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Lanciatori satellitari a basso impatto ambientale. In Italia il primo test

Portano in orbita piccoli satelliti con costi bassi, consumi ridotti e a limitato impatto ambientale. I lanciatori satellitari ibridi fanno parte di una nuova tecnologia dove l’Italia è all’avanguardia, con il progetto che ha superato la prima prova con successo. Rampa di lancio, il Poligono Interforze del Salto di Quirra in Sardegna dove il test è stato portato a termine poche settimane fa. Il programma Aviolancio del Dipartimento di ingegneria ICT e tecnologie per l’energia e i trasporti del Consiglio nazionale delle ricerche è in collaborazione con il ministero della Difesa. Si tratta di un programma coordinato dal Cnr- Diitet che consiste nello sviluppo di un lanciatore satellitare aviotrasportato, dotato di un motore a propulsione ibrida. Oltre che a consumi molto bassi, la soluzione innovativa può consentire l’accesso flessibile e autonomo alle orbite Leo (Low earth orbit, a bassa altitudine tra 300 e 1000 km) di piccole piattaforme satellitari con costi notevolmente ridotti, soprattutto rispetto ai lanciatori tradizionali.

È molto difficile, e forse anche non tanto corretto, fare un paragone con lanciatori come il Vega C, sono diverse sia la tecnologia che le modalità di lancio”, spiega a GEA Pantaleone Carlucci che con Lucia Paciucci del Cnr segue il programma. “Il fulcro del progetto è un’innovativa propulsione a razzo ibrida basata su propellenti verdi che è riaccendibile, regolabile, flessibile, sostenibile, rispettosa dell’ambiente e integra diverse funzioni nella stessa unità”. Costi e sicurezza della tecnologia sono alcune delle chiavi del progetto che “consentono durante lo sviluppo, di applicare nuove innovative soluzioni produttive e di semplificare le procedure durante le operazioni di lancio”. Quando si parla di costi è opportuno citare quelli di un lanciatore tradizionale che si aggirano intorno ai 30 milioni di euro, una cifra che varia in base al peso dei satelliti che porta in orbita. Ma come già ricordato, la comparazione è impropria, per quanto i costi di lancio siano stati ridotti grazie alla tecnologia modulare Smss (Small Spacecraft Mission Service), sviluppata per Vega, in grado di rilasciare decine di nano satelliti con un solo lancio.

Un altro aspetto che caratterizza l’operazione è quello ambientale: la prova di volo effettuata in Sardegna ha utilizzato una tecnologia propulsiva ibrida sviluppata dall’Azienda T4i in collaborazione con l’Università di Padova. Un aspetto su cui gli ingegneri non entrano volutamente nel merito: la miscela di componenti è top secret. Grazie anche a una piattaforma progettata con un layout composito unico nel suo genere, “il test ha raggiunto l’altitudine prevista, mostrando prestazioni perfettamente in linea con le aspettative”, racconta l’ingenera Lucia Paciucci, ed “è stato il risultato finale di oltre otto anni di ricerca e sviluppo con oltre 500 test missilistici eseguiti su scale diverse“. Il successo del progetto Aviolancio rappresenta un passo avanti notevole per lo sviluppo dei lanciatori commerciali. “L’Italia può annoverarsi oggi nel ristretto numero di paesi al mondo a disporre delle competenze e delle tecnologie per l’accesso autonomo allo spazio”, spiega il direttore del Cnr-Diitet Emilio Fortunato Campana. “Per far fronte alla sempre più elevata competizione internazionale è necessario procedere nei prossimi anni allo sviluppo e alla crescita delle competenze su sistemi di lancio e di propulsione innovativi – sostiene il direttore del dipartimento – in un’ottica di riduzione dei costi e per incrementare l’autonomia commerciale e operativa dei lanciatori nazionali”. Anche la politica dello spazio cerca così di rispondere alle esigenze dell’emergenza ambientale e dei rischi climatici, combinando soluzioni sostenibili con alte prestazioni e costi ridotti.

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Abolire l’ora legale? L’Italia dice no. Si risparmiano oltre 190mln di euro

Risparmiare energia spostando l’orario di lavoro o di normale occupazione nelle ore in cui c’è più luce. È con questa logica che è nata l’ora legale, entrata ufficialmente in vigore in Italia con una legge del 1965. Inizialmente il periodo ‘legale’ era di quattro mesi, da maggio a settembre. Nei primi anni ’80 fu allungato a sei mesi e nel 1996, in accordo con gli altri Paesi europei, portato fino all’ultima domenica di ottobre. L’ora legale fu però introdotta per la prima volta nel 1916 in Gran Bretagna e venne poi adottata anche da altri Paesi.

COME FUNZIONA NEI PAESI EUROPEI

Finora tutti i Paesi europei hanno alternato la regola dell’orario solare e dell’orario legale, ma nel 2018 gli Stati del Nord (come Finlandia, Lituania, Svezia ed Estonia), quelli che meno beneficiano dello spostamento di un’ora, hanno deciso di abolire questo sistema. Il Parlamento europeo aveva approvato la risoluzione legislativa sull’abolizione dell’ora legale con 410 voti a favore, 192 contrari e 51 astensioni. Non si è raggiunta, però, una soluzione univoca che accontentasse tutti i Paesi. Tra il 4 e il 16 agosto 2018 la Commissione Europea ha svolto sul proprio sito una consultazione pubblica aperta sulle disposizioni relative all’ora legale. Agli utenti si chiedeva se, nel caso di abolizione del cambio orario, mantenere o meno sempre l’ora solare o quella legale. Le risposte furono 4,6 milioni, il numero più alto mai ricevuto da una consultazione pubblica. Ma al momento, in pratica, si è lasciata ad ogni Paese la libertà di mantenere o abolire l’ora legale.

L’ITALIA CONTINUA AD ADOTTARLA

L’Italia tornerà a spostare le lancette nella notte tra sabato 26 e domenica 27 marzo 2022 al contrario di tanti Stati europei che hanno abbandonato l’ora estiva lo scorso anno. Secondo Terna, la società che gestisce la rete di trasmissione nazionale, questo permetterà di risparmiare oltre 190 milioni di euro, grazie a un minor consumo di energia elettrica pari a circa 420 milioni di kilowattora. E consentirà, inoltre, di apportare un importante beneficio ambientale, quantificabile nella riduzione di circa 200mila tonnellate di emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera.

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