Ecco le 9 piante che respingono gli insetti: i consigli degli agronomi

In queste settimane oltre a fare i conti con il caldo torrido, i romani stanno combattendo anche con la presenza di insetti fastidiosi e infestanti come le zanzare, i calabroni e le vespe. Per tenerli distanti dalle nostre case, terrazze e giardini non sempre si deve ricorrere alla chimica, ma si possono utilizzare alcuni tipi di piante che funzionano anche come repellenti naturali per questi insetti assolutamente indesiderati“. E’ quanto spiega Flavio Pezzoli, presidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali (ODAF) della provincia di Roma. “Ognuna delle piante in questione – aggiunge Pezzoli – possiede particolari caratteristiche ed esigenze di cura, ma tutte condividono la capacità di respingere naturalmente gli insetti senza dimenticare la bellezza e la varietà che possono donare agli ambienti“.

Ecco le 9 piante che respingono naturalmente vespe e calabroni dai vostri spazi verdi e che possono essere reperite presso qualsiasi vivaio della città:

MENTA – La menta è una delle piante più efficaci per tenere lontane le vespe. Cresce rigogliosamente e, oltre ad essere utile in cucina per preparare rinfrescanti infusi, emana un aroma pungente che respinge non solo le vespe, ma anche ragni, formiche e zanzare.

CITRONELLA – La citronella è conosciuta soprattutto per la sua capacità di allontanare le zanzare, ma è altrettanto efficace contro le vespe. Ha bisogno di un clima caldo per crescere bene e non tollera il gelo, quindi è perfetta per le regioni mediterranee. Anche se l’odore può non essere gradito a tutti, è sicuramente un’arma potente contro molti insetti indesiderati.

AURONE – L’aurone, noto anche come artemisia del limone, è una pianta meno conosciuta ma molto efficace. Cresce formando cespi folti e rilascia un profumo di limone che tiene lontane diverse specie di insetti, comprese le vespe. Non è una pianta che troverete spesso nei giardini, ma vale la pena considerarla per l’ottima capacità repellente.

LAVANDA – La lavanda è una pianta dal profumo intenso che piace molto alle api, meno alle vespe. Anche se può richiedere qualche cura in più, il suo odore inebriante è un deterrente naturale per le vespe. Inoltre, il miele di lavanda è uno dei migliori, quindi coltivarla può avere anche benefici aggiuntivi.

PELARGONIO – I pelargoni, simili ai gerani, sono un’altra ottima scelta per respingere le vespe. Producono citronellolo, una molecola dalle proprietà repellenti che è molto efficace contro le vespe e le zanzare. Per un effetto ancora più potente, provate a schiacciare le foglie e disporle in ciotole sul tavolo del giardino.

GERANIO – I gerani non sono solo decorativi, ma anche utili per tenere lontane le vespe. Fioriscono da marzo a settembre, perfettamente in linea con la stagione delle vespe. Se curati correttamente, possono durare per anni, fornendo un’efficace barriera naturale contro gli insetti indesiderati.

ASPERULA – L’asperula è una pianta meno conosciuta, ma molto efficace nel respingere le vespe grazie al suo odore particolare. Preferisce le zone ombreggiate e può formare un bellissimo tappeto bianco ai piedi degli alberi da frutto. Potreste anche usarla per fare dei piccoli mazzi di fiori da posizionare in casa, per un tocco decorativo e funzionale.

ASSENZIO – L’assenzio è una pianta erbacea perenne con un fogliame profumato che tiene lontane le vespe e altri insetti. È spesso usata in cucina o per la produzione di liquori, ma il suo potere repellente la rende una scelta eccellente per chi vuole creare un giardino libero da insetti.

PIANTA DI POMODORO – Le piante di pomodoro sono una scelta meno comune per un terrazzo, solitamente più adatta agli orti, ma sorprendentemente efficace. Le vespe non sopportano l’odore delle foglie di pomodoro, quindi piantare qualche piantina sul terrazzo non solo aggiungerà un tocco di originalità, ma vi fornirà anche pomodori freschi e deliziosi.

Insetti nel piatto? I consumatori europei bocciano il cibo del futuro

Perché ai parigini piace l’insalata di alghe e tofu? Gli italiani saranno tentati di provare uno spiedino di scarabeo? Quanti giovani consumatori polacchi sono desiderosi di mangiare il paté di ceci? A queste domande ha cercato di rispondere un progetto internazionale guidato dai ricercatori dell’Università svizzera SWPS, che hanno analizzato l’atteggiamento dei consumatori europei nei confronti dei prodotti alimentari a base di proteine alternative.

Di fronte alla lotta contro il cambiamento climatico, sempre più persone modificano la propria dieta, rinunciando o limitando le fonti proteiche convenzionali (come manzo, pollo e latticini) a favore di quelle a minor impatto ambientale. Si tratta dei cosiddetti alimenti proteici alternativi (APF), che possono essere a base di legumi, alghe, funghi, crostacei e insetti.

I ricercatori della SWPS University, insieme a esperti di Germania, Danimarca, Grecia, Norvegia e Italia, si sono concentrati in particolare sui dati provenienti da Danimarca, Finlandia, Polonia, Repubblica Ceca, Italia, Spagna, Regno Unito e Germania.

Dallo studio emergono differenze sostanziali tra i Paesi. Così, ad esempio, molti consumatori valutano i prodotti ibridi, cioè quelli che combinano proteine convenzionali e alternative. Questa tendenza si osserva soprattutto tra i danesi, ma anche nel Regno Unito e in Spagna. Gli studi dimostrano, poi, che i consumatori polacchi e cechi hanno una minore conoscenza dei prodotti alimentari innovativi e una maggiore riluttanza ad adottare nuovi alimenti rispetto ai consumatori danesi e tedeschi. Tra i tedeschi, gli “innovatori alimentari” (cioè coloro che acquistano subito dopo l’uscita di vari alimenti innovativi) e i “primi seguaci” (coloro che acquistano dopo averci riflettuto un po’) costituiscono il 73% della popolazione. Ciò contrasta con i risultati osservati per i giovani di Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. In questi Paesi, gli “innovatori alimentari” e i “primi seguaci” costituiscono solo il 24-36% dei giovani consumatori.

Gli insetti, però, non piacciono molto. L’analisi mostra che gli europei sono riluttanti ad acquistare prodotti che li contengono. Solo il 18-22% dei consumatori del Regno Unito e della Spagna si dichiara disposto a comprarli, mentre svedesi e finlandesi si dichiarano più favorevoli rispetto a tedeschi e cechi. E in Italia? I consumatori della penisola sono molto meno propensi a scegliere questi prodotti rispetto a quelli dell’Europa settentrionale o occidentale (ad esempio, Danimarca e Belgio).
“La cultura alimentare e i modelli alimentari nel Nord Europa potrebbero essere cambiati negli ultimi decenni, mentre la cultura alimentare italiana è considerata una delle più forti in Europa. Qui la carne gioca un ruolo importante”, dicono i ricercatori.

Alcune città multiculturali e cosmopolite rappresentano un’eccezione. Ad esempio Parigi e Helsinki, più diversificate dal punto di vista etnico, tendono a mostrare livelli più elevati di accettazione dei nuovi cibi. Del resto, qui ci sono anche maggiori probabilità di avere ristoranti che offrono una cucina alternativa o che introducono nuove tendenze alimentari, comprese le proteine alternative. Nella capitale francese, ad esempio, il consumo medio di prodotte a base di alghe è superiore a quello di altre 5 città del Paese.

Gli autori dell’analisi sottolineano che i loro risultati possono aiutare a sviluppare strategie volte ad aumentare le scelte di questi cibi.

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La farina d’insetti non piace agli chef, ma non si preoccupano: “Moda passeggera”

I decreti sulla trasparenza in etichetta per le farine di insetti hanno sollevato un dibattito nel quale la voce degli chef si alza quasi unanime: non in mio nome. I cuochi sembrano a ogni modo non essere preoccupati, la considerano una “moda passeggera”.

“Mi sorprende il fatto che ci sia tutta un’attenzione mediatica intorno all’argomento”, dice a GEA Filippo La Mantia, noto chef siciliano. Lui, assicura, non la utilizzerà mai: “Sono un tradizionalista, le campagne pullulano di prodotti di contadini che hanno le stesse proteine, che fanno bene e mi concentro sul mio prodotto”. Pensa, piuttosto, alle migliaia di tonnellate di prodotti che ogni anno finiscono al macero o che non vengono utilizzati. Lo fa proprio quando la cucina italiana è candidata a patrimonio immateriale dell’Unesco: “Di che stiamo parlando? – chiede – Abbiamo un tesoro sotto i piedi che dobbiamo coccolare e coltivare, ci dobbiamo prendere cura di quello che madre natura ci ha dato. Non mi pongo il problema della farina di insetti, sono molto proiettato verso i prodotti italiani, migliaia di contadini ogni mattina si svegliano all’alba e hanno altri problemi”.

E’ d’accordo lo chef svizzero, fondatore del ristorante vegetariano stellato Joia a Milano, Pietro Leemann. Considera la farina di insetti “inutile”, dal punto di vista alimentare e gastronomico. “Faccio un esempio: in Romagna si fa la pasta con le uova e la farina, chi la fa non si metterà certo a farla con la farina di insetti”. Se la ratio è quella di combattere la fame nel mondo, anche in questo caso l’uso degli insetti non ha senso, assicura: “Sa cosa risolve il problema della fame? Diventare vegetariani, per i quali la proteina non è un problema. In Paesi come l’India non c’è mica bisogno della farina d’insetti, stiamo parlando di un miliardo e mezzo di persone”. La soluzione, afferma Leemann, passa anche da un’educazione alimentare: “Quello che è successo dal dopoguerra in avanti è una esuberanza nel consumo. Questo può essere facilmente sistemato e si sistemerà in modo naturale”. Si dice ottimista per il futuro: “La nuova generazione è molto più coscienziosa e sta diventando vegetariana, appunto, per presa di coscienza”.

Mangiare gli insetti fa bene? I vantaggi ambientali e nutrizionali secondo la FAO

In tutto il mondo si consumano oltre 1.900 specie di insetti commestibili, che sono già parte integrante della dieta di molti Paesi. A livello globale, gli insetti più consumati sono i coleotteri (31%), i bruchi (18%), api, vespe e formiche (14%). Seguono cavallette, locuste e grilli (Ortotteri) (13%), cicale, cocciniglie e cimici (Hemiptera) (10%), termiti (Isoptera) (3%), libellule (Odonata) (3%), mosche (2%) e altri ordini (5%). Secondo la Fao, sono diversi i motivi per cui gli insetti commestibili dovrebbero avere un posto anche nel nostro menù.

Alto valore nutrizionale. Gli insetti commestibili hanno un importante valore nutrizionale e possono essere un’aggiunta salutare alla nostra dieta. Offrono energia, grassi, proteine e fibre e, a seconda dell’insetto, possono essere buone fonti di micronutrienti come zinco, calcio e ferro. Ad esempio, 100 grammi di locusta migratoria forniscono 179 calorie, 100 grammi di termiti, invece, 535 calorie. Gli insetti sono una grandissima fonte di proteine: ad esempio, le cavallette ne contengono una percentuale che va dal 14% al 48% a seconda delle specie, a fronte del 19-26% del manzo e del 16-27% del pesce.

Sostenibilità ambientale. La produzione di insetti destinati al consumo umano, se confrontata con quella della carne, ha un impatto decisamente minore sull’ambiente, almeno secondo l’analisi della Fao.

Mangimi. Per avere 1 kg di proteine di alta qualità, il bestiame viene allevato con in media 6 kg di proteine vegetali (circa 2,5 per il pollo, 5 per il maiale e 10 per il manzo). Gli insetti richiedono decisamente meno mangime: per un chilo di grilli ne serve appena 1,7 kg. Inoltre, fino all’80% di un grillo è commestibile e digeribile, rispetto al 55% di pollo e maiali e al 40% dei bovini.

Emissioni Co2. L’allevamento del bestiame è responsabile del 18% delle emissioni di gas serra (CO2 equivalente), una quota superiore a quella del settore dei trasporti. Le emissioni di gas serra degli insetti, come ad esempio i grilli, sono inferiori di 100 volte rispetto a quelle dei bovini o dei maiali.

Consumo di acqua. L’agricoltura consuma circa il 70% dell’acqua dolce a livello mondiale. La produzione di 1 kg di proteine animali richiede da 5 a 20 volte più acqua rispetto alla produzione di 1 kg di proteine da cereali. La produzione di 1 kg di pollo richiede 2.300 litri di acqua, 1 kg di carne di maiale 3.500 litri e 1 kg di carne bovina 22.000 litri. Per allevare un chilo di insetti, invece, servono appena 150 litri di acqua.

Nuove opportunità economiche. Oltre a essere una fonte di cibo, gli insetti commestibili possono fornire mezzi di sostentamento e reddito. Poiché la coltivazione degli insetti richiede uno spazio minimo, spiega la Fao, è possibile praticarla sia nelle aree urbane che in quelle rurali, rendendo l’allevamento di insetti vantaggioso anche dove altre attività agricole non lo sono. Gli insetti commestibili sono anche facilmente trasportabili e spesso facili da allevare senza una formazione approfondita. L’allevamento di insetti offre quindi opportunità economiche a chi ha un accesso minimo alla terra, alla formazione e ad altre risorse.

Risorsa sottoutilizzata. Gli insetti possono essere una soluzione innovativa per soddisfare la domanda globale di proteine e di altre fonti alimentari nutrienti, visto che con la continua crescita della popolazione mondiale, la produzione alimentare dovrà aumentare, mettendo inevitabilmente sotto pressione la produzione agricola e le nostre limitate risorse naturali.

Uomo e giovane, ecco l’identikit del ‘consumatore di insetti’

Uomo e giovane: è l’identikit del consumatore più propenso ad accogliere gli insetti edibili nella propria dieta. La notizia arriva da uno studio pubblicato sulla rivista Plos One e realizzato dalle Università di Pisa, Parma, Ghent in Belgio, Cornell negli Stati Uniti e Nanjing in Cina. La ricerca è stata condotta attraverso un sondaggio realizzato a febbraio e marzo 2022 su un campione di circa 3.000 persone dislocate in cinque diversi paesi (Belgio, Cina, Italia, Messico e Stati Uniti) con vari livelli di cultura gastronomica legata al consumo di insetti.

Dai risultati del sondaggio è emerso che il genere è il fattore principale che influenza il livello di accettazione, con il maggiore di rifiuto in Italia (circa 85% donne e 75% uomini) e il minore in paesi come Messico (circa 46% donne e 15% uomini) e Cina (circa 62% donne e 50% uomini) dove l’entomofagia è culturalmente più accettata. Nei paesi poi dove la predisposizione a includere gli insetti nella dieta è minore, ovvero Italia e Belgio, l’età più giovane è un fattore che predispone positivamente al consumo. Considerando infine tutti i cinque paesi, l’accettazione degli insetti trasformati, ad esempio nelle farine, è risultata sempre maggiore rispetto a quelli interi.

“Si tratta del primo studio che mette a paragone più paesi in continenti diversi – spiega Simone Mancini, ricercatore del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa – stiamo utilizzando i dati raccolti per ricerche e pubblicazioni ancora in corso, si tratta di materiale molto utile per chiunque si occupi di marketing in questo settore”.

“La maggiore propensione al consumo nella fascia di popolazione tra i 18 e i 41 anni rispetto agli over 42 potrebbe essere spiegata dalla curiosità dei più giovani verso il novel food e da una maggiore sensibilità rispetto ai temi legati alla sostenibilità alimentare – dice Mancini – in generale, per quanto riguarda il nostro paese, i risultati in parte confermano che gli italiani sono meno pronti a inserire questi novel food nella loro dieta, ma denota anche come altri paesi europei o occidentali abbiano già superato queste barriere e siano pronti a buttarsi sul mercato”.

Per l’Università di Pisa ha partecipato allo studio insieme a Simone Mancini anche la professoressa Roberta Moruzzo del Dipartimento di Scienze Veterinarie.

Larve insetti farina

‘Novel food’: da oggi via libera vendita larve farina minore in Ue

Prosegue la liberalizzazione da parte dell’Ue alla vendita di prodotti derivati da insetti: dopo il via libera martedì alla vendita di farina di grillo domestico (Acheta domesticus), parzialmente sgrassata, in tutti gli Stati dell’Unione Europea, oggi giovedì 26 gennaio entrerà in vigore il regolamento che autorizza la commercializzazione delle larve di Alphitobius diaperinus (verme della farina minore) congelate, in pasta, essiccate e in polvere. Sono i cosiddetti ‘novel food‘ che Bruxelles vede come una risposta all’aumento del costo delle proteine animali, del loro impatto ambientale, dell’insicurezza alimentare, della crescita della popolazione e della corrispondente, crescente domanda di proteine tra le classi medie. Inoltre, l’allevamento di insetti potrebbe contribuire anche a ridurre le emissioni di gas serra e lo spreco alimentare. Lo studio delle proteine derivate da insetti é considerato una delle aree più importanti del programma Orizzonte Europa che sostiene finanziariamente la ricerca nei Paesi Ue.

L’elenco degli insetti che potrebbero finire sulle nostre tavole sembra essere destinato ad allungarsi: ci sono ben altre otto domande in lista d’attesa. In tutti i casi elencati, le norme Ue includono requisiti specifici di etichettatura per quanto riguarda l’allergenicità poiché le proteine da insetti possono causare reazioni soprattutto nei soggetti già allergici a crostacei, acari della polvere e, in alcuni casi, ai molluschi.

Per quanto riguarda i grilli, la Commissione aveva chiesto, già l’8 luglio 2020, all’Autorità europea per la sicurezza alimentare di effettuare una valutazione in merito. Il 23 marzo 2022 l’Efsa ha adottato un parere scientifico sulla sicurezza della polvere parzialmente sgrassata di Acheta domesticus intero quale nuovo alimento. Il provvedimento è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale comunitaria. Da martedì quindi l’utilizzo di questa polvere è consentito in vari alimenti, tra cui pane, cracker, grissini, barrette ai cereali, nei biscotti, nei prodotti secchi a base di pasta farcita e non farcita, nelle salse, nei piatti a base di leguminose e di verdure, nella pizza, nei prodotti a base di pasta, nel siero di latte in polvere, nei prodotti sostitutivi della carne, nelle minestre o anche nelle bevande tipo birra, nei prodotti a base di cioccolato, negli snack diversi dalle patatine e nei preparati a base di carne, destinati alla popolazione in generale.

Ciononostante, la posizione dell’Italia continua a essere contraria. “Per anni in Europa si è affermata la tutela dei prodotti agricoli ed enogastronomici di qualità, di cui l’Italia è leader. Prodotti legati ai territori dei diversi paesi. Adesso invece si punta sugli insetti che, seppur consumati in altri paesi del mondo, sono quanto di più lontano dalle nostre tradizioni e dalla nostra cultura alimentare. Insetti, cibo sintetico prodotto in bioreattori, attacchi ormai quotidiani contro il vino. Le tesi secondo cui questi prodotti alternativi sarebbero migliori per la salute e per l’ambiente non trovano fondamenti scientifici, ma diventano solo un pretesto per attaccare tutto il nostro sistema agroalimentare di qualità con il rischio di pesanti danni economici per le nostre filiere“, spiega il sottosegretario all’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste, Luigi D’Eramo, definendo ‘folli’ le politiche europee. Lo stesso ministro Francesco Lollobrigida aveva ribadito l’impegno del governo contro il diffondersi del cibo sintetico, in cui vede un rischio anche ‘sociale’. “Credo che i ricchi continueranno a mangiare bene (prodotti di qualità). Per chi non è abbiente, invece, si produrrà un sistema più simile a quello che c’è negli Stati Uniti con il cibo spazzatura accessibile a tutti. Il rischio è la standardizzazione del prodotto“, commenta.

 

Larve insetti farina

Vermi e grilli nel piatto: 54% italiani contrari a insetti. Filiera Italia: Non è sostenibilità

Anche le  larve di Alphitobius diaperinus (verme della farina minore) entrano nel novero dei nuovi alimenti. Dopo la locusta migratoria e il grillo domestico, un quarto insetto si aggiunge alla lista dei nuovi alimenti autorizzati dall’Ue: dal 26 gennaio infatti potranno essere commercializzate nell’Unione le larve del verme della farina minore (Alphitobus diaperinus) congelate, in pasta, essiccate. L’autorizzazione, proposta dalla Commissione europea e approvata dagli Stati Ue, arriva dopo l’ok dato a partire dalla fine del 2021 prima alle larve gialle della farina, poi alla locusta migratoria e da ultimo ai grilli. Tutti in forma congelata, essiccata o in polvere. E, a quanto si apprende, altre otto domande sono in lista d’attesa. In tutti i casi, le norme Ue sui cosiddetti ‘novel food’ includono requisiti specifici di etichettatura per quanto riguarda l’allergenicità poiché le proteine da insetti possono causare reazioni soprattutto nei soggetti già allergici a crostacei, acari della polvere e, in alcuni casi, ai molluschi.

Nonostante la levata di scudi di molti in Italia, Bruxelles continua a vedere gli insetti, e le proteine alternative in generale, come una risposta all’aumento del costo delle proteine animali, del loro impatto ambientale, dell’insicurezza alimentare, della crescita della popolazione e della corrispondente, crescente domanda di proteine tra le classi medie. Inoltre, come ricordano dalla Commissione europea, l’allevamento di insetti potrebbe contribuire anche a ridurre le emissioni di gas serra e lo spreco alimentare. Ciononostante, l’accelerazione sugli insetti a tavola non sembra interessare i consumatori europei e soprattutto gli italiani che, per la grande maggioranza, non li porterebbero mai in tavola, considerandoli estranei alla cultura alimentare nazionale: il 54% è infatti contrario agli insetti a tavola, mentre è indifferente il 24%, favorevole il 16% e non risponde il 6%, secondo un’indagine Coldiretti/Ixè. Una corretta alimentazione, infatti, non può prescindere dalla realtà produttiva e culturale locale nei Paesi del terzo mondo come in quelli sviluppati, sostiene la Coldiretti, e a questo principio non possono sfuggire neanche bruchi, coleotteri, formiche o cavallette a scopo alimentare che, anche se iperproteici, sono molto lontani dalla realtà culinaria nazionale italiana ed europea. Si tratta, comunque, di alimenti che hanno ricevuto l’autorizzazione dall’Efsa, l’autorità alimentare Europea che però, precisa la Coldiretti, nel suo parere scientifico ha rilevato che il consumo di questi insetti può causare reazioni allergiche nelle persone allergiche ai crostacei e agli acari della polvere.

E da Filiera Italia è arrivato anche l’appello a non confondere il consumo di insetti con la sostenibilità. “Nessuno vuole vietare un bel piatto di insetti a chi lo desidera ma non si racconti la barzelletta della sostenibilità – spiega Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia – questo oggi in un momento in cui la nostra produzione rischia di essere smantellata in nome di una sostenibilità ideologica che vorrebbe trasformare i nostri terreni agricoli in giardini improduttivi. Si difenda piuttosto il modello italiano, esempio di sostenibilità a livello mondiale, in grado di vincere la sfida di produrre il cibo necessario a rispondere a un fabbisogno crescente impattando sempre meno“.

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In città boom di zanzare e zecche a causa di alte temperature

Le alte temperature che stanno caratterizzando questo 2022 hanno una ripercussione non solo sull’ambiente (siccità e incendi), ma rappresentano un pericolo per la salute dell’uomo. E non parliamo di problemi cardio respiratori che potrebbero derivare da afa e caldo, ma della proliferazione degli insetti, fenomeno che gli esperti osservano già da tempo. Gea ne ha parlato con il presidente di Sima (Società italiana di medicina ambientale), Alessandro Miani. “L’aumento delle temperature estive – spiega -, con l’allungamento dei periodi torridi (una volta limitati alle prime tre settimane di agosto), è causa di incendi, ma anche di un’anomala invasione d’insetti quali zecche, cavallette e zanzare tigri. In questo contesto, insieme all’inesorabile deforestazione del pianeta, all’estinzione di numerose specie viventi e a una sempre minore biodiversità, vanno emergendo e diffondendosi nuove epidemie, malattie e zoonosi trasmesse da vettori (insetti, animali o pesci) che talora colonizzano nuovi habitat e aree dove non erano precedentemente presenti”.

Ma la siccità che sta caratterizzando buona parte del Paese in questi ultimi mesi, non può essere paradossalmente un aiuto contro la schiusa delle uova di questi insetti?

“La siccità porta a una ridotta produzione delle zanzare questi insetti hanno infatti bisogno di acqua stagnante in cui depositare le proprie uova. Ecco perché osserviamo una proliferazione particolare in città rispetto alla campagna. Nei centri abitati molti sindaci hanno emesso ordinanze per la chiusura delle fontane, ma resta comunque quella stagnante alla base delle fontane dove le zanzare possono deporre le proprie uova. Contemporaneamente poi, le temperature elevate e prolungate stanno portando alla presenza nel nostro Paese di specie aliene. Queste arrivano in Italia a causa delle globalizzazione e trovano qui un habitat ideale, perché simile al loro Paese di origine. Pensiamo al fenomeno della febbre West Nile che sta interessando particolarmente il Veneto in queste settimane. La zanzara tigre invece ormai può essere considerata di casa, ma sta proliferando anche la zanzara coreana e quella giapponese”.

Perché rappresentano un pericolo per la salute dell’uomo?

Tutte le zanzare sono insetti vettori che, nel pungere l’uomo, possono immettere nel nostro organismo un virus di cui sono portatrici. Questo fenomeno si chiama zoonosi e il rischio è che questi insetti possano portare in Italia patologie a noi sconosciute”.

All’origine di questi fenomeni c’è il cambiamento climatico.

La siccità e gli inverni caldi aumentano la proliferazione anche di altri insetti, come le zecche. Queste depositano le proprie uova nel periodo invernale e si schiudono sempre prima perché fa caldo. Questi insetti tendono a stare nascosti quando fa freddo e a uscire quando le temperature sono elevate, in più anche loro sono portatori di patogeni, pensiamo ad esempio alla meningite. Inoltre c’è da evidenziare il fatto, che proprio come per le zanzare, anche le zecche sono sempre più presenti in città. Un tempo si trovavano solo in campagna, in aree incolte con l’erba alta”.

L’ultimo insetto che prolifera con l’aumento delle temperature è poi la cavalletta che non rappresenta un rischio diretto per la salute dell’uomo, ma è capace di devastare campi e raccolti.

“Per Paesi più sfortunati del nostro come quelli africani, le cavallette portano alla morte perché determinano la carestia, ma anche da noi creano notevoli danni all’agricoltura“.

Quali soluzioni dunque si possono adottare per contenere questa proliferazione di insetti?

“Il problema generale è il surriscaldamento globale e su questo fronte si devono muovere gli Stati con politiche adeguate e rapide come lo stop all’utilizzo di fonti fossili per produrre energia. Sono infatti loro le principali responsabili del cambiamento climatico. A livello personale invece ogni Comune può fare qualcosa, come la raccolta puntuale della spazzatura nelle strade. Questa azione infatti riduce la proliferazione di insetti e roditori. Un’altra accortezza è poi quella di non lasciare acqua stagnante in giardini e campi, habitat prediletto dalle zanzare”.

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Proviamo a immaginare le città ‘a misura d’api’

Stiamo ripensando le nostre città sempre più a misura d’uomo. Ora dovremmo immaginarle anche ‘a misura di api‘. Il percorso verso una equilibrata transizione ecologica passa anche dalla salute degli insetti impollinatori, che svolgono un ruolo importante per gli ecosistemi e allo stesso modo possono essere considerati una cartina tornasole per monitorare la buona condizione dell’ambiente. Soprattutto nelle città.

Perché l’urbanizzazione influisce in modo negativo sulla presenza di impollinatori e sull’entità di nettare trasportato. E ora i ricercatori dell’università degli Studi di Milano-Bicocca l’hanno misurato scientificamente: al crescere delle aree cementificate diminuisce la presenza di insetti impollinatori (nella ricerca: api selvatiche e sirfidi), diminuisce il consumo di nettare rilevato sui fiori analizzati, e si appiattisce inoltre la ricchezza di specie di piante nel polline trasportato.

Oltre a rilevare gli impollinatori, i ricercatori hanno raccolto campioni di nettare dai fiori più diffusi nei 40 siti analizzati, per poi osservarli in laboratorio utilizzando uno spettrofotometro, e calcolare la massa di zucchero contenuta. I pollini sono stati invece raccolti dal corpo dei singoli insetti per poi identificarli con tecniche molecolari di riconoscimento tramite DNA.

Che fare allora? “I modelli di questo studio potranno servire come base per pianificare il paesaggio urbano in funzione degli impollinatori“, spiega Paolo Biella, ricercatore di Ecologia all’università di Milano-Bicocca nel gruppo ZooPlantLab. A cominciare dalla presenza di aree verdi nelle città: “È importante che non siano troppo distanti l’una dall’altra” spiega, “e che siano più funzionali alla biodiversità che all’estetica“. Significa prevedere aree inselvatichite, o aree appositamente composte da strisce floreali a favore di insetti: “In questo caso privilegiando fiori con morfologie e stagionalità differenti fra loro“, continua il ricercatore.

Gli insetti impollinatori sono fondamentali per la riproduzione di determinate specie di piante, e svolgono – anche negli orti urbani – un ruolo importante nella produzione di frutti e semi per la nostra dieta “a cui sono legati composti importanti” spiega Paolo Biella “come vitamina A e betacarotene“. Ma l’attività antropica minaccia questo ecosistema. E non solo con cementificazione e temperature sfavorevoli: una ricerca appena pubblicata dall’Università di Firenze ha documentato per la prima volta anche lo stress sul metabolismo delle api derivato dall’esposizione a microplastiche.

La sensibilità delle persone alla tematica, però, “sta migliorando“, come rileva Paolo Biella, “anche grazie alle attività didattiche e mediatiche che stanno avvicinando i cittadini alla conoscenza della natura“.

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