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Rafforzato legame Italia-Israele, Draghi: “Ora sblocchiamo grano”

Mario Draghi chiude la missione in Israele e porta a casa l’impegno del primo ministro Naftali Bennett ad aiutare l’Italia e l’Europa con il gas dei suoi giacimenti, per supplire in parte alla dipendenza russa.

Israele è diventato produttore ed esportatore di gas solo di recente, dopo la scoperta di diversi giacimenti al largo delle sue coste nel Mediterraneo: il ‘Tamar’ (300 miliardi di metri cubi) e il ‘Leviathan’, al largo di Haifa (620 miliardi di metri cubi). Ma non ha un oleodotto che colleghi le sue piattaforme di trivellazione nel Mediterraneo ai mercati dell’Europa meridionale ed è in disputa con il Libano sulla delimitazione di parte della zona con diritti esclusivi. “Guardo avanti al giorno in cui anche Beirut deciderà che è disposto ad avere il beneficio del gas naturale che si trova nelle sue acque territoriali economiche“, puntualizza il primo ministro israeliano, che lamenta troppe polemiche da parte del Paese dei Cedri: “È un gran peccato che la leadership del Libano invece di produrre il gas e fare il bene dei cittadini si occupi di contese interne ed esterne del tutto inutili”.

L’impegno di Roma è a che si giunga quanto prima a un cessate il fuoco “nei termini che l’Ucraina riterrà accettabili“, continuando anche a sostenere il desiderio di Kiev di far parte dell’Unione europea ripete l’ex capo della Bce. Sullo sfondo, ma sempre più concreto, c’è il rischio di una catastrofe alimentare da scongiurare. “Dobbiamo operare con la massima urgenza dei corridoi sicuri per il trasporto del grano. Abbiamo pochissimo tempo, perché tra poche settimane il nuovo raccolto sarà pronto e potrebbe essere impossibile conservarlo“, spiega Draghi.

I rapporti con Gerusalemme sono stretti e si sono rafforzati negli ultimi anni, in ambito sanitario, economico, commerciale: “Vogliamo che questa collaborazione in campo medico e scientifico prosegua e si estenda anche a molti altri campi“, sottolinea il premier, riferendosi ai settori più innovativi, come la robotica, la mobilità sostenibile, l’aerospazio e la tecnologia applicata all’agricoltura.

Tappa anche nei territori palestinesi, dove il premier Draghi firma sei accordi di sviluppo, per 17 milioni di euro. Un’intesa su settori cruciali come la chirurgia pediatrica, l’agricoltura, l’occupazione giovanile e la tutela del patrimonio culturale: “Questi fondi rafforzano gli attuali contributi dell’Italia per gli aiuti allo sviluppo alla Palestina, che coprono diversi settori“, fa sapere dopo l’incontro con il premier palestinese Mohammed Shtayyeh. “L’Italia collabora con le istituzioni palestinesi per offrire nuove prospettive di formazione e di crescita ai giovani, attraverso borse di studio e partnership tra università. Condividiamo questi sforzi con il resto dell’Unione Europea“, garantisce. Sono molte le aziende italiane attive nei Territori, soprattutto nel settore delle energie rinnovabili e nell’industria meccanica e high-tech.

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Draghi: “Lavoriamo con Israele su risorse gas Mediterraneo orientale”

Innovazione, sostenibilità, agricoltura ma soprattutto energia. Questi i temi principali toccati dal presidente del Consiglio Mario Draghi durante l’incontro a Tel Aviv con il primo ministro israeliano, Naftali Bennett. La collaborazione Italia-Israele, negli ultimi anni, si sta rafforzando sempre di più e l’unione tra i due Paesi è ancora più forte in questo momento di profonda crisi energetica. “Stiamo lavorando insieme nell’utilizzo delle risorse di gas del Mediterraneo orientale e per lo sviluppo di energia rinnovabile“, dichiara il premier in un punto stampa congiunto. Anche perché l’obiettivo primario è quello di “ridurre la nostra dipendenza dal gas russo e accelerare la transizione energetica verso gli obiettivi climatici che ci siamo dati“.

