Senato, 450 linguette di vecchie lattine per il ventaglio sostenibile donato a La Russa

Il ventaglio che la stampa parlamentare consegna al presidente Ignazio La Russa quest’anno è sostenibile. L’opera è di Daniela De Paula, studentessa ventitreenne (“quasi 24”, tiene a precisare) dell’accademia di Belle Arti di Reggio Calabria.

E’ una maglia quasi ipnotica, composta da 450 linguette di vecchie lattine d’alluminio, trovate per strada. “Volevo dare una seconda vita a ciò che è considerato uno scarto”, spiega l’autrice.

Visibilmente emozionata, vestita in tailleur fucsia, viene pubblicamente ringraziata da La Russa al termine della cerimonia: “Da quali lattine provengono queste linguette?“, le chiede. “Coca cola, Sprite e Fanta, quello che ho trovato”, spiega la ragazza, ingenuamente. “È davvero bello, ma la prossima volta mettiamo la linguetta di una bibita italiana, così siamo a posto”, la replica ironica del presidente.

“Il focus è sul riciclo e sull’utilizzo di materiali che andrebbero gettati“, precisa a GEA l’allieva dell’accademia. Racconta che l’idea è partita in spiaggia: “Avevo visto tantissime lattine buttate, abbandonate, e ho pensato che magari avrei potuto utilizzare questi materiali di scarto in un modo artistico. Quindi ho recuperato tutto al mare o per strada, poi ho utilizzato questi materiali intrecciando una maglia e dandole la forma del ventaglio“.

Delle 450 linguette, quasi tutte grigie, sette sono colorate per, spiega, “bloccare questo colore cromatico neutro dell’alluminio. E ho voluto inserire queste linguette colorate per metterle in risalto“. Anche i colori hanno un significato: “Il verde è la speranza, il rosso invece è la forza, il nero è l’origine è posto proprio al centro del ventaglio, nell’esatta metà, l’arancione è la serenità“.

Superbonus, il governo incassa la fiducia al Senato. Ciriani: “Maggioranza mai stata in discussione”

Dopo giorni di attrito tra Forza Italia e il resto della maggioranza, il Dl Superbonus supera lo scoglio della fiducia al Senato e passa al vaglio della Camera. Il decreto ha rischiato di far cadere il governo in commissione Finanze a Palazzo Madama. Non è successo grazie all’intervento di Italia Viva e il testo è stato poi approvato in Aula con 101 Sì, 64 No e nessun astenuto con la fiducia posta dall’esecutivo. “Non è stato facile, perché il gruppo di Forza Italia non solo si è astenuto su un emendamento governativo, ma ha anche votato con l’opposizione alcuni emendamenti“, lamenta il senatore leghista Massimo Garavaglia, durante le dichiarazioni di voto al Senato. “Ma nonostante l’atteggiamento di FI l’emendamento governativo è stato approvato, i lavori si sono chiusi in maniera ordinata“, sostiene. La maggioranza “non è mai stata messa in discussione” per il ministro per i Rapporti col Parlamento, Luca Ciriani, che mette un punto alle polemiche: “I numeri, 101 a 64, non lasciano dubbi o spazi alle interpretazioni“. Quanto alla fiducia, si motiva con l’urgenza: “Abbiamo necessità di fare in fretta, siamo già abbastanza in ritardo sulla trasmissione del decreto alla Camera, dove deve essere approvato assolutamente entro mercoledì”, afferma Ciriani.

Per Forza Italia, incassato lo slittamento della Sugar Tax a luglio 2025, resta comunque il nodo dell’emendamento spalma-crediti retroattivo al primo gennaio 2024. Una questione di principio, per il segretario Antonio Tajani, che avverte: “Se diamo l’idea che possiamo fare norme retroattive la gente non si fida più di noi“. “Avremmo preferito più collegialità, ma siamo favorevoli al provvedimento nel suo complesso“, abbassa i toni il senatore azzurro Roberto Rosso in dichiarazione di voto, annunciando la fiducia di Fi al Dl, per “la profonda lealtà che ci caratterizza“. Ma, insiste, “prepariamoci ad aiutare le famiglie e le imprese che saranno in difficoltà“.

