Il caso Norvegia: stop alle auto a motore endotermico dieci anni prima dell’Ue

In un sobborgo residenziale di Oslo, quasi una casa su due ha un’auto elettrica parcheggiata nel vialetto: tutti segnali che indicano che il tentativo della Norvegia di diventare il primo Paese al mondo a diventare completamente elettrico è vicino. Residente a Baerum, un comune con una delle più alte percentuali di auto elettriche del Paese (43%), Bård Gundersen ha fatto il grande passo nel 2016 e ora è alla sua seconda auto. “È stato un gioco da ragazzi”, dice il direttore d’azienda al volante della sua scintillante BMW iX. “Era molto più conveniente acquistare un’auto come questa che un’auto tradizionale – quasi la metà del prezzo, visto che volevo un SUV”. Con l’obiettivo più ambizioso al mondo, la Norvegia, nonostante sia un importante produttore di idrocarburi, vuole vendere solo nuove auto a emissioni zero a partire dal 2025, con dieci anni di anticipo rispetto all’obiettivo fissato dall’Unione Europea, di cui la Norvegia non fa parte.

Spinte in particolare da Tesla, le auto completamente elettriche hanno rappresentato il 96,4% delle nuove immatricolazioni in Norvegia a settembre, rispetto al 17,3% in Europa. Si tratta di una quota di mercato molto lontana da quella del 2012, pari ad appena il 2,8%. Questo boom è il risultato di una politica proattiva, inizialmente un po’ fortuita. In un Paese che non ha mai avuto una casa automobilistica nazionale, all’inizio del secolo le autorità hanno esentato le auto elettriche dalle tasse (IVA, certificato di immatricolazione, tassa sul peso), sperando in questo modo di mettere in sella un campione nazionale. Invano, però: il gruppo Pivco (poi diventato Think), che per un certo periodo è stato di proprietà del gigante americano Ford, è fallito nel 2011. Ma le esenzioni fiscali sono rimaste, anche se sono state ridotte negli ultimi anni, rendendo l’acquisto di auto completamente elettriche competitivo con i motori a combustione, che sono pesantemente tassati. “Abbiamo usato il bastone per i veicoli fossili e la carota per le auto elettriche”, afferma Cecilie Knibe Kroglund, Segretario di Stato presso il Ministero dei Trasporti. “È possibile che altri Paesi debbano utilizzare altri tipi di incentivi, a seconda dell’uso, della geografia e del modo in cui funziona il trasporto pubblico. Ma per quanto ci riguarda, i nostri incentivi hanno funzionato molto bene”, sottolinea.

Oltre a questo vantaggioso sistema di bonus-malus, le auto elettriche beneficiano da tempo di privilegi come il pedaggio urbano gratuito e la sosta gratuita nei parcheggi pubblici. Questo è stato il risultato di una campagna di disobbedienza civile condotta negli anni ’90 da un attivista ambientale, Frederic Hauge, cofondatore dell’ONG Bellona, e dal cantante del gruppo A-ha, Morten Harket, autore della hit ‘Take on me’. A bordo di una Fiat Panda elettrica riconvertita, i due uomini, desiderosi di promuovere questo modo di trasporto, si sono ostinatamente rifiutati di pagare i pedaggi e i parcheggi, accumulando una montagna di multe che si sono rifiutati di pagare. Il loro veicolo fu sequestrato, ma qualche anno dopo le autorità concessero finalmente il libero accesso ai veicoli elettrici, che all’epoca erano ancora una rarità. “Non mi sentivo un ribelle, in realtà”, ha detto Harket alla BBC. “Ma era semplicemente necessario”.

In un’altra misura storica, nel 2005 il governo ha permesso alle auto elettriche di utilizzare i corridoi del trasporto pubblico, evitando così gli ingorghi. Anche questi vantaggi occupazionali sono stati erosi nel tempo, ma le auto elettriche sono diventate la norma. In dieci anni, la loro tecnologia è migliorata notevolmente, l’autonomia si è diversificata ed è nata una vasta rete di stazioni di ricarica. A settembre, per la prima volta, il numero di auto elettriche sulle strade norvegesi ha superato quello delle auto a benzina, e ora si stanno avvicinando a quelle diesel. A Oslo, dal 1° novembre tutti i taxi devono essere a emissioni zero.

