L’inflazione cala ancora a dicembre: +0,6 su base annua. Carrello della spesa rallenta a +5,3%

Nel mese di dicembre 2023, si stima che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, al lordo dei tabacchi, aumenti dello 0,2% su base mensile e dello 0,6% su base annua (da +0,7% del mese precedente), confermando la stima preliminare. In media, nel 2023 i prezzi al consumo registrano una crescita del 5,7% (+8,1% nel 2022). Al netto degli energetici e degli alimentari freschi (l’Inflazione di fondo), i prezzi al consumo crescono del 5,1% (+3,8% nell’anno precedente) e al netto dei soli energetici del 5,3% (+4,1% nel 2022).

Il rallentamento su base tendenziale dell’inflazione, spiega Istat, è dovuto per lo più ai prezzi dei beni energetici regolamentati (che accentuano la loro flessione da -34,9% a -41,6%), dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +4,6% a +3,6%) e degli alimentari lavorati (da +5,8% a +4,9%); un sostegno alla dinamica dell’inflazione invece deriva dall’attenuarsi del calo dei prezzi degli energetici non regolamentati (da -22,5% a -21,1%) e dall’accelerazione di quelli degli alimentari non lavorati (da +5,6% a +7,0%).

L’aumento congiunturale dell’indice generale è dovuto, per lo più, alla crescita dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti (+1,4% anche a causa di fattori stagionali), dei beni alimentari non lavorati (+0,7%) e dei beni non durevoli (+0,5%); gli effetti di questi aumenti sono stati solo in parte compensati dalla diminuzione dei prezzi degli energetici, sia regolamentati (-3,2%) sia non regolamentati (-2,1%).

A dicembre, secondo quanto comunica l’Istat, i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona – il cosiddetto ‘carrello della spesa’ – rallentano lievemente su base tendenziale da +5,4% a +5,3%, come anche quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +4,6% a +4,4%).

Complessivamente, nel 2023 i prezzi dei beni energetici non regolamentati aumentano in media d’anno del 7,5% (da +44,7% nel 2022), con una decelerazione della dinamica tendenziale nei quattro i trimestri del 2023, arrivando a -20,4% nell’ultimo trimestre, dal +38,6% del primo. In rallentamento quasi tutte le componenti: i prezzi dell’energia elettrica mercato libero (che frenano da +132,1% a +1,8%), quelli del Gasolio per riscaldamento (da +38,4% a -8,2%), degli altri carburanti (da +33,3% a -11,1%), del gasolio per mezzi di trasporto (da +22,1% a -2,0%), quelli della Benzina (da +11,8% a +1,9%) e quelli dei combustibili solidi (da +12,2% a +11,5%); i prezzi del gas di città e gas naturale mercato libero, prodotto introdotto nel paniere dei prezzi al consumo nel 2022, registrano una variazione in media d’anno nel 2023 pari a +6,7%”.

“Nel 2023 i prezzi dei Beni alimentari accelerano del 9,8% (da +8,8% nel 2022), per effetto principalmente di quelli degli Alimentari lavorati (da +8,5% a +10,9%), nonostante il progressivo rallentamento evidenziato dal secondo trimestre (+12,9%, da +15,2% del primo trimestre, finendo a +6,0% del quarto)”, sottolinea l’istituto di statistica. “Gli alimentari non lavorati, invece, ridimensionano la loro variazione media annua, da +9,1% nel 2022 a +8,1%, grazie alla decelerazione osservata nell’ultimo trimestre (+5,9%, dal +9,1% raggiunto nel terzo trimestre)”.

INFOGRAFICA INTERATTIVA Commercio, a novembre vendite dettaglio +0,4% mensile e +1,5% su 2022

Nell’infografica interattiva di GEA, l’andamento dell’indice del commercio al dettaglio. L’Istat stima per novembre 2023 una crescita congiunturale dello 0,4% in valore su ottobre. Su base tendenziale, le vendite al dettaglio aumentano dell’1,5% in valore.