Il Superbonus è il “provvedimento più distruttivo, iniquo e folle, se vogliamo, della storia repubblicana recente“, sostiene il leader di Azione, Carlo Calenda, puntando il dito contro “la maggior parte delle forze politiche che sostenevano il governo Conte, che l’hanno approvato, ma allo stesso identico modo le forze dell’attuale maggioranza che lo hanno costantemente difeso“, il provvedimento, tuona, “più di destra mai fatto nella storia repubblicana“. E’ “sbagliato concettualmente“, anche per Matteo Renzi. Il leader di IV, forza che ha salvato il Dl, ricorda comunque che “è stato mantenuto per due anni dal governo Draghi e per due anni dal governo Meloni. E’ una misura sbagliata a cui il governo ha scelto di dare una risposta secondo noi non all’altezza della critica che il governo ha fatto, perché se dite che questo è la voragine dei conti pubblici dovreste spiegare anche quanti ministri hanno utilizzato il Superbonus“. “Tajani vota la fiducia al governo e incassa una nuova sconfitta, stavolta sul Superbonus”, è il tweet al vetriolo di Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva alla Camera, che affonda: “Da rassicuranti ad accondiscendenti, il passo è breve. Cosa si fa per sopravvivere”.

Tajani

Superbonus, il governo blinda il decreto e pone la fiducia: oggi il voto

Dopo gli attriti con Forza Italia, l’esecutivo blinda il decreto Superbonus, ponendo la fiducia al Senato. La ragione, ufficialmente, è un problema di tempi: il decreto scade martedì 28 maggio e la Camera deve avere il tempo di esaminarlo. Martedì in commissione Finanze il governo non è caduto grazie al voto di Italia Viva.

Ma il partito di Matteo Renzi domani in Aula voterà ‘no’. Ad annunciarlo dagli scranni di Palazzo Madama è il capogruppo Enrico Borghi: “Forza Italia non c’era ieri sera e non c’è oggi in quest’aula“, denuncia, puntando il dito contro una fiducia “totalmente imposta dal governo contro la propria maggioranza perché non si fida di un pezzo significativo della propria maggioranza“. Per questo, annuncia, “Italia Viva voterà convintamente contro la fiducia“. Iv considera il provvedimento adeguato, ma insiste Borghi: “Siamo all’opposizione del governo, pur non abdicando al nostro ruolo di partecipazione alla costruzione delle leggi”. E sul rinvio della Sugar tax di sei mesi rivendica il ruolo di Iv: “Siamo stati determinanti, se non ci fossimo stati noi e fosse stato per Forza Italia, gli italiani pagherebbero più tasse”.

Sul ‘no’ alla retroattività della norma ‘spalma-crediti‘, “abbiamo fatto una battaglia di principio: abbiamo detto che non si possono approvare norme con effetto retroattivo“, spiega il segretario di FI, Antonio Tajani. Ma questo, aggiunge, “non ha nulla a che vedere con la volontà di modificare le storture del Superbonus, con l’azione per risanare i conti pubblici“. In questo caso, per il vicepremier, si viola un principio giuridico base del diritto italiano che, ricorda, “prevede la non retroattività delle norme. Se altri partiti maggioranza non intendono difendere questo principio, noi non siamo d’accordo“. “Forza Italia si è battuta fortemente contro la retroattività. Lo ha fatto perché è convinta che lo Stato debba rispettare i patti che prende con i cittadini: non si cambiano le regole in corsa“, gli fa eco il capogruppo azzurro alla Camera, Paolo Emilio Russo. “Abbiamo condotto una battaglia in Senato, non siamo riusciti a raggiungere il risultato di toglierla, ma non ci arrendiamo. Continueremo ad affermare questo principio sacrosanto come a vigilare che la pressione fiscale scenda anziché salire”.

Sul Superbonus bisogna riconoscere a questa maggioranza, al ministro Giorgetti e alla premier Meloni di essersi assunti la responsabilità di dire finalmente basta a questo provvedimento che in modo nefasto ha inciso sulle casse dello Stato e sulle tasche dei cittadini. Questa decisione giunge nel pieno della campagna elettorale delle europee, è giunto il tempo della serietà e su questa strada intendiamo proseguire”, mette in chiaro in aula il senatore di Fratelli d’Italia Fausto Orsomarso.