Volkswagen ha consegnato la sua ultima auto a combustione, una Golf, a luglio. “Dal 1° gennaio abbiamo eliminato dalla nostra gamma tutte le auto a combustibile fossile”, spiega Kim Clemetsen, responsabile marketing di una concessionaria che importa il marchio. “Ora vendiamo solo auto elettriche“. Alcuni marchi, come Toyota, stanno opponendo resistenza progettando di mantenere i modelli a combustione e ibridi nella loro gamma nel 2025. Il ministro delle Finanze Trygve Slagsvold Vedum, strenuo difensore degli interessi rurali, ha messo il bastone tra le ruote affermando che “non è affatto un problema” se l’anno prossimo saranno venduti ancora “alcuni” veicoli a combustione. Ma il Paese dovrebbe, come minimo, essere molto vicino alla sua ambizione di emissioni zero al 100%. “La Norvegia non aveva particolari possibilità di raggiungere questo obiettivo: è un Paese grande, con lunghe distanze e temperature invernali molto basse, che influiscono sull’autonomia delle auto”, sottolinea Christina Bu, segretario generale dell’Associazione norvegese dei veicoli elettrici. “Quindi non c’è alcun motivo per cui noi possiamo farlo e gli altri Paesi no”.

Greenpeace bacchetta la Norvegia: “Conseguenze irreversibili con estrazione mineraria sottomarina”

Greenpeace ha messo in guardia la Norvegia dalle conseguenze “irreversibili” della prevista apertura dei fondali marini all’estrazione mineraria, che secondo l’organizzazione interesserà l’intero ecosistema marino. Nonostante le obiezioni di scienziati, Ong e altri governi, il Paese scandinavo prevede di assegnare le prime licenze di esplorazione nel 2025 e potrebbe diventare uno dei primi al mondo a sfruttare i fondali marini.

“I progetti norvegesi di estrazione in acque profonde nell’Artico causeranno danni irreversibili alla biodiversità”, ha contestato Greenpeace, pubblicando un rapporto intitolato ‘Underwater mining in the Arctic: living treasures at risk’. Per l’organizzazione, questa attività rappresenta un’ulteriore minaccia per un ecosistema poco conosciuto e già indebolito dal riscaldamento globale.

Tra i pericoli individuati nel rapporto vi sono la distruzione diretta degli habitat e degli organismi del fondale marino, l’inquinamento acustico e luminoso, il rischio di perdite chimiche dai macchinari e lo spostamento accidentale delle specie. “L’estrazione mineraria causerà danni permanenti a questi ecosistemi e sarà sempre impossibile valutare la piena portata di questi impatti, per non parlare del loro controllo”, ha dichiarato Kirsten Young, responsabile della ricerca di Greenpeace.
“I piani della Norvegia non solo minacciano direttamente le specie e gli habitat dei fondali marini, ma anche l’intero ecosistema marino, dal plancton più piccolo alle balene più grandi”, ha aggiunto l’autrice.

Le autorità norvegesi, da parte loro, sottolineano l’importanza di non dipendere da Paesi come la Cina per l’approvvigionamento di minerali essenziali per la transizione verde e assicurano che le prospezioni permetteranno di raccogliere le conoscenze che attualmente mancano. “La transizione globale verso una società a basse emissioni di carbonio richiederà enormi quantità di minerali e metalli”, ha dichiarato Astrid Bergmål, Segretario di Stato presso il Ministero dell’Energia norvegese, in un’e-mail all’AFP.

“Oggi l’estrazione dei minerali è in gran parte concentrata in un piccolo numero di Paesi o di aziende. Questo può contribuire a rendere vulnerabili le forniture, il che è particolarmente problematico nell’attuale contesto geopolitico”, ha aggiunto.
Alcuni di questi minerali sono utilizzati in batterie, turbine eoliche, computer e telefoni cellulari. La Norvegia afferma che qualsiasi sfruttamento sarà soggetto all’introduzione di metodi “responsabili e sostenibili” e che i primi progetti dovranno essere approvati dal governo e dal parlamento.
Oslo prevede di aprire all’esplorazione un’area di 281.000 km2 nei mari di Norvegia e Groenlandia, un’area grande la metà della Francia, con l’obiettivo di assegnare le prime licenze nella prima metà del 2025.

