Siccità, cabina di regia e commissario fino al 31 dicembre. Meloni: “Situazione complessa”

Una cabina di regia per accelerare e coordinare la pianificazione degli interventi infrastrutturali di medio e lungo periodo e, nel breve periodo, un commissario nazionale fino al 31 dicembre 2023, con un incarico rinnovabile e con un perimetro “molto circostanziato di competenze“. Così il governo si prepara ad affrontare l’emergenza siccità che ha colpito l’Italia.

Abbiamo ereditato una situazione complessa“, spiega Giorgia Meloni davanti all’Aula del Senato. Il decreto andrà in consiglio dei ministri entro la fine di marzo, verosimilmente la prossima settimana.

Al tavolo convocato a Palazzo Chigi e presieduto dal vicepremier Matteo Salvini c’erano anche i ministri Francesco Lollobrigida (Agricoltura), Nello Musumeci (Protezione civile), Roberto Calderoli (Autonomie), la viceministra all’Ambiente Vannia Gava e i sottosegretari Alfredo Mantovano e Alessandro Morelli.

Il commissario potrà agire sulle aree territoriali a rischio elevato e potrà sbloccare interventi di breve periodo, come sfangamento e sghiaiamento degli invasi di raccolta delle acque, aumento della capacità degli invasi, gestione e utilizzo delle acque reflue, mediazione in caso di conflitti tra regioni ed enti locali in materia idrica, ricognizione del fabbisogno idrico nazionale.

Ci sarà da risolvere il problema degli acquedotti, ma anche, a monte, quello della raccolta di acqua. Quasi nove litri di pioggia su dieci che cadono lungo la Penisola non vengono raccolti. Per le carenze infrastrutturali, si trattiene solo l’11% dell’acqua piovana e nella distribuzione di quella raccolta, le perdite idriche totali sono pari al 42%, secondo l’Istat. A questo, si aggiunge il problema delle temperature in costante aumento e dell’aumento dell’intensità delle piogge, effetti dei cambiamenti climatici che “richiedono interventi strutturali“, sottolinea Coldiretti.

Il Piano Idrico Nazionale è sempre più urgente, nel rispetto delle priorità indicate dalla “sempre più disattesa legge 152“: dopo quello potabile, per l’acqua viene l’uso agricolo, cioè la produzione di cibo e poi via via tutti gli altri utilizzi, ricorda Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi). I dati disastrosi della rete idrica colabrodo sono all’attenzione delle Corti dei Conti regionali, dove il Codacons ha denunciato “tutte le omissioni da parte degli enti locali che hanno fatto poco o nulla per risolvere tale criticità“.

Il problema non si risolve “con l’ennesima cabina di regia“, denuncia il co-portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli. Quello che serve, afferma, è “un cambio di politiche energetiche e ambientali che sono le stesse da decenni responsabili del disastro climatico“. La siccità è già un problema contingente nella penisola italiana, ricorda, dove fiumi sono diventati “corridoi di sabbia” e le riserve di acqua in Lombardia sono circa il 45% in meno rispetto alla media tra il 2006 e il 2020. “Di fronte a questo disastro, questo governo non capisce che deve cambiare politiche, e non puntare a diventare l’hub del gas europeo, ma delle rinnovabili. Invece – insiste – il governo Meloni fa la guerra al clima, alla casa green, all’auto elettrica e poi per dare una risposta alla siccità istituisce l’ennesima cabina di regia. La risposta di questo governo alla crisi idrica è l’inazione e la guerra alle politiche europee sul clima“.

Siccità, 1 marzo cabina regia: ipotesi commissario. Rischio razionamenti

L’emergenza siccità attanaglia ancora l’Italia. Pioggia, correnti fredde e neve previste per il prossimo weekend saranno ininfluenti e l’agricoltura trema. In alcune zone, è a rischio fino al 30% del raccolto.

I ministeri di Ambiente, Infrastrutture, Agricoltura, Coesione e Protezione civile lavorano senza sosta in vista dell’1 marzo, per la prima cabina di regia a Palazzo Chigi, presieduta dalla premier Giorgia Meloni. Si dovranno definire le prossime mosse per varare un piano di interventi a breve scadenza, ma anche una programmazione di medio-lungo periodo. Si valuta la nomina di un commissario che abbia tutti i poteri sulla gestione dell’acqua, una proposta che sarà discussa la prossima settimana in Consiglio dei ministri.

Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, mette in guardia dai rischi enormi per la produzione di energia idroelettrica: “Speriamo che si riescano a riempire le dighe, importiamo energia dalla Francia da fonte nucleare, ma la carenza d’acqua può portare alla chiusura degli impianti”, avverte. Si pensa già a dei razionamenti, anche se, ripete, “non è ancora stata presa nessuna decisione, ma dopo un confronto si devono tirare le somme e potrebbero essere necessari“.

La Cia-Agricoltori italiani intanto chiede di finalizzare un piano infrastrutturale di piccoli laghetti e invasi da affiancare alle azioni già previste con il Pnrr e per il riutilizzo a uso agricolo delle acque reflue depurate. Ma anche di avviare urgentemente la sperimentazione in pieno campo delle nuove tecniche di miglioramento genetico (New Breeding Techniques-Nbt) e dare al Paese una legge nazionale contro il consumo di suolo. Le aree perse, dal 2012 a oggi, avrebbero garantito l’infiltrazione di 360 milioni di metri cubi di pioggia.

Questa nuova emergenza “si poteva evitare”, conferma il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida. “Il primo provvedimento per il senso di responsabilità che tutto il governo sente di fare è una cabina di regia per trovare strumenti in un lavoro osmotico tra i ministeri, per pianificare le azioni sulle criticità che emergono e possono evitare danni in termini di dissesto idrogeologico”, spiega.

Il ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci, ricorda che “Recuperare anni di inerzia sul settore idrico impone decisioni coraggiose e immediate“: “La carente infrastrutturazione malgrado le risorse disponibili, sta determinando una condizione di emergenza, malgrado la siccità non sia più un fenomeno raro”.

La siccità, infatti, è praticamente strutturale in Italia: sulle Alpi la neve è diminuita del 45% rispetto al 2022 e gli invasi riescono a trattenere non più dell’11% di acqua, quando servirebbe arrivare almeno al 30%, soprattutto al Nord. Dal Piemonte all’Emilia-Romagna, con il Po a secco, la crisi idrica potrebbero arrivare a togliere fino a 8mila ettari di riso, visto l’abbandono già in atto, mentre le semine di mais, strategico per gli allevamenti, sono scese al minimo storico nazionale di 564 mila ettari, oltre il 30% solo in Veneto, e registrano un calo di 21 milioni di tonnellate a livello Ue. Ma il 2023, spiega la Cia, sarà difficile anche per gli ortaggi in pieno campo, dove si conta un 10% in meno di prodotti, legato a siccità, caldo di inizio inverno e freddo improvviso.

E’ a rischio un terzo del Made in Italy a tavola che si produce nella food valley della Pianura Padana, dove si concentra anche la metà dell’allevamento nazionale“, denuncia Coldiretti. Parliamo di alimenti base della dieta mediterranea, dal grano duro per la pasta alla salsa di pomodoro, dalla frutta alla verdura fino al mais per alimentare gli animali per la produzione dei grandi formaggi come Parmigiano reggiano e il Grana Padano e i salumi più prestigiosi come il prosciutto di Parma o il Culatello di Zibello. “Dopo questi tre anni in cui la fiera dei nostri giovani non c’è stata a causa della pandemia – lamenta il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti -, ci troviamo di fronte uno scenario radicalmente mutato. Noi imprenditori, però, pur tra innegabili difficoltà, non possiamo rimanere immobili aspettando il corso degli eventi”.

Musumeci rilancia la Blue Economy: Con il Piano mare protagonisti

Un ‘tesoro’ da quasi 150 miliardi di euro, che consente all’Italia di occupare il terzo posto a livello europeo per ricchezza prodotta, dopo Spagna e Germania. E’ la Blue Economy, l’economia del mare, che riguarda oltre 225mila imprese – di cui 21mila guidate da giovani – che danno lavoro a 921mila addetti. Numeri importanti, anche se “non dobbiamo sederci sugli allori, ma trovare l’ambizione per andare avanti“. Nello Musumeci, ministro per la Protezione civile e per le Politiche del mare, nel corso degli ‘Stati generali delle Camere di commercio’, torna a parlare di quel “foglio bianco”, da “scrivere insieme”, per arrivare alla redazione di un piano ad hoc entro luglio. E lo fa invitando a “fare di più”, a “giocare un ruolo davvero da protagonisti” in un “Mediterraneo che cambia, che non è più di frontiera, ma di cerniera”.

