Dopo aver confermato che i batteri sono effettivamente in grado di decomporre la plastica, i ricercatori ne hanno indagato il meccanismo, identificando un enzima specifico che il batterio esprime quando viene esposto alla plastica PET. Effettuando un confronto con cellule batteriche private della capacità di produrre l’enzima, è emerso che nel secondo caso i microrganismi non riescono più a decomporre la plastica o lo fanno in modo significativamente minore.

La scoperta apre a nuove possibilità di sviluppo di soluzioni ingegneristiche basate sui batteri per aiutare a ripulire i rifiuti di plastica che inquinano l’acqua potabile e danneggiano la fauna selvatica. Secondo Aristilde potrà, inoltre, aiutare a capire meglio come si evolve la plastica nelle acque reflue.

“Le acque reflue sono un enorme serbatoio di microplastiche e nanoplastiche”, ha spiegato l’esperta. “La maggior parte delle persone pensa che le nanoplastiche entrino negli impianti di trattamento delle acque reflue sotto forma di nanoplastica. Ma noi stiamo dimostrando che le nanoplastiche possono formarsi durante il trattamento delle acque reflue attraverso l’attività microbica. È un aspetto a cui dobbiamo prestare attenzione, poiché la nostra società cerca di capire il comportamento della plastica durante il suo viaggio dalle acque reflue ai fiumi e ai laghi che la ricevono”.

Trenta artisti all’Onu: fare di più contro la plastica

Alla vigilia dell’apertura dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che si terrà a New York, circa 30 personalità del mondo dello spettacolo, dello sport e dell’attivismo internazionale hanno sottoscritto una lettera aperta rivolta ai leader mondiali per chiedere loro di sostenere un ambizioso Trattato globale sulla plastica, basato su una drastica riduzione della produzione e sul divieto dell’usa e getta. Tra i firmatari figurano il premio Oscar Lupita Nyong’o, la pluripremiata attrice e cantante Bette Midler, la cantautrice Anggun e anche l’italiano Carlo Cudicini, Club Ambassador del Chelsea. L’appello segue la pubblicazione di un sondaggio commissionato da Greenpeace International secondo cui l’80% della popolazione interpellata in 19 Paesi è a favore di una riduzione della produzione di plastica.

“Come cittadini interessati al problema, sosteniamo gli sforzi per ridurre l’impiego di plastica monouso, ripulire le nostre spiagge e fare la raccolta differenziata. Ma tutto questo non è abbastanza, non lo è da molto tempo”, si legge nella lettera pubblicata oggi. “Viviamo in un sistema insostenibile, dominato dalla plastica usa e getta, e nessuna soluzione o politica pubblica sarà sufficiente, a meno che non riduciamo a monte la quantità di materiale plastico prodotto e consumato”.

L’appello arriva poche settimane prima del round finale dei negoziati ONU per definire un Trattato globale sulla plastica, in programma a Busan (Corea del Sud) dal 25 novembre al 1° dicembre: in quell’occasione, i leader mondiali dovranno arrivare a un accordo legalmente vincolante in grado di arginare la crisi globale della plastica.

“I governi non possono perdere tempo ad ascoltare l’industria petrolchimica e dei combustibili fossili che antepone il profitto al nostro futuro”, dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. “I leader mondiali devono, piuttosto, ascoltare le persone e definire un Trattato globale sulla plastica che riduca a monte la produzione e ponga fine all’era del monouso: ne va della nostra salute e del nostro clima”.

Greenpeace chiede che il Trattato riduca di almeno il 75% la produzione totale di plastica entro il 2040, per proteggere la biodiversità e garantire che l’aumento delle temperature globali rimanga al di sotto della soglia di 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali. Oltre il 99% della plastica, ricorda l’organizzazione ambientalista, è ricavato da idrocarburi come petrolio e gas fossile, e il vertiginoso aumento nella produzione contribuisce in maniera significativa alla crisi climatica.

L’inquinamento luminoso aumenta il rischio di Alzheimer sotto i 65 anni

In alcuni luoghi del mondo le luci non si spengono mai. I lampioni, l’illuminazione stradale e le insegne luminose possono scoraggiare il crimine, rendere le strade più sicure e migliorare il paesaggio. La luce ininterrotta, tuttavia, comporta conseguenze ecologiche, comportamentali e sanitarie. Ora un nuovo studio statunitense ha scoperto che l’esposizione alla luce artificiale durante la notte potrebbe aumentare la prevalenza dell’Alzheimer più di molti altri fattori di rischio per le persone di età inferiore ai 65 anni.

