Asvis: Italia insostenibile, urge cambio passo. Urso: Attenzione a tenuta sociale

L’Italia è insostenibile e non bastano neanche gli impegni presi con la firma del Patto sul Futuro per avvicinarla ai 17 obiettivi dell’Agenda Onu 2030, che appaiono lontanissimi. E’ quanto sostiene l’Asvis nel suo ultimo rapporto ‘Coltivare ora il nostro futuro. L’Italia e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile’.

Dei 37 obiettivi quantitativi legati a impegni europei e nazionali, solo otto sarebbero raggiungibili entro la scadenza del 2030, 22 non lo sarebbero affatto e per altri sette il risultato sarebbe incerto. “È urgente e necessario un profondo cambiamento di approccio e di passo, mettendo lo sviluppo sostenibile al centro di tutte le politiche, accelerando, non ritardando, le transizioni ecologica e digitale, lottando efficacemente contro le disuguaglianze, anche territoriali, sfruttando le opportunità derivanti dalle nuove normative europee sulla sostenibilità nelle imprese e sulla rigenerazione dei territori, e dalla modifica della Costituzione del 2022 per tutelare i diritti delle nuove e future generazioni“, sottolinea l’Alleanza.

La sostenibilità non è semplicemente una questione legata all’energia o al clima“, mette in guardia il direttore scientifico, Enrico Giovannini. Per l’ex ministro la costruzione dello sviluppo sostenibile richiede una “visione sistemica e la consapevolezza che ogni ritardo aumenta la portata delle crisi e i costi della transizione“.

Di raddrizzare la rotta senza “compromettere tenuta sistema sociale” parla il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. “Oggi siamo a ridosso della nascita della nuova Commissione europea“, ricorda, domandando di chiedersi come l’Europa possa sostenere il percorso delle transizioni anche con risorse comuni: “Il governo italiano sa che con maggiore responsabilità e consapevolezza dobbiamo raddrizzare la rotta, che dobbiamo affrontare questa sfida. Anticipiamo le analisi e i rapporti”. A partire da quello sui veicoli più inquinanti, per cui chiede un anticipo della revisione del Green Deal.

Tra il 2010 e il 2023, l’Italia ha registrato peggioramenti per cinque Goal: povertà, disuguaglianze, qualità degli ecosistemi terrestri, governance e partnership. Limitati miglioramenti ci sono stati per: cibo, energia pulita, lavoro e crescita economica, città sostenibili, lotta al cambiamento climatico e qualità degli ecosistemi marini. Miglioramenti più consistenti riguardano cinque goal: salute, educazione, uguaglianza di genere, acqua e igiene, innovazione. Unico miglioramento molto consistente interessa l’economia circolare.

Sono numerose le proposte di Asvis per migliorare le politiche nazionali ed europee. L’Italia in particolare dovrebbe attuare con urgenza la Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile e un Programma per la coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile, mettendo l’attuazione dell’Agenda 2030 al centro delle decisioni politiche. Sarebbe inoltre “essenziale rispettare gli accordi internazionali e garantire una gestione sostenibile degli ecosistemi“. In questo contesto si inserisce la necessità di approvare una Legge sul Clima, per guidare il Paese verso la neutralità carbonica entro il 2050. È essenziale poi dare priorità all’attuazione della Dichiarazione sulle Future Generazioni approvata in sede Onu il 23 settembre: un impegno che dovrebbe coinvolgere maggiormente i giovani nella vita democratica e decisionale del Paese.

L’Italia deve definire un Piano d’accelerazione nazionale per conseguire gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, affidandone la responsabilità direttamente alla Presidenza del Consiglio“, precisa la presidente dell’Asvis, Marcella Mallen che, sul fronte sociale, chiede di contrastare la povertà e la precarietà del lavoro, garantire l’assistenza agli anziani non autosufficienti e redistribuire il carico fiscale. “Occorre poi ottimizzare le risorse e l’organizzazione dei servizi sanitari, mitigare l’impatto della crisi climatica sulla salute e affrontare problemi interconnessi come il disagio psichico, le dipendenze e le violenze familiari e di genere. Di pari passo occorre promuovere l’inclusione, potenziare i servizi per l’infanzia. È necessario inoltre aumentare l’occupazione femminile e prevenire le discriminazioni multiple, oltre a ridurre la fragilità sul mercato del lavoro di donne, giovani e immigrati”.

Sul fronte europeo, “riteniamo che il programma 2025 delle attività della Commissione debba essere strutturato come un vero e proprio ‘Piano di accelerazione trasformativa’ per il raggiungimento degli Obiettivi dell’Agenda 2030, come richiesto dal vertice ONU del settembre 2023 a tutti i Paesi“, sottolinea il presidente dell’Alleanza, Pierluigi Stefanini. “Il Green Deal europeo rappresenta un elemento irrinunciabile delle politiche dell’Unione – ribadisce -, così come il Pilastro dei diritti sociali“.

L’edilizia verde apre a opportunità da 1,8 trilioni di dollari al 2030

Un nuovo rapporto del World Economic Forum delinea una roadmap per la trasformazione del settore edilizio globale per combattere il cambiamento climatico e proteggere la biodiversità. In un contesto di rapida urbanizzazione a livello mondiale, guidata principalmente dalle economie emergenti, il rapporto presenta un’argomentazione tempestiva per la decarbonizzazione del settore, mostrando come questa possa generare significativi guadagni economici per chi la adotta per tempo e un impatto ambientale positivo per tutti.
Verso le catene di valore dell’edilizia verde‘, pubblicato in collaborazione con il Boston Consulting Group (BCG), identifica 11 leve strategiche di transizione lungo l’intera catena del valore degli edifici. Queste leve, se combinate, potrebbero sbloccare oltre l’80% del potenziale di abbattimento del settore e aprire un’opportunità di mercato da 1.800 miliardi di dollari, secondo la nuova ricerca.

La nuova frontiera della crescita e della competitività per gli operatori del settore edilizio consisterà nello sviluppo di materiali, nella progettazione di metodi di costruzione e nel raggiungimento di risultati operativi a zero emissioni di carbonio, positivi per la natura e resistenti agli shock climatici estremi, promuovendo al contempo il benessere della comunità e le connessioni tra le persone“, spiega Gim Huay Neo, direttore generale del World Economic Forum.

Gli edifici sono responsabili del 37% delle emissioni globali di anidride carbonica (CO2) e il 34% delle specie terrestri sta subendo una perdita di habitat a causa dello sviluppo urbano. Con la rapida urbanizzazione, soprattutto nelle economie emergenti, che si prevede continuerà nei prossimi decenni, il rapporto richiede un approccio globale e olistico alla transizione verde lungo tutta la catena del valore globale del settore edilizio e l’intero ciclo di vita degli edifici, compresa la costruzione, l’uso e la fine del ciclo di vita.

Il rapporto individua quattro caratteristiche di una visione olistica per gli edifici verdi: Net zero, ridurre al minimo le emissioni nell’intero ciclo di vita attraverso materiali e tecnologie innovative; Nature positive, migliorare le prestazioni ambientali degli edifici integrando gli elementi naturali; Resilienza, massimizzare la capacità degli edifici di resistere a condizioni meteorologiche estreme e alla volatilità del clima; Orientamento al benessere: aumentare il benessere fisico e mentale degli occupanti, migliorano lo sviluppo della comunità e garantiscono l’accesso a tutti.

La complessità della catena del valore dell’edilizia richiede che gli attori a monte e a valle lavorino insieme su azioni abilitanti come l’allineamento degli standard e l’innovazione tecnologica“, commenta Yvonne Zhou, Managing Director e Senior Partner del BCG. “Solo attraverso questa collaborazione le 11 leve potranno essere pienamente sbloccate“.

Per realizzare questa visione, è necessario affrontare diversi fattori abilitanti critici. Tra questi, le politiche di regolamentazione e gli standard industriali, i dati e le tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale, i biomateriali, i finanziamenti e il sostegno all’aggiornamento professionale.

Come mercato edilizio più grande del mondo e con più della metà della capacità produttiva globale di molti materiali da costruzione, la Cina ha un ruolo importante nella decarbonizzazione dell’industria edilizia, secondo il rapporto. La transizione verde della catena del valore dell’edilizia cinese non solo creerà valore e nuove opportunità di business per gli operatori del settore in Cina, ma potrebbe anche contribuire a catalizzare lo sviluppo e l’adozione di prodotti e servizi per l’edilizia verde a livello globale.
La Cina è il più grande mercato al mondo per la produzione e il consumo di materiali da costruzione“, scandisce Wu Yong, presidente dell’Associazione cinese per l’efficienza energetica degli edifici. “Dobbiamo agire rapidamente per poter sfruttare il notevole contributo della Cina all’ecologizzazione della catena del valore dell’edilizia globale“.

Il rapporto mette in evidenza casi di studio di aziende in diverse fasi della catena del valore, come sviluppatori immobiliari, studi di progettazione, fornitori di sistemi di gestione dell’energia e produttori di cemento. Presenta inoltre le migliori pratiche della Cina e di altre economie emergenti, come gli Emirati Arabi Uniti e il Brasile, nelle aree della produzione di materiali, della costruzione e delle operazioni, nonché gli strumenti politici che possono essere adottati o adattati da altri.

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Sostenibilità, allarme Asvis: Regioni arretrano e crescono i divari

Il gap tra Nord e Sud sugli obiettivi di sostenibilità è ancora drammatico. “La politica di coesione va reimpostata con l’obiettivo di ridurre drasticamente i divari del Mezzogiorno e raggiungere chiari traguardi al 2030, utilizzando l’Agenda 2030 come riferimento comune“, evidenzia il direttore scientifico dell’ASviS, Enrico Giovannini, presentando il Rapporto Territori 2023, nella sede del Cnel a Roma.

Loda la scelta del Governo di unificare la programmazione del Pnrr e quella dei fondi europei e nazionali del ciclo 2021-2027 ma, precisa, “deve assumere in modo esplicito, come quadro di riferimento, le Strategie nazionale e regionali per lo sviluppo sostenibile elaborate in questi anni dalle Regioni, anche con l’assistenza dell’Asvis, e superare i suoi tre limiti atavici e ben noti: la mancanza di complementarità con le politiche ordinarie, la polverizzazione degli interventi e la cattiva qualità delle strutture di governo nazionali e regionali”.
Eppure, per Raffaele Fitto, mettere insieme il Pnrr con la Politica di coesione, ha avuto “ragioni ovvie“: “Parliamo di due grandi programmi, la coesione complessivamente vale 75 miliardi di euro. Il paradosso sarebbe stato avere nello stesso periodo e nello stesso territorio due programmi che non si parlassero. Il Pnrr è un programma per performance, noi abbiamo non solo voluto mantenere le 59 riforme previste, ma ne abbiamo aggiunte altre 7“, rivendica.

Secondo il Rapporto dell’Asvis, tra il 2010 e il 2022 gran parte delle Regioni italiane non hanno fatto passi avanti soddisfacenti rispetto ai 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu. Peggiorano le condizioni di quasi tutte le Regioni per quattro Obiettivi (povertà, qualità degli ecosistemi terrestri, risorse idriche e istituzioni), a fronte di una sostanziale stabilità per gli altri. Eccezione positiva la Valle d’Aosta e la Toscana, le peggiori performance le fanno il Molise e la Basilicata, che arretrano rispetto al 2010 su ben sei obiettivi.

Il dossier fa il punto sulla prima metà del percorso trascorso dalla firma dell’Agenda 2030 nel 2015 e indica cosa dovrebbe succedere per raggiungere i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile riducendo le gravi disuguaglianze territoriali esistenti. In base alla dichiarazione politica approvata al Summit dell’Onu del 18-19 settembre dedicato allo stato dell’Agenda 2030, il Governo italiano deve predisporre urgentemente un ‘Piano nazionale di accelerazione’ in grado di migliorare decisamente i risultati, molto insoddisfacenti, conseguiti finora dall’Italia. “Per questo, l’ASviS propone di definire il Piano entro marzo 2024, in modo da poter influenzare la predisposizione del prossimo Documento di Economia e Finanza. Su questi argomenti portiamo oggi all’attenzione delle forze politiche numerose proposte”, fa sapere il presidente, Pierluigi Stefanini.

Il Rapporto affronta anche diverse questioni da cui dipende la possibilità di migliorare significativamente la sostenibilità dei territori italiani dal punto di vista economico, sociale e ambientale, colmare le fortissime disuguaglianze che li caratterizzano e affrontare i numerosi rischi che insistono su persone e imprese, tra cui quelli sismici, vulcanici, idrogeologici, siccità e desertificazione, incendi e ondate di calore, incidenti in impianti industriali. Ad esempio, sono oltre 621mila le frane censite sul territorio italiano, il 66% di quelle complessivamente rilevate in Europa, mentre gli stabilimenti industriali a rischio di incidente rilevante sono 970, molti dei quali si trovano in zone sismiche e di fragilità idrogeologica.

Senza un deciso cambiamento delle politiche, molti degli Obiettivi dell’Agenda 2030 non saranno raggiunti“, avverte l’Asvis. Per gli obiettivi a carattere ambientale, ad esempio, il 25% di suolo agricolo destinato a coltivazioni biologiche è raggiungibile da 11 territori su 21. Tra gli obiettivi con forti criticità, l’agenzia segnala l’efficienza idrica, la riduzione del 20% dell’energia consumata e l’azzeramento del consumo di suolo, per i quali in circa due terzi dei territori la situazione sta peggiorando, fermo restando che nessuna Regione o Provincia autonoma sembra avere la possibilità di raggiungerli entro il 2030. Situazione critica per la riduzione di rifiuti urbani: in 15 territori, infatti, questa produzione sta aumentando e in nessuna area si registrano miglioramenti significativi.

Prosegue quindi un malfunzionamento dei tanti piani di intervento adottati per colmare le distanze tra i territori, un prerequisito per affermare uno sviluppo equo e sostenibile dell’Italia: “Invitiamo il Governo ad attuare subito la nuova Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, approvata a settembre“, scandisce la presidente di Asvis, Marcella Mallen. La strategia si pone l’obiettivo di migliorare la coerenza delle politiche attraverso un modello di governance multilivello. Un modello alla cui realizzazione l’agenzia contribuisce, ricorda “insieme alle reti della società civile, mettendo a disposizione anche la propria esperienza, maturata anche nell’assistenza fornita in questi anni a diverse Regioni e Città Metropolitane, tra cui Emilia-Romagna, Lombardia, Valle d’Aosta, Veneto e Bologna”.

Sostenibilità, Asvis: Italia in forte ritardo, serve profondo cambio rotta

L’Italia è in forte ritardo sull’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. La denuncia arriva dall’Asvis, nel suo rapporto annuale: a metà del percorso il Paese rischia di non rispettare gli impegni assunti nel 2015 in sede Onu.
Rispetto al 2010, per otto dei 17 Obiettivi si registrano miglioramenti contenuti, per sei la situazione è peggiorata e per tre è stabile. Guardando ai 33 Target valutabili con indicatori quantitativi, solo per otto si raggiungerà presumibilmente il valore fissato per il 2030, per quattordici sarà molto difficile o impossibile raggiungerlo, per nove si registrano andamenti contraddittori, per due la mancanza di dati impedisce di esprimere un giudizio.

I ritardi accumulati potrebbero essere in parte recuperati, secondo l’Alleanza, ma “bisogna attuare con urgenza e incisività una serie di interventi e di riforme”, sottolinea, come l’Italia si è impegnata a fare nel corso del Summit Onu del 18-19 settembre scorso. “È ora di trasformare le promesse in atti concreti, ma il tempo a disposizione è molto limitato“, mette in guardia l’Asvis.

Al contrario dell’Unione Europea, l’Italia “non ha imboccato in modo convinto e concreto la strada dello sviluppo sostenibile e non ha maturato una visione d’insieme delle diverse politiche pubbliche per la sostenibilità“, conferma il direttore scientifico, Enrico Giovannini. “Ciò non vuol dire che non si siano fatti alcuni passi avanti o che non si siano assunte decisioni che vanno nella giusta direzione – precisa -, ma la mancanza di un impegno esplicito, corale e coerente da parte della società, delle imprese e delle forze politiche ci ha condotto su un sentiero di sviluppo insostenibile che è sotto gli occhi di tutti, come confermano anche le analisi dell’opinione pubblica italiana contenute nel Rapporto”.

Per la dimensione ambientale dello sviluppo sostenibile l’Italia registra il 42% di perdite dai sistemi idrici; solo il 21,7% delle aree terrestri e solo l’11,2% di quelle marine sono protette; lo stato ecologico delle acque superficiali è ‘buono’ o ‘superiore’ solo per il 43% dei fiumi e dei laghi; il degrado del suolo interessa il 17% del territorio nazionale; l’80,4% degli stock ittici è sovrasfruttato; le energie rinnovabili rappresentano solo il 19,2% del totale, quota che non consente di intraprendere il processo di netta riduzione delle emissioni su cui il Paese si è impegnato a livello Ue.

Nell’ambito della dimensione economica dello sviluppo sostenibile, dopo la ripresa del biennio 2021-2022 seguita alla pandemia, l’Italia presenta ancora alcuni segnali di crescita debole che hanno caratterizzato il decennio precedente; l’occupazione cresce, ma resta forte la componente di lavoro irregolare (3 milioni di unità); passi avanti sono stati compiuti per l’economia circolare (il consumo materiale pro-capite si è ridotto del 33% in dieci anni) ed è cresciuto il tasso di innovazione (+21% tra il 2010 e il 2018), ma molte imprese mostrano resistenze ad investire nella trasformazione digitale ed ecologica; il Paese necessita di forti investimenti, anche per rendere le infrastrutture più resilienti di fronte alla crisi climatica; la finanza sta muovendosi nella direzione della sostenibilità, accompagnando il mutamento delle preferenze dei risparmiatori.

E’ necessario pianificare il processo di transizione e migliorare la capacità del tessuto economico e sociale a rispondere al cambiamento climatico“, scandisce il Governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, che propone da un lato di “investire nella conservazione dell’energia, riducendo la pressione della domanda e delle attività produttive sull’ambiente e continuando a perseguire un progressivo e sensibile calo dell’inquinamento” e dall’altro, “interventi decisi, volti a ridurre l’impatto degli eventi estremi sulle nostre attività e sul benessere, rafforzando la capacità di tenuta delle infrastrutture e incentivando i programmi di assicurazione nei confronti delle calamità naturali“.

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Energia, Enea: Migliorano prestazioni immobili certificati, A4-B +3,7%

Migliorano ancora e in maniera significativa le prestazioni energetiche del parco edilizio nazionale certificato. È quanto emerge dal IV Rapporto annuale sulla certificazione energetica degli edifici realizzato da Enea e Comitato Termotecnico Italiano Energia e Ambiente (CTI) sulla base di circa 1,3 milioni di attestati di prestazione energetica (APE) registrati nel SIAPE ed emessi nel 2022 da 17 Regioni e 2 Province Autonome.

Il report evidenzia una diminuzione percentuale degli immobili nelle classi energetiche peggiori F e G (-3,7%), a fronte di uno speculare aumento di quelli nelle classi più performanti A4-B (+3,7%). Tuttavia, la distribuzione per classe energetica conferma che circa il 55% dei casi censiti sono caratterizzati da prestazioni energetiche basse (classi F-G). In particolare, la quota più consistente di attestati è stata emessa dalla regione Lombardia (20,5%), seguita da Lazio (9,6%) e Veneto (8,4%). Gli APE collegati a passaggi di proprietà e locazioni risultano in lieve flessione, pur continuando a rappresentare oltre l’80% del campione analizzato. Aumentano in percentuale le riqualificazioni energetiche e le ristrutturazioni profonde, che rappresentano rispettivamente il 5,7% e il 4,1% degli APE emessi nel 2022 (+1,5% per entrambe rispetto al 2021); stati oltre 17 mila gli APE registrati nel SIAPE nella categoria Edifici a energia quasi zero (NZEB – Nearly Zero-Energy Buildings) tra il 2015 e il 2022.

Il significativo aumento dei costi energetici e la crisi climatica in atto rappresentano problematiche sempre più stringenti che rendono ancora più necessari gli interventi per il miglioramento energetico degli edifici”, sottolinea il Presidente ENEA, Gilberto Dialuce. “In questo contesto il Rapporto rappresenta un ulteriore sforzo congiunto di ENEA e CTI per migliorare la qualità del quadro d’insieme del patrimonio immobiliare privato e pubblico, anche alla luce delle decisioni sulla nuova Direttiva EPBD che a breve verranno prese in sede UE. Una sinergia indispensabile – osserva – anche per la definizione delle strategie di intervento nel settore a livello nazionale e territoriale, e per un orientamento più mirato e stabile nel tempo degli investimenti necessari e dei relativi sistemi di incentivazione”.

La principale novità di questa edizione è la sezione del rapporto dedicata a nuovi strumenti e metodi di analisi per il miglioramento della qualità degli APE, in particolare per il potenziamento delle metodologie di controllo da parte del certificatore sia durante la fase di predisposizione dell’APE che in quella successiva. Sono stati approfonditi, inoltre, i temi relativi all’implementazione del Catasto Energetico Unico (CEU) regionale, il ruolo del Portale nazionale per la Prestazione Energetica degli Edifici (PnPE2) e delle altre applicazioni informatiche predisposte da Enea. La digitalizzazione degli APE risulta fondamentale per individuare le aree con maggiore necessità di intervento, in funzione delle diverse realtà territoriali, e per offrire al cittadino un set più completo di informazioni, grazie anche all’ausilio di sportelli unici digitalizzati (one stop shop).

Il rapporto, infine, analizza i risultati di un questionario somministrato a un campione di circa 80 soggetti, tra associazioni, consorzi e ordini professionali, che hanno espresso il loro punto di vista su diversi aspetti del sistema di certificazione energetica nazionale, soprattutto in merito alle proposte di revisione della Direttiva EPBD sulla prestazione energetica degli edifici.

La nuova edizione del Rapporto vuole rappresentare uno strumento di lavoro sempre aggiornato e in continua evoluzione per supportare chi deve o vuole definire strategie, misure e azioni sul parco edilizio nazionale in linea con gli sfidanti obiettivi che ci impongono la transizione energetica e la decarbonizzazione”, spiega il Presidente del CTI, Cesare Boffa. “Questo nuovo capitolo della collaborazione tra ENEA e CTI mette in luce il processo di miglioramento continuo delle informazioni che possono essere raccolte, analizzate e trasmesse alla Pubblica Amministrazione e agli operatori interessati”.

Bankitalia aumenta investimenti in azioni e obbligazioni green

Bankitalia prosegue sulla strada della sostenibilità degli investimenti del proprio portafoglio finanziario. Dal secondo Rapporto annuale sugli investimenti sostenibili e sui rischi climatici, riferito al 2022, emerge che il peso delle obbligazioni verdi tra gli investimenti in titoli di Stato e degli organismi sovranazionali è cresciuto in modo significativo. In particolare, nel portafoglio finanziario i green bond costituiscono il 2,8 per cento degli investimenti in titoli di Stato (0,03 per cento nel 2020) e il 20,5 per cento degli investimenti in titoli di organizzazioni internazionali e agenzie (5,3 per cento nel 2020).

Alla fine del 2022, gli indicatori climatici degli investimenti in azioni e obbligazioni societarie della Banca d’Italia risultano quindi in miglioramento. L’intensità carbonica media ponderata degli investimenti azionari in euro è diminuita del 36 per cento rispetto al 2020 ed è inferiore del 32 per cento rispetto all’indice di mercato preso come riferimento.
Il report esplicita l’impegno dell’istituto a gestire i propri investimenti in coerenza con gli obiettivi degli Accordi di Parigi e di neutralità climatica al 2050 dell’Unione europea (l’effettivo conseguimento di questo obiettivo è condizionato al rispetto degli impegni di neutralità climatica dichiarati dalle imprese e dai governi degli Stati in cui la Banca investe).

I portafogli analizzati (quello finanziario in euro, quello delle riserve valutarie e il Fondo pensione complementare dei dipendenti) valevano complessivamente 169 miliardi di euro.
Il Rapporto è pubblicato in concomitanza con documenti analoghi della Bce e delle altre banche centrali dell’Eurosistema e risponde all’impegno preso con la Carta degli investimenti sostenibili, di comunicare periodicamente i risultati delle strategie di investimento sostenibile per i portafogli non di politica monetaria e di contribuire alla promozione della cultura della sostenibilità nel sistema finanziario e tra i cittadini.

I miglioramenti degli indicatori climatici riflettono in parte gli andamenti nell’indice di riferimento. Questi sono legati tra l’altro ai progressi delle imprese nei percorsi di decarbonizzazione, testimoniati dalla crescita delle aziende con impegni e obiettivi climatici validati, salite in termini di peso dal 43 per cento dell’indice del 2020 al 70 del 2022.
Rispetto alle altre dimensioni della sostenibilità, i portafogli azionari e delle obbligazioni societarie mostrano punteggi ESG aggregati migliori degli indici di riferimento. Gli indicatori tematici più elevati in termini relativi sono soprattutto quelli ambientali.

Secondo il rapporto, la strategia di investimento sostenibile della Banca d’Italia persegue due obiettivi: “Migliorare il profilo di rischio e di rendimento dei portafogli e contribuire alla tutela dell’ambiente, con una particolare attenzione al contrasto ai cambiamenti climatici“. Le linee d’azione sono tre: integrare la neutralità climatica e i criteri ESG nella gestione degli investimenti e dei rischi; promuovere la trasparenza sui profili di sostenibilità; pubblicare risultati, guide e ricerche.
La Banca, in qualità di azionista, ha avviato nel 2022 un dialogo con le imprese che contribuiscono maggiormente alle emissioni di gas serra del proprio portafoglio, per approfondire le loro strategie climatiche, sensibilizzarle sull’importanza di una comunicazione ampia sul processo di decarbonizzazione e sui temi ESG.

scarsità acqua

Allarme Onu: Accesso all’acqua negato a miliardi di persone

Lo scorso anno, tutte le regioni del mondo sono state colpite da eventi meteorologici estremi legati all’acqua, il cui accesso è negato a miliardi di persone. L’allarme arriva dall’Organizzazione meteorologica mondiale delle Nazioni Unite, nel suo primo rapporto annuale sullo stato delle risorse idriche mondiali che ha lo scopo di aiutare a monitorare, gestire le limitate risorse mondiali di acqua dolce e soddisfare la crescente domanda.

Nel 2021, segnala il dossier dell’Omm, vaste aree del mondo hanno registrato condizioni più secche del normale, sotto l’influenza del cambiamento climatico e della ‘Nina’.
Gli effetti del cambiamento climatico si fanno spesso sentire attraverso l’acqua. Tra questi, siccità più intense e frequenti, alluvioni più estreme, scioglimento accelerato dei ghiacciai, che hanno effetti a cascata sulle economie, sugli ecosistemi e su tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana. Eppure non abbiamo una comprensione sufficiente dei cambiamenti nella distribuzione, nella quantità e nella qualità delle risorse di acqua dolce“, spiega il segretario generale dell’Omm, Petteri Taalas.

Attualmente, 3,6 miliardi di persone non hanno accesso all’acqua per almeno un mese all’anno. Secondo il rapporto, questa cifra è destinata a salire a più di cinque miliardi entro il 2050. Tra il 2001 e il 2018 il 74% di tutti i disastri naturali è stato legato all’acqua. “Nel 2021, tutte le regioni hanno sperimentato eventi idrologici estremi sotto forma di inondazioni e siccità, che hanno avuto un impatto significativo sulle comunità e hanno causato molti morti“, si legge nel rapporto.

Rispetto alla media idrologica trentennale, nel 2021 gran parte del mondo ha registrato condizioni più secche del normale. È il caso del Rio de la Plata in Sud America, che sta vivendo una siccità persistente dal 2019, dell’Amazzonia meridionale e sudorientale e dei bacini in Nord America, tra cui i fiumi Colorado, Missouri e Mississippi.

In Africa, fiumi come il Niger, il Volta, il Nilo e il Congo hanno registrato una portata inferiore alla norma nel 2021. Lo stesso vale per alcune zone della Federazione Russa, della Siberia occidentale e dell’Asia centrale. Etiopia, Kenya e Somalia stanno vivendo una grave siccità dopo diversi anni consecutivi di precipitazioni inferiori alla media.
Al contrario, gravi inondazioni hanno causato molte vittime, in particolare nella provincia cinese di Henan, nell’India settentrionale, nell’Europa occidentale e nei Paesi colpiti da cicloni tropicali, come Mozambico, Filippine e Indonesia.

Il rapporto sottolinea che la criosfera – ghiacciai, manti nevosi, calotte di ghiaccio e permafrost – è la più grande riserva naturale di acqua dolce al mondo.
Circa 1,9 miliardi di persone vivono in aree in cui l’acqua è fornita dai ghiacciai e dallo scioglimento delle nevi. Di conseguenza, i cambiamenti nella criosfera hanno un impatto importante sulla sicurezza alimentare, sulla salute umana, sugli ecosistemi e sullo sviluppo umano. A livello globale, lo scioglimento dei ghiacciai è proseguito nel 2021 e sta accelerando.