Di Maio inviato Ue nel Golfo, Lega-FI attaccano: “Scelta curiosa”

L’Italia conquista una casella nello scacchiere europeo. Luigi Di Maio, a meno di clamorose retromarce dell’ultimo secondo, sarà il nuovo inviato dell’Unione europea per il Golfo persico. Secondo Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha tutte le carte in regola per ricoprire il ruolo. Per diversi partiti politici, invece, la sua nomina sarebbe da evitare. O almeno così la pensa la Lega, che a caldo aveva definito la scelta fatta a Bruxelles una “indicazione vergognosa, un insulto all’Italia e a migliaia di diplomatici in gamba“. Commento reiterato dopo 24 ore dal segretario federale del Carroccio, che è anche vice premier del governo Meloni: “Con tutti i diplomatici di carriera, che hanno fatto tanto in Italia e in Europa, mandare a mediare il signor Di Maio Luigi è curioso“, tuona Matteo Salvini. Garantendo che “non è una questione personale“, anche se in passato, soprattutto dalla fine dell’esecutivo gialloverde, nel 2019, ha spesso e volentieri incrociato le spade (politicamente, sia chiaro) con l’ex collega.

Per il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti “non è l’unica iniziativa curiosa da parte di alcune istituzioni europee, che sono più ideologiche che pragmatiche, penso alle direttive case e auto green, carni sintetiche, vini farlocchi“. Ecco perché fa sapere di contare sul fatto “che ci ripensino, ci sono persone con curriculum superiori“. Nemmeno il suo attuale omologo, Antonio Tajani, ha gradito la nomina, ma con realismo ammette: “L’iter è avviato e non è facilmente modificabile“. In Forza Italia, comunque, sono in tanti a pensarla come il ministro degli Esteri. La notizia della nomina europea sempre più vicina per Di Maio non fa fare i salti di gioia, ma neanche le barricate, ai partiti di centro. A domanda, il leader di Azione, Carlo Calenda, ad esempio risponde senza troppi giri di parole: “Non lo avrei designato, ma Borrell avrà fatto le sue analisi. Io ho visto Di Maio prendere molte decisioni, sempre in coincidenza con il suo interesse personale. Detto questo, non faremo una battaglia contro, se sta bene a Borrell sono fatti suoi“.

Nel frattempo l’ex responsabile della Farnesina ha ridotto al minimo i contatti. Anche i suoi fedelissimi hanno difficoltà a raggiungerlo, non foss’altro per fargli gli in bocca al lupo di rito. Mentre i suoi ex colleghi del Movimento 5 Stelle restano in silenzio. Lo strappo consumato alla fine della scorsa legislatura, con l’addio alla casa-madre per fondare prima il gruppo Insieme per il futuro e, successivamente, Impegno civico con Bruno Tabacci, non si è mai sanato. Difficilmente, quindi, potrà contare sul sostegno pentastellato nel suo nuovo incarico. Mentre nel Partito democratico qualche vecchio amico su cui contare ce l’ha ancora. E per il momento può anche bastargli così.

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Patuanelli: “Extra-deficit ed extra-profitti contro il caro energia”

L’emergenza energia continua ininterrottamente a danneggiare imprese e famiglie e il Governo è alla ricerca di misure per sostenere chi non riesce più ad arrivare a fine mese o è costretto a chiudere le proprie attività. Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, è stato esplicito in una intervista rilasciata a Repubblica: “Serve un intervento rapido, anche in deficit se necessario, ma circoscritto a questa emergenza energetica”. Quella che deve essere mantenuta è la tassa sugli extra-profitti: “Non è escluso che si possa ancora alzare l’aliquota salendo sopra il 25% attuale”. Anche perché occorre “intervenire riequilibrando i settori di imprese in forte sofferenza e settori che hanno prodotto profitti record”.

Sulla stessa linea di Orlando si trova il ministro delle Politiche agricole ed esponente del Movimento 5 Stelle Stefano Patuanelli: “Oggi il rischio che si corre nell’aumentare il debito pubblico è inferiore a quello di veder chiudere le nostre aziende”, ha affermato mostrandosi favorevole all’extra-deficit, strumento “già utilizzato in passato – con oltre 130 miliardi nel corso del 2020 per affrontare la pandemia – con ottimi risultati”. A causa dell’aumento spropositato dei prezzi dell’energia sono a rischio intere filiere produttive. Tuttavia, puntualizza Patuanelli, “a oggi non conosciamo le intenzioni di Palazzo Chigi su un decreto a sostegno di imprese a famiglie“.