Ringraziando il Governo israeliano per il suo sforzo di mediazione in questa emergenza, Draghi sottolinea che “con il primo ministro Bennett si è discusso anche delle crisi internazionali in corso e in particolare della guerra in Ucraina”, aggiungendo poi che, in ogni caso, “l’Italia continuerà a sostenere in maniera convinta l’Ucraina e il suo desiderio di far parte dell’Unione europea”.

Tra le crisi provocate dal conflitto, anche quella relativa al blocco del grano nei porti del Mar Nero che rischia di far scoppiare una vera e propria catastrofe alimentare. Il premier non ha dubbi sul da farsi: “Dobbiamo operare con la massima urgenza dei corridoi sicuri per il trasporto del grano. Abbiamo pochissimo tempo, perché tra poche settimane il nuovo raccolto sarà pronto e potrebbe essere impossibile conservarlo“.

Gas, Draghi in Israele e Palestina per consolidare Italia hub Ue

La strategia energetica italiana passa anche da Israele. Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, è a Tel Aviv, dove ha incontrato il presidente dello Stato di Israele, Isaac Herzog, prima di intervenire al Tempio Italiano di Gerusalemme, dove ha garantito che “il governo è impegnato a rafforzare la memoria della Shoah e a contrastare le discriminazioni di ogni tipo contro gli ebrei“, perché “in momenti di crisi, di incertezza, di guerra, come quello che stiamo vivendo, è ancora più importante opporsi con fermezza all’uso politico dell’odio“.

Il premier, poi, ha fatto visita al Museo di arte ebraica ‘Umberto Nahon’ e alla Sinagoga italiana, incontrando i rappresentanti della comunità italiana e ponendo la firma firma sul Libro d’onore. Infine, per la prima giornata di visita diplomatica ha avuto un incontro alla Knesset con il ministro degli Esteri israeliano, Yair Lapid, che lo accoglie con un tweet, che inizia con una frase in italiano: “Buonasera primo ministro e benvenuto in Israele“. Poi un messaggio, nella sua lingua madre, dal contenuto più che benaugurante: “Italia e Israele intrattengono rapporti lunghi e cordiali e di cooperazione economica, di sicurezza e culturale – scrive Lapid -. Continueremo a lavorare insieme per rafforzare e approfondire le relazioni tra i nostri Paesi“.

Oggi, invece, è in agenda il vertice tra Draghi e il primo ministro, Naftali Bennett, poi il trasferimento a Ramallah, per il summit con primo ministro palestinese, Mohammad Shtayyeh, cui seguirà la cerimonia di firma delle intese bilaterali tra Italia e Palestina. Tra gli obiettivi della missione diplomatica c’è sicuramente il rilancio del progetto del gasdotto che potrebbe portare nuove, importanti forniture dal maxi-giacimento Leviathan in Europa, tramite un’infrastruttura che trasporti il Gnl dalle acque a largo di Israele. Si tratta di un patrimonio di gas naturale liquefatto di circa 600 miliardi di metri cubi: se ci fosse l’accordo, l’Italia – ma anche il Vecchio continente – riuscirebbe nel doppio colpo di incrementare la politica di diversificazione delle fonti energetiche, ma soprattutto darebbe un segnale fortissimo alla Russia, che l’operazione di chiusura delle forniture da Mosca sarebbe prossima a completarsi.

C’è ancora molto da lavorare, però, perché non è affatto risolto uno dei problemi più pesanti da sostenere. Il gasdotto EastMed, che ad oggi rimane ancora sulla carta, con i suoi 5 milioni di dollari circa di costi, ma soprattutto un progetto che stenta a decollare, perché prevede un passaggio per Cipro e Grecia. Molto dipenderà anche dall’atteggiamento che assumerà la Commissione europea, tant’è vero che la presidente Ursula von der Leyen è sbarcata in Israele per discutere di “energia e sicurezza alimentare, intensificando la cooperazione in materia di ricerca, salute e clima“. Sull’opera, comunque, rimangono le riserve (per usare un eufemismo) della Turchia. E anche degli Stati Uniti. Una partita non facile, dunque, che Draghi sta provando a giocare con il suo peso istituzionale. Perché il tempo delle scelte è adesso.

