Terna: A ottobre consumi elettrici in calo, +56% produzione col carbone

A ottobre diminuisce la domanda di elettricità (24,6 miliardi di kWh, -6,6% sul 2021), ma in totale, nei primi dieci mesi dell’anno, è in crescita dello 0,5%. E se da una parte tra gennaio e ottobre, rispetto all’anno precedente, la capacità di rinnovabili è cresciuta rispetto al 2021 del 143%, dall’altra aumenta la produzione di elettricità con il carbone: a ottobre +56,6% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. E’ la fotografica scattata da Terna, la società che gestisce la rete di trasmissione nazionale

Considerando che ottobre 2022 ha avuto lo stesso numero di giorni lavorativi (21) e una temperatura media mensile superiore di circa 2,8°C rispetto a ottobre del 2021, il dato della domanda elettrica, destagionalizzato e corretto dall’effetto della temperatura, risultata in calo del 6,3%. La temperatura del mese di ottobre, infatti, apporta un contributo modesto alla variazione del fabbisogno elettrico. A livello territoriale, la variazione tendenziale di ottobre è risultata ovunque negativa: -7,1% al Nord, -6,7% al Centro e -5,3% al Sud e nelle isole.

Nel mese di ottobre 2022 la domanda di energia elettrica italiana è stata soddisfatta per l’85,7% con la produzione nazionale e per la quota restante (14,3%) dal saldo dell’energia scambiata con l’estero. La produzione nazionale netta è risultata pari a 21,3 miliardi di kWh, in diminuzione del 4,6% rispetto a ottobre 2021.

Le fonti rinnovabili hanno prodotto complessivamente 6,9 miliardi di kWh, coprendo il 28% della domanda elettrica, con le seguenti variazioni rispetto a ottobre dello scorso anno: fotovoltaico +17,6%, eolico -35,9%, idrico -36,8% e geotermico -3,2%. La produzione delle fonti rinnovabili è stata così suddivisa nel mese di ottobre: 30,4% fotovoltaico, 26% idrico, 15,4% eolico, 21,6% biomasse e 6,6% geotermico. Pur a fronte di una significativa riduzione del fabbisogno, il calo complessivo della produzione delle fonti rinnovabili e dell’import ha comportato una variazione positiva della generazione termica (+2,6% rispetto a ottobre del 2021).

In questo ambito, è proseguito il programma di massimizzazione della produzione a carbone messo in atto dal Governo per il contenimento dei consumi di gas: nel mese di ottobre la produzione a carbone è cresciuta, infatti, del 56,6% rispetto allo stesso periodo del 2021. Il saldo import-export ha visto una variazione complessiva pari a -16,5%, dovuta a una diminuzione dell’import (-10,1%) e una crescita dell’export (+107,9%). Secondo le rilevazioni Terna illustrate nel report mensile, considerando tutte le fonti rinnovabili, nei primi 10 mesi del 2022 l’incremento di capacità in Italia supera complessivamente i 2.350 MW, registrando una notevole crescita (+143%) rispetto allo stesso periodo del 2021.

Photo credit: Terna

Enel

Enel accelera su rinnovabili: bollette meno care del 20%

Meno debito, meno gas, bollette meno care, più rinnovabili, più elettrificazione, più utile netto. Enel presenta un piano 2023-2025 prudente, visto che “ci aspettano altri due anni di turbolenze” nei mercati energetici come ha sottolineato l’ad Francesco Starace parlando con analisti e giornalisti, ma sostenibile. In tutti i sensi.

Intanto si comincia da una progressiva riduzione della dipendenza dal gas e per questo l’obiettivo è proporre circa il 90% delle vendite a prezzo fisso con elettricità carbon-free nel 2025, portando la generazione da fonti rinnovabili a circa il 75% del totale – un aumento di circa 15 TWh (+7%) rispetto alle stime per il 2022 -, nonché digitalizzando circa l’80% dei clienti di rete. La prospettiva è offrire una bolletta ridotta del 20%, perché se l’energia viene dalle rinnovabili e l’incasso è fisso, garantendo dunque investimenti certi al gruppo, l’utente finale può beneficiare di prezzi più bassi e stabili.