Tra i provvedimenti contro il caro-energia c’è quello che riguarda la tassa sugli extra-profitti. Come accennato da Orlando si tratta di una risorsa alla quale “lo Stato non può rinunciare”, anzi, potrà addirittura essere alzata al 25%. Riprendendo il discorso, il ministro Patuanelli ha proposto di “allargare il range anche a quelle società che hanno beneficiato di situazioni di mercato favorevoli”.

I primi ad avere parlato di tassa sugli extra-profitti, annunciano in coro sia Patuanelli, sia il ministro degli Esteri e leader di Impegno civico, Luigi Di Maio, “siamo stati noi come Movimento 5 Stelle”. L’idea che sta alla base è che “le aziende che hanno guadagnato un mare di soldi per le speculazioni – ha chiarito Di Maio – debbano restituirne una parte allo Stato, che poi li rinveste nel taglio delle accise sui carburanti e nel mitigare gli effetti dei rincari sulle bollette”.

Elezioni, gli ex M5S ripartono dalla Transizione ecologica

Il gioco di cerchi concentrici della politica si sta avvicinando alla definizione del primo anello: le alleanze. Manca davvero poco alla presentazione di simboli, programmi e liste: entro il 24 agosto tutto dovrà essere compiuto e, al netto della dialettica del momento, anche aspra, il tempo delle decisioni è arrivato. I dubbi sono ovviamente nel campo del centrosinistra, da qualcuno definito area progressista, da altri riformismo, ma la sostanza cambia poco. E’ questo il terreno di gioco dove sta nascendo qualcosa di nuovo, almeno cronologicamente. Soprattutto dalle formazioni che si sono staccate – nella maggioranza dei casi in maniera traumatica – dal Movimento 5 Stelle. Che in comune con il loro recente passato hanno un tema predominante: l’ambiente. Anzi, la transizione ecologica.

Il nuovo partito di Luigi Di Maio, Impegno civico, nato dal tandem con il Centro democratico di Bruno Tabacci, si prepara a spaziare nella prateria di centro dello scacchiere politico. E lo fa mettendo nel simbolo la serigrafia di un’ape, segno “della nostra coscienza ecologica“, spiega il ministro degli Esteri. Andando anche più a fondo: “Nel momento in cui scomparissero le api non esisterebbe nemmeno più l’essere umano – svela -. Questo è un aspetto poco conosciuto, ma racconta quello che sta accadendo sul nostro Pianeta. Metterla nel simbolo significa mettere al centro la transizione ecologica, che è fondamentale nel Pnrr; significa che non risolveremo il problema del cambiamento climatico singolarmente come Stati ma dobbiamo portarlo ai tavoli internazionale del G7, del G20, della prossima Cop27 in Egitto“.

Il cuore di Ic sarà il riformismo, “guardiamo con molta attenzione all’innovazione, all’ecologia, alla digitalizzazione e ai giovani“, mentre “non ci interessa parlare agli estremisti, a quelli che vogliono sfasciare tutto, a coloro che dicono solo dei ‘no’“. Ecco perché “la prima proposta non è divisiva” e riguarda la battaglia europea per il price cap sul gas. “Dobbiamo continuare a portare avanti la battaglia sul tetto massimo al prezzo del gas, che riduce l’inflazione e ferma gli aumenti per le famiglie in bolletta – dice Di Maio-. Oggi lo facciamo con un governo in carica per gli affari correnti, che non ha pieno mandato: magari saremo degli illusi, ma ci proviamo. L’unico modo per portare al tavolo il governo italiano col massimo della sua forza è fare in modo che tutti i leader dei partiti impegnati in questa campagna elettorale sottoscrivano la nostra proposta con una lettera alla Commissione europea in cui si sostiene il governo Draghi per ottenere il tetto massimo al prezzo del gas“. Un primo obiettivo ambizioso, il cui esisto ad oggi è ancora imprevedibile.