Italia quasi in deflazione, ma prezzi su nell’eurozona: il taglio dei tassi della Bce non è vicino

L’Italia è quasi in deflazione, ma l’eurozona no. Per questo il taglio dei tassi da parte della Bce potrebbe non essere così imminente, soprattutto se l’economia non entrerà in una profonda recessione. A frenare sull’allentamento monetario sono anche i dati americani sul lavoro. A dicembre negli Usa il salario orario medio è aumentato dello 0,4% mensile, leggermente sopra le attese che stimavano un +0,3%, e la retribuzione oraria è cresciuta del 4,1% annuale, una percentuale superiore alle previsioni di mercato (3,9%) e al dato di novembre (4%). Lo scorso mese l’economia americana ha poi creato 216mila nuovi posti di lavoro, battendo le stime di +170mila e superando il dato di novembre di 173mila. Il tasso di disoccupazione è sceso a dicembre al 3,7%, stabile rispetto a novembre, e di uno 0,1% sotto le previsioni degli analisti. Numeri che potrebbero spingere la Federal Reserve a mantenere il costo del denaro al 5,5% per un periodo prolungato, visto che l’economia resta robusta.

In Europa invece, oltre a rallentare l’economia come è emerso dagli ultimi indici Pmi relativi alla manifattura e al settore terziario, frena anche il calo dei prezzi. In Francia e Germania il carovita a dicembre ha segnato un +3,7% annuale, percentuale nettamente superiore al +2,9% dell’eurozona, che pure risulta in aumento dal 2,4% di novembre, secondo una stima flash di Eurostat: il tasso annuo più elevato a dicembre è quello dei prodotti alimentari, alcolici e tabacco (6,1%, rispetto al 6,9% di novembre), seguito dai servizi (4,0%, stabile rispetto a novembre), dai beni industriali non energetici (2,5%, rispetto al 2,9% di novembre) e dall’energia (-6,7%, rispetto al -11,5% di novembre). L’inflazione core – che non include i prezzi di energia, cibo, alcol e tabacco – è comunque scesa al 3,4% dal 3,6% di novembre. I dati riferiti a gennaio saranno dunque cruciali per stabilire se la discesa dei prezzi continua o se invece ci sarà un rimbalzo del carovita. E da quelli si intuirà se la Bce taglierà i tassi nel breve periodo o in estate.

Se fosse per l’Italia, la banca centrale dovrebbe già iniziare a ridurre il costo del denaro. A dicembre l’inflazione è “scesa a 0,6% dall’11,6% del dicembre 2022. Nella media 2023 i prezzi al consumo risultano accresciuti del 5,7% rispetto all’anno precedente, in netto rallentamento dall’8,1% del 2022. Tale andamento risente principalmente del venir meno delle tensioni sui prezzi dei Beni energetici (+1,2%, dal +50,9% del 2022)”, sottolinea l’Istat. “I prezzi nel comparto alimentare evidenziano invece un’accelerazione della crescita media annua (+9,8%, da +8,8% del 2022), nonostante l’attenuazione della loro dinamica tendenziale, evidenziata nella seconda metà dell’anno. Nel 2023, la crescita dei prezzi al netto delle componenti volatili (inflazione di fondo) è pari a 5,1% (da +3,8% del 2022). Sulla base delle stime preliminari, il trascinamento dell’inflazione al 2024 è pari a +0,1%”, conclude l’istituto di statistica.

A livello globale, intanto, l’Indice Fao dei prezzi alimentari è sceso a 118,5 lo scorso mese, il più basso da febbraio 2021, da un 120,3 rivisto al ribasso di novembre. Il costo degli oli vegetali è sceso dell’1,4% per il calo dei prezzi degli oli di palma, soia, colza e girasole. Lo zucchero è crollato del 16,6% al livello più basso in nove mesi, spinto dalla forte produzione in Brasile. Inoltre, i prezzi della carne sono scesi dell’1% al livello più basso da maggio 2021, poiché quelli della carne suina sono diminuiti causa la persistente debolezza della domanda di importazioni dall’Asia. D’altro canto, il costo dei cereali è aumentato dell’1,5% poiché i prezzi all’esportazione del grano sono aumentati per la prima volta in cinque mesi, sostenuti da interruzioni logistiche legate alle condizioni meteorologiche e dalle tensioni nel Mar Nero. Inoltre, i prezzi dei prodotti lattiero-caseari sono saliti dell’1,6% a causa delle quotazioni più elevate del burro, del latte intero in polvere e del formaggio. Considerando l’intero 2023, l’indice dei prezzi alimentari è sceso del 13,7%.