Per arrivare al target sono dunque fondamentali proprio gli investimenti, che saranno complessivamente circa 37 miliardi di euro in tre anni, di cui il 60% a sostegno della strategia commerciale e il 40% a favore delle reti. Reti che necessitano di maggiori fondi per implementare la digitalizzazione, con lo scopo di migliorare l’efficienza e ridurre le interruzioni, raggiungendo un System Average Interruption Duration Index di circa 150 minuti nel 2025 (-35% rispetto alle stime per il 2022), inoltre si punta a raggiungere ad arrivare all’80% (+20%) dei clienti di rete digitalizzati. Il faro resta comunque sempre la produzione di energia, capacità che distingue Enel da altri operatori di mercato: il gruppo prevede di aggiungere circa 21 GW di capacità rinnovabile installata. E per essere ancora più performante il management ha deciso di dare un taglio con i mercati che, secondo le stime degli stessi amministratori, non possono crescere più di tanto. Quindi via da Romania, Perù e Argentina, così da dirottare tutti gli investimenti su soli 6 Paesi ‘core’: Italia, Spagna, Brasile, Cile e Colombia. Discorso a parte per gli Stati Uniti, dove l’ad Starace per ora non ha in mente di fare acquisizioni, tuttavia non sarebbe esclusa una quotazione proprio della divisione americana magari fra un anno. Gli Usa inoltre potrebbero ospitare una replica di 3Sun Gigafactory, il maxi impianto di pannelli che sorgerà in Sicilia, “magari insieme con qualche partner finanziario”, ha precisato il Ceo di Enel.

Via dal gas ma anche via da un eccesso di indebitamento che potrebbe frenare le attività del gruppo nei prossimi anni. Anche per questo la società si concentra su 6 Paesi più potenzialmente redditizi. Dalle cessioni, e i colloqui sono in corso, si genereranno 21 miliardi, dei quali 10 andranno proprio a ridurre il rosso di Enel. La riduzione si dovrebbe attestare in un range di 51-52 miliardi di euro già entro la fine del 2023, dai 58-62 miliardi di euro stimati per quest’anno. Maggiori risorse che andranno anche nelle tasche degli azionisti. Si prevede che l’EBITDA (il margine lordo) cresca infatti a 22,2-22,8 miliardi di euro nel 2025 dai 19-19,6 miliardi stimati nel 2022. E l’utile netto ordinario dovrebbe salire a 7-7,2 miliardi di euro nel 2025, dai 5-5,3 miliardi attuali. Una signora cifra che garantirebbe così un dividendo di 0,43 euro per il prossimo triennio, superiore ai 40 cent di quest’anno.

C’è un approccio un po’ conservativo in questo piano. Siamo stati molto trasparenti. Dovevamo affrontare territori mai visti. Ci sarà ancora la guerra? Finiranno i flussi di gas dalla Russia? Magari abbiamo peccato per eccesso di precauzione, forse nel 2023 le cose andranno meglio e potremmo avere risultati migliori a livello aggregato dato l’outlook prudente da dove siamo partiti”, ha spiegato Starace. D’altronde “abbiamo potenzialità di investimenti di 30mila Mw di rinnovabili. E se il governo, come abbiamo sentito, è pronto a sbloccare gli investimenti potremmo anche raddoppiare i 4 GW che abbiamo in programma di realizzare”.

Il piano è dunque “denso” ma sostenibile “e il management è in grado di eseguirlo indipendentemente da me. Quello che dovrò fare lo farò, però dipendo dalle decisioni degli azionisti. Non è un mistero che mi piaccia questo lavoro, tuttavia non sta a me la scelta di essere riconfermato il prossimo anno”, ha concluso Starace.

Manovra, governo trova la quadra. Ma diminuisce sconto sui carburanti

C’è voluto tutto il tempo disponibile, fino all’ultimo minuto, ma la maggioranza sembra aver trovato la quadra sulla legge di Bilancio 2023. Dopo una lunga riunione alla Camera, alla presenza della premier, Giorgia Meloni. La cifra si aggira sui 35 miliardi circa, di cui 23 sono dedicati quasi esclusivamente al contrasto dei rincari dell’energia. Per le bollette di famiglie e imprese sono previsti aiuti per affrontare i mesi più duri della crisi, aspettando che l’Europa batta un colpo sul price cap (temporaneo) e magari inizi a mettere in cantiere una riforma del mercato dell’elettricità, oltre al disaccopiamento dal prezzo del gas. Di sicuro non sarà al Consiglio europeo di giovedì, visto che fonti di Bruxelles fanno sapere che non è in vista nessuna decisione su questi temi.