Oltre Impegno civico, dall’addio al Movimento 5 Stelle nasce anche un altro soggetto. Stavolta un’associazione, che si chiama ‘Ambiente 2050’, ed è animata dall’ormai ex capogruppo pentastellato alla Camera, Davide Crippa, dal ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, e dai parlamentari Alessandra Carbonaro, Maurizio Cattoi e Niccolò Invidia. Sarà un “laboratorio“, un “contenitore” dove la parola d’ordine sarà una sola: “Ascolto“. Perché “vogliamo essere pronti a capire quali siano le richieste forti” che arrivano soprattutto dai giovani, sottolinea Crippa. “Vogliamo confrontarci con la società civile, innanzitutto“, spiega D’Incà. Ma “anche con quelle associazioni che sono state costituite, nel corso del tempo, da quei cittadini che ogni giorno si impegnano e danno l’esempio“, senza dimenticare un “forte collegamento anche con il mondo industriale e produttivo” oltre che con “tutti gli amministratori locali: consiglieri comunali, assessori, sindaci“. L’area è quella progressista, in dialogo con il Pd, ma non è prevista la presentazione di liste alle prossime elezioni politiche del 25 settembre: la situazione “è in divenire“, dunque “è prematuro” intavolare discorsi di alleanze. “Noi poniamo temi, vedremo se qualcuno vorrà raccoglierli“. Gli ex Cinquestelle partono. Anzi, ripartono dall’ambiente.

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Oggi a Istanbul apre il centro di coordinamento grano

Oggi viene inaugurato il centro di coordinamento per la supervisione del trasporto del grano dall’Ucraina a Istanbul. È nell’accordo firmato il 22 luglio da Kiev, Mosca, Ankara e sotto l’egida dell’Onu per consentire la ripresa delle esportazioni dei cereali bloccati nei porti ucraini dall’inizio dell’invasione russa.

Il CCC sarà responsabile dell’ispezione delle navi in partenza e in ritorno dal Mar Nero, come richiesto da Mosca. Tuttavia, l’attacco russo di sabato al porto di Odessa sul Mar Nero, vitale per il commercio di cereali, ha messo in dubbio l’attuazione dell’accordo.

La ripresa delle esportazioni dovrebbe dare sollievo ai Paesi che dipendono dai mercati russo e ucraino, che insieme rappresentano il 30% del commercio mondiale di Grano. “La crisi è la riprova di come la guerra in Ucraina si ripercuota anche sui Paesi del Mediterraneo e su tutto il continente africano“, ricorda il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, nel corso delle comunicazioni nelle Commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato sulle missioni italiane nel mondo. Un’aggressione che è “uno spartiacque destinato a produrre ripercussioni sistemiche“.

La guerra, osserva, ha sconvolto la catena alimentare globale“, ma l’accordo firmato a Istanbul “apre uno spiraglio positivo”, nonostante l’attacco al porto di Odessa. Quei missili dimostrano per il titolare della Farnesina quanto sarà importante vigilare sull’azione dell’accordo: “È indispensabile che tutta la comunità internazionale offra sostegno allo sforzo delle Nazioni unite e all’impegno delle parti per l’attuazione degli impegni operativi“.

(Photo credits: STRINGER / AFP)

Allarme Gazprom: “Non garantiamo riattivazione Nord Stream”

Il colosso russo Gazprom sostiene di non poter garantire il corretto funzionamento del gasdotto Nord Stream, che rifornisce l’Europa, per la mancanza di una turbina tedesca riparata in Canada.

Le dichiarazioni arrivano con l’oleodotto fermo da dieci giorni per manutenzione, tra i timori dei Paesi europei che Mosca avanzi un motivo tecnico per interrompere definitivamente le forniture e fare pressione nella cornice del conflitto in Ucraina. Il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, si mostra meno preoccupato degli altri: “Ci eravamo dati l’obiettivo di ridurre la dipendenza alla Russia e siamo passati da oltre il 40% di dipendenza a poco meno del 25% in pochissimi mesi“, spiega. Un lavoro fatto, ricorda, grazie a “nuovi partenariati che abbiamo costruito“.

La prossima settimana sarà con il premier Mario Draghi al vertice intergovernativo in Algeria, un altro passaggio fondamentale rispetto alle partnership energetiche di Roma. “Oggi grazie a questi accordi abbiamo molte meno preoccupazioni di altri partner rispetto alle quantità di gas, ma il prezzo rimane alto per la dinamica della decisione centralizzata al Ttf di Amsterdam e per questo dobbiamo intervenire“, ribadisce il titolare della Farnesina.

Anche prima della chiusura di Nord Stream, la Russia aveva ridotto drasticamente le consegne di gas nelle ultime settimane, adducendo la mancanza di turbine Siemens, necessarie per far funzionare le stazioni di compressione del gasdotto e di cui diverse unità erano state inviate in Canada per essere riparate. “Gazprom non è in possesso di alcun documento che autorizzi Siemens a portare fuori dal Canada il motore della turbina a gas per la stazione di compressione di Portovaya“, ha fatto sapere il gruppo russo in un comunicato. “In queste condizioni, non è possibile trarre alcuna conclusione obiettiva” riguardo al “funzionamento sicuro della stazione di compressione di Portovaia, che è un’attrezzatura essenziale per il gasdotto Nord Stream“.