Inflazione, Urso: “Italia al minimo in Ue grazie a carrello tricolore”. Ira opposizioni

L’Eurostat comunica che a dicembre l’inflazione in Italia è scesa ancora allo 0,5%, mentre in Ue è cresciuta al 2,9%, con Francia al 4,1%, Germania al 3,8% e Spagna al 3,3%. “Un’ottima notizia per le famiglie italiane“, festeggia il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che rivendica il “pieno successo” del ‘carrello tricolore’. “Smentiti i profeti di sventura!”, chiosa su X.

Di “profeti di sventura” smentiti parla anche il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti: “La sinistra anti-Meloni e che gioca contro l’Italia cambi disco perché quello che da un anno manda in onda è rotto“, ironizza.

Una lettura che scatena le ire delle opposizioni. Daniela Torto, capogruppo del Movimento 5 Stelle in commissione Bilancio della Camera, giudica le parole di Urso “abominevoli“: “Dire che il merito del calo dell’inflazione italiana sia da ascrivere al ‘carrello tricolore’ è una pagliacciata di proporzioni mai viste”, tuona. Per l’esponente pentastellata il calo dell’inflazione di deve solo alla discesa dei prezzi dei beni energetici. “Purtroppo ad aumentare in modo clamoroso sono i prezzi dei beni alimentari non lavorati, ovvero carne fresca, frutta fresca, pesce fresco, la cui dinamica a dicembre è passata dal +5,6 al +7%, secondo quanto riportato da Istat“, evidenzia, additando il ‘Carrello Tricolore’ come una “buffonata di centrodestra“.

Di “parodia” parla Stefano Patuanelli, presidente dei senatori del M5S, per cui il trimestre salva-spesa è stato una delle “tante misure spot del Governo Meloni, bellissime sul piano comunicativo ma decisamente inutili sul piano dell’economia reale“. Un “fallimento totale – accusa -, ma annunciato e rivendicato dal Governo come un provvedimento che ha fatto scendere l’inflazione“.

Si chiede “dove vivano e quali negozi frequentino” il ministro Urso, gli altri esponenti del Governo e della destra che “esultano per dati Istat che confermano il salasso subito dalle famiglie italiane” la deputata del Pd Debora Serracchiani.Uno zero-virgola in meno di inflazione viene spacciato come un successo mentre l’esperienza quotidiana delle persone è fatta di prezzi che aumentano, di rinunce e di sacrifici“, scandisce. Fa riferimento a beni di consumo essenziali, come i trasporti o gli alimentari, “contro cui è stato ininfluente il ‘carrello tricolore’ della Meloni. C’è una questione sociale ed economica – sostiene – che va affrontata“.

INFOGRAFICA INTERATTIVA Inflazione, i prezzi al consumo per divisioni di spesa

Nell’infografica interattiva di GEA, gli indici dei prezzi al consumo per settori di spesa. Secondo le stime preliminari dell’Istat, a dicembre 2023 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, aumenta dello 0,6% su base annua.

L’Istat rivede al ribasso le stime dell’inflazione: ad agosto i prezzi crescono del 5,4%

L’Istat ha rivisto al ribasso le stime sull’inflazione di agosto. L’istituto di statistica stima che in questo mese l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività al lordo dei tabacchi, registri un aumento dello 0,3% su base mensile e del 5,4% su base annua, da +5,9% nel mese precedente (la stima preliminare era +5,5%).

La decelerazione del tasso di inflazione si deve prevalentemente ai prezzi degli energetici non regolamentati (da +7,0% a +5,7%), dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +6,6% a +5,8%), degli alimentari non lavorati (da +10,4% a +9,2%), dei servizi relativi ai trasporti (da +2,4% a +1,2%), dei beni durevoli (da +5,4% a +4,6%) e, in misura minore, degli alimentari lavorati (da +10,5% a +10,0%). Tali effetti, spiega l’Istat, “sono stati solo in parte compensati dalla moderata accelerazione dei prezzi dei servizi relativi all’abitazione (da +3,6% a +3,9%) e dall’attenuarsi della flessione degli energetici regolamentati (da -30,3% a -29,6%)”.
L’inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi rallenta ancora (da +5,2% a +4,8%), così come quella al netto dei soli beni energetici (da +5,5%, registrato a luglio, a +5,0%).