Il primo autore dello studio Frontiers in Neuroscience, Robin Voigt-Zuwala, professore associato presso il Rush University Medical Centere il suo team hanno studiato le mappe dell’inquinamento luminoso di 48 stati americani e hanno incorporato nella loro analisi dati medici su variabili note o ritenute fattori di rischio per l’Alzheimer. Hanno poi generato dati sull’intensità notturna per ogni stato e li hanno divisi in cinque gruppi, dalla più bassa alla più alta intensità luminosa notturna.

I risultati hanno mostrato che per le persone di età pari o superiore a 65 anni, la prevalenza di Alzheimer era più fortemente correlata all’inquinamento luminoso notturno rispetto ad altri fattori di rischio, tra cui l’abuso di alcol, le malattie renali croniche, la depressione e l’obesità. Altri fattori, come il diabete, l’ipertensione e l’ictus, erano più fortemente associati alla malattia rispetto all’inquinamento luminoso.

Per le persone di età inferiore ai 65 anni, tuttavia, i ricercatori hanno scoperto che una maggiore intensità luminosa notturna era associata a una maggiore prevalenza di Alzheimer rispetto a qualsiasi altro fattore di rischio esaminato nello studio. Questo potrebbe suggerire che le persone più giovani potrebbero essere particolarmente sensibili agli effetti dell’esposizione alla luce notturna. Non è chiaro il perché, ma secondo i ricercatori potrebbe essere dovuto a differenze individuali nella sensibilità alla luce. “Alcuni genotipi, che influenzano l’Alzheimer precoce, hanno un impatto sulla risposta ai fattori di stress biologici, il che potrebbe spiegare la maggiore vulnerabilità agli effetti dell’esposizione notturna alla luce”, spiega Voigt-Zuwala.

I ricercatori sperano che i loro risultati possano contribuire a educare le persone sui potenziali rischi della luce notturna. “La consapevolezza dell’associazione dovrebbe indurre le persone, in particolare quelle con fattori di rischio per l’Alzheimer, ad apportare semplici modifiche allo stile di vita”, come ad esempio l’uso di tende oscuranti o di maschere per gli occhi per dormire. “Questo è utile – dicono gli scienziati – soprattutto per chi vive in aree ad alto inquinamento luminoso”.

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Clima, Onu: Meno inquinamento atmosferico da polveri sottili in Europa e Cina

L’inquinamento atmosferico da polveri sottili è diminuito lo scorso anno in Europa e in Cina grazie alla riduzione delle emissioni legate alle attività umane. Lo ha reso noto l’Onu, invitando ad affrontare congiuntamente il cambiamento climatico e la qualità dell’aria.
Le particelle sottili PM2,5 (con un diametro non superiore a 2,5 micron) rappresentano un grave rischio per la salute se inalate per lunghi periodi, poiché sono abbastanza piccole da raggiungere il flusso sanguigno.

Le fonti di queste particelle sono le emissioni derivanti dalla combustione di combustibili fossili, come i veicoli e l’industria, ma anche fonti naturali come gli incendi boschivi o la polvere del deserto trasportata dal vento.

“I dati per l’anno 2023 indicano un’anomalia negativa, cioè una diminuzione del PM2,5 rispetto al periodo di riferimento 2003-2023, su Cina ed Europa”, ha dichiarato il dottor Lorenzo Labrador, esperto scientifico dell’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM), in occasione della pubblicazione del bollettino annuale sulla qualità dell’aria e il clima.

Il bollettino, pubblicato dall’OMM, un’agenzia delle Nazioni Unite, in vista della Giornata internazionale dell’aria pulita per cieli blu, che si celebra il 7 settembre, sottolinea che la qualità dell’aria e il cambiamento climatico sono correlati, poiché le sostanze chimiche responsabili dell’inquinamento atmosferico sono generalmente emesse contemporaneamente ai gas serra.
Il cambiamento climatico e la qualità dell’aria non possono essere trattati separatamente. Vanno di pari passo e devono essere affrontati insieme”, ha dichiarato il segretario generale aggiunto dell’OMM Ko Barrett in un comunicato stampa. L’OMM avverte: “Il circolo vizioso tra cambiamenti climatici, incendi boschivi e inquinamento atmosferico sta avendo impatti negativi sempre più gravi sulla salute umana, sugli ecosistemi e sull’agricoltura”.

Per quanto riguarda il particolato, il bollettino non presenta un’analisi globale o regione per regione, ma riporta diverse tendenze regionali.
Sulla base dei dati del servizio europeo di monitoraggio atmosferico Copernicus e della NASA, l’OMM ha rilevato che “in India sono stati misurati livelli di PM2,5 superiori alla media, a causa dell’aumento delle emissioni di inquinanti legate alle attività umane e industriali”, secondo il comunicato. Questo “aumento di PM2,5” riguarda “il subcontinente indiano e alcune parti del Sud-Est asiatico”, secondo Lorenzo Labrador. D’altra parte, la Cina e l’Europa hanno misurato livelli inferiori alla media, secondo l’OMM.