Le opposizioni non credono alla spiegazione del governo sui motivi d’urgenza: per il senatore del Movimento 5 Stelle Stefano Patuanelli, l’esecutivo “non si fida di Forza Italia“. Gli va dietro il capogruppo Pd al Senato Francesco Boccia: “È evidente che pongono la fiducia su loro stessi, sulle loro divisioni, sulle loro fratture. E questo nonostante la disponibilità dell’opposizione a ridurre gli emendamenti in maniera significativa“. Una fiducia messa “perché la maggioranza è in crisi”, conferma il senatore dell’Alleanza Verdi e Sinistra Tino Magni. Eppure, osserva, “c’erano tutte le condizioni per andare avanti senza“.

A dare man forte al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che ha fortemente voluto la retroattività alla spalma-crediti, parla da Bruxelles il commissario all’Economia Paolo Gentiloni: “Non siamo di fronte a un rischio Grecia, ma essendo andato fuori controllo fa bene il governo a correre ai ripari”. Se questa misura mostra di essere fuori controllo, insiste, “credo opportuno darci un taglio”, aggiunge, sottolineando come “dal punto di vista dei conti pubblici italiani la misura si è dimostrata molto pericolosa”.

Il decreto sul Ponte sullo Stretto è legge. Salvini: “Giornata storica”

Photo credits: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

Il decreto sul Ponte sullo Stretto di Messina è legge. L’Aula del Senato lo ha approvato definitivamente con 103 voti favorevoli, 49 contrari e tre astenuti. Una “giornata storica, attesa da più di 50 anni”, festeggia il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini. Che, per l’occasione, convoca anche una conferenza stampa a Palazzo Chigi e celebra quella che, nelle intenzioni, sarà “un’opera green, non a chiacchiere ma nei fatti. Più di 100mila tonnellate di mancate emissioni di CO2 nell’aria, mare più pulito e non solcato da centinaia di traghetti”. Senza contare le ricadute economiche: previsti 100mila posti di lavoro e 6 miliardi di euro all’anno di risparmio per i siciliani in mancati collegamenti. Un “risarcimento danni per le promesse non mantenute” per Sicilia e Calabria, sferza Salvini attaccando i precedenti Governi. Il ministro immagina poi un altro tipo di ricaduta economica, legata al turismo, visto che sarà “un’opera che tutto il mondo verrà a studiare e visitare. Perché oltre ai benefici economici, sociali, ambientali, ci sarà anche un indotto turistico. Pensiamo a quanti italiani vanno a visitare ponti in altre città del mondo spendendo un bel po’ di soldi. Trasformarla in un’infrastruttura green, moderna, unica nel suo genere, però visitabile, è qualcosa che chiederò di aggiungere al progetto“.

Ora che il decreto è legge, il cronoprogramma prevede l’avvio dei cantieri entro l’estate del 2024, per concludere i lavori poco dopo il 2030. Un progetto ambizioso. Ma, prima del voto in Aula, Salvini chiama in causa addirittura i grandi artisti del Rinascimento italiano: “Bisogna osare. Se Michelangelo, Raffaello, Leonardo da Vinci non avessero osato e se fossero dovuti passare dalla commissione costi-benefici, non avremmo quello che hanno fatto. Le chiuse sui Navigli se ci fossero stati all’epoca i 5 Stelle non le avremmo mai viste”, attacca. E risponde anche a chi lo contesta: “E’ una giornata rilevante. Torno con un brevissimo inciso a ieri, quando la sinistra ci voleva convincere che non avremmo potuto e dovuto procedere alla discussione e all’approvazione di questo decreto perché stavamo infrangendo leggi. Vi ricordo che dicendo questo non avete mancato di rispetto al ministro Salvini, il decreto è stato emanato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Quindi se avete dubbi di costituzionalità rivolgetevi al Colle che penso abbia tutti gli elementi di garanzia e di superiorità per decidere cosa si può fare e cosa no“.

Nel giorno dell’ok al dl Ponte, però, il Mit tiene a sottolineare che non è l’unica opera sulla quale il dicastero è focalizzato. Anzi, i finanziamenti per le infrastrutture sono tutti confermati, ed è “determinato a realizzare quante più opere possibili, utilizzando tutti i fondi e non solo quelli del Pnrr“. E, qualora alcune opere non potessero beneficiare dei fondi Pnrr, il Mit procederà con altre forme di finanziamento.