FESTA DELLA MARINA AL QUIRINALE

Mattarella: “La Marina è essenziale per la salvaguardia dell’ambiente”

La sicurezza del Mediterraneo è essenziale per l’Italia, per i Paesi che vi si affacciano e per l’intera area Euro-Africana. In occasione della Giornata della Marina Militare, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato un messaggio che non lascia spazio a fraintendimenti, rivolto in particolare al capo di stato maggiore, l’ammiraglio di squadra Giuseppe Enrico Credendino: “Alle unità della Marina, componente qualificata del Sistema Interforze della Difesa nazionale, è affidata la sicurezza delle nostre coste. I nostri marinai e le nostre navi sono un importante patrimonio di valori e di capacità”.

Insieme alle Forze alleate della comunità internazionale, la Marina si occupa di tutelare la libertà di navigazione, la salvaguardia della vita umana in mare, contrastando la pirateria, il terrorismo e i traffici illeciti. Andando oltre, “i grandi snodi della globalizzazione, l’economia, l’energia, dipendono dalla efficacia di queste azioni”, ha affermato il capo dello Stato, confermando il fatto che la Marina è indispensabile per la sicurezza della Repubblica. Oggi le crisi determinano instabilità e hanno un impatto importante sulla sicurezza e sul libero scambio: “Lo confermano proprio le conseguenze del conflitto in Ucraina, determinato dall’ingiustificabile aggressione da parte della Federazione Russa”, ha spiegato il Presidente. Infatti, il blocco dei traffici marittimi da e per il Mar Nero ha comportato una repentina mancanza di approvvigionamenti alimentari ed energetici con il conseguente innalzamento dei prezzi delle materie prime con gravissime ripercussioni in tutto il mondo.

In merito alla situazione attuale nel Mediterraneo, l’ammiraglio di squadra Credendino ha raccontato come ormai sia diventato un crocevia di navi e sottomarini di molti Paesi. “Non si tratta più solo di un mare tra Europa e Africa, ma è sfruttato di traffici da Ovest a Est e viceversa, del passaggio delle navi mercantili dagli stretti“. L’ammiraglio ha poi detto che la Marina è in attesa di scortare i cargo dall’Ucraina: “Siamo in attesa, ma siamo anche pronti a intervenire, che siano scorte oppure operazioni di sminamento delle coste ucraine“.

Tornando a Mattarella, importante è stata la sottolineatura ambientale: “Significativa è anche l’attività di monitoraggio e indagine scientifica sviluppata ai fini della conoscenza e della salvaguardia dell’ambiente”, ha ricordato. Proprio quest’anno ricorre il 150° anniversario dell’Istituto Idrografico della Marina che, accanto alla preziosa documentazione nautica prodotta, ha aggiunto la partecipazione a programmi di ricerca nella regione artica.

Anche il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha voluto esprimere la sua riconoscenza a tutte le donne e gli uomini della Marina Militare. “La dedizione, il coraggio, la professionalità con cui portate avanti il vostro impegno sono essenziali per garantire la sicurezza e il soccorso nei mari italiani e nel mondo”, le parole del premier.

FESTA DELLA MARINA AL QUIRINALE

Draghi

Draghi: “Con price cap inflazione meno pericolosa”

Non abbiamo scuse per tradire i nostri obiettivi climatici. L’emergenza energetica in atto deve essere un motivo per raddoppiare i nostri sforzi. Con questo avvertimento il presidente del Consiglio, Mario Draghi, intende diffondere un messaggio forte e chiaro: “Dobbiamo continuare a facilitare l’espansione delle energie rinnovabili – sia nei Paesi ad alto che a basso reddito – e promuovere ulteriormente la ricerca e lo sviluppo di nuove soluzioni energetiche pulite”. Ciò significa, ad esempio, rafforzare l’architettura verde dell’idrogeno e sviluppare reti intelligenti e resilienti.

All’apertura del meeting ministeriale dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse), il premier ha ripercorso le tappe degli ultimi sviluppi riguardanti il tema dell’energia e della sempre più ‘imminente’ crisi alimentare. Innanzitutto, “accelerare la transizione energetica è essenziale per passare a un modello di crescita più sostenibile e, allo stesso tempo, ridurre la nostra dipendenza dalla Russia“, ha detto Draghi.

Per sciogliere il legame con Mosca una delle vie d’uscita più concrete, al momento, è l’imposizione del tetto ai prezzi delle importazioni del gas. Secondo il presidente del Consiglio, infatti, limiterebbe l’aumento del tasso di inflazione, sosterrebbe i redditi disponibili e ridurrebbe i nostri flussi finanziari verso la Russia“. Esiste anche un’ipotesi molto valida per l’impiego di trasferimenti statali diretti, mirati ai più poveri, mantenendo la sostenibilità delle finanze pubbliche. “Responsabilità e solidarietà devono andare di pari passo, a livello nazionale ed europeo”, ha raccomandato Draghi.

In merito alla crisi alimentare, soggetta a numerosi dibattiti nel corso dei giorni scorsi, il premier ha ribadito che dobbiamo affiancare la stessa determinazione nell’aiutare i nostri cittadini e quelli delle zone più povere del mondo, in particolare l’Africa. “I nostri sforzi per prevenire una crisi alimentare devono partire dai porti ucraini del Mar Nero. Dobbiamo sbloccare i milioni di tonnellate di cereali che sono bloccati lì a causa del conflitto“, la sottolineatura. “L’interruzione delle catene di approvvigionamento alimentare – in particolare del grano – ha fatto lievitare i prezzi e rischia di provocare una catastrofe umanitaria“, ha avvertito Draghi, consapevole che la collaborazione internazionale possa essere l’unico strumento per sollevarsi da questa emergenza globale.

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Dal gas al grano sono sempre grane: e la soluzione come al solito passa da Bruxelles

È l’effetto G: dal gas al grano. In fondo, sempre di problemi si tratta. Perché, guarda caso, ci sono di mezzo la Russia, l’Ucraina, l’Europa e la parola crisi. La preoccupazione della gente, adesso, si sta spostando progressivamente: da come rinfrescarsi in quest’estate torrida dovendo limitare l’uso dei condizionatori – e da come riscaldarsi nell’inverno che verrà – a come scansare il rischio di dover razionare pasta, pane e affini dalla propria tavola. Per mancanza di materie prime. E di denaro.

Il minimo comune denominatore di gas e grano resta l’aumento dei prezzi: ‘supersonico’ e, spesso, figlio di speculazioni sulle quali le autorità dovrebbero vigilare. La tassa sugli extra profitti delle compagnie energetiche imposta dal governo di Mario Draghi per sostenere gli italiani con il dl Aiuti magari verrà riproposta per quelle industrie alimentari che stanno facendo lievitare sproporzionatamente i costi del cibo. Potrebbe essere una toppa, non sarà mai la soluzione del problema. La soluzione va trovata a Bruxelles, cioè a un livello superiore e internazionale. Una soluzione che, diversamente dal gas, non può essere di indipendenza dalla Russia ma di inclusione della stessa. Lavorano le diplomazie, intanto l’inflazione è alle stelle. Con calma, con calma…

Il grano è una grana. Non meno pelosa del gas. Bastano un po’ di numeri per capire la portata di ciò che rischia di accadere se la situazione non si sbloccherà. Dunque: il 25% della produzione mondiale è a rischio; in Ucraina – considerato il granaio d’Europa –  circa il 30% dei campi resterà incolto; insieme Ucraina e Russia hanno il controllo del 30% degli scambi; il prezzo del grano è salito da gennaio a oggi del 30%; a fine anno il 20% di persone in più al mondo non avrà cibo a sufficienza con un particolare coinvolgimento dell’Africa. Numeri, dicevamo, che sono eloquenti. Ora la priorità è liberare il grano, anzi ‘quel’ grano che è prigioniero nei silos a Odessa, ma non solo. Lo sblocco dei porti deve viaggiare di pari passo con la ricerca di rotte alternative, via treno, quelle ad esempio di Moldavia e di Polonia.