L’Italia così prova a organizzarsi da par suo. Con la proposta avanzata dal ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, di un tetto nazionale “che riguarda il sistema delle rinnovabili” di 180 euro al megawatt. “Si tratta comunque di un prezzo abbastanza remunerativo per il sistema“, ha spiegato. Sottolineando che da questa misura “ovviamente sono escluse le famiglie“. Il governo è al lavoro anche su altre iniziative che riguardano gli approvvigionamenti energetici. In particolare di metano, perché “il gas nazionale non è una soluzione per coprire” l’intero fabbisogno del Paese, che “solo di gas consuma circa 76 miliardi di metri cubi annui, finora il prelievo nazionale è stato di circa 3 miliardi di metri cubi che è una cifra minima, di conseguenza ce ne mancano 73“, dice Pichetto. Che conferma l’impegno dell’esecutivo sul rigassificatore di Piombino, sia per l’installazione sia per la rimozione “entro 3 anni“.

Del resto è “l’unica soluzione” per affrontare l’emergenza. Soprattutto quella che potrebbe verificarsi nell’inverno 2023-2024, che rappresenta “la preoccupazione maggiore, perché “dovremo ricostituire tutte le riserve e gli stoccaggi e non avremo più il gas russo“. Per quello in corso, invece, “con gli stoccaggi che abbiamo – sostiene il ministro –, con tutti i meccanismi messi a punto, con distinzioni tra gasivori e altri, con una graduatoria di interrompibilità temporanea a fronte di indennizzo, lo vedo con fiducia, si può superare“.

Anche per questi motivi a Palazzo Chigi c’è tutta l’intenzione di mettere in sicurezza le famiglie e imprese da gennaio contro i rincari. L’imperativo è non aggravare la situazione economica del Paese, evitando – fino a quando sarà possibile – il ricorso a uno scostamento di bilancio. Non sfonda, però, l’ipotesi di azzerare per un anno l’Iva su pane, pasta e latte: è “una possibilità menzionata nella riunione con i capigruppo di venerdì scorso, alla quale ho preso parte anche io, ma in linea di massima sembrerebbe accantonata“, conferma il capogruppo di FdI al Senato, Lucio Malan. Che fa un discorso di “efficacia della misura, e forse non è quella ideale da prendere“. Dunque, “meglio concentrare le risorse su altri interventi, ad esempio verso la produzione agricola nazionale“.

Un’altra novità della Manovra 2023 riguarda i carburanti. Cambiano, infatti, le accise fino al prossimo 31 dicembre. Sulla benzina saranno di 578,40 euro per mille litri anziché 478,40 euro, sul gasolio si a 467,40 euro per mille litri anziché 367,40 euro e sul Gpl saranno di 216,67 euro per mille litri invece di 182,61 euro. Una scelta che fa saltare dalla sedia le associazioni dei consumatori, ma che dal governo non vedono come un rischio per i cittadini. La strada per il 2023, comunque, è tracciata.

Sudafrica, quasi 500 mln da Banca Mondiale per abbandonare carbone

Il Sudafrica, uno dei principali emettitori di gas serra in lotta per la transizione energetica, ha ricevuto 497 milioni di dollari di aiuti per convertire una delle sue vecchie centrali elettriche a carbone. Ad annunciarlo è la Banca Mondiale.

La prima potenza industriale del continente, la cui delegazione accompagnerà il presidente Cyril Ramaphosa alla COP27 che si aprirà domenica in Egitto, ricava ancora l’80% dell’elettricità dal carbone, pilastro dell’economia sudafricana che dà lavoro a quasi 100mila persone. Ma il Paese è afflitto da continue interruzioni di corrente. L’Eskom, azienda statale piegata dai debiti, non è in grado di produrre elettricità a sufficienza, con impianti che hanno in media 41 anni di vita e una scarsa manutenzione.

La Banca Mondiale “approva un finanziamento di 497 milioni di dollari per ridurre le emissioni di gas serra in Sudafrica e sostenere una giusta transizione”, dichiara l’istituzione. Il finanziamento, sotto forma di prestiti e sovvenzioni, sarà utilizzato per la conversione della centrale elettrica di Komati, nella provincia settentrionale di Mpumalanga. L’impianto è stato chiuso definitivamente lunedì, dopo oltre 60 anni di attività. Con nove generatori, consumava fino a 12mila tonnellate di carbone al giorno e, al momento del suo completamento, produceva il doppio dell’elettricità di tutti gli impianti esistenti nel Paese. Per la Banca Mondiale, il sito “servirà da esempio” per la transizione energetica del potente Sudafrica e sarà trasformato in un sito di produzione di energia rinnovabile alimentato da 150MW di energia solare, 70MW di energia eolica e 150MW di batterie di accumulo.