Tendiamo a pensare che il calo dell’inquinamento in Europa e in Cina sia il risultato diretto di una riduzione delle emissioni in questi Paesi nel corso degli anni. Abbiamo notato questa tendenza da quando abbiamo iniziato a pubblicare il bollettino nel 2021”, ha aggiunto lo scienziato, che ne ha coordinato la pubblicazione. Negli Stati Uniti, la situazione è essenzialmente “come al solito rispetto al periodo di riferimento”, ha spiegato, ma i dati mostrano che gli incendi boschivi in Nord America, secondo l’OMM, “hanno causato emissioni di PM2,5 eccezionalmente elevate rispetto al periodo di riferimento 2003-2023”. Il WMO segnala anche emissioni di polvere inferiori al normale nei deserti della Penisola Arabica e in gran parte del Nord Africa.

Ue: “Inquinamento e caldo minacciano salute, servono piani d’azione e verde in città”

Misure preventive per migliorare la salute generale della popolazione, riduzione delle emissioni di inquinanti atmosferici e gas serra da tutte le fonti, pianificazione urbana che dia priorità a spazi verdi, mobilità attiva e trasporto pubblico, potenziamenti edilizi, più consapevolezza della situazione: sono alcuni esempi di misure che l’Unione europea e i 27 Paesi membri sono chiamati ad adottare visto l’aumento, presente e atteso per il futuro, di problemi sanitari e di decessi legati all’inquinamento, alle alte temperature e alla combinazione di questi due fattori.

A riportare l’attenzione sul tema è l’Agenzia europea dell’Ambiente, l’Aea, che ha ricordato come, ogni anno, nell’Ue ci siano ben oltre 200 mila persone che muoiono per cause legate all’inquinamento atmosferico da particolato fine (Pm2.5): un numero “troppo alto” e che riguarda in particolar modo “i gruppi più vulnerabili della popolazione”, come anziani e bambini e chi ha uno status socio economico più basso. Ad essere più esposte sono le città e il contesto viene aggravato dall’aumento delle temperature dovuto al cambiamento climatico. “A causa di fattori come l’effetto isola di calore urbano, le città possono essere significativamente più calde delle aree circostanti. Gli eventi di calore estremo nell’estate del 2022 hanno causato oltre 60 mila decessi stimati in Europa”, ha precisato l’Agenzia.

Questa è una preoccupazione crescente poiché si prevede che il numero di giorni con temperature estreme aumenterà a causa del cambiamento climatico. Secondo le proiezioni climatiche, entro la fine del 21° secolo possiamo aspettarci 60 giorni con condizioni di ondate di calore pericolose per la salute in alcune parti dell’Europa meridionale. Tali proiezioni – ha scritto l’Aea -, unite alla crescente vulnerabilità della popolazione per l’invecchiamento, alla prevalenza di malattie croniche e all’urbanizzazione, potrebbero aumentare il numero di decessi correlati alle ondate di calore in futuro, a meno che non vengano adottate misure di adattamento”.

L’Agenzia ha puntualizzato che, storicamente, gli impatti di fattori ambientali come rumore, inquinamento atmosferico e calore tendevano a essere valutati separatamente. Ma nella pratica è probabile che le persone siano esposte a più fattori di rischio contemporaneamente. “Uno studio recente ha identificato che l’aumento del rischio di mortalità correlato all’esposizione al calore estremo era del 6,1% e per PM2,5 elevato era del 5%, tuttavia il rischio di mortalità per esposizione combinata sia al calore estremo che al PM2,5 è stato stimato al 21%, ovvero significativamente maggiore del rischio di esposizione a uno qualsiasi dei due fattori da solo”, ha spiegato l’Aea. Oltre all’aumento delle temperature in Europa, si prevede che il cambiamento climatico avrà un impatto sulle emissioni di inquinanti atmosferici, ad esempio per gli incendi boschivi più numerosi e più grandi, e sulla loro formazione nell’atmosfera, ad esempio ozono a livello del suolo.

In questo scenario, la riduzione dell’inquinamento atmosferico è fondamentale perché “si tradurrà in un minor numero di decessi causati dal cambiamento climatico”. E dato che le principali fonti di inquinamento atmosferico includono trasporti, riscaldamento domestico, agricoltura, produzione di energia e industria, “riducendo le emissioni in questi settori possiamo abbassare ulteriormente i livelli di inquinamento nelle nostre città”. Inoltre, si possono anche introdurre una serie di misure per ridurre l’impatto del calore sulla salute. Quattro in particolare: “lo sviluppo di piani d’azione per la salute dovuti al calore e sistemi di allerta precoce per garantire che vengano adottate misure pertinenti prima e durante le ondate di calore”; “adottare azioni appropriate nella pianificazione urbana delle nostre città, ad esempio aumentare gli spazi verdi urbani e garantire dintorni verdi di scuole e ospedali per ridurre l’effetto isola di calore urbano in queste località: un ambiente più verde tende anche a incoraggiare le passeggiate e l’uso della bicicletta, con conseguente riduzione delle emissioni dei trasporti”; “migliorare l’efficienza energetica dell’ambiente costruito e ridurre le temperature interne (ad esempio, tende solari; tetti e facciate riflettenti; ventilazione meccanica)”; “adottare misure per proteggere i lavoratori, come l’adeguamento dell’orario per quanti operano all’aperto per evitare le ore più calde”.

Parigi 2024, la Senna è di nuovo inquinata: a rischio le gare di triathlon. Test sospesi

Non è bastato il milione e mezzo di euro speso per migliorare la qualità dell’acqua e renderla balneabile: la Senna non ha retto due giorni di piogge e il suo livello di inquinamento è tale che, dopo quella di domenica, anche la sessione di lunedì degli allenamenti del triathlon è stata sospesa. Ma il Comitato organizzatore dei Giochi olimpici di Parigi rassicura: “Le gare di martedì e mercoledì si terranno”.

Dopo una riunione tra lo stesso comitato, le autorità locali e Météo-France, la Federazione internazionale di triathlon ha così preso la “decisione di annullare la parte di nuoto del triathlon di familiarizzazione” prevista per lunedì mattina, come il giorno precedente, perché i “livelli di qualità dell’acqua (…) non offrono sufficienti garanzie”. La colpa? Della “pioggia caduta su Parigi” venerdì, durante la cerimonia di apertura, e sabato.

Non è chiaro quale sia il livello di batteri E.Coli ed enterococchi riscontrato nella Senna, ma dal momento che “la priorità è la salute degli atleti”, si è scelto di non farli scendere in acqua. Evidentemente la soglia di sicurezza è stata superata. La decisione di permettere o meno agli atleti di nuotare nel fiume viene presa la sera prima dell’evento sulla base di una serie di fattori, tra cui le analisi della qualità dell’acqua effettuate il giorno precedente, che richiedono 24 ore per emettere il loro verdetto. Se la qualità dell’acqua fosse insufficiente il giorno 1, gli organizzatori hanno previsto dei “giorni di emergenza” per rinviare gli eventi.

Il triathlon è la prima disciplina olimpica a svolgersi nella Senna, prima del nuoto in acque libere nella seconda settimana delle Olimpiadi di Parigi. L’evento di triathlon individuale maschile dovrebbe iniziare martedì alle 8, prima dell’individuale femminile mercoledì alla stessa ora. Non ci sarà quindi una ricognizione preventiva del percorso di nuoto nel fiume, a partire dal ponte Alexandre-III. E questo in un momento in cui la portata della Senna, ingrossata dalle piogge delle ultime settimane, è tre volte superiore al suo livello estivo abituale (oltre 400 m3/secondo lunedì mattina, rispetto ai 100-150 in tempi normali).

Gli organizzatori sono “fiduciosi che la qualità dell’acqua tornerà al di sotto dei limiti prima dell’inizio delle gare di triathlon del 30 luglio”, cioè martedì, “viste le previsioni meteo per le prossime 36 ore”. “Domani la situazione tornerà alla normalità”, ha assicurato la sindaca di Parigi Anne Hidalgo a France Bleu Paris, sottolineando che “la pioggia di venerdì è stata eccezionale”. Ma attenzione ai temporali in vista della gara di mercoledì. Martedì sera sono previste forti piogge che si sposteranno dal centro della Francia alla regione parigina, rischiando quindi di compromettere di nuovo la qualità del fiume.

Si tratta del momento della verità per gli organizzatori delle Olimpiadi di Parigi: lo Stato e le autorità locali hanno investito 1,4 miliardi di euro per rendere la Senna e il suo principale affluente, la Marna, balneabili per le Olimpiadi e poi per il grande pubblico. “È grazie a tutti questi investimenti che la situazione si sta ripristinando molto rapidamente”, ha ribadito la sindaca.

A causa delle forti piogge, la qualità dell’acqua della Senna è stata scarsa per gran parte del mese di giugno, ma da allora è migliorata: le analisi della qualità dell’acqua sono state recentemente conformi agli standard sanitari per sei giorni su sette, dal 17 al 23 luglio.

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Gli inquinanti dell’aria aumentano il rischio di paralisi cerebrale nei bambini

L’esposizione agli inquinanti atmosferici durante la gravidanza è associata al rischio di paralisi cerebrale tra i nati a termine. Lo rivela uno studio pubblicato su Jama Network e condotto in Canada, secondo il quale l’esposizione prenatale al PM2.5 ambientale è legata a un rischio aumentato di paralisi cerebrale nei bambini.

La ricerca è stata condotta su 1,59 milioni di coppie madre-bambino con gravidanze singole giunte a termine in tutti gli ospedali dell’Ontario tra il 2002 e il 2017 e i dati sono stati analizzati da gennaio a dicembre 2022. Le concentrazioni medie settimanali di particolato fine con diametro di 2,5 μm (PM2.5) o inferiore, di biossido di azoto (NO2) e di ozono (O3) durante la gravidanza, assegnate in base alla residenza materna dichiarata al momento del parto, sono state ricavate da stime satellitari e da quelle a livello del suolo. I casi di paralisi cerebrale sono stati accertati da una singola diagnosi di ricovero ospedaliero o da almeno 2 diagnosi ambulatoriali dalla nascita ai 18 anni: 3170 (0,2%) bambini hanno ricevuto una diagnosi di questo tipo.

La paralisi cerebrale è la causa più comune di disabilità fisica nell’infanzia e rappresenta un gruppo di disturbi del neurosviluppo non progressivi, clinicamente eterogenei, caratterizzati da disabilità motoria. Compare precocemente nella vita e porta a una disabilità motoria che dura per sempre. La sua prevalenza complessiva è rimasta stabile nel tempo tra 1 e 4 per 1000 nati vivi.

L’esposizione prenatale all’inquinamento atmosferico è associata a un rallentamento dello sviluppo neurologico nelle prime fasi della vita e a un aumento del rischio di problemi di sviluppo neurologico. Sebbene nessuno studio sugli animali o sull’uomo abbia mai riportato un legame diretto tra inquinamento atmosferico e paralisi cerebrale, per i ricercatori “è possibile” che l’esposizione a livelli elevati di inquinanti possano aumentare i rischi.

Dalla ricerca, infatti, è emerso che alti livelli di inquinamento atmosferico sono associati a un rischio di paralisi cerebrale 1,12 volte superiore alla media. “Sono necessari – spiegano gli autori – ulteriori studi per esplorare questa associazione e i suoi potenziali percorsi biologici, che potrebbero far progredire l’identificazione dei fattori di rischio ambientali della paralisi cerebrale nella prima infanzia”.

Corte di giustizia Ue: “Ilva sospenda le attività se ci sono rischi per la salute”

“Se presenta pericoli gravi e rilevanti per l’ambiente e per la salute umana, l’esercizio dell’acciaieria Ilva di Taranto dovrà essere sospeso. Spetta al Tribunale di Milano valutarlo”. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’Ue in merito al ricorso presentato da cittadini contro il proseguimento delle attività dell’acciaieria.

La Corte ha ricordato che l’acciaieria Ilva ha iniziato le sue attività nel 1965 e, contando circa 11 mila dipendenti e avendo una superficie di circa 1.500 ettari, è una delle più grandi acciaierie d’Europa. Ha anche precisato che, nel 2019, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha accertato che l’acciaieria provocava significativi effetti dannosi sull’ambiente e sulla salute degli abitanti della zona. “Varie misure per la riduzione del suo impatto sono state previste sin dal 2012, ma i termini stabiliti per la loro attuazione sono stati ripetutamente differiti”, ha evidenziato la Corte. In quel contesto, molti abitanti della zona hanno agito in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano contro il proseguimento dell’esercizio dell’acciaieria, sostenendo che le sue emissioni nuocciono alla loro salute e che l’installazione non è conforme ai requisiti della direttiva relativa alle emissioni industriali. A quel punto, il Tribunale di Milano si è chiesto se la normativa italiana e le norme derogatorie speciali applicabili all’acciaieria Ilva per garantirne la continuità fossero in contrasto con la direttiva ed ha, per questo, adito la Corte al riguardo.

La Corte ha sottolineato anzitutto “lo stretto collegamento tra la protezione dell’ambiente e quella della salute umana, che costituiscono obiettivi chiave del diritto dell’Unione, garantiti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”. Ha rilevato che la direttiva contribuisce al conseguimento di questi obiettivi e alla salvaguardia del diritto di vivere in un ambiente atto a garantire la salute e il benessere. Mentre, secondo il governo italiano, la direttiva non fa alcun riferimento alla valutazione del danno sanitario, la Corte rileva che la nozione di ‘inquinamento’ ai sensi di tale direttiva include i danni tanto all’ambiente quanto alla salute umana.

Pertanto, “la valutazione dell’impatto dell’attività di un’installazione come l’acciaieria Ilva su tali due aspetti deve costituire atto interno ai procedimenti di rilascio e riesame dell’autorizzazione all’esercizio”, ha puntualizzato la Corte.

Secondo il Tribunale di Milano, tale presupposto non è stato rispettato per quanto riguarda il danno sanitario. “Il gestore deve altresì valutare tali impatti durante tutto il periodo di esercizio della sua installazione”. Inoltre, secondo il Tribunale di Milano, le norme speciali applicabili all’acciaieria Ilva hanno consentito di rilasciarle un’autorizzazione ambientale e di riesaminarla senza considerare talune sostanze inquinanti o i loro effetti nocivi sulla popolazione circostante. Ebbene, la Corte rileva che “il gestore di un’installazione deve fornire, nella sua domanda di autorizzazione iniziale, informazioni relative al tipo, all’entità e al potenziale effetto negativo delle emissioni che possono essere prodotte dalla sua installazione. Solo le sostanze inquinanti che si ritiene abbiano un effetto trascurabile sulla salute umana e sull’ambiente possono non essere assoggettate al rispetto dei valori limite di emissione nell’autorizzazione all’esercizio”.

La Corte ha affermato che, contrariamente a quanto sostenuto dall’Ilva e dal governo italiano, il procedimento di riesame non può limitarsi a fissare valori limite per le sostanze inquinanti la cui emissione era prevedibile. Occorre tener conto anche delle emissioni effettivamente generate dall’installazione nel corso del suo esercizio e relative ad altre sostanze inquinanti. “In caso di violazione delle condizioni di autorizzazione all’esercizio dell’installazione, il gestore deve adottare immediatamente le misure necessarie per garantire il ripristino della conformità della sua installazione a tali condizioni nel più breve tempo possibile. In caso di pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute umana, il termine per applicare le misure di protezione previste dall’autorizzazione all’esercizio non può essere prorogato ripetutamente e l’esercizio dell’installazione deve essere sospeso”, ha concluso la Corte.

Allarme Unicef: “L’inquinamento atmosferico è il 2° fattore di rischio di morte per i bimbi”

Photo credit: Unicef 2024

Secondo la quinta edizione del Rapporto State of Global Air (SoGA), l’inquinamento atmosferico sta avendo un impatto crescente sulla salute umana, diventando il secondo principale fattore di rischio di morte a livello globale. Il Rapporto, pubblicato oggi dall’Health Effects Institute (HEI- un’organizzazione di ricerca indipendente no-profit con sede negli Stati Uniti), realizzato per la prima volta in collaborazione con l’UNICEF, ha rilevato che l’inquinamento atmosferico è stato responsabile di 8,1 milioni di decessi a livello globale nel 2021. In aggiunta a questi decessi, molti altri milioni di persone convivono con malattie croniche debilitanti, mettendo a dura prova i sistemi sanitari, le economie e le società.

Il Rapporto rileva che i bambini al di sotto dei cinque anni sono particolarmente vulnerabili, e gli effetti sulla salute includono nascita prematura, basso peso alla nascita, asma e malattie polmonari. Nel 2021, l’esposizione all’inquinamento atmosferico è stata collegata a più di 700.000 decessi di bambini al di sotto dei cinque anni, rendendolo il secondo fattore principale di rischio di morte a livello globale per questa fascia di età, dopo la malnutrizione. Ben 500.000 di questi decessi di bambini erano legati all’inquinamento atmosferico domestico dovuto alla cottura in casa con combustibili inquinanti, soprattutto in Africa e in Asia.

PREOCCUPAZIONE PER LA SALUTE GLOBALE. Il nuovo Rapporto SoGA offre un’analisi dettagliata dei dati recentemente pubblicati dallo studio Global Burden of Disease del 2021, che mostra il grave impatto sulla salute umana di inquinanti come il particolato fine esterno (PM2,5), l’inquinamento atmosferico domestico, l’ozono (O3) e il biossido di azoto (NO2) in tutto il mondo. Il rapporto include dati relativi a più di 200 Paesi e territori in tutto il mondo, indicando che quasi ogni persona sulla terra respira ogni giorno livelli malsani di inquinamento atmosferico, con implicazioni di vasta portata per la salute. Oltre il 90% dei decessi dovuti all’inquinamento atmosferico – 7,8 milioni di persone – è attribuito all’inquinamento atmosferico da PM2,5, compreso quello ambientale e domestico. Queste minuscole particelle, che misurano meno di 2,5 micrometri di diametro, sono così piccole che rimangono nei polmoni e possono entrare nel flusso sanguigno, influenzando molti sistemi degli organi e aumentando il rischio di malattie non trasmissibili negli adulti come le malattie cardiache, l’ictus, il diabete, il cancro ai polmoni e la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). Secondo il rapporto, il PM2,5 è risultato essere il più costante e accurato indicatore di risultati negativi per la salute in tutto il mondo. “Ci auguriamo che il nostro Rapporto State of Global Air fornisca sia le informazioni che l’ispirazione per un cambiamento“, ha dichiarato la presidente dell’HEI, Elena Craft. “L’inquinamento atmosferico ha enormi implicazioni per la salute. Sappiamo che migliorare la qualità dell’aria e la salute pubblica globale è pratico e realizzabile“.

INQUINAMENTO ATMOSFERICO E CAMBIAMENTO CLIMATICO. L’inquinamento atmosferico da PM2,5 deriva dalla combustione di combustibili fossili e biomassa in settori quali i trasporti, le abitazioni, le centrali elettriche a carbone, le attività industriali e gli incendi boschivi. Queste emissioni non solo hanno un impatto sulla salute delle persone, ma contribuiscono anche ai gas serra che stanno riscaldando il pianeta. Le popolazioni più vulnerabili sono colpite in modo sproporzionato sia dai rischi climatici che dall’aria inquinata. Nel 2021, l’esposizione a lungo termine all’ozono ha contribuito a 489.518 decessi stimati a livello globale, tra cui 14.000 decessi per BPCO legati all’ozono negli Stati Uniti, più alti rispetto ad altri Paesi ad alto reddito. Con il continuo riscaldamento del mondo dovuto agli effetti del cambiamento climatico, le aree con alti livelli di NO2 possono aspettarsi livelli più elevati di ozono, con effetti ancora più gravi sulla salute. Per la prima volta, il Rapporto di quest’anno include i livelli di esposizione e i relativi effetti sulla salute del biossido di azoto (NO2), compreso l’impatto dell’esposizione a NO2 sullo sviluppo dell’asma dei bambini. I gas di scarico del traffico sono una delle principali fonti di NO2, il che significa che le aree urbane densamente popolate, in particolare nei Paesi ad alto reddito, registrano spesso i livelli più elevati di esposizione all’NO2 e di impatto sulla salute. “Questo nuovo Rapporto ci ricorda con chiarezza l’impatto significativo che l’inquinamento atmosferico ha sulla salute umana, con un onere troppo elevato a carico dei bambini piccoli, delle popolazioni più anziane e dei Paesi a basso e medio reddito“, ha dichiarato Pallavi Pant, responsabile del settore Salute globale dell’HEI, che ha supervisionato la pubblicazione del rapporto SoGA. “Questo indica chiaramente l’opportunità per le città e i Paesi di considerare la qualità dell’aria e l’inquinamento atmosferico come fattori ad alto rischio quando si sviluppano politiche sanitarie e altri programmi di prevenzione e controllo delle malattie non trasmissibili”.

LA SALUTE DEI BAMBINI. Alcuni dei maggiori impatti sulla salute dell’inquinamento atmosferico si registrano nei bambini. I bambini sono particolarmente vulnerabili all’inquinamento atmosferico e i suoi danni possono iniziare già nel grembo materno, con effetti sulla salute che possono durare tutta la vita. Ad esempio, i bambini inalano più aria per chilogrammo di peso corporeo e assorbono più inquinanti rispetto agli adulti mentre i loro polmoni, i loro corpi e i loro cervelli sono ancora in fase di sviluppo. L’esposizione all’inquinamento atmosferico nei bambini piccoli è legata alla polmonite, responsabile di 1 decesso su 5 di bambini a livello globale, e all’asma, la malattia respiratoria cronica più comune nei bambini più grandi. Le disuguaglianze legate all’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute dei bambini sono impressionanti. Il tasso di mortalità legato all’inquinamento atmosferico nei bambini al di sotto dei cinque anni in Africa orientale, occidentale, centrale e meridionale è 100 volte più alto rispetto alle loro controparti nei Paesi ad alto reddito. “Nonostante i progressi nella salute materna e dei bambini, ogni giorno quasi 2.000 bambini sotto i cinque anni muoiono a causa degli impatti sulla salute legati all’inquinamento atmosferico“, ha dichiarato Kitty van der Heijden, vicedirettrice generale dell’UNICEF.La nostra inazione sta avendo effetti profondi sulla prossima generazione, con ripercussioni sulla salute e sul benessere per tutta la vita. L’urgenza globale è innegabile. È indispensabile che i governi e le imprese prendano in considerazione queste stime e i dati disponibili a livello locale e li utilizzino per elaborare azioni significative e incentrate sui bambini per ridurre l’inquinamento atmosferico e proteggere la salute dei bambini“.

I PROGRESSI. Il rapporto SoGA contiene anche buone notizie. Dal 2000, il tasso di mortalità dei bambini sotto i cinque anni è diminuito del 53%, grazie soprattutto agli sforzi volti ad ampliare l’accesso all’energia pulita per cucinare, oltre che ai miglioramenti nell’accesso all’assistenza sanitaria e alla nutrizione e a una maggiore consapevolezza dei danni associati all’esposizione all’inquinamento atmosferico domestico. Molti Paesi, in particolare quelli che registrano i livelli più elevati di inquinamento atmosferico, stanno finalmente affrontando il problema di petto. Le azioni per la qualità dell’aria in regioni come l’Africa, l’America Latina e l’Asia, come l’installazione di reti di monitoraggio dell’inquinamento atmosferico, l’attuazione di politiche più severe sulla qualità dell’aria o la compensazione dell’inquinamento atmosferico dovuto al traffico con il passaggio a veicoli ibridi o elettrici, stanno avendo un impatto misurabile sull’inquinamento e sul miglioramento della salute pubblica. Sebbene si stiano registrando progressi, si può fare di più per impedire che l’inquinamento atmosferico continui a prevalere su altri rischi per la salute diventando una delle principali minacce per milioni di vite.

inquinamento

L’inquinamento minaccia la salute più di guerre, alcol, droga e terrorismo messi insieme

L’inquinamento, in tutte le sue forme, rappresenta una minaccia per la salute maggiore di quella rappresentata da guerra, terrorismo, malaria, HIV, tubercolosi, droghe e alcol messi insieme. Lo rileva uno studio pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology.

I ricercatori dell’Università di Edimburgo, della Icahn School of Medicine at Mount Sinai, del Global Observatory on Planetary Health del Boston College, del Centre Scientifique de Monaco, dell’University Medical Centre di Mainz e del Victor Chang Cardiac Research Institute si sono concentrati sul riscaldamento globale, sull’inquinamento atmosferico e sull’esposizione ai fumi degli incendi boschivi, evidenziando anche i fattori meno noti che determinano l’insorgere di malattie cardiache, tra cui l’inquinamento del suolo, acustico e luminoso e l’esposizione a sostanze chimiche tossiche. “Ogni anno circa 20 milioni di persone in tutto il mondo muoiono a causa di malattie cardiovascolari e gli inquinanti svolgono un ruolo sempre più importante”, spiega Jason Kovacic, direttore e amministratore delegato del Victor Chang Cardiac Research Institute con sede in Australia.

Gli agenti inquinanti sono noti come fattori di rischio per le malattie cardiovascolari, ma colpiscono l’organismo in modi diversi. Il fumo e le altre tossine possono essere inalati direttamente nel tratto respiratorio inferiore e raggiungere il sangue, per poi essere trasportati ad altri organi e in tutto il corpo. Possono causare uno stress ossidativo che può danneggiare le cellule e gli organi, compreso il cuore. L’inquinamento acustico e quello luminoso possono influenzare i modelli di sonno, provocare infiammazioni e portare a un aumento della pressione sanguigna e del peso. Il caldo estremo può anche portare a disidratazione, riduzione del volume del sangue, aumento dello sforzo cardiovascolare e insufficienza renale acuta.

L’inquinamento atmosferico esterno e interno, insieme, è associato a oltre sette milioni di morti premature all’anno, di cui oltre il 50% è dovuto a cause cardiovascolari, principalmente cardiopatie ischemiche e ictus. Durante le ondate di calore, il rischio di mortalità cardiovascolare legata al caldo può aumentare di oltre il 10%. A livello globale, poi, si stima che il fumo degli incendi sia responsabile di 339.000-675.000 morti premature all’anno.

“I nostri corpi sono bombardati da inquinanti da ogni angolazione, che si ripercuotono sulla salute del nostro cuore. Le prove suggeriscono che il numero di persone che muoiono prematuramente a causa di queste diverse forme di inquinamento è molto più alto di quanto attualmente riconosciuto”, spiega Kovacic.

Il team di ricercatori ha quindi formulato una serie di raccomandazioni tra cui l’attuazione di modifiche alla progettazione delle città che favoriscano la salute del cuore, come l’aumento della copertura arborea, mezzi sicuri per gli spostamenti attivi e la riduzione dell’uso dei veicoli. Chiedono, poi, di porre fine ai sussidi all’industria dei combustibili fossili “per consentire maggiori investimenti nelle energie rinnovabili e nella produzione di energia più pulita”, ma anche “una formazione medica” specifica sui crescenti pericoli degli inquinanti.