Sabato il Canada ha annunciato che avrebbe restituito le turbine del Nord Stream alla Germania, nonostante le sanzioni contro Mosca e gli appelli dell’Ucraina a non “sottomettersi al ricatto del Cremlino“. Ottawa ha giustificato la decisione di rimandare indietro le attrezzature spiegando di non voler aumentare il rischio di una grave crisi energetica in Europa.

Le difficoltà sulle forniture di Nord Stream arrivano mentre i Paesi europei faticano a rifornirsi per l’inverno. La Germania ha definito “politica” la decisione di Mosca di tagliare le forniture attraverso il Nord Stream nelle ultime settimane.

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Di Maio: “La guerra del grano provocherà una catastrofe senza precedenti”

Le tensioni e le problematiche geopolitiche di questo periodo storico non rimangono circoscritte agli affari pubblici e ai contrasti interni ai singoli Paesi coinvolti nel conflitto. Come ripetuto più volte negli ultimi giorni, ormai la guerra Russia-Ucraina coinvolge il mondo intero. E ora è la ‘vicenda grano‘ quella che preoccupa maggiormente. Perché, ad ascoltare il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, “parlare di ‘guerra del grano‘ non significa più alimentare finte paure, ma guardare con realismo in prospettiva a quello che può succedere“. Il titolare della Farnesina è stato netto nell’affrontare il discorso relativo alla sicurezza alimentare in occasione della sua visita in Etiopia, ad Addis Abeba.

Tornando alla questione grano, chi saranno le vittime? Tutti noi e in particolare i bambini. Di Maio è stato chiaro nel dirlo, parlando di “una catastrofe alimentare senza precedenti“. Per questa ragione la situazione va sbloccata, le navi devono poter lasciare i porti con i loro carichi di cereali, la fame deve essere combattuta non solo a parole. Il ministro degli Esteri ha poi tracciato gli obiettivi dell’Italia: “Ci impegneremo in prima linea per trovare soluzioni volte a garantire la sicurezza alimentare dei Paesi più esposti alle conseguenze del conflitto, a cominciare da quelli del continente africano“. Tuttavia, senza aperture concrete da parte della Russia, sarà difficile scongiurare questo drammatico scenario. “È necessario che Putin metta fine alla guerra e sblocchi l’export del grano. Se ciò non accadrà gli effetti di questa doppia guerra saranno devastanti“, la sottolineatura di Di Maio.

Quasi all’improvviso, il continente africano è diventato centrale per l’Italia. “I rapporti intrapresi con i Paesi africani – in particolare con l’Etiopia – riguardano diversi fronti”, ha assicurato il ministro. Tra questi l’energia, la sicurezza, l’emigrazione, il commercio e la cooperazione allo sviluppo. “La mia missione conferma la nostra volontà di rafforzare il partenariato tra il nostro Paese e l’Africa“, la dichiarazione del ministro, che ha poi ribadito l’attenzione dell’Italia ai dossier africani, con un filo rosso che lega pace, stabilità e sicurezza, contrasto alla migrazione incontrollata e terrorismo, i cui campanelli di allarme non devono mai rimanere inascoltati.

Crisi alimentare, Mediterraneo fa quadrato: È rischio mondiale

La crisi alimentare causata dal blocco del grano dovuto all’invasione russa in Ucraina rischia di finire fuori controllo. Addirittura “di degenerare in crisi mondiale“, avverte il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che alla Farnesina ha presieduto il primo Dialogo ministeriale Mediterraneo assieme a Germania e Turchia. Se le navi rimarranno attraccate nei porti ucraini con le tonnellate di materie prime impossibilitate a partire ci potranno essere “conseguenze ancora più devastanti“, come “nuove guerre“. Ecco perché serve un’inversione di rotta. Alla discussioni sulle possibili soluzioni hanno contribuito il direttore generale della Fao, Qu Dongyu, e in collegamento i ministri dei 24 Paesi dell’area del Mediterraneo, oltre ai rappresentanti di 7 organizzazioni internazionali interessate.