Ma in che modo? Intanto superando la visione “strabica e distratta” dell’Europa “che guardava solo o verso ovest o verso est”, mentre “noi, con la ferma volontà del governo Meloni, ci stiamo affacciando per aprire dialoghi con potenze economiche finora snobbate” da Bruxelles. A partire dall’Africa, spiega Musumeci, “con un approccio diverso rispetto a quello a cui siamo abituati”, grazie “al Piano Mattei”.
Per farlo, però, serve una programmazione che “è mancata in passato” e la nascita del ministero per le Politiche del mare ha questo obiettivo: “diventare non la soluzione dei problemi, ma lo strumento che finora è mancato per consentire un dialogo tra gli attori di questo straordinario mondo“. L’orizzonte temporale, assicura il ministro, è quello dei cinque anni di legislatura perché “questa è la visione per la durata del governo”. Un tempo durante il quale far diventare i porti “il motore di crescita del Mezzogiorno e dell’intero Paese”, perché “un Sud degradato dal punto di vista socio economico diventa una zavorra” per tutta l’Italia. “Pensare che attraverso il mare e i porti – spiega Musumeci – il sud possa migliorare la propria condizione economica è davvero un fatto di rilevante novità su cui 10-15 anni fa nessuno avrebbe scommesso un centesimo“.

Porti su cui anche il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, scommette. “Diventeranno centrali dal punto di vista geopolitico e climatico”, dice durante gli Stati generali, perché “l’economia del futuro sarà quella del Mare e dello spazio, che sono dimensioni che devono ancora esser esplorate e l’Italia ha un’esperienza millenaria e secolare in questi campi, siamo all’avanguardia“.
Ma la Blue Economy del futuro, ricorda Andrea Prete, presidente di Unioncamere, dovrà necessariamente “sposare la sostenibilità” per “avere un Paese più bello e più appetibile”, anche attraverso “l‘allineamento della formazione a quelle che sono le esigenze” delle aziende. Mancano le competenze per le professioni green, ribadisce, necessarie a fare dell’economia del mare “un volano imprescindibile per la crescita economica“.

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Carburanti, Musumeci: Taglio accise? Debiti li pagheranno i nostri figli

“Noi spesso dimentichiamo di essere in economia di guerra. Dimentichiamo che non abbiamo autonomia energetica, che la manovra delle accise portate avanti dal governo Draghi ha comportato un costo di 10 miliardi di euro e al tempo stesso la manovra di Bilancio ha destinato 21 miliardi solo al caro energia. E’ una valutazione che il governo sta facendo in queste settimane. Si tenga conto che per ogni provvedimento che si intende adottare bisogna fare ulteriore debito. Alla fine non paga il governo Meloni, non paga il premier o il ministro Musumeci, pagheranno i nostri figli per i prossimi 20-30 anni”. Così, intervistato da Gea, il ministro per la Protezione civile e le politiche del mare, Nello Musumeci, a proposito dell’ipotesi di nuovi tagli alle accise dei carburanti. “Ogni buon padre di famiglia ha il dovere di capire se sia più giusto o utile fare ora ulteriori debiti (e l’Italia ne ha fatti per 400 miliardi negli ultimi quattro anni anche a causa del Covid), o sia più giusto affrontare ora ulteriori sacrifici nella certezza che fra qualche mese la situazione complessiva si potrà normalizzare”.