Furgone elettrico

INFOGRAFICA INTERATTIVA Auto, è la Norvegia la nazione più ‘full electric’ del mondo

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA, su dati dell’International Energy Agency, viene mostrata la quota di auto full electric (BEV) vendute negli anni sul totale delle elettriche (plug in e ibride). In testa nel 2023 c’era la Norvegia con il 91% di auto full electric sul totale dei veicoli elettrici venduti. Seguono Regno Unito, la media globale, la Cina e la Svezia.

L’ambasciatore di Norvegia: “Nei fondali spazio per stoccare la Co2 dell’Ue per 75 anni”

Photo credits: profilo Facebook Ambasciata di Norvegia in Italia

Roma e Oslo come due poli di un hub che aiuteranno l’Europa a raggiungere l’indipendenza energetica. Per farlo, secondo Johan Vibe, ambasciatore della Norvegia in Italia, nel breve periodo non si può rinunciare al gas, anche se occorre spingere sulle rinnovabili, compensando con la cattura e stoccaggio della Co2. La questione è stata sollevata anche nel corso del recente viaggio del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a Oslo e Trondheim (10-13 maggio): “Durante la visita di Stato abbiamo organizzato un evento coinvolgendo imprese e centri di ricerca di entrambi i Paesi, con l’idea di poter avere uno scambio di idee sul tema“, racconta il diplomatico a GEA. L’Italia, riconosce, “ha fatto un grande lavoro per raggiungere l’indipendenza da Mosca, trovando altri fornitori e altre fonti di approvvigionamento“. Il punto fondamentale ora, è pensare a una “strategia parallela“, in cui in futuro le rinnovabili avranno un ruolo centrale sia per raggiungere la sicurezza energetica che per combattere il cambiamento climatico.

Nel Mare del Nord la transizione è già in corso. Come?

“Abbiamo aumentato le esportazioni di gas per aiutare l’Europa ma abbiamo anche accelerato gli investimenti in altre tecnologie, in questo modo la Norvegia sarà un hub energetico per l’Europa del Nord anche nel futuro. Le tecnologie sviluppate sono diverse, una è l’idrogeno blu. Il sogno è passare all’idrogeno verde, in futuro, ma intanto si può usare l’idrogeno blu, che viene dal gas, stoccando la Co2”.

Su cattura e stoccaggio della Co2 la Norvegia è all’avanguardia, farà da apripista? Come aiuterà l’Europa?

“Nei fondali della Norvegia c’è spazio per stoccare tutta la Co2 dell’Unione europea per 75 anni. Ieri si è fatto un accordo importante con un impianto energetico danese che vuole utilizzare la CCS (Carbon Capture and Storage) catturando la Co2 dall’impianto, liquefacendola e portandola in Norvegia per essere stoccata. Siamo in procinto di stringere accordi simili per altri impianti in Norvegia, abbiamo un accordo per il termovalorizzazione di Londra e per altre produzioni industriali. Lavoriamo a gasdotti che in futuro esporteranno idrogeno e ad altri condotti che importeranno Co2 in Norvegia. In Italia si è lavorato sul tema, a Ravenna, ma anche in paesi come l’Algeria. L’importante è trovare terreni adeguati”.

Sulle rinnovabili, il Paese è all’avanguardia nell’eolico. Aiuterà a produrre idrogeno verde?

“Sì. Soprattutto l’off-shore wind galleggiante è una tecnologia importante, perché le acque sono profonde. In futuro l’elettricità prodotta con l’eolico sarà esportabile e servirà anche per produrre idrogeno verde. Abbiamo calcolato che dovremo duplicare l’elettrificazione del Paese”.

A che punto sono invece i parchi eolici on-shore e perché c’è stato uno stop politico?

“Come in vari Paesi, c’è stato un dibattito complicato, perché secondo alcune persone rovina il paesaggio. Poi c’è stata una discussione sui diritti della popolazione indigena Sami, che pascola le renne in alcuni terreni dove sono oggi dei parchi eolici. Pensiamo comunque che l’investimento nell’offshore sarà migliore, nel Mare del Nord il vento è molto forte. Il governo ha presentato un Piano per installare una capacità di 30 GW offshore nei prossimi anni”.

Siete d’accordo con la strategia europea di stoppare la produzione di auto a motore endotermico a partire dal 2035? Non credete che potrebbe crearsi una dipendenza dalla Cina?

“Siamo completamente d’accordo. In Norvegia l’80% dei veicoli venduti è elettrico. Abbiamo fatto investimenti per produrre batterie e la Svezia ha fatto lo stesso, l’Europa deve fare uno sforzo in questo senso”.