Si attenua la crescita su base annua dei prezzi dei beni (da +7,0% a +6,3%) e quella relativa ai servizi (da +4,1% a +3,6%), portando il differenziale inflazionistico tra il comparto dei servizi e quello dei beni a -2,7 punti percentuali, dai -2,9 di luglio. I prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona registrano un ulteriore rallentamento in termini tendenziali (da +10,2% a +9,4%), mentre quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto subiscono un’accelerazione (da +5,5% a +6,9%).

L’aumento congiunturale dell’indice generale si deve principalmente alla crescita dei prezzi degli energetici sia non regolamentati (+1,7%) sia regolamentati (+1,1%), dei servizi relativi ai trasporti (+1,2%), degli alimentari lavorati (+0,6%), dei beni durevoli (+0,4%) e dei servizi relativi all’abitazione (+0,3%); tali effetti sono stati solo in parte compensati dall’attenuazione dei prezzi degli alimentari non lavorati (-0,5%). L’inflazione acquisita per il 2023 è pari a +5,7% per l’indice generale e a +5,2% per la componente di fondo. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) aumenta dello 0,2% su base mensile e del 5,5% su base annua (da +6,3% di luglio), confermando la stima preliminare.

Per il Codacons questa fotografia si traduce in una maggiore spesa annua pari a +1.579 euro per la famiglia “tipo”, che sale a +2.046 euro annui per un nucleo con due figli. “Ciò che preoccupa di più, tuttavia – spiega il Codacons – è la crescita ancora sostenuta del carrello della spesa (che ad agosto si attesta a +9,4%) ma soprattutto degli alimentari, i cui listini salgono in media del +9,9%”. Il calo è stato per l’Unione Nazionale Consumatori “una goccia nel mare”. “Urge che il Governo – dice il presidente Massimiliano Dona – invece di far finta di intervenire con provvedimenti spot farlocchi come il trimestre anti-inflazione, bollato come tardivo anche dalle aziende della grande distribuzione, avendo già predisposto e fissato tutte le offerte promozionali fino alla fine dell’anno, intervenga sulle cause dell’inflazione, come carburanti e bollette della luce e del gas, che, come riporta l’Istat, sono le ragioni principali dell’aumento congiunturale”.

 

Istat: “Frena ancora l’inflazione, a luglio +5,9%. Carrello della spesa a +10,2%”

L’inflazione frena ancora a luglio, portandosi al di sotto della soglia del 6% (+5,9%), in un quadro di stabilità dei prezzi sul piano congiunturale. Secondo le stime dell’Istat, la dinamica, ancora fortemente influenzata dall’evoluzione dei prezzi dei beni energetici, riflette anche il rallentamento su base tendenziale dei prezzi dei prodotti alimentari lavorati (che tuttavia restano su ritmi di crescita relativamente sostenuti) e dei servizi. Rallenta anche l’inflazione di fondo, che a luglio si attesta al +5,2%. In attenuazione, per il quinto mese consecutivo, risulta la dinamica tendenziale del “carrello della spesa”, scesa a luglio al +10,2%.

Ma per le associazioni non basta. Le famiglie sono ancora costrette a tagliare gli acquisti: “L’aumento di fondi del Pnrr con 2,5 miliardi destinati agli accordi di filiera, alla logistica e alle misure agricole è importante per salvare la spesa degli italiani anche di fronte ai cambiamenti climatici“, osserva Coldiretti. L’inflazione tendenziale a luglio vede comunque un aumento prezzi del +13,8% per la frutta e del +19,8% per la verdura con le produzioni Made in Italy colpite da alluvioni, grandinate e nubifragi intervallati da pesanti ondate di calore.

Un calo insufficiente, con il misurino“, fa eco Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. L’inflazione si abbassa, rileva, ma “le famiglie non se ne accorgono“. I prezzi, infatti, restano allo stello livello “lunare” di giugno, sia per l’indice generale che per i prodotti alimentari. “Anche a livello tendenziale il rallentamento dell’inflazione avviene con il contagocce, specialmente per le spese obbligate. I prodotti alimentari, infatti, passano da +11% di giugno a +10,7%, mentre il carrello della spesa resta a +10,2%, dal +10,5% del mese precedente. Insomma, il Governo farebbe bene a decidere misure serie contro l’inflazione e a prendere atto che l’accordo sul trimestre anti-inflazione è fallito miseramente“, lamenta.