Entro la fine di giugno intendiamo condividere con voi un documento tecnico di follow up, preparato insieme alla Fao, in consultazione con i co-presidenti e con le organizzazioni internazionali che desiderano prendere parte a questa iniziativa“, spiega Di Maio in apertura dei lavori. Questo documento “identificherà le aree di collaborazione e individuerà azioni concrete” per risolvere la crisi del cibo. L’elemento condiviso tra tutti i partecipanti è che occorre fare presto, perché “bloccare le esportazioni del grano significa condannare a morte milioni di bambini, donne e uomini“, ammonisce il responsabile della diplomazia italiana. Ricordando che “l’insicurezza alimentare è diventata un problema globale“. Così come è urgente trovare una soluzione a perdite e sprechi: “Sono un problema molto serio” che riguarda “dal 16% al 20% della produzione alimentare“, ovvero “decine di milioni di tonnellate di cibo nella regione mediterranea ogni anno“.

Serve una cooperazione sempre più stretta, spiega il direttore generale della Fao, Qu Dongyu: “Dobbiamo risolvere i problemi insieme, attraverso la solidarietà internazionale e questo vale per il governo italiano, per la comunità internazionale e, soprattutto, la comunità delle Nazioni Unite“. Anche in questa fase storica, in cui il conflitto aumenta esponenzialmente le incertezze. Ma dobbiamo “utilizzare questa crisi come un richiamo a intraprendere una svolta immediata, ma anche a livello di medio lungo termine”, sostiene Dongyu. Per questo “abbiamo bisogno di agire per reperire cibo, per produrre meglio, per produrre di più e per rendere più aperti i mercati globali alimentari – continua -. Quindi, in qualche modo snellire la logistica, renderla più efficiente, rendere le derrate alimentari più accessibili a coloro che ne hanno più bisogno“. Servono “sistemi alimentari, c’è molto spazio per migliorare, anche in Italia e in Europa, per migliorare lo sfruttamento del suolo, l’efficientamento delle reti idriche e migliorare la filiera delle forniture, la filiera della produzione agroalimentare. Dobbiamo trovare delle soluzioni, dobbiamo puntare sulla ricerca e sullo sviluppo“. Le lancette scorrono veloci, urgono risposte. E possibilmente una tregua alle armi, che consenta di bloccare la crisi alimentare prima che sia troppo tardi.

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Crisi alimentare nel Mediterraneo. Di Maio: “Scarsità cibo è emergenza mondiale”

Individuare misure concrete per affrontare l’impatto sulla sicurezza alimentare nel bacino del Mediterraneo generato dall’invasione russa dell’Ucraina. Questo l’obiettivo del dialogo in corso alla Farnesina dove il ministro degli Esteri e della cooperazione internazionale, Luigi Di Maio, ha aperto l’incontro spiegando l’intento principale: “Siamo pronti ad ascoltare i bisogni dei Paesi più colpiti dalla crisi alimentare e a garantire che ogni azione internazionale che verrà intrapresa sia coerente con le loro richieste”. La situazione è di vera e propria emergenza, ha lasciato intendere il ministro: “La fame e la sicurezza alimentare sono sempre state in cima all’agenda internazionale, ma mai come ora la scarsità di cibo ha avuto un così grande impatto mondiale”.

Spreco e perdita di cibo, nella regione mediterranea, “sono problemi seri, che riguardano dal 16% al 20% della produzione alimentare”, ha spiegato Di Maio, ricordando che il nostro Paese ospita importanti centri di studio e può contribuire significativamente allo sviluppo e all’attuazione di strategie nazionali per ridurre le perdite e gli sprechi agricoli. “Vogliamo continuare a collaborare attivamente a tutti gli sforzi internazionali per trovare una soluzione a uno dei principali ostacoli causati dal conflitto, quello relativo alle milioni di tonnellate di grano e scorte di cibo attualmente bloccate nei silos nei porti ucraini”, ha poi puntualizzato.

La lotta alla fame richiede un approccio multilaterale e integrato“, ha continuato il titolare della Farnesina. Proprio come ha affermato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, “abbiamo scelto il multilateralismo e siamo consapevoli che i destini dei popoli sono interdipendenti nel mutuo rispetto per garantire universalmente la pace, lo sviluppo e la promozione dei diritti umani”, la sottolineatura del ministro.

Di Maio ha anche annunciato che “l’Italia intende convocare a dicembre una seconda edizione del Dialogo ministeriale del Mediterraneo durante la Conferenza sui Dialoghi Med 2022 a Roma per fare il punto sulla collaborazione regionale sulle aree chiave individuate” in maniera che non siano sempre e solo buoni propositi ma si scenda anche sul piano indispensabile della concretezza.