Pare che sul grano Vladimir Putin sia peno intransigente che sul gas, Insomma, un’apertura al dialogo per evitare che alle tensioni energetiche si sommino le tensioni alimentari. L’inquilino del Cremlino forse deve aver valutato che il popolo del mondo può resistere al caldo e al freddo ma non può farcela se non mangia. E la fame porta a reazioni incontrollate. Tipo il ‘cacerolazo’ messo in piedi a Roma dall’associazione dei consumatori: picchiare sulle casseruole per attirare l’attenzione, come nell’Argentina disgraziata di 21 anni fa…

Draghi sente Putin: “Ho chiesto lo sblocco del grano ucraino. Spiragli per la pace? Nessuno”

Il presidente del Consiglio Mario Draghi prova a fare da ‘ponte’ fra Putin e Zelensky. Un ruolo difficile, che potrebbe portare a un nulla di fatto. Ma la gravità della crisi umanitaria lo spinge comunque a fare un tentativo. In primis, per sbloccare il grano che si trova nei depositi in Ucraina. Perché “la crisi alimentare che sta avvicinandosi, in alcuni Paesi dell’Africa è purtroppo già presente, avrà proporzioni gigantesche e conseguenze umanitarie terribili”. Draghi aspetta fine giornata per fare il punto della situazione, dopo avere sentito telefonicamente Putin nel pomeriggio, durante una conferenza stampa densa di argomenti: dagli esiti del Consiglio dei ministri sull’andamento del Pnrr, passando per l’incontro con il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune, fino, appunto, al colloquio con il presidente della Federazione russa.

E se per il presidente del Consiglio il tentativo di fare da intermediario era doveroso, proprio per la “gravità della crisi umanitaria che può toccare i più poveri”, è lui per primo a sapere di non avere “alcuna certezza che vada a buon fine”. Per ora, però, c’è un cauto ottimismo, visto che da Putin “c’è stata effettivamente una disponibilità a procedere” nella verifica della possibilità di un accordo tra Mosca e Kiev per lo sblocco dei porti ucraini in cui sono bloccate le navi con i carichi di grano pronti a partire verso il resto del mondo. Anche se il presidente russo non ha mancato di sottolineare che “la crisi alimentare è colpa delle sanzioni, perché la Russia non può esportare il grano”. Il prossimo passo sarà una telefonata di Draghi al presidente ucraino Zelensky, per vedere se c’è un’analoga disponibilità a procedere con il dialogo su questo tema.

Secondo Draghi, in ogni caso, la prima iniziativa esplorabile “è vedere se si può costruire una possibile collaborazione tra Russia e Ucraina sullo sblocco dei porti sul Mar Nero, dove sono depositati questi molti milioni di quintali di grano”. Insufficiente, per Putin, perché i fabbisogni sono molti di più. Ma per l’inquilino di Palazzo Chigi sarebbe già qualcosa: “Ho risposto di sbloccare almeno questo, altrimenti il rischio è che marcisca tutto questo deposito di grano. Per Putin sono bloccati perché minati dagli ucraini per impedire alle navi russe di attaccarli. La collaborazione deve essere quella, da un lato di sminare i porti, dall’altra garantire che non vengano attacchi durante lo sminamento. Non abbiamo parlato a lungo delle garanzie, perché non è ancora detto che le cose vadano avanti”.

La telefonata è stata anche l’occasione di parlare delle forniture di gas. Su questo fronte, Putin ha confermato la determinazione da parte di Mosca “a garantire l’approvvigionamento ininterrotto di gas naturale all’Italia, ai prezzi concordati nei contratti”. Se, quindi, su grano e sicurezza energetica sembrano aprirsi dei piccoli sprazzi di positività, sul fronte della pace l’impressione di Draghi è tranchant: “Ho visto spiragli? No, nessuno”.

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Crisi alimentare, Draghi: “Urgente sblocco tonnellate di grano dai porti ucraini”

Attraverso il piano ‘RePowerEU‘ presentato ieri a Bruxelles, la Commissione europea vuole azzerare le importazioni di combustibili fossili russi, diversificando i fornitori di energia e scommettendo sulle rinnovabili. Alla crisi umanitaria scaturita dal conflitto in corso, tuttavia, rischia di aggiungersi anche quella alimentare. Russia e Ucraina sono tra i principali fornitori di cereali a livello globale essendo responsabili di più del 25% delle esportazioni globali di grano: da loro dipendono 26 Paesi per più di metà del fabbisogno.

A questo proposito, il premier Mario Draghi – nel corso dell’informativa in Senato sui recenti sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina – ha scavato nel dettaglio evidenziando come ripercussioni e minacce stiano iniziando a palesarsi sul fronte dell’approvvigionamento di grano e cereali: “Le devastazioni belliche hanno colpito la capacità produttiva di vaste aree dell’Ucraina. A ciò si aggiunge il blocco, da parte dell’esercito russo, di milioni di tonnellate di cereali nei porti del Mar Nero e del Mar d’Azov. La guerra mette a rischio la sicurezza alimentare di milioni di persone, anche perché si aggiunge alle criticità già emerse durante la pandemia“.

Il tema è stato oggetto di dibattito anche allo scorso incontro di Draghi con il presidente Usa, Joe Biden. I due, infatti, hanno confermato l’urgenza di un’azione coordinata per evitare che il conflitto provochi una crisi alimentare. “Ho chiesto sostegno per una iniziativa condivisa tra tutte le parti per sbloccare immediatamente i milioni di tonnellate di grano fermi nei porti del sud dell’Ucraina. In sostanza, occorrerebbe organizzare una collaborazione tra Federazione Russa e Ucraina per far uscire queste navi perché arrivino a portare il grano alle popolazioni più povere del mondo“, ha detto il Premier, convinto che i due Paesi debbano venirsi incontro per allontanare il rischio di emergenza alimentare. “L’Italia alcuni passi avanti li sta muovendo. Infatti, in collaborazione con la Fao, ha già promosso un Dialogo Ministeriale con i Paesi del Mediterraneo e che analoghe iniziative sono state prese dalla Francia, dalla Germania, dagli Stati Uniti“, ha aggiunto Draghi, ma questo non è ancora sufficiente a risolvere le incertezze.

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Italia indietro sulle rinnovabili: l’obiettivo del 72% è lontano

Non è una novità – lo ha ribadito più volte il premier Mario Draghi, invitando il Paese a una “accelerazione” – ma la realtà dei fatti è che l’Italia è indietro sullo sviluppo delle energie rinnovabili. Lo conferma anche il Politecnico di Milano nel Rapporto sulle energie rinnovabili (RER), realizzato dall’Energy & Strategy della School of Management, da cui emerge un quadro di evidente lentezza sul fronte della transizione energetica nel nostro Paese.

Se è vero che il 2021 è stato caratterizzato da un incremento complessivo delle installazioni di rinnovabili pari al +70% in termini di potenza rispetto al 2020, è anche vero che questa crescita è “unicamente giustificata – spiega il rapporto – dalla ripresa seguita alla pandemia“. Le nuove installazioni di impianti fotovoltaici ed eolici si sono, cioè, riallineate ai numeri osservati nel 2019.

Un anno sprecato insomma, che ci allontana decisamente dal raggiungimento degli obiettivi al 2030 (72% di fonti rinnovabili nella generazione elettrica secondo le ultime indicazioni del Piano per la transizione ecologica) e ancora di più quelli al 2050. A differenza dell’Europa, che procede a passi molto più spediti ed è ormai prossima al traguardo complessivo dei 700 GW.

La capacità di rinnovabili installata in Italia durante il 2021 è stata complessivamente di 1.351 MW (+70% di potenza rispetto ai 790 MW del 2020, quando era diminuita del 35%) e questo ha portato il Paese a superare la soglia dei 60 GW: l’aumento è stato trainato dalla nuova capacità di fotovoltaico (+935 MW, +30% rispetto al 2020), seguito dall’eolico, che ha registrato la crescita più marcata (+404 MW, +30%) e, ben distanziato, dall’idroelettrico (+11 MW), mentre le bioenergie sono addirittura in diminuzione (-14 MW).

Per centrare gli obiettivi europei al 2030 – spiega Davide Chiaroni, vicedirettore di Energy&Strategy – si dovrebbero installare in Italia almeno 60-65 GW di nuova capacità produttiva da fonti rinnovabili non programmabili, ma non è possibile senza una semplificazione normativa, in particolare nelle autorizzazioni, e un più facile accesso agli incentivi“. Qualcosa è stato fatto, assicura, ma bisogna fare di più perché “le rinnovabili rappresentano una grande opportunità“: l’Italia vedrebbe non solo drasticamente ridotta la propria dipendenza energetica “ma potrebbe anche raggiungere livelli molto competitivi del costo dell’energia grazie alla disponibilità di risorse come sole e vento“.

E allora cosa serve per l’accelerazione? “Una programmazione integrata e coerente“, spiega Chiaroni, e “ingenti investimenti“, stimati tra i 40 e 50 miliardi di euro al 2030, senza considerare quelli per gli accumuli e il potenziamento delle infrastrutture di rete.

Eppure, guardando alle aste per i grandi impianti, i sette bandi predisposti dal Decreto FER1 sono giunti a conclusione, ma con risultati non soddisfacenti: la partecipazione durante il 2021 è rimasta bassa, in larga misura a causa dell’andamento intermittente del rilascio delle autorizzazioni, e questo ha lasciato per tutti i gruppi un contingente non assegnato che andrà colmato con due ulteriori bandi previsti per il 2022.

Quanto al Pnrr, sono poco meno di 6 i miliardi di euro dedicati alle energie rinnovabili all’interno dei 25,36 miliardi destinati a ‘Rivoluzione verde e transizione ecologica’, in cui rientrano anche l’idrogeno e la mobilità sostenibile. “Si tratta però ancora una volta – precisa Chiaroni – di singoli progetti specifici che non costituiscono un piano strutturato“.

Insomma, tutto è ancora troppo lento. Con questo ritmo, è la conclusione del Rapporto, tra otto anni arriveremmo a un parco eolico e fotovoltaico di poco superiore ai 50 GW, ben lontani dai 125-130 GW che sono il target di installato totale. Per raggiungerlo dovremmo crescere tra le 4 e le 7 volte più velocemente.

Draghi: “Dipendenza da gas russo è pericolosa. Libia e Algeria partner naturali”

La guerra in Ucraina ha fatto emergere la pericolosità della nostra dipendenza dal gas russo“. Lo ha detto il premier Mario Draghi nel suo intervento di apertura dell’evento ‘Verso Sud’ a Sorrento, organizzato dal Forum Ambrosetti. Il presidente del Consiglio ha ricordato che “tutta l’attività che si sta facendo sul gas è necessaria, ma non avviene a scapito degli obiettivi di transizione ecologica che sono stati concordati con l’Unione europea“. L’Italia, infatti, “si è mossa con la massima celerità per diversificare le forniture di gas e intende continuare a farlo“.

E proprio parlando di energia, Draghi ha sottolineato come i Paesi della sponda sud del Mediterraneo siano “un partner naturale“. Libia e Algeria innanzitutto. “Gli accordi che abbiamo concluso di recente con l’Algeria – ha aggiunto – offrono un modello da seguire. Vogliamo accompagnare la transizione energetica nell’intera regione e contribuire, insieme alle autorità locali, a creare nuova occupazione e opportunità di crescita“. Il premie ha poi ricordato come sia fondamentale, “lavorare per la stabilizzazione politica della regione mediterranea“, compresa la Libia, “un Paese dalle enormi potenzialità“.