Tornando all’indipendenza energetica, continuerete a esportare gas a stretto giro?

“Il gas sarà importante ancora per altri anni. Meglio del carbone. In questo momento stiamo producendo al massimo possibile, ma per fortuna il prezzo si è abbassato e anche gli stoccaggi dell’Europa vanno abbastanza bene, speriamo non ci saranno grossi problemi nell’inverno prossimo, dobbiamo però accelerare molto sulle rinnovabili. L’Italia ha una grande opportunità con il Piano Mattei e la cooperazione con il Nord Africa”.

Sulle rinnovabili, sulla costruzione delle infrastrutture, quanto può essere profonda la partnership tra Italia e Norvegia?

“L’Italia è stata molto importante per noi per lo sviluppo della piattaforma continentale quando abbiamo scoperto il petrolio. Ma anche per la conversione nelle rinnovabili, Fincantieri e Saipem collaborano molto con le aziende norvegesi”.

Mattarella in Norvegia spinge sulla sicurezza energetica: “Non affidarsi solo a fonti tradizionali”

Photo credits: Quirinale

La transizione ecologica è un “auspicio”, ma soprattutto una “sfida ineludibile”. Usa queste parole il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo intervento alla sessione conclusiva del seminario ‘Greening the future’, organizzato alla Norwegian university of Science and Technology di Trondheim, seconda e ultima tappa della visita diplomatica in Norvegia. Mattarella tocca diversi temi legati alla tutela dell’ambiente che si coniuga alla necessità di garantire forniture di energia, sempre più pulita e sicura.

Il ragionamento parte dal fatto che sia la società norvegese sia quella italiana “hanno preso pienamente coscienza dei drammatici effetti provocati dai cambiamenti climatici, che impongono a tutti noi un radicale ripensamento dei fondamenti dei nostri sistemi di vita, di quelli economici e produttivi”. Soprattutto ora che “l’insensata aggressione della Federazione Russa all’Ucraina che ci ha anche reso pienamente consapevoli del valore strategico delle risorse energetiche”. Sul punto, Mattarella resta con un altro pensiero, molto duro ma importante: “Le gestioni delle risorse energetiche, così di come di quelle alimentari, non possono essere una forma impropria di pressione e minaccia contro l’autonomia e l’indipendenza di altri popoli”.

Raggiungere sicurezza e indipendenza, però, “non significa affidarsi esclusivamente alle fonti energetiche tradizionali, venendo meno all’impegno nella lotta ai cambiamenti climatici”, sottolinea il capo dello Stato. Che, infatti, avvisa: “Il cambio di passo deve riguardare l’innovazione, non soltanto il cambio di rotte di approvvigionamento e fornitori”. Per Mattarella “serve un nuovo paradigma, avere l’ambizione di essere nel gruppo di testa che guida il cambiamento, piuttosto che nel gruppo di coda rivolto ad amministrare un passato in esaurimento”. Dunque, “occorre accelerare nella transizione verde”.

Magari guardando a collaborazioni con Paesi già in fase avanzata sulla sperimentazione, proprio come la Norvegia. In questo senso, ad esempio, cita la crescita dell’eolico offshore (in entrambe le nazioni), che “offre rilevanti possibilità”. Mattarella coglie “la lungimiranza dell’impegno delle autorità norvegesi per promuovere lo sviluppo dell’energia eolica, l’utilizzo dell’idrogeno quale combustibile pulito e lo stoccaggio dell’anidride carbonica nel sottosuolo”, invitando a “guardare con interesse e apprezzamento” a queste pratiche.

Le rinnovabili sono un capitolo importante del discorso del capo dello Stato, perché “l’eolico nel Mare del Nord e il fotovoltaico nel bacino del Mediterraneo possono diventare, in un futuro non lontano, fonti di energia pulita del continente europeo e alimentare così una nuova rivoluzione nei processi produttivi e nei modelli di vita”. Inoltre, “grazie a una rete elettrica sempre più interconnessa” l’energia eolica e quella solare “potranno contribuire alla sicurezza di approvvigionamento e ridurre i rischi legati alla natura variabile delle fonti rinnovabili”.