La riduzione delle emissioni di gas serra è una sfida difficile in tutto il mondo e in particolare in Sudafrica, data l’alta intensità di carbonio del settore energetico“, ha dichiarato il presidente dell’organizzazione, David Malpass, citato nel comunicato. L’anno scorso il Sudafrica ha ottenuto 8,5 miliardi di dollari in prestiti e sovvenzioni da un gruppo di Paesi ricchi per finanziare la transizione verso alternative più ecologiche. L’inizio dei negoziati su come spendere il denaro era previsto prima della COP27. Secondo la Banca Mondiale, il Paese ha bisogno di almeno 500 miliardi di dollari per raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2050.

Berlusconi accelera sul decreto aiuti per famiglie e imprese: “Va fatto oggi stesso”

Vi sono misure immediate, da prendere domani stesso, per scongiurare l’emergenza, e misure strutturali per evitare di ritrovarci in futuro in situazioni come questa”. Il caro bollette è la grande preoccupazione di Silvio Berlusconi, presidente di Forza Italia, l’uomo che riesce a tenere insieme Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Intervistato da Gea, il Cavaliere sostiene che la misura immediata, “che già da diversi giorni stiamo chiedendo al Governo“, sia un decreto che protegga le famiglie e le imprese da aumenti insostenibili. “Questo significa che lo Stato si dovrà far carico almeno di una quota importante degli aumenti del gas, o direttamente, con risorse proprie, oppure con la previsione di strumenti innovativi di finanziamento a favore dei distributori di energia”, aggiunge. A medio termine, invece, “bisognerà realizzare tutti quegli impianti che la sinistra ha reso impossibili in questi anni, con la sua politica dei ‘no’: i rigassificatori, i termovalorizzatori, le energie rinnovabili, spesso bloccate con la scusa del paesaggio. E bisognerà far ripartire la ricerca sul nucleare pulito, fin qui irresponsabilmente abbandonata. Eppure è la strada che l’Europa ci indica per il futuro”.

In un momento storico delicatissimo per l’Italia e per l’Europa, ma anche per il mondo intero, Berlusconi cerca una via d’uscita. Quella immediata e sostanzialmente indolore porta ai rigassificatori: “Un telegiornale ha ritrovato le immagini e il mio intervento all’inaugurazione del rigassificatore di Rovigo, il più grande tuttora in servizio. Tredici anni fa anni fa, lo voglio ripetere 13 anni fa, avevo sottolineato l’importanza per il nostro Paese di realizzare rigassificatori per diversificare le fonti di approvvigionamento dell’energia, per diminuire la nostra dipendenza da un solo Paese, la Russia. Il problema è che dopo il mio governo non si è fatto quasi nulla”, attacca. Ma quella resta la strada anche se “le conseguenze di un’ideologia ambientalista vecchia, miope, senza prospettive, imposta dalla sinistra”, rischiano di zavorrare la ripresa del Paese secondo il punto di vista del Cavaliere. “I Verdi in Italia, a differenza di altri paesi europei, sono semplicemente il ‘partito del no’. Le paure irrazionali ci hanno condotto a questa situazione”, il secondo atto di accusa.

Oltre che sulla crisi energetica è sulla transizione ecologica che si sta sviluppando buona parte della campagna elettorale. “Difendere l’ambiente è davvero importante, è una delle grandi scommesse per il futuro dell’umanità, ma bisogna capire che progresso, tecnologia e ambiente sono alleati, non avversari”, sottolinea Berlusconi. Non per caso “i Paesi tecnologicamente più avanzati sono anche quelli che hanno ottenuto risultati migliori nella difesa dell’ambiente. I grandi inquinatori nel mondo contemporaneo sono i paesi come la Cina e l’India, che per ottenere bassi costi si servono di tecnologie inadeguate”, aggiunge con non poca preoccupazione.

L’ambientalismo e il rispetto per la natura sono da sempre uno dei principi cardine del nostro movimento. Del resto mi piace ricordare che io, quando ho iniziato la mia carriera di costruttore, ho ideato città giardino, dove il verde era protagonista, che ancora oggi sono studiate come modello da architetti di tutto il mondo”, ricorda Berlusconi non senza un filo di malcelato orgoglio. Sono i progetti “astratti” quelli che considera pericolosi: “Quando parlo di idee astratte penso per esempio allo stop alle auto a benzina e diesel a partire dal 2035, votato purtroppo dal Parlamento Europeo. Questo è un esempio di quello che non si dovrebbe fare, perché da un lato non è realistico, dall’altro condanna a morte un settore importantissimo come l’industria automobilistica europea, che perde anche ogni incentivo ad investire in tecnologie meno inquinanti. L’effetto paradossale sarà quello di peggiorare, non di migliorare, la tutela ambientale”.

Gentiloni

Crisi energetica spaventa l’eurozona. Gentiloni: “Sale rischio recessione”

L’incertezza rimane eccezionalmente elevata e il rischio di una recessione è in aumento”. Parola di Paolo Gentiloni, che lancia l’allarme per l’immediato futuro dell’eurozona. Il commissario europeo per l’Economia non può più nascondere quanto c’è in gioco, adesso che Gazprom ha messo davvero mano ai rubinetti del gas. Dipende tutto dall’andamento dei mercati energetici. “Le prospettive peggiorerebbero notevolmente rispetto alla nostra linea di base se dovessimo vedere un taglio completo del gas russo”. Uno scenario, questo, che si sta materializzando dopo lo stop al gasdotto Nordstream. La questione energetica, con l’aumento dei prezzi, il crollo dell’offerta soprattutto da parte russa, e l’effetto delle sanzioni decretate dall’Ue su petrolio e carbone russi quale risposta all’aggressione dell’Ucraina, alla fine si fanno sentire e nessuno può più ignorarlo, a partire dal componente italiano del collegio dei commissari, che comunque non è il solo a essere preoccupato.

Inflazione e caro-energia stanno avendo ripercussioni”, riconosce un alto funzionario europeo. “Questo rallentamento non è limitato all’eurozona, riguarda anche le principali economie mondiali. Ma l’eurozona è più esposta, soprattutto per l’andamento del settore energetico”. È questo che determina la fragilità e la debolezza dei membri Ue con la moneta unica rispetto ad altri attori, e il rischio di una nuova recessione dopo quelle del 2008 e quella prodotta dalla crisi sanitaria, con lo spegnimento dell’economia seguito alla pandemia di Covid-19. “Quello che sta accadendo, soprattutto sul fronte energetico, ha una impatto sull’economia”, ammette la fonte. Per questo “non si può escludere il rischio di una recessione”. Esattamente quando detto da Gentiloni alla platea del Bruegel Annual Meeting.

Il commissario per l’Economia non si rivolge solo al pubblico presente a Bruxelles. Si rivolge innanzitutto agli Stati membri, con un’attenzione particolare al proprio. L’Italia al voto il 25 settembre avrà a breve un nuovo governo, ed sembra rivolto soprattutto a questo l’invito a non spendere. Perché è vero che il patto di stabilità con le sue regole è sospeso e si hanno maggiori libertà di manovra, ma “dobbiamo fare in modo che le politiche di bilancio non aumentino la pressione inflazionistica”, altrimenti il rischio di recessione potrebbe automaticamente tradursi in stagflazione. Tutti temi su cui si confronteranno i ministri dell’Economia e delle finanze questo venerdì, quando l’Eurogruppo si riunirà a Praga, nel doppio formato regolare a 19 e in quello allargato a 27, con gli Stati membri dell’Ue senza l’euro. La parola d’ordine è e vuole essere “coordinamento”, una risposta europea, a ventisette, invece di tante ricette nazionali singole, diverse e differenziate. È in contesto che lo impone. “La situazione è motivo di preoccupazione, riferiscono degli addetti ai lavori. Per questo motivo “cerchiamo di focalizzarci sul coordinamento della risposta”. A Bruxelles si è convinti che questo sia il solo modo possibile per far fronte alla recessione alle porte.

Gentiloni intanto invita tutti a lavorare per “l’accelerazione dell’adozione di misure di efficienza energetica e l’aumento dell’adozione delle energie rinnovabili”. Si tratta di misure che servono a “ridurre il consumo di combustibili fossili”, a patto che si proceda “a pieno ritmo”. Quindi assicura che la Commissione è al lavoro per risolvere i problemi legati ai mercati dell’energia. Per far fronte al caro-energia, conferma, si stanno superando le divisioni. E ora “è anche possibile intervenire per limitare il prezzo del petrolio e del gas russo e trovare modi per intervenire sul mercato energetico per disaccoppiare i prezzi dell’elettricità e del gas”.

Chiara Appendino

Appendino (M5S): “Superbonus fino al 2027 per fronteggiare la crisi energetica”

Contro il nucleareche c’è oggi e che è stato bocciato da due referendum” e contro le trivellazioni in Adriatico “che continuano a impattare sul nostro ambiente e sono figlie di 10-15 anni di ritardo sulle rinnovabili”. Chiara Appendino, ex sindaca di Torino, candidata alle prossime elezioni con il Movimento 5 Stelle, parte proprio dal programma ‘Cuore e coraggio per cambiare l’Italia di domani’ per dare un senso, il suo senso, alla campagna politica. “Il 25 settembre si vota, il 26 ho l’inserimento al nido di mio figlio”, racconta.

SUPERBONUS

Meno di tre settimane al voto, con l’ansia della crisi energetica da tenere sotto controllo: “Sarà sicuramente un autunno difficile, bisogna intervenire subito a supporto delle famiglie e delle imprese, non solo quelle energivore, anche per quelle che operano nella ristorazione e per i bar che vedono bollette quintuplicare”, il grido di dolore dell’ex sindaca. “A fianco a questo bisogna ragionare con un’ottica di interventi che riducano i consumi: ci sono le nostre abitudini quotidiane e e serve un intervento massiccio per un minor consumo da parte degli edifici. Qui si inserisce il tema superbonus che noi vogliamo prolungare fino al 2027. Il superbonus non solo impatta sulle bollette nella misura di 500 euro all’anno ma impatta anche sulle riduzioni di C02”, sottolinea con decisione.

ENERGY RECOVERY FUND SI

Il tema dell’energia, segnatamente del gas, sta condizionando la campagna elettorale. Il tetto al prezzo del gas ormai viene ‘masticato’ anche dall’Europa di Ursula von der Leyen: “Il Movimento chiede da febbraio un Energy Recovery fund”, dice Appendino. “Va bene il price cap, ma io aggiungo anche una revisione del mercato del gas e dell’elettrico e una politica di acquisto comune per andare a ridurre il più possibile la dipendenza dalla Russia e rendere l’Europa più forte e meno ricattabile”, sottolinea. Trivellare no, a nessuna condizione, anche se nell’Alto Adriatico la Croazia ha già cominciato a bucare il sottosuolo: “Non è che se il nostro vicino di casa distrugge qualcosa anche noi siamo autorizzati a distruggere. C’è un tema a monte, che le trivellazioni continuano a impattare sul nostro ambiente. Ci sono delle alternative più valide. Parliamo di trivelle perché paghiamo un ritardo di 10-15 anni rispetto all’incapacità di andare a investire sulle rinnovabili”.

RIGASSIFICATORI FORSE

La soluzione più gettonata è quella dei rigassificatori, malgrado Appendino anche su questo abbia delle puntualizzazioni da fare: “Dobbiamo scindere, in realtà tra rigassificatori fissi e temporanei. Su quelli fissi siamo contrari perché è una tecnologia vecchia che impatta dal punto di vista ambientale, Per i temporanei la situazione è diversa: stiamo vivendo una crisi senza precedenti e quindi utilizzare in modo temporaneo delle fonti di approvvigionamento ci sta”. Ma a Piombino si litiga: “Non mi sorprende che ci sia tanto malessere”, evidenzia l’ex sindaca. “Questa decisione va accompagnata e non calata dall’alto”, aggiunge ancora.

NUCLEARE NO

Per ultimo ma non di minore importanza il nodo del nucleare. “C’è confusione, argomenta Appendino. “Se ci fermiamo sul nucleare che oggi esiste, ci sono stati due referendum che hanno detto no. Se mi chiedete la mia posizione sul nucleare oggi è assolutamente contraria. Sento molto spesso forze politiche che parlano di nucleare pulito. Ma non esiste ancora. Ci sono aziende che stanno facendo ricerche e ci vanno almeno dieci anni. Chi dice di fare una centrale pulita sta mischiando le cose”, chiude l’ex sindaca.

La Norvegia si candida a ‘cimitero’ della CO2 europea

Sulle coste ghiacciate del Mare del Nord, un ‘cimitero’ in costruzione sta suscitando le speranze degli esperti di clima: presto il sito ospiterà una piccola parte della CO2 emessa dall’industria europea, evitando così che finisca nell’atmosfera. Considerata a lungo una soluzione tecnicamente complicata e costosa di utilità marginale, la cattura e lo stoccaggio del carbonio (CCS) è ora in voga in un pianeta che sta lottando per ridurre le proprie emissioni nonostante l’emergenza climatica.