Governo, Musumeci: Polemiche Letta su Legnini? Pd non ha dato buon esempio

“L’Italia senza polemiche sarebbe come un albero senza foglie. E’ normale, che vengano da una forza politica dell’opposizione è altrettanto normale, meno normale è che lo faccia il Partito democratico, che in termini di nomine di governo minore credo non abbia dato un buon esempio”. Così, intervistato da Gea, il ministro per la Protezione civile e le politiche del mare, Nello Musumeci, risponde alle polemiche del segretario del Pd Enrico Letta che ha definito un “Brutto segnale” l’avvicendamento di Guido Castelli a Giovanni Legnini come commissario straordinario per la ricostruzione post terremoto. “Il senatore Legnini – spiega – rimane sull’Isola di Ischia con un compito assai gravoso che si aggiunge a quello post-sisma ed è una scelta di questo governo, senza alcun criterio di carattere politico. Il senatore Castelli, che ha fatto l’amministratore locale, è stato un ottimo sindaco e conosce bene quel territorio, è stato scelto per occuparsi del completamento della fase di ricostruzione, che il commissario Legnini non poteva assolvere con una certa leggerezza essendo già onerato da due incarichi particolarmente importanti. Sono tre gli obietti che il governo vuole perseguire per l’incarico e la nomina di commissario: la vocazione organizzativa, la conoscenza del territorio e il rapporto fiduciario, tutti questi requisiti sono stati rispettati. Fra i tre non c’è l’appartenenza politica”.

Musumeci: Per ricostruzioni 10 anni. Rispettare tempi o via incarichi e sanzioni

“Per quanto riguarda l’opera di ricostruzione, in consiglio dei ministri oggi se ne farà cenno, ma solo per una parte di carattere amministrativo, invece il ministero sta lavorando per semplificare il quadro normativo. Non è possibile che in Italia un’opera di ricostruzione dopo una calamità, non importa se frana, alluvione o terremoto, possa durare anche 60-70 anni. Lei pensi che nella Valle del Belice in Sicilia ancora i sindaci lamentano il mancato completamento della fase di ricostruzione, eppure quel disastroso terremoto è avvenuto nel gennaio del 1968. L’obiettivo, fra i tanti, è quello di dover limitare l’opera di ricostruzione, almeno per la parte che riguarda il sostegno finanziario del denaro pubblico. Siamo orientati a prevedere un lasso di tempo non superiore a 10 anni. Significa che se gradualmente il piano di ricostruzione, con le sue scadenze, non dovesse essere rispettato, chi viene chiamato a compiere questa operazione viene sollevato dall’incarico e non pensiamo di dover escludere poteri sanzionatori. Non è possibile che un’opera di risanamento, la necessità di restituire normalità a una comunità colpita da una calamità, debba non avere tempo, debba non seguire il calendario. Dobbiamo fissare regole rigorose”. Lo dice, intervistato da Gea, il ministro per la Protezione civile e le politiche del mare, Nello Musumeci.

Musumeci: Ricostruiamo l’Italia. Stare nei tempi o via incarichi e sanzioni

Sulle eterne ricostruzioni, l’Italia cambia passo. Parola di Nello Musumeci, da meno di tre mesi alla guida del nuovo ministero per la Protezione civile e le politiche del Mare.
In Consiglio dei ministri approda il Dl Ricostruzione, più risorse per il dipartimento, un piano straordinario per Ischia, una scure sui tempi. “Da oggi inizia una nuova fase, nel segno della continuità e della celerità”, assicura il ministro, che vede Guido Castelli, neo commissario per la ricostruzione post terremoto del Centro Italia, insieme a Giovanni Legnini, confermato commissario per la ricostruzione a Ischia, mettendo un punto alle polemiche sullo spoil system sollevate dall’avvicendamento del meloniano Castelli a Legnini.

Su questa sostituzione il segretario del Pd Enrico Letta ha parlato di un ‘Brutto segnale’. Come risponde?

“L’Italia senza polemiche sarebbe come un albero senza foglie. E’ normale. Che le polemiche vengano da una forza politica dell’opposizione è altrettanto normale. Meno normale è che vengano dal Partito democratico, che in termini di nomine di governo minore credo non abbia dato un buon esempio. Il senatore Legnini rimane sull’Isola di Ischia con un compito assai gravoso che si aggiunge a quello post-sisma ed è una scelta di questo governo, senza alcun criterio di carattere politico. Il senatore Castelli, che ha fatto l’amministratore locale, è stato un ottimo sindaco e conosce bene quel territorio. E’ stato scelto per occuparsi del completamento della fase di ricostruzione, che il commissario Legnini non poteva assolvere con una certa leggerezza, essendo già onerato da due incarichi particolarmente importanti. Sono tre gli obietti che il governo vuole perseguire per l’incarico e la nomina di commissario: la vocazione organizzativa, la conoscenza del territorio e il rapporto fiduciario, tutti questi requisiti sono stati rispettati. Fra i tre non c’è l’appartenenza politica”.