Senza contare l’opportunità di “coltivare l’ambizione di diventare perni di una rete che, dalle piattaforme eoliche nel Mare del Nord si colleghi fino alle centrali solari della Sicilia e, più in là, del deserto del Sahara, che nei prossimi anni sarà collegato all’Europa grazie al progetto Elmed, il cavo elettrico che unirà la Tunisia all’Italia”. Perché “la cooperazione tra Europa e Africa è essenziale per il successo delle strategie di de-carbonizzazione, inclusa la prospettiva di produzione di idrogeno verde”. La cooperazione sarà importante anche in altri settori, come il ‘green shipping’, il trasporto marittimo verde, o anche l’interscambio culturale tra le Università e i centri di ricerca italiani e norvegesi.

Mattarella lascia Trondheim consapevole che il suo viaggio ha fatto breccia. Domani a Roma, però, lo attende un altro appuntamento importante, con il presidente ucraino, Volodimir Zelensky, che vedrà anche la premier, Giorgia Meloni, e Papa Francesco per una visita che ormai è diventata ufficiale. Zelensky poi sarà ospite di uno speciale ‘Porta a Porta’ su Rai1, in diretta dalle 18.30.

mattarella

Mattarella in Norvegia da mercoledì: energia e rinnovabili tra i temi principali sul tavolo

Energia, ma non solo. Giovedì e venerdì prossimi il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sarà in Norvegia, primo fornitore di gas dell’Unione europea, ma anche modello economico, con il fondo sovrano più grande al mondo, che è stato capace di resistere sia alle intemperie causate dall’instabilità geopolitica dovuta alla guerra scatenata dalla Russia in Ucraina, sia alla spinta dell’inflazione. Il capo dello Stato atterrerà nel pomeriggio del 10 maggio a Oslo, prima tappa di un viaggio molto intenso di appuntamenti, che proseguirà e terminerà il 12 a Trondheim. Sono diversi gli spunti di questa visita, che sarà utile a rafforzare ulteriormente i rapporti bilaterali con l’Italia. Del resto, la presenza del nostro Paese è molto forte in terra norvegese, non solo per numero di cittadini che vivono nelle varie fylke, ma anche le aziende: Eni e Saipem, per fare qualche esempio. Il Cane a sei zampe addirittura ha costituito la joint venture Vår Energi con il fondo HitecVision, attraverso la quale partecipa in 137 licenze esplorative, di cui 35 operate. E nel 2023 si è aggiudicata 12 nuove licenze esplorative, di cui 5 in qualità di operatori.

La Norvegia è un punto di riferimento per l’intero continente, dal punto di vista energetico. Quasi tutti i giacimenti lavorano a pieno ritmo e nel picco di crisi, ha permesso all’Europa di accelerare il processo di smarcamento dalla dipendenza russa. Ma non c’è solo il gas nel portafoglio scandinavo, che sta imprimendo una spinta notevole anche allo sviluppo delle rinnovabili. In questo senso, la possibilità di rafforzare la partnership può offrire nuovi occasioni di sviluppo all’Italia, soprattutto nella fase storica di transizione ecologica che dovrà portare a una drastica riduzione al 55% delle emissioni di Co2 entro il 2030, per poi puntare dritti al net zero entro il 2050. La presenza di Mattarella servirà ad alimentare un rapporto già solido di partenariato, ma che potrebbe diventare ancora più proficuo nel prossimo futuro.

Il presidente della Repubblica, che sarà accompagnato dal vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, al suo arrivo nella capitale vedrà una qualificata rappresentanza della collettività italiana. Il giorno, dopo, invece sono in programma l’incontro i reali di Norvegia, anche se resta l’incognita sulla presenza di Re Harald V, nuovamente ricoverato in ospedale nelle ultime ore a causa di un’infezione. Ci saranno, invece, la Regina Sonja e la principessa ereditaria, Mette-Marit. A seguire, Mattarella, assieme al principe ereditario, visiterà la Fortezza Akershus e subito dopo lo Storting, il Parlamento norvegese, ricevuto dal presidente, Masud Gharahkhani. Il programma, inoltre, prevede il trasferimento al Palazzo di Rappresentanza del governo e nel pomeriggio il passaggio al Museo Nazionale. La prima giornata si concluderà con il pranzo di Stato offerto dal Re e la Regina.

Fitta di appuntamenti anche l’agenda del 12 maggio, a Trondheim, dove il capo dello Stato visiterà il Politecnico e il Laboratorio energetico. Il tema energia sarà al centro di un seminario nell’Aula magna dell’istituto, che vedrà le conclusioni affidate proprio al Principe ereditario di Norvegia e al presidente della Repubblica, nella quale potrebbero essere toccati diversi punti: dal gas all’idrogeno, allo sviluppo delle rinnovabili e dell’eolico. Mettendo in primo piano le opportunità di collaborazione tra i due Paesi, non solo a livello economico, ma anche nel campo della ricerca e in quello accademico.

Nella visita di Mattarella ci sarà spazio per discutere anche della situazione internazionale e del ruolo dell’Europa nello scacchiere geopolitico. Sulla guerra in Ucraina, infatti, la Norvegia si è sempre schierata a favore di Kiev, facendo la propria parte per aiutare sia le popolazioni sia la difesa militare del Paese. Inoltre, Oslo ha una importante tradizione diplomatica, come dimostra l’impegno nei processi di pace in Africa. Una combinazione di fattori che, uniti all’ingresso della Finlandia, e quello prossimo della Svezia, nella Nato rendono il blocco scandivano una tessera molto importante del mosaico internazionale per affrontare i grandi temi globali. Anche per questo la visita di Mattarella sarà molto importante per far proseguire il cammino di Italia e Norvegia nella stessa direzione.

Proteste a Oslo contro parchi eolici nelle terre Sami: Greta Thunberg fermata e poi rilasciata

Instancabile oppositrice dei combustibili fossili, la svedese Greta Thunberg sta sostenendo da giorni, con tutto il suo peso mediatico, la battaglia condotta dai Sami in Norvegia per ottenere la demolizione delle turbine eoliche dichiarate illegali perché invadono i pascoli delle renne. Avvolta in una sciarpa e un cappello, una bandiera sami in mano, l’attivista è stata portata via con la forza da due poliziotte mercoledì mattina mentre bloccava l’ingresso del Ministero delle Finanze a Oslo in compagnia di una decina di attivisti, anch’essi allontanati.

Mobilitati da giovedì scorso, prima occupando poi bloccando i ministeri, gli attivisti Sami, popolo indigeno dell’Artico, chiedono la demolizione di due parchi eolici ancora in funzione a Fosen, nell’ovest del Paese, nonostante una sentenza del tribunale emessa da oltre 500 giorni ne abbia dichiarato l’illiceità.  La Corte Suprema norvegese aveva stabilito nell’ottobre 2021 che i due parchi eolici violavano il diritto delle famiglie Sami di praticare la loro cultura, vale a dire l’allevamento delle renne, senza rispettare il testo delle Nazioni Unite relativo ai diritti civili e politici. Ma la massima corte del Paese non si era pronunciata sulla sorte delle 151 turbine che, poco più di 500 giorni dopo, sono ancora in funzione. Con dispiacere delle sei famiglie Sami che usavano questa terra come pascolo invernale per le loro mandrie. Con circa 100.000 membri sparsi tra Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia, la popolazione Sami ha vissuto a lungo principalmente di pesca e di pastorizia semi-nomade delle renne. Secondo gli allevatori, il rumore e la forma delle turbine spaventano i loro animali. Ora, attraverso anche la voce della musicista Ella Marie Haetta Isaksen, gli attivisti promettono di “bloccare lo Stato” norvegese fintanto che le turbine rimarranno al loro posto. A loro si è aggiunta da domenica Greta Thunberg.

Continuerò a partecipare alle proteste“, ha dichiarato al quotidiano Verdens Gang, dopo essere stata allontanata dall’ingresso di un altro ministero, quello del Clima e dell’Ambiente. Né lei né gli altri attivisti sono stati arrestati. Mettendo da parte la sua crociata contro i combustibili fossili, Greta ha quindi prestato la sua voce alla mobilitazione contro queste turbine eoliche. “Non possiamo usare la cosiddetta transizione climatica come copertura per il colonialismo”, aveva spiegato lunedì al canale TV2. “Una transizione climatica che viola i diritti umani non è una transizione climatica degna di questo nome”, ha affermato. Spesso vestiti con i tradizionali costumi blu e rossi, gli attivisti riuniti in questi giorni a Oslo si sono incatenati davanti alle porte dei ministeri con catene e lucchetti forniti, secondo i media locali, da un club di BDSM (bondage, dominazione, sadismo, masochismo). Criticate per la loro presunta lentezza, le autorità norvegesi si sono impegnate a rispettare la sentenza della Corte Suprema e hanno ordinato ulteriori perizie nella speranza di trovare meccanismi che consentano la coesistenza di produttori di elettricità e allevatori di renne. “Il ministero farà del suo meglio per aiutare a risolvere questa questione e che non ci vorrà più tempo del necessario“, ha fatto sapere il ministro del Petrolio e dell’Energia Terje Aasland.

Gli escrementi di balena? Fanno bene al clima e fertilizzano gli oceani

Gli escrementi di balena? Valgono il loro peso in oro. Almeno per gli ecosistemi. E’ quanto emerge da uno studio dell’Istituto norvegese di ricerca marina, che ha esaminato la concentrazione di sostanze nutritive negli escrementi di balena prima che si dissolvano nell’acqua di mare. E la scoperta è tanto semplice quanto importante: gli escrementi fertilizzano gli oceani proprio come fanno le mucche e le pecore sulla terraferma.

I ricercatori hanno quindi analizzato le feci delle balenottere comuni arpionate dai balenieri, visto che la Norvegia è uno dei pochi paesi al mondo ad autorizzare la caccia commerciale di questi cetacei. Le 15.000 balene che ogni estate migrano verso l’arcipelago norvegese delle Svalbard, nell’Artico, rilasciano ogni giorno circa 600 tonnellate di escrementi sulla superficie dell’acqua, circa 40 kg per animale, che rilasciano, secondo lo studio, circa 10 tonnellate di fosforo e sette tonnellate di azoto, nutrienti essenziali per la crescita del fitoplancton, le microscopiche alghe che, tramite la fotosintesi, assorbono l’anidride carbonica per trasformarla in ossigeno.

Gli scienziati hanno concluso che gli escrementi di balena contribuiscono dallo 0,2 al 4% della produzione primaria giornaliera di fitoplancton nella regione delle Svalbard. “Il vero contributo delle balene è probabilmente più alto perché queste stime non includono l’urina, che è molto ricca di azoto”, spiega il capofila della ricerca Kjell Gundersen. Infatti, ogni balenottera comune – un animale di 40-50 tonnellate in età adulta che si nutre per filtrazione ingerendo grandi quantità di acqua – rilascia “diverse centinaia di litri di urina” al giorno.

“Se ci sono meno balene, c’è il rischio che ci sarà meno fertilizzazione della superficie degli oceani”, dice Gundersen. “E una maggiore produzione di fitoplancton significa più CO2 assorbita”. E quindi una frazione infinitesimale del riscaldamento globale in meno.

 

(Photocredit: AFP)

norvegia

Energia, l’esperienza norvegese: gas, petrolio e stoccaggio di Co2

Leader nell’estrazione di gas e petrolio, ma anche capofila nella Ccs, la Carbon Capture and Storage (cattura, trasporto e stoccaggio di anidride carbonica).

Sono decenni che la Norvegia corre più veloce degli altri per coniugare sviluppo ed ecologia. Così, dalla sua residenza romana, l’ambasciatore Johan Vibe riunisce il gotha della ricerca e rivendica l’esperienza e la creatività di Oslo “quando si tratta di trasformare la transizione energetica in realtà“. Il paese è “importante partner energetico per l’Europa“, osserva il diplomatico: “Si parla dell’Italia come futuro hub energetico d’Europa, noi lo siamo già nel mare del Nord“.

La Norvegia aderisce agli stessi obiettivi climatici dell’Unione Europea e ha già compiuto passi fondamentali verso un futuro a basse emissioni. Nella corsa verso la transizione, ha attivato strumenti diversi e diverse tecnologie. Per anni, ad esempio, è stata uno dei principali partner nei progetti forestali per salvaguardare i pozzi di carbonio naturali. Però il Paese individua anche un grande bisogno di “pozzi tecnici di carbonio“, quelli dedicati alla cattura e stoccaggio, appunto. Soprattutto nei settori “difficili da abbattere” dell’industria, che contribuiscono a circa il 30% delle emissioni globali.

Oltre 20 anni di esperienza nella Ccs e un grande potenziale per lo stoccaggio offshore. Nella residenza di Porta Pinciana, l’ambasciatore apre le porte ad Anne-Mette Cheese, senior advisor di Gassnova, l’azienda di Stato controllata dal ministero dell’Energia norvegese, che lavora ad assicurare che cattura, trasporto e stoccaggio della Co2 possano diventare una soluzione rilevante nella mitigazione dei cambiamenti climatici; Jan Theulen, direttore tecnologie di Heidelberg Materials, azienda che prevede di catturare 400mila tonnellate di Co2 all’anno per lo stoccaggio permanente e realizzerà il primo progetto al mondo di Ccs su scala industriale in un impianto di produzione del cemento a Brevik; Olav Oye, senior advisor di Bellona Foundation, una no profit indipendente fondata nel 1986, che punta a combattere i cambiamenti climatici implementando soluzioni soluzioni sostenibili; Renata Menguolo, principal geologist di Northern Lights, primo progetto commerciale al mondo per la ‘fase 2’, che fornisce servizio aperto a clienti di trasporto e stoccaggio di Co2.

Sono tutti coinvolti nella costruzione della catena del valore necessaria per trasformare questa tecnologia in “un vero punto di svolta“, scandisce Vibe: “Proteggerà e creerà posti di lavoro, aiutandoci a garantire una giusta transizione verso Net Zero”. L’obiettivo è informare e condividere le esperienze sulla Ccs in Europa. La cooperazione con i vicini nel Mare del Nord è già partita, con il trasporto del carbonio per lo stoccaggio nella piattaforma norvegese e l’invio di idrogeno in cambio. Sull’esperienza è già partito un tavolo di stakeholder tra Oslo e Roma per discutere di come si possa esportare nel Mediterraneo.

Auto elettriche Norvegia

Ecco la ‘rekkevideangst’: la paura tutta norvegese che si scarichi l’auto elettrica

La parola entrata nel vocabolario comune in Norvegia è “rekkevideangst” e descrive l’ansia legata all’autonomia dei veicoli elettrici. Temperature spesso gelide, terreno accidentato, distanze molto lunghe, la Norvegia non è il parco giochi ideale per l’auto elettrica, che perde autonomia con il freddo intenso. Tuttavia, il paese nordico è il campione mondiale indiscusso nella diffusione di questi veicoli. L’anno scorso è stato registrato un record: quattro auto nuove su cinque (79%) erano elettriche. Un fatto curioso, visto che il regno è un grande produttore di petrolio, ma ha anche l’obiettivo di mettere fine ai motori termici per le nuove immatricolazioni dal 2025. Cioè dieci anni prima dell’Unione Europea. Dati decisamente lontani dalle statistiche europee. Secondo l’Acea, il mercato delle auto elettriche ha rappresentato il 12,1% delle vendite di auto nuove nel 2022 nell’Ue, rispetto al 9,1% dell’anno precedente.

Il gelo potrebbe essere – ma non lo è – un ostacolo alla diffusione dei veicoli elettrici in Norvegia, perché se vengono lasciati all’aperto a temperature comprese tra -10/-15°C, consumano molta più batteria. Nella stagione fredda, la perdita di autonomia dipende dal modello del veicolo e, ovviamente, dall’intensità del gelo.
Ma in Norvegia la parola d’ordine è: pianificazione. Le app delle case automobilistiche e l’ampia rete di punti di ricarica veloci e superveloci, più di 5.600, aiutano ad affrontare anche lunghi viaggi. Il problema è tutt’altro che insormontabile, tanto è vero che le auto elettriche hanno rappresentato lo scorso anno il 54% delle nuove immatricolazioni nel Finnmark, la regione più settentrionale del Paese. Situata nel cuore dell’Artico, detiene un record nazionale che fa venire i brividi: la colonnina di mercurio scende anche a -51°C.

Anche altri paesi nordici abituati a temperature rigidissime, come l’Islanda (33,3% delle immatricolazioni nel 2022) o la Svezia (32,9%), sono leader mondiali nelle auto completamente elettriche. “Sempre più veicoli elettrici hanno sistemi di preriscaldamento della batteria, il che è intelligente perché aumenta l’autonomia e l’auto si ricarica più velocemente se si riscalda“, spiega Christina Bu, segretaria generale dell’Associazione norvegese per i veicoli elettrici.
La politica norvegese è proattiva, con motori termici altamente tassati a differenza di quelli elettrici, anche se il governo sta iniziando a tagliare questi vantaggi finanziari per compensare un deficit stimato in quasi 40 miliardi di corone (3,8 miliardi di euro) l’anno scorso. “La ricetta del successo in Norvegia è la tassazione ecologica“, riassume Christina Bu. “Tasseremo ciò che non ci piace, le auto a combustibili fossili, e incoraggiamo ciò che ci piace, le auto elettriche. È così semplice. E se può farlo la Norvegia, possono farlo tutti“, aggiunge.