Nella città di Øygarden, su un’isola vicino a Bergen (Norvegia occidentale), un terminale attualmente in costruzione riceverà tra qualche anno tonnellate di CO2 liquefatta, che verrà trasportata dal Vecchio Continente via nave dopo essere stata catturata alla fine delle ciminiere delle fabbriche. Da lì, il carbonio sarà iniettato tramite una conduttura in cavità geologiche a 2.600 metri di profondità. L’ambizione è che rimanga lì a tempo indeterminato.

Si tratta della “prima infrastruttura di trasporto e stoccaggio ad accesso libero al mondo, che consente a qualsiasi emettitore che abbia catturato le proprie emissioni di CO2 di prenderle in carico, trasportarle e stoccarle in modo permanente e in totale sicurezza“, sottolinea il direttore del progetto Sverre Overå. In quanto maggior produttore di idrocarburi dell’Europa occidentale, si ritiene che la Norvegia abbia anche il maggior potenziale di stoccaggio di CO2 del continente, in particolare nei suoi giacimenti petroliferi esauriti.

ACCORDI COMMERCIALI

Il terminal Øygarden fa parte del piano ‘Langskip’, il nome norvegese delle navi vichinghe. Oslo ha finanziato l’80% dell’infrastruttura mettendo sul piatto 1,7 miliardi di euro per sviluppare la CCS nel Paese. Due siti nella regione di Oslo, un cementificio e un impianto di termovalorizzazione, dovrebbero infine inviarvi la loro CO2. Ma la particolarità del progetto sta nel suo aspetto commerciale, in quanto offre anche agli industriali stranieri la possibilità di inviare la propria anidride carbonica. A tal fine, i giganti dell’energia Equinor, TotalEnergies e Shell hanno creato una partnership, denominata Northern Lights, che sarà il primo servizio di trasporto e stoccaggio transfrontaliero di CO2 al mondo quando entrerà in funzione nel 2024. Negli ultimi giorni sono state raggiunte due importanti pietre miliari per la CCS in Norvegia. Lunedì scorso, i partner dell’aurora boreale hanno annunciato un primo accordo commerciale transfrontaliero che prevede il trasporto e il sequestro di 800.000 tonnellate di CO2 catturate nell’impianto olandese del produttore di fertilizzanti Yara, a partire dal 2025, tramite speciali imbarcazioni. Il giorno successivo, Equinor ha presentato un progetto con la tedesca Wintershall Dea per la costruzione di un gasdotto di 900 chilometri per il trasporto di CO2 dalla Germania alla Norvegia per lo stoccaggio. Un progetto simile con il Belgio è già in cantiere.

NESSUNA SOLUZIONE MIRACOLOSA

Tuttavia, la CCS non è una soluzione miracolosa al riscaldamento globale. Nella sua prima fase, Northern Lights sarà in grado di trattare 1,5 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, una capacità che sarà poi aumentata a 5-6 milioni di tonnellate. A titolo di confronto, l’Unione Europea ha emesso 3,7 miliardi di tonnellate di gas serra nel 2020, secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente. Ma sia il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) che l’Agenzia internazionale dell’energia ritengono che questo strumento sia necessario per contenere l’aumento della temperatura. Gli ambientalisti non sono unanimi nel sostenere la tecnologia. Alcuni temono che venga utilizzato come motivo per prolungare lo sfruttamento dei combustibili fossili, che distolga investimenti preziosi dalle energie rinnovabili o che si verifichino perdite. “Siamo sempre stati contrari alla CCS, ma la mancanza di azioni sulla crisi climatica rende sempre più difficile mantenere questa posizione“, afferma Halvard Raavand, rappresentante di Greenpeace Norvegia. “Il denaro pubblico sarebbe meglio investito in soluzioni che sappiamo essere efficaci e che potrebbero anche ridurre le bollette per le persone normali, come l’isolamento delle case o i pannelli solari“, spiega.

Barbera Mazzola: “Serve lungimiranza, possibilisti su nucleare”

Una transizione sostenibile in tempi tra il rapido e l’immediato non è immaginabile e la crisi energetica che si è venuta ad aggiungere a quella climatica già in atto sulla scia della guerra in Ucraina non fa che rendere il processo di trasformazione dell’Europa ancor più complesso. Ragion per cui, un approccio organico e pragmatico si rende necessario. Quello che propone +Europa. E uno dei suo candidati alla Camera nella circoscrizione Estero, Antonino Barbera Mazzola. “Il punto dell’azione sul clima l’ho voluto fortissimamente io”, rivendica nel corso dell’intervista concessa a GEA. Il tema era comunque in agenda, ma lui lo ha rilanciato con forza. “Perché ci riguarda tutti” dice, e per questo “non può restare appannaggio dei verdi e della sinistra italiana”.

Avanti dunque con la sostenibilità, che non può prescindere dal trasporto pulito. “C’è bisogno di investimenti in infrastrutture per spostarsi”, e qui +Europa e Barbera Mazzola insistono su colonnine di ricarica e ancor più sui treni alta velocità. “Sono pochi e costosi”, lamenta il candidato a Montecitorio, siciliano, 39 anni, da quasi dieci a Bruxelles, un’esperienza in Commissione europea. Ma la mobilità elettrica incontra oggi le insidie figlie di una crisi energetica su cui molto si dovrà ragionare. “La situazione attuale complica le cose, c’è bisogno di una politica energetica lungimirante”, che lasci spazio anche all’atomo. No, non è un tabù, chiarisce Barbera Mazzola. “+Europa è possibilista sul nucleare, non lo caldeggia in quanto tale, ma avverte la necessità di sostenere la ricerca su reattori a fusione e mini-reattori modulari di ultima generazione”.

La via, se non è per forza di cose obbligata, non è neppure da scartare a priori. “Se guardiamo la strategia di lungo periodo dell’Unione europea, esistono vari scenari per arrivare all’abbattimento delle emissioni al 2050”, ricorda l’esponente di +Europa. “Alcuni prevedono il nucleare – ricorda – altri no”. Non considerarlo, dunque, sarebbe un errore. Come lo è, secondo Barbera Mazzola e il suo partito, sostenerlo con forza. “Trovo pretestuoso che una parte della politica si schieri solo su una opzione” tecnologica. “Non è necessario avere una tecnologia preferita rispetto all’altra, ma avere una visione a lungo termine”. Questo perché “una centrale non si sviluppa in cinque anni e anche le rinnovabili non si possono moltiplicare dall’oggi al domani”. Avanti dunque con un mix, avanti con “un orizzonte di lungo termine” e non soluzioni tampone. Avanti anche con il dialogo, quello vero. Sul clima e sull’energia, come sul resto, “l’elettorato va informato e coinvolto”. Un riferimento al dibattito spesso troppo acceso su questioni comunque chiave. “Trovo immaturo accusare le comunità locali, che hanno legittime preoccupazioni, e scagliarsi contro il fenomeno Nimby”, quello del ‘non nel mio giardino’.

idrogeno verde

Italia presente nell’elenco progetti rinnovabili transfrontalieri Ue

La Commissione europea ha individuato il primo elenco di tre progetti transfrontalieri di energia rinnovabile da realizzare in Ue, tra cui uno finalizzato alla produzione di energia elettrica pulita in Italia, Spagna e Germania per la conversione, il trasporto e l’utilizzo di idrogeno verde nei Paesi Bassi e in Germania. Per la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, i tre progetti selezionati “sono solo l’inizio: stiamo accelerando la diffusione delle energie rinnovabili in tutta l’Ue e ci stiamo muovendo verso un approccio sempre più collaborativo”.

Per quanto riguarda l’Italia, il piano punta alla costruzione di nuove centrali rinnovabili aggiuntive nella Penisola e quindi convertire l’energia verde prodotta in idrogeno verde e/o ammoniaca. Parte di questa – spiega l’esecutivo europeo – sarà utilizzata per gli acquirenti direttamente nei Paesi Bassi, ma la maggior parte sarà convertita in idrogeno e trasportata in Germania per un ulteriore utilizzo, soprattutto per le industrie difficili da elettrificare. Gli stati lavoreranno in simbiosi, anche perché, come afferma Simson: “Il pieno potenziale per la transizione verde e la decarbonizzazione dell’Ue può essere realizzato solo attraverso sforzi congiunti in tutti i settori, tecnologie e regioni”. Quanto agli altri due progetti dell’elenco, si tratta di un parco eolico offshore ibrido tra Estonia e Lettonia e una rete di teleriscaldamento transfrontaliera basata sulle rinnovabili tra Germania e Polonia.

(Photo credits: Ina FASSBENDER / AFP)