La decelerazione del tasso di inflazione si deve, in prima battuta, al rallentamento della crescita tendenziale dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (da +4,7% a +2,4%), dei Beni energetici non regolamentati (da +8,4% a +7,0%), degli Alimentari lavorati (da +11,5% a +10,5%) e, in misura minore, di quelli degli Altri beni (da +4,8% a +4,5%) e all’ampliamento della flessione su base annua degli Energetici regolamentati (da -29,0% a -30,3%). Questi effetti sono stati solo in parte compensati dalle tensioni al rialzo dei prezzi degli Alimentari non lavorati (da +9,4% a +10,4%) e di quelli dei Servizi relativi all’abitazione (da +3,5% a +3,6%).

L’inflazione acquisita per il 2023 rimane stabile a +5,6% per l’indice generale e si attesta a +5,1% per la componente di fondo. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) diminuisce dell’1,6% su base mensile, a causa dei saldi estivi di cui il NIC non tiene conto, e aumenta del 6,3% su base annua (in decelerazione da +6,7% di giugno); la stima preliminare era +6,4%.

Assoutenti denuncia il caro-estate: “Per il comparto dei trasporti e delle vacanze l’inflazione non solo non è in calo, ma risulta a livelli stellari – sostiene il presidente Furio Truzzi –. I voli nazionali rincarano in un solo mese del 9% (+9,1% gli intercontinentali) e crescono del +26,1% su anno, le tariffe degli hotel salgono del +19%, i pacchetti vacanza registrano +17%. Rispetto al mese precedente i traghetti costano il 6,1% in più”.

Una crescita dei prezzi nel settore vacanziero che porterà a quota +1,2 miliardi di euro la spesa degli italiani per le villeggiature tra luglio e agosto rispetto a quanto pagato lo scorso anno, e questo nonostante il taglio al numero di notti fuori casa.

Imprese più resilienti ma corsa a inflazione ‘brucia’ potere di acquisto delle famiglie

Imprese più resilienti ma famiglie più deboli rispetto al boom dell’inflazione. E’ quanto emerge incrociando i dati dell’indice Pmi Composite di marzo con quelli diffusi da Istat su consumi e potere d’acquisto. L’Indice S&P Global Pmi che mette insieme industria e terziario in Italia, basato su 400 interviste ai principali direttori acquisti, è sostenuto dalla forte accelerazione di crescita del settore terziario e ha registrato a marzo un forte rialzo, toccando il valore più alto in 16 mesi. L’indice si è posizionato su 55.2, ovvero tre punti in più rispetto a 52.2 di febbraio. Salgono a 3 i mesi consecutivi in cui l’indice segna valori superiori alla soglia di non cambiamento di 50 (sopra espansione e sotto contrazione) e, insieme ad una crescita più forte del settore terziario, è stato di nuovo sostenuto dal forte incremento della produzione manifatturiera. Il volume registrato dai nuovi ordini è stato simile, e quello del terziario ha supportato l’elevato rialzo delle commesse totali ricevute a marzo. “Con il calo dei prezzi di acquisto registrato nel settore manifatturiero, le spese operative generali hanno indicato il più debole rialzo in più di due anni. Similmente, i prezzi di vendita sono aumentati ad un tasso molto minore”, si legge nella nota che accompagna la diffusione dell’indice Pmi.

La robusta risalita dell’economia italiana è figlia del calo, appunto, delle bollette e dell’aumento dei prezzi di vendita deciso dal 60% delle imprese, come aveva certificato proprio l’Istat ieri nel suo rapporto sulla competitività delle aziende. Rincari che hanno però impoverito le famiglie consumatrici, dato che mediamente gli stipendi sono saliti di un quinto rispetto all’incremento dell’inflazione. E così, come segnalato dall’istituto di statistica, nel quarto trimestre 2022 il potere d’acquisto delle famiglie è sceso del 3,7%. Secondo Confesercenti si tratta di un impoverimento di 12 miliardi. I consumi tuttavia, almeno fino allo scorso anno hanno anche tenuto, intaccando i risparmi visto che proprio “la propensione al risparmio è scesa di 2 punti percentuali rispetto al trimestre precedente”. Tuttavia a febbraio, l’accumulo dei rincari soprattutto energetici ed alimentari hanno fatto scendere anche le vendite al dettaglio a livello nominale (un dato per certi versi drogato proprio dall’inflazione). In particolare i consumi sono diminuiti dello 0,1% mensile, in lieve calo rispetto all’aumento dell’1,7% del massimo di otto mesi nel mese precedente, quando però era forte l’effetto saldi. Le vendite di generi alimentari sono scese dello 0,3% dopo il +2,2% di gennaio.

Nel frattempo, le vendite non alimentari sono cresciute dello 0,1% amplificando il +1,4% di inizio anno. Questi i dati appunto nominali. Se si guardano invece i volumi, è tutto un segno rosso: -0,9% la percentuale complessiva, -1,8% quella relativa ai soli alimentari, -0,3% per i beni non alimentari. E’ “il nono mese consecutivo di contrazione tendenziale, con una flessione che ha ormai raggiunto il 2% rispetto a un anno fa”, sottolinea ancora Confesercenti, preoccupata “soprattutto per le piccole superfici di vendita che, stimiamo, abbiano già registrato un crollo in volume del 5% in soli due mesi, contro un -0,6% della Grande distribuzione. Questa perdita mostra come le realtà commerciali di minori dimensioni siano quelle in maggiore difficoltà a causa dell’aumento dei prezzi”. In effetti, il dato sulle imprese legato all’indice Pmi andrebbe spacchettato, come spiegava ieri Istat in tema di competitività: “La reazione più frequente, a fronte di entrambi gli shock (energetico e pandemico, ndr), è rappresentata dall’aumento dei prezzi di vendita, con una caratterizzazione in termini dimensionali: per le piccole e medie imprese l’unica alternativa all’aumento dei prezzi sembra essere rappresentata dal sacrificio dei margini di profitto mentre le grandi sembrano poter attuare strategie più complesse, incentrate anche sulla rinegoziazione dei contratti di fornitura e, in misura più contenuta, sul consumo di elettricità autoprodotta e sull’efficientamento energetico degli impianti”.

L’inflazione cala poco, sale quella extra energia

L’inflazione cala in Italia, complice la discesa dei prezzi energetici. Risale, però, il carrello della spesa e soprattutto continua a crescere la cosiddetta inflazione core, quella extra energia ed extra alimentari, che arriva al +6,4% a febbraio. Segno che il carovita ora dipende meno dalle bollette, ma più dalle aziende che scaricano i costi sostenuti nei mesi scorsi sui prezzi finali. La tendenza è osservata dall’indagine Pmi S&P Global diffusa ieri secondo la quale “le aziende manifatturiere applicano maggiorazioni dovute alle più alte spese operative”. Per Carlo Alberto Buttarelli, direttore Ufficio Studi e Relazioni con la Filiera di Federdistribuzione, “nel corso dell’ultimo anno le aziende della Distribuzione Moderna hanno fatto uno sforzo economico significativo, assorbendo parte degli aumenti generalizzati sui beni di consumo, per attenuare l’impatto sui prezzi e tutelare il potere di acquisto degli italiani. Oggi da parte delle nostre aziende non ci sono le condizioni per assorbire nuovi incrementi dei prezzi – conclude Buttarelli -, ci auguriamo che i chiari segnali di rallentamento sui costi dell’energia e delle materie prime di queste settimane portino anche il sistema industriale ad agire in questo senso e porre un freno alla spinta agli aumenti che ha caratterizzato il mercato in questi mesi”.

“Si mantengono le spinte al rialzo dei prezzi nel comparto dei Beni alimentari, lavorati e non, dei Tabacchi e dei Servizi, tutti in accelerazione tendenziale. Come conseguenza di tali andamenti, si accentua la crescita su base annua della componente di fondo (+6,4%) e quella del cosiddetto carrello della spesa, che risale a +13%, dopo il rallentamento osservato a gennaio”, commenta l’Istat i dati di febbraio. Dati che complessivamente vedono l’indice nazionale dei prezzi al consumo registrare un aumento dello 0,3% su base mensile e del 9,2% su base annua, da +10% nel mese precedente ma più dell’8,8% stimato dagli analisti. L’aumento congiunturale – mese su mese – dell’indice generale “si deve prevalentemente ai prezzi degli Alimentari non lavorati (+2,2%), dei Tabacchi (+1,9%), degli Alimentari lavorati (+1,5%), dei Beni durevoli e non durevoli (+0,8% e +0,6% rispettivamente), dei Servizi relativi ai trasporti (+0,7%), dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona e dei Servizi relativi all’abitazione (+0,5% per entrambi); un effetto di contenimento deriva invece dal calo dei prezzi degli Energetici, sia regolamentati (-5,2%) sia non regolamentati (-4,2%)”, conclude l’istituto di statistica.

Cala ma non come dovrebbe anche l’inflazione nell’eurozona. Secondo la stima flash di Eurostat, è salita dell’8,5% a febbraio, in calo rispetto all’8,6% di gennaio ma più dell’8,2% stimato. Mese su mese il rialzo è stato dello 0,8%, quando invece nel primo mese del 2023 i prezzi erano scesi dello 0,2%. Cibo, alcol e tabacco hanno il tasso annuo più alto a febbraio (15,0%, in calo rispetto al 14,1% di gennaio), seguito dall’energia (13,7%, rispetto al 18,9% di gennaio), dai beni non alimentari e dal tabacco. 18,9% a gennaio), i beni industriali non energetici (6,8%, rispetto al 6,7% di gennaio) e i servizi (4,8%, rispetto al 4,4% di gennaio).

La ripresa del carovita era attesa dopo il ritorno di fiamma dei prezzi in Germania e Spagna. Ora i riflettori sono puntati sulla Bce. Christine Lagarde stamattina durante una intervista all’emittente spagnola Antena 3, dove si è commossa per aver visto uno dei fratelli in collegamento ricordando il padre morto quando aveva 16 anni, ha annunciato che probabilmente aumenterà i tassi anche dopo la stretta da +0,5% già decisa per marzo: in questo mese “i dati scenderanno, continueranno a scendere, ma sappiamo che è ancora molto alta. Quando vado a fare la spesa vedo che tutto è aumentato, speriamo di riuscire a ridurlo, ma ci vorrà tempo”.

“Un rialzo di 50 punti base a marzo è ormai cosa fatta e si prevede che la riunione della BCE di maggio risulterà in un rialzo di 0,4%. Ci aspettiamo – ipotizza Tim Graf, Managing Director, Head of Macro Strategy for EMEA di State Street Global Markets – che la comunicazione della Bce non solo confermi questo dato, ma accenni con forza a un ulteriore rialzo di 50 pb a maggio, proprio come si è effettivamente impegnata a 50 pb a marzo”. Più pessimista è invece Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia: “L’inflazione soprattutto core continua a essere persistente su livelli alti. La Bce dovrà necessariamente cambiare passo sia nelle scelte sui tassi di interesse ma soprattutto nella comunicazione. E qualcosa in effetti è cambiato nelle ultime dichiarazioni da parte dei membri del Governing Council. Nelle ultime ore il governatore della banca centrale francese Villeroy ha affermato che il picco del livello dei tassi potrebbe essere raggiunto in estate, al massimo nel mese di settembre. Crediamo che l’istituto di Francoforte dovrà prolungare molto più a lungo del previsto gli sforzi per riportare l’inflazione in un sentiero per raggiungere il 2%. Ci aspettiamo un aumento di 125 punti base del costo del denaro nei prossimi mesi. Nel dettaglio – continua Diodovich – crediamo che il Governing Council alzerà a marzo il costo del denaro di 50 pb per poi continuare ad aumentarlo anche nelle riunioni di maggio, giugno e luglio (25 pb a riunione portando il tasso benchmark a un terminal rate del 4,25%)”.

Nell’anno della crisi energetica Pil Italia meglio di Usa, Cina e Germania

L’Italia, se l’Istat confermerà la sua stima nelle prossime settimane, chiuderà il 2022 con una crescita del Pil nettamente superiore a quella tedesca, a quella degli Usa e addirittura della Cina. Il dato sull’economia conferma che ha gli Usa hanno lo scorso anno in rialzo del 2,1%, registrando un inaspettato allungo nel quarto trimestre con un +2,9% contro previsioni di un +2,6%. Wall Street ha aperto così in rialzo perché forse è scongiurato lo spettro recessione, in seguito a una forte stretta sul costo del denaro impressa dalla Federal Reserve per stendere l’inflazione. Oppure se ci sarà, la contrazione non dovrebbe essere pesante. Anche i listini europei hanno accelerato dopo le 15.30. E Piazza Affari, con la seduta odierna (1,27%), ha messo a segno un balzo del 24% dal 23 settembre, il venerdì prima delle elezioni politiche.
Tornando all’economia reale, come sintetizzava la Cgia di Mestre poco prima di Natale, il 2022 è stato da record per l’Italia. “Nonostante la crescita dell’inflazione, il caro energia e il boom dei prezzi delle materie prime abbiano creato non pochi problemi a famiglie e imprese, la crescita economica italiana è stata doppia rispetto a quella registrata dai nostri principali competitors commerciali presenti nell’area dell’euro”. L’Istat meno di un mese fa prospettava una crescita economica per l’anno appena concluso di un +3,9%. Il prodotto interno lordo tedesco è salito invece dell’1,9% nel 2022 rispetto al precedente anno, secondo quanto comunicato recentemente dall’ufficio federale di statistica Destatis, in base al quale “l’economia tedesca è in ripresa nonostante le difficili condizioni di contesto”.
La Germania ha subito oltre alla crisi energetica e all’interruzione delle forniture di gas dalla Russia, anche il semi-lockdown cinese, che per Berlino negli ultimi anni aveva rappresentato lo sbocco principali degli scambi commerciali. Pechino infatti ha chiuso il 2022 con un Pil in crescita del 3%, il dato più basso degli ultimi 40 anni. A differenza dei tedeschi l’Italia invece ha potuto contare su forniture di gas, benché pagate a caro prezzo, provenienti da Algeria o Azerbaigian e di tre rigassificatori già in funzione. Inoltre il nostro Paese non era dipendente principalmente da un unico mercato. Sfruttando invece il cambio favorevole ha incrementato le esportazioni verso Usa e nuovi mercati asiatici, nonostante la chiusura della Russia.
“La crescita del Pil registrata nel 2022 dell’economia italiana (+3,9%) ci restituisce una fotografia di un Paese in grado di rimboccarsi le maniche, nonostante l’aumento dei prezzi dell’energia e la spinta inflazionistica. Le prospettive di crescita per il 2023, però, non sono così rosee: si parla di una frenata al +0,6% rispetto al 2022. E’ necessario agire subito per ribaltare questa prospettiva e preservare la crescita”, sottolineava poi Alessandro Spada, presiedente di Assolombarda. La prospettiva per quest’anno dell’Italia è nettamente ridimensionata, anche se non dovrebbe esserci una recessione. Pochi giorni fa Bankitalia ha addirittura alzato da 0,4% a +0,6% le stime sul Pil tricolore del 2023. “Il 2023 può essere l’anno, soprattutto nella seconda parte, della ripresa dopo la tempesta”, spiegava stamattina Adolfo Urso, ministro delle Imprese del Made in Italy, durante un evento di Assolombarda, dove Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo, si è spinto oltre: “Se quest’anno il prezzo medio del gas fosse a 100 euro/Mwh, algebricamente avremmo una crescita all’1%”.
In questo senso appaiono confortanti le prime indicazioni ufficiali che arrivano da questo 2023. A gennaio “il clima di fiducia delle imprese aumenta per il terzo mese consecutivo raggiungendo un livello superiore alla media del periodo gennaio-dicembre 2022. L’aumento dell’indice è trainato dal comparto dei servizi e da quello dell’industria”, rivela l’Istat. Invece “il clima di fiducia dei consumatori torna a diminuire dopo due mesi consecutivi di crescita. Il ripiegamento dell’indice è dovuto soprattutto ad un’evoluzione negativa delle opinioni sulla situazione personale”, conclude l’istituto di statistica. Infatti le aspettative sulla situazione economica generale e quelle sulle disoccupazione salgono.