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Di Maio: “Con caro energia e materie prime la guerra incide su Pnrr”

La guerra in Ucraina incide negativamente anche sul Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il costo dell’energia e quello dei materiali, purtroppo, hanno effetti negativi sulla realizzazione di parte dei progetti del Piano. Così, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, a margine del convegno dal titolo ‘Il Pnrr e i principali driver per un modello di sviluppo sostenibile’, affronta il legame guerra-Pnrr.

Le conseguenze del conflitto non si fermano a Mosca e Kiev, ma interessano il mondo intero. Per fare un esempio, spiega il ministro, “rischiamo che scoppino nuove guerre a migliaia di chilometri di distanza dall’Ucraina a causa del fatto che la Russia con le navi militari sta bloccando l’export di grano dai porti ucraini. L’Italia lavora a un’iniziativa che coinvolge tutti i Paesi del Mediterraneo e i nostri partner, e questa settimana terremo un importante evento di dialogo tra tutti gli Stati per trovare una soluzione che, per esempio, eviti una crisi alimentare che provochi maggiori flussi migratori verso il BelPaese“.

Intanto, sono stati mossi i primi passi per resistere alle inevitabili conseguenze della guerra. “Le nuove partnership con Qatar, il Congo, l’Algeria, l’Angola, l’Azerbaijan e il Mozambico ci permetteranno di diversificare sempre più le fonti di approvvigionamento, al momento importiamo il 40% del gas dalla Russia”, dichiara il responsabile della Farnesina. Alla dipendenza da Mosca, dunque, si arriverà, ma non senza oltrepassare alcuni ostacoli. Oggi, infatti, “siamo in grado di negoziare e quantità di gas con i Paesi esteri ma non siamo in grado di stipularne il prezzo perché come in Europa il prezzo del gas si determina al Ttf di Amsterdam, una sorta di borsa dove si decide il prezzo per tutto il Vecchio continente”.

A fronte di questo, sottolinea il responsabile della Farnesina, si è già discusso, ma si discuterà ancora, dell’adozione di un tetto massimo al prezzo del gas, un regolamento europeo che permetta a livello europeo di non andare oltre una certa soglia. Il fatto è che “in Italia il prezzo del gas è collegato a quello dell’energia elettrica, anche se non prodotto da gas. E’ un meccanismo di legame che esisteva tanti anni fa e che si basava sul principio di quando il gas aveva un prezzo abbastanza moderato, ma adesso le dinamiche non sono più così, quindi anche la produzione di energia elettrica da rinnovabili risente del prezzo del gas”, conclude Di Maio. La necessità del tetto massimo è impellente ed è una battaglia che deve vedere tutti uniti, al di là dei colori politici e dei livelli istituzionali, per arrivare a centrare l’obiettivo.

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Giornata mondiale dell’Africa, Di Maio: “Futuro sostenibile solo se condiviso”

Una “robusta azione di diplomazia climatica e energetica” condotta dall’Italia con i partner africani, nella convinzione che “i destini delle due sponde del Mediterraneo siano inseparabili. Un futuro prospero e sostenibile potrà essere tale solo se condiviso dai popoli europei e africani”. Sono queste le parole che il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha voluto pronunciare durante il suo intervento in occasione della 59esima Giornata dell’Africa, In questa occasione il DFAE, Dipartimento federale degli affari esteri, rivolge un messaggio di amicizia alle popolazioni e ai governi africani e ribadisce l’importanza della collaborazione con questo continente.

L’Italia ha, da poco, rafforzato i legami culturali ed economici con l’Africa al fine di portare benefici alle due parti. “Abbiamo innestato un partenariato paritario e a 360 gradi, volto a uno sviluppo condiviso e sostenibile con i Paesi dell’Africa”, ha sottolineato Di Maio. Che in merito alla situazione di emergenza dovuta dall’attacco della Russia all’Ucraina ha voluto spiegare quanto la cooperazione tra i due Paesi risulti fondamentale: “Rafforzare la collaborazione internazionale è fondamentale per affrontare le sfide globali che interessano il Continente con particolare severità e le drammatiche conseguenze della guerra, che si stanno ripercuotendo ben oltre l’Europa”, ha puntualizzato Di Maio, considerando, ad esempio, il terrorismo, l’impatto dei cambiamenti climatici e l’insicurezza alimentare. Problematiche che le ripercussioni economiche dell’aggressione russa in Ucraina stanno aggravando in maniera preoccupante.

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