Sulle tante ricostruzioni da fare, avete individuato delle priorità?

“Il ministero sta lavorando per semplificare il quadro normativo. Non è possibile che in Italia un’opera di ricostruzione dopo una calamità, non importa se frana, alluvione o terremoto possa durare anche 60-70 anni. Nella Valle del Belice, in Sicilia, ancora i sindaci lamentano il mancato completamento della fase di ricostruzione, eppure quel disastroso terremoto è avvenuto nel gennaio del 1968. L’obiettivo, fra i tanti, è quello di dover limitare l’opera di ricostruzione, almeno per la parte che riguarda il sostegno finanziario del denaro pubblico. Siamo orientati a prevedere un lasso di tempo non superiore a 10 anni. Significa che se gradualmente il piano di ricostruzione, con le sue scadenze, non dovesse essere rispettato, chi viene chiamato a compiere questa operazione viene sollevato dall’incarico e non pensiamo di dover escludere poteri sanzionatori”.

Il governo si è insediato a fine ottobre, tra l’alluvione delle Marche e la frana di Ischia. Gli effetti dei cambiamenti climatici rendono sempre più evidente la fragilità del territorio italiano. Ha istituzionalizzato i tavoli con gli assessori della protezione civile, come procedono?

“Nel mese di gennaio terremo un altro incontro e ci occuperemo esclusivamente delle opere assegnate alla protezione civile attraverso le risorse del Pnrr. Si tratta di 1,2 miliardi di euro, 400 milioni già impegnati per progetti avviati e redatti, 800 milioni andranno ai nuovi progetti e una parte crediamo di poterli destinare alla prevenzione per gli incendi boschivi che ogni volta mettono in ginocchio non solo l’Italia. Oggi ho avuto un incontro con i ministri di nove Paesi per parlare degli incendi boschivi, abbiamo rinnovato l’impegno a stare uniti perché uniti si può vincere la battaglia e denunciato la carenza dei Canadair, di fabbricazione straniera. Il paradosso è che non riusciamo a comprarne di nuovi perché prodotti da una sola casa in regime di totale monopolio. Mi sembra un’anomalia sulla quale ho ritenuto di dover richiamare l’attenzione dei colleghi ministri degli altri Paesi europei e del commissario europeo per gli affari umanitari”.

Il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, fermo da anni, è stato pubblicato come promesso prima della fine dell’anno. Quando sarà attuato e dove troverete le risorse?

“La pubblicazione del bando non è l’ultimo atto. Serve adesso adottarlo, dopo il parere della valutazione ambientale strategica. Il collega Pichetto ha avuto la solerzia di far pubblicare il piano prima della fine dell’anno, come si era impegnato a fare. Mi auguro che si faccia presto, perché a volte il mondo scientifico, al quale siamo grati, non ha profonda consapevolezza dei tempi necessari per intervenire sul territorio. E’ probabile che entro un mese o poco più si possa arrivare all’approvazione del piano. Che dovrà essere seguito da un piano di prevenzione, qui siamo solo nella fase di previsione”.

L’ex ministro Sergio Costa contesta che il Piano andava completamente riscritto.

“Il piano di adattamento ai cambiamenti climatici è stato avviato nel 2016, mi pare che subito dopo il generale Costa sia stato nominato ministro dell’Ambiente. Ha avuto tutto il tempo per poter o far rivedere il piano o accelerarne l’esecuzione. Non capisco contro chi ce l’abbia il buon generale Costa. E’ amaro dover constatare come, quando il piano sarà adottato, per alcuni aspetti sarà già superato. Questi strumenti di pianificazione hanno bisogno di correre su un binario veloce o le mutazioni climatiche, le anomalie che registriamo giorno dopo giorno finiscono con il vanificarne la funzione, che è quella di suggerire il piano di prevenzione. Spero che per il futuro questa lezione possa essere d’aiuto”.

Con la legge di Bilancio è stata riattivata la società Ponte sullo Stretto. In molti sostengono che chi vive e lavora in Sicilia e Calabria abbia bisogno di altre infrastrutture e che il ponte non cambierà nulla nella loro vita. E’ d’accordo?

“Sono d’accordo col fatto che ci siano molte persone che ritengano inutile il Ponte sullo stretto e molte altre che lo ritengano utile. E’ un tema divisivo naturalmente. Ci si è iscritti in buona parte al partito del ‘benaltrismo’, per cui di fronte alle esigenze di affrontare un problema si risponde ‘Ma c’è ben altro’. Con questa scusa il Sud e la Sicilia continuano ad arrancare. Il ponte sullo stretto è una infrastruttura, come può esserlo un’autostrada, un porto o un aeroporto. Per rendere competitiva la Sicilia come base logistica del Mediterraneo, occorre che le persone e le merci possano muoversi velocemente. A questo serve il Ponte sullo Stretto. Realizzarlo non significa non doverci preoccupare della viabilità in Sicilia, l’una opera non esclude le altre”.

I prezzi alle stelle dei carburanti piegano anche i marittimi. Ci sarà il taglio delle accise o si va verso un passo indietro?

“Noi spesso dimentichiamo di essere in economia di guerra. Dimentichiamo che non abbiamo autonomia energetica, che la manovra delle accise portate avanti dal governo Draghi ha comportato un costo di 10 miliardi di euro e al tempo stesso la manovra di Bilancio ha destinato 21 miliardi solo al caro energia. E’ una valutazione che il governo sta facendo in queste settimane. Si tenga conto che, per ogni provvedimento che si intende adottare, bisogna fare ulteriore debito. Alla fine non paga il governo Meloni, non paga il premier o il ministro Musumeci, pagheranno i nostri figli per i prossimi 20-30 anni. Ogni buon padre di famiglia ha il dovere di capire se sia più giusto o utile fare ora ulteriori debiti (e l’Italia ne ha fatti per 400 miliardi negli ultimi quattro anni anche a causa del Covid), o sia più giusto affrontare ora ulteriori sacrifici nella certezza che fra qualche mese la situazione complessiva si potrà normalizzare. Fa specie il fatto che alcune pompe di benzina vendano il carburante a meno di 2 euro e altre a 2,30. L’ida che ci possa essere qualche furbetto della speculazione non è malvagia, anche per questo il ministro dell’Economia ha chiesto alla guardia di finanza di adottare misure di contrasto”.

Ischia, parla Musumeci: “Non esiste prevenzione senza strumenti di previsione”

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Nell’Aula della Camera si è svolta la seduta dedicata all’informativa urgente del ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, Nello Musumeci, sui tragici eventi accaduti a Ischia nei giorni scorsi (il bollettino emesso dalla Regione Campania prevedeva allerta arancione per il 25, così come per il 26 per rischio idrogeologico), quando in 24 ore sono caduti 20 mm di pioggia, dei quali oltre cento in due ore.

Musumeci  ha raccontato gli eventi attraverso i numeri: “Otto persone morte, quattro dispersi e cinque feriti, di cui uno in modo grave e attualmente ricoverato presso l’ospedale Cardarelli di Napoli“, innanzitutto. Nel frattempo, i soccorritori hanno recuperato i corpi senza vita di altre tre persone: sale dunque a undici il numero delle vittime.
Poi, le strutture: “Al momento, sono stati effettuati 272 controlli sulle 900 unità abitative danneggiate: risultano 45 strutture danneggiate e inagibili, 56 agibili ma esposte a rischi,162 strutture agibili e 191 presentano criticità gravi; 290 sfollati hanno trovato sistemazione in alberghi o simili“. Nei prossimi giorni verranno ultimati tutti controlli sui 900 edifici interessati dagli eventi “e si potrà disporre di una migliore definizione dei confini della zona rossa“, ha aggiunto il ministro Nello Musumeci. Il quale ha ricordato che, all’indomani della tragedia di Ischia, la premier Giorgia Meloni “mi ha dato il mandato di costituire un gruppo di lavoro interministeriale allargato alla conferenza delle Regioni, all’unione delle Province e all’Anci. Il gruppo dovrà elaborare delle proposte per semplificare le disordinate e disarmanti procedure per la mitigazione del rischio non solo idrogeologico.  Si tratta di un obiettivo ambizioso e non semplice e ci va coraggio per raggiungerlo“.

Il Piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico “è stato avviato nel 2016 presso il ministero dell’Ambiente, ma da allora – nonostante sia stato presentato informalmente nel 2018 – la Commissione per l’autorizzazione ambientale non ha dato il proprio parere definitivo. Il paradosso è che quando il Piano sarà varato sarà già superato perché è una materia che si evolve con velocità impressionante“, ha poi spiegato il ministro nel corso della sua audizione. Con una riflessione a margine: “Quanto accaduto a Ischia ci obbliga ad approfondire con urgenza il tema delle cause e delle molte questioni” legate a “un sistema normativo e amministrativo integrato ed efficiente sulla prevenzione deli rischi. Quali sono i possibili rimedi? Innanzitutto una strategia che consenta di agire dove ci sono le urgenze e che ha come presupposto essenziale un quadro completo della prevenzione del rischio. Non si può immaginare la prevenzione senza uno strumento di previsione. Questo strumento – ha aggiunto – ci dice quali sono i territori vulnerabili e quale rischi e si chiama Piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico”.
Il ministro sottolinea infine che, “per i suoi profili di natura etica, giuridica, ambientale ed economica, il fenomeno dell’abusivismo edilizio non può essere più eluso”; rispetto invece alla situazione delle scuole, risultano chiusi fino al 4 dicembre gli istituti scolastici di Casamicciola e Lacco Ameno; si sta valutando la didattica a distanza e la necessità, espressa dai sindaci, di trovare una linea comune sull’apertura degli istituti scolastici.

Rispetto alla macchina dei soccorsi, Musumeci ha riferito che questi ultimi sono stati “immediati.  Sono intervenuti: il corpo nazionale dei vigili del fuoco (unità già presenti sull’isola e cento unità accorse, 40 mezzi operativi, 1 unità di comando locale, 2 moduli Sapr, 1 carro faro e 1 carro carburante; l’aeronautica militare, con un elicottero HH139 con capacità notturne Sar; l’esercito italiano, con un elicottero CH47 con capacità SAR; la capitaneria di porto, con la nave Gregoretti posizionata nelle acque antistanti l’isola di Ischia; le forze dell’ordine: circa 200 unità; la sanità pubblica con 44 unità; l’ENEL con 10 unità di personale; la Colonna Mobile del Volontariato di Protezione Civile della Regione Campania con 104 unità, 3 unità cinofile, 3 escavatori grandi, 3 bob-cat, 9 idrovore, mezzi per trasporto personale, 12 pick-up, 4 torri faro“. Nei giorni successivi, “si sono resi disponibili ulteriori uomini e mezzi del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco per un totale di 200 uomini e 100 mezzi, con droni, autocarri e mezzi di movimento terra operativi sull’isola; della Croce Rossa Italiana per il proseguimento delle attività, richieste dalle autorità locali, con 15 operatori e 5 mezzi, con la disponibilità di ulteriori mezzi di movimento terra; della Capitaneria di porto per un totale di 93 uomini e 5 mezzi a supporto nelle acque antistanti l’isola di Ischia con battelli attualmente in ricognizione“. Per gestire la situazione di emergenza e coordinare le operazioni, sono stati attivati il Centro coordinamento soccorsi presso la Prefettura di Napoli e i Centri operativi comunali presso i Comuni di Casamicciola Terme, Forio e Lacco Ameno.

Il ministro Musumeci non ha lasciato spazio a interpretazioni quando ha affermato che: “Non c’è prevenzione senza danno di previsione. Per affrontare il tema è necessario definire un quadro regolatorio che preveda anche poteri sostitutivi e sanzionatori in caso di inerzia da parte dei soggetti attuatori. Servono inoltre un quadro aggiornato delle risorse disponibili e delle responsabilità“, nonché “la semplificazione del quadro procedurale e regolatorio” e “il rafforzamento della capacità amministrativa delle strutture tecniche responsabili degli interventi”. Inoltre, il ministro ha sottolineato la necessità di avere “una sede centrale di conoscenza degli interventi” per il loro “coordinamento”, sulla base del “modello della struttura di missione di Italia Sicura”.

Ischia, oggi informativa e Cdm per aiuti. Salvini: Non serve caccia al colpevole

Per Ischia, ma non solo per Ischia: l’Italia è tutta fragile e va messa in sicurezza. “Frane, terremoti, alluvioni. Mi risulta che ci fossero dei piani di manutenzione protocollati, ma sono l’ultimo a eccepire dicendo che è colpa di Tizio o di Caio“. Matteo Salvini allontana le polemiche e, dal palco dell’edizione 2022 di ‘How can govern Europe’, organizzato da Eunews e Gea, assicura che il governo, riunito oggi in Consiglio dei ministri, stanzierà “tutti i soldi necessari”.

Il Mit “dà contributi milionari agli enti locali che abbattono costruzioni abusive – spiega il vicepremier -, solo ieri ne ho firmate una ventina di autorizzazioni. In attesa di tornare un Paese normale, non dico che sia necessario evitare, ma almeno limitare che certe cose accadano”.
Sulla tragedia dell’isola campana “non è il momento della caccia al colpevole, è il momento della caccia alla vita, nei limiti del miracolo e della speranza e della messa in sicurezza di chi stanotte ha dormito fuori casa e continuerà a farlo”, afferma. “Abbiamo un territorio fragile da mettere in sicurezza. Se il 75% delle infrastrutture autostradali ha superato la vita prevista, o chiudiamo il Paese domani o metti al lavoro tutte le tecniche migliori al mondo”.

Il ministro per la Protezione civile e per le Politiche del mare, Nello Musumeci, riferisce oggi prima alla Camera, alle 9.30, poi al Senato, alle 11.30. Probabilmente si poteva evitare, afferma dalle colonne di Repubblica, “se si fossero adottate le misure per mitigare il rischio“. Sull’isola sono caduti centosettantacinque millimetri di pioggia in meno di 24 ore, è la pioggia che cade normalmente in un anno intero. “Un evento che fino a ieri definivamo ‘straordinario’. Ma ormai, come ci indicano tante altre alluvioni, dobbiamo cambiare i nostri codici”, osserva l’ex governatore siciliano. E avverte che è difficile che catastrofi simili non accadano più: “A Ischia, come a Giampilieri, in Sicilia, come nelle Marche, le calamità si sono ripresentate a distanza di pochi anni. In questo caso, l’inattività o i ritardi non sono ammissibili”.

Il dissesto idrogeologico è una “emergenza nazionale” alla quale lo Stato ha il dovere di rispondere, scandisce il ministro dell’Ambiente e sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, per “rallentare l’impatto dei cambiamenti climatici sull’ambiente e sulla salute umana, ed evitare l’errore che è stato fatto in precedenza, nel rincorrere l’emergenza“.Nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è stata prevista una misura specifica di ‘Semplificazione e accelerazione delle procedure per l’attuazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico’ per accelerare sui progetti. A breve, fa sapere Pichetto durante il Question Time della Camera, verranno finanziati 139 interventi, con oltre 350 milioni di euro a carico del bilancio del suo ministero. “Bisogna sottolineare che l’aspetto essenziale non è chi fa cosa, ma come snellire gli aspetti procedurali, stabilendo una corretta ripartizione di competenze e intervenendo in caso di ritardi o omissioni nella realizzazione dei progetti“, insiste.

Sergio Costa, ministro dell’Ambiente nel governo Conte I, che firmò il decreto Genova, propone un “patto di legislatura” col Governo e con tutto il Parlamento per “scrivere insieme una nuova legge sul consumo di suolo“, un tavolo con tutti gli attori istituzionali intorno al quale “si possa lavorare a una legge di vitale importanza e che manca da troppo tempo, per difendere i nostri territori e dare delle risposte concrete ai cittadini“. Respinge le accuse di condono degli abusi di Casamicciola: “Abbiamo sopportato tre condoni edilizi a firma dei governi Craxi e Berlusconi 1985, 1994 e 2003. Ribadisco, abbiamo sopportato tre condoni edilizi, non quattro. Chi afferma il contrario e sostiene che nel 2018, a firma Conte, fu emanato un quarto condono edilizio dice una cosa non vera, né giuridicamente, né tecnicamente ed è tutto dimostrabile. La cancellazione della Struttura di Missione – ripete il vicepresidente della Camera – è stato un atto dovuto in quanto bloccava e burocratizzava per almeno un anno in media ogni carteggio e costava un milione di euro”.

 

(Photo credit: AFP)