Blitz Ultima Generazione al Senato: fango e acqua contro la facciata

Nuovo blitz Ultima generazione davanti al Senato: questa mattina 11 attivisti hanno bagnato con dell’acqua la facciata di palazzo Madama; nel mentre un altro gruppo ha sversato del fango vicino al portone e due ragazze si sono versate il fango addosso. “Fango come quello che ha travolto l’Emilia Romagna a seguito della devastante alluvione, a testimoniare in questo modo la vulnerabilità che tutte e tutti noi abbiamo nei confronti della crisi climatica e agli eventi estremi a questa correlati“, spiega Ultima generazione in una nota. L’azione è durata qualche minuto. Le Forze dell’ordine sono intervenute immediatamente, e in poco tempo hanno portato via i presenti. “Il fango versato oggi rappresenta il risultato delle politiche portate avanti a Palazzo Madama“, ribadiscono gli attivisti.

L’azione, spiegano gli attivisti, vuole essere una risposta all’invito/ricatto del presidente del Senato Ignazio La Russa di andare a spalare il fango in Emilia Romagna come condizione affinché Palazzo Madama ritiri la costituzione di parte civile nei confronti di Ultima Generazione, “avendo dato prova di volere concretamente fare qualcosa per l’ambiente”.

Secondo quanto si apprende, il questore di Roma Carmine Belfiore ha disposto il foglio di via obbligatorio per due degli attivisti fermati.

Ultima Generazione a processo: Senato, Mic e Comune di Roma parte civile

La facciata del Senato è rimasta imbrattata per due ore, i danni all’ambiente sono indelebili”. A Piazzale Clodio, fuori dal tribunale penale di Roma, l’attivista climatica Chloè Bertini, spiega al megafono le ragioni delle azioni più discusse di Ultima Generazione. Quella sulla facciata di Palazzo Madama, imbrattata di vernice rossa il 2 gennaio scorso per chiedere al governo di interrompere i sussidi pubblici alle fonti fossili, costa a tre di loro un processo per danneggiamento aggravato. Ora Davide, Laura e Alessandro rischiano fino a cinque anni di carcere.

Nella prima udienza, il Senato della Repubblica, il ministero della Cultura e, a sorpresa, anche il Comune di Roma si costituiscono parte civile. Gli imputati scelgono il rito ordinario e il giudice aggiorna il procedimento al prossimo 18 ottobre. Sarà ammesso a testimoniare il geologo Mario Tozzi, insieme con Bjork e Zoe, due attiviste di Ultima Generazione.

I ragazzi “non volevano cagionare danni“, spiega a GEA l’avvocato, Cesare Antetomaso. “Verificheremo se il danno materiale corrisponde a quello lamentato, noi abbiamo nominato un consulente, una docente di Scienza dei materiali, perché verifichi“, fa sapere.

Questo gesto è stato una scossa in mezzo al silenzio“, tuona Chloè al megafono. Intorno a sé ha una quarantina di attivisti, con cartelli e striscioni e qualche rappresentante politico. ‘La disobbedienza civile pacifica non è reato’, ‘Basta con la follia del fossile’, ‘Stop alla criminalizzazione di chi difende il clima’, si legge sui cartelli. “Alcuni politici erano scioccati dalla vernice rossa, a me ha scioccato la rapidità con cui si sono creati spazi di confronto – osserva Chloè -. Noi chiediamo al governo di investire soldi pubblici in maniera coerente”.

Mettere sul banco degli imputati ragazzi giovanissimi che hanno promosso “iniziative che non fanno un soldo di danno è un rovesciamento impressionante del buon senso”, dice Nicola Fratoianni, esponente di AVS, al presidio tra i ragazzi. Spera che la magistratura “faccia le giuste valutazioni” e chiede a chi si è costituito parte civile di ripensarci. L’appello è soprattutto a Ignazio La Russa, presidente del Senato “uomo di militanza e lotta politica”, perché cambi idea. “Possibile – chiede – che non ci concentriamo sull’oggetto della protesta ma solo sul metodo, che comunque non è violento?”.

La richiesta di pene è “spropositata” rispetto a quella che gli attivisti pongono, “una questione giusta“, gli fa eco Angelo Bonelli, che parla di “un negazionismo climatico del governo enorme”. Non condivide il metodo (“se lo condividessi lo farei anche io“), ma confessa di aver violato la legge più volte da giovane per difendere il pianeta. Il punto è un altro, scandisce: “Il governo si è dimenticato di costituirsi parte civile sulla logica stragista a piazza della Loggia. Il cambiamento climatico è emergenza sì o no? Il Senato si costituisce parte civile contro il crimine contro l’umanità che è la crisi climatica sì o no? Bisognerebbe fare una operazione verità”, aggiunge.

Anche il Pd partecipa al presidio. ”Pur non condividendo il loro metodo, capiamo la preoccupazione dei giovani attivisti, che protestano contro un governo a dir poco inerte di fronte alla sfida climatica“, afferma la coordinatrice della segreteria dem, Marta Bonafoni. La protesta, precisa, “non va criminalizzata, vanno invece ascoltate le ragioni di chi si batte contro i cambiamenti climatici. Serve investire non sulla repressione ma su una reale conversione ecologica ed energetica del nostro sistema“. Solidarietà arriva anche dalla Flc Cgil, “da sempre impegnata attivamente sui rischi legati al cambiamento climatico, anche con la partecipazione agli scioperi globali promossi da Fridays For Future“, ricorda. Il sindacato si dice preoccupato che “il Governo criminalizzi le proteste non violente dei ragazzi e delle ragazze, decretando addirittura nuovi reati ad hoc, mentre non usa la stessa durezza contro altri reati, a partire da quello di evasione fiscale“.
Una “strumentalizzazione” per Massimo Milani, deputato di Fratelli d’Italia e Segretario della Commissione Ambiente alla Camera, che bolla la partecipazione del partito di Elly Schlein al presidio  come “grave“: “Come al solito, la sinistra cavalca l’onda delle proteste degli ecovandali“. Si accoda, su Twitter, Raffaella Paita, presidente del gruppo Azione-Italia Viva: “Ecco il nuovo Pd al fianco dei teppisti che imbrattano i monumenti del Paese. E’ il Pd di Schlein: tutto tasse ed estremismo“.

Dl aiuti

Dl Ischia, ok alla Camera ma l’opposizione si astiene: “Le risorse non bastano”

Il Dl Ischia, con gli interventi deliberati dal governo dopo la tragedia del 26 novembre, incassa l’ok della Camera in prima lettura. Per l’isola sono previsti 85,4 milioni: ai 17,4 inizialmente stanziati nel decreto, con le sospensioni tributarie, se ne aggiungono altri 40,6 per la dotazione finanziaria e gli strumenti del Commissario per l’emergenza. Venti milioni saranno destinati alla rimozione dei fanghi. Sono inoltre previsti 7,5 milioni a sostegno delle attività dell’Autorità di bacino dell’Appennino meridionale.

Nessun contrario, ma si astiene l’intera opposizione. Con 170 Sì, il provvedimento passa ora nelle mani del Senato e dovrà essere convertito in legge entro l’1 febbraio. La frana seguita all’alluvione del 26 novembre è costata la vita a 12 persone, tra cui quattro bambini, uno di appena 21 giorni.

L’opposizione lamenta soprattutto il mancato impegno per la lotta strutturale all’abusivismo edilizio: “E’ l’esempio di come rincorriamo le emergenze in questo Paese, causate da un combinato disposto tra mala gestione del territorio ed eventi climatici estremi che si fanno sempre più frequenti e drammatici“, spiega il co-portavoce di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, Angelo Bonelli. Eventi estremi che, ricorda, “provocano tanti danni“.

Secondo l’Agenzia europea per l’ambiente, in Italia tra il 1980 e il 2021 hanno generato un costo economico per la collettività di 75 miliardi di euro. Una cifra enorme. In Italia dal 2010 al 31 ottobre del 2022 si sono verificati 1503 eventi estremi, con 780 comuni colpiti e 279 vittime. Solo nel 2022 ci sono stati 310 eventi e 29 morti, più 55% rispetto al 2021. “Non pensiamo alla prevenzione che, tra l’altro, farebbe risparmiare l’80 percento delle risorse che noi utilizziamo per far fronte all’emergenza, per riparare i danni come stiamo facendo oggi. E’ un atteggiamento assolutamente inaccettabile di chi non riesce ad avere cura non solo del territorio, ma cura di un Paese che dovrebbe essere non solo curato ma amato“, scandisce Bonelli.

Le misure sono insufficienti per il Pd: “Grazie al nostro lavoro di opposizione, svolto in piena collaborare e con spirito costruttivo rispetto alla maggioranza e al Governo, sono state aggiunte ulteriori risorse per i primi interventi di messa in sicurezza del territorio“, rivendica Piero De Luca. Ma non basta: “Le somme stanziate sono ancora inadeguate per la ricostruzione, per le opere di prevenzione, per il sostegno alla sistemazione alloggiativa transitoria e definitiva delle famiglie colpite, per il supporto economico ai nuclei familiari, alle imprese, alle attività economiche, ai lavoratori e agli enti locali“. “Come sempre De Luca non perde occasione per accendere il dibattito politico con vuote polemiche“, gli risponde il leghista Lega Gianpiero Zinzi. “Quella di Ischia – afferma – è una vera e propria tragedia sulla quale non si può speculare o fare propaganda. Questo decreto è un primo stanziamento per arginare l’emergenza, in vista di altro. Su questo il Parlamento ha svolto un ruolo importante. Ci aspettiamo che anche la Regione Campania ora faccia la propria parte”.

Poche risorse e “troppi tentennamenti” per Daniela Ruffino di Azione: “Manca la determinazione ad erogare sicurezza. Manca la poderosa azione che la messa in sicurezza dell’isola richiede e che chiedono gli stessi cittadini ischitani“.

 

Attivisti imbrattano il Senato, Meloni: “Gesto incompatibile con qualsiasi civile protesta”

“Sono vicina al presidente del Senato e a tutti i senatori e condanno il gesto oltraggioso, incompatibile con qualsiasi civile protesta”. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, commenta così la notizia del gesto dimostrativo di cinque esponenti di Ultima Generazione, che lunedì 2 gennaio alle 7.45 hanno imbrattato Palazzo Madama con un getto di vernice arancione, utilizzando degli estintori. I cinque attivisti sono stati  identificati, bloccati e condotti in questura dalla Digos, con l’ausilio dei carabinieri. La loro posizione, come riferisce la questura della capitale, è ora al vaglio.

Tra le richieste alla base della campagna di disobbedienza civile, l’interruzione immediata “della riapertura delle centrali a carbone dismesse e la cancellazione del progetto di nuove trivellazioni per la ricerca ed estrazione di gas naturale”; Ultima Generazione chiede inoltre di “procedere immediatamente a un incremento di energia solare ed eolica di almeno 20GW, creando migliaia di nuovi posti di lavoro nell’energia rinnovabile e aiutando gli operai dell’industria fossile a trovare impiego in mansioni più sostenibili”. Alessandro Berti, esponente della campagna, spiega a GEA che “la politica continua a restare sorda alle nostre richieste e dunque noi continuiamo con le nostre azioni. Abbiamo scelto di imbrattare Palazzo Madama quale simbolo del potere decisionale istituzionale. Le scelte del Governo devono mirare alla salvaguardia della vita delle persone e, dunque, devono avere a cuore la transizione ecologica che deve per forza essere attuata abbandonando le energie fossili appannaggio delle rinnovabili”.
Berti sottolinea che “le nostre azioni sono suffragate da dati istituzionali della comunità scientifica, come le stime Onu secondo le quali entro il 2050 cinque miliardi di persone dovranno affrontare la carenza idrica. Stiamo utilizzando ogni metodo non violento per far tornare l’attenzione sul tema del collasso climatico, evitando però i cortei autorizzati e le raccolto firme che non servono a nulla. L’azione per portare risultato deve provocare disturbo. Se ci sono altre modalità per portare attenzione e arrivare al risultato ben volentieri, ma al momento non ne vediamo all’orizzonte”, conclude l’esponente di Ultima Generazione.

Il gesto di questa mattina ha scatenato le dure reazioni del mondo politico. Il presidente del Senato Ignazio La Russa ha convocato per martedì 3 alle 15 il Consiglio di presidenza del Senato “per ogni opportuna decisione”, dichiarando che non possono esistere “né alibi né giustificazione per un atto che offende tutte le istituzioni e che solo grazie al sangue freddo dei carabinieri non è trasceso in violenza. Il Senato è stato vigliaccamente scelto perché a differenza di Palazzo Chigi, della Camera dei deputati e di altre istituzioni, non ha mai ritenuto fino ad ora di dover creare un area di sicurezza attorno all’edificio”. 

Anche dal ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin arriva una “ferma condanna”. Ricordando che “la parte maggiore del Next Generation Eu è destinata proprio alla transizione ecologica”, afferma che “è importante che i giovani e tutti i cittadini pongano attenzione su questi temi, ma è bene che sappiano che tutti gli atti vandalici messi in atto, anche se dimostrativi, sono inaccettabili e non saranno lasciati impuniti”.

Dai social arriva il commento del ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, Nello Musumeci: “Nessuna giustificazione né alibi per quello che è accaduto questa mattina al Senato. Una gravissima offesa alle Istituzioni. È con l’inciviltà che gli attivisti pensano di protestare in difesa dell’Ambiente?”, domanda. Gli fa eco il ministro alle Politiche europee con deleghe a Pnrr e politiche di coesione, Raffaele Fitto. “Sporcare opere d’arte, monumenti o edifici storici per rivendicare un mondo più pulito è una delle forme di protesta più assurde e stupide. Nessuna giustificazione per gli autori, in questo caso siamo di fronte anche a un’offesa contro le istituzioni. Un grazie ai Carabinieri”, scrive su Twitter. Canale sul quale si esprime anche la ministra per le Riforme Istituzionali e la Semplificazione normativa, Maria Elisabetta Alberti Casellati (ex presidente dell’Assemblea di Palazzo Madama) – “Imbrattare la facciata del Senato non ha nulla a fare con la difesa dell’ambiente. Questa è la vernice dell’ignoranza e dell’inciviltà”- nonché il ministro della Difesa, Guido Crosetto“Scegliere di ‘sporcare’ opere d’arte o edifici storici, per difendere l’ambiente sarebbe un po’ come organizzare una cena tra amici a tema Asado argentina, per fare battaglie vegane?”.

Per la ministra del Turismo, Daniela Santanchè: “Imbrattare la facciata di un’istituzione non significa difendere l’ambiente, è solo un gesto incivile e immaturo, che lascia il tempo che trova e che, anzi, offende tutto ciò che il Senato rappresenta in quanto organo democratico della nazione: non c’è niente di eroico, in questo, c’è soltanto da condannare”. E aggiunge: “Dal nostro canto il ministero è davvero attento alle tematiche ambientali, e lo dimostra con le diverse iniziative a sostegno del turismo sostenibile”. Secondo il senatore del Terzo polo e leader di Iv, Matteo Renzi “chi vandalizza un palazzo delle Istituzioni pensando di difendere l’ambiente capisce poco. Chi giustifica i vandali che imbrattano dimostra di capire ancora meno”, scrive sui social.

Il senatore Questore Antonio De Poli sottolinea che si tratta di un gesto “oltraggioso, grave e inaccettabile nei confronti delle nostre istituzioni. Sono episodi inqualificabili che vanno condannati con forza in maniera unanime perché dietro di essi si cela un linguaggio intimidatorio che è assolutamente intollerabile”. Di medesimo avviso il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani, che aggiunge: “Non esiste alcuna giustificazione possibile: non è così che si sensibilizza l’opinione pubblica sul tema dell’ambiente, anzi. Questi soggetti con le loro azioni gettano discredito su tutti coloro i quali invece combattono legittimamente la battaglia per il clima”.

Il capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, Lucio Malan, definisce “grave” il gesto di questa mattina. “Purtroppo – sottolinea – con regolare puntualità si ripetono questi incivili atti vandalici nei confronti del patrimonio artistico, che evidenziano peraltro una ideologia malata per la quale è lodevole devastare inutilmente il patrimonio comune se si afferma di farlo per un confuso concetto di ambiente.  Per Licia Ronzulli, presidente dei senatori di Forza Italia, “non si difende l’ambiente attaccando le istituzioni, sporcando palazzi, edifici storici, opere d’arte; rappresenta la strada più sbagliata per porre l’attenzione sui cambiamenti climatici”.

Secondo la capogruppo del Movimento 5 Stelle, Barbara Floridia: “La lotta al cambiamento climatico e la difesa dell’ambiente sono battaglie sacrosante, che però non possono in alcun modo giustificare forme di vandalismo e di sfregio ad opere d’arte ed a sedi istituzionali, come è avvenuto oggi al Senato della Repubblica”.

 

La Russa presidente del Senato, ‘disagio’ FI sul governo. Cattaneo ipotesi Mite

La diciannovesima legislatura inizia con il turbo inserito. La macchina non si è nemmeno messa in moto che già finiscono per ingarbugliarsi le partite delle presidenze di Camera e Senato con quella per la composizione del nuovo governo. Si parte dall’unico dato certo: Ignazio La Russa è il nuovo presidente dell’assemblea di Palazzo Madama. Tutto come da copione? Assolutamente no. Perché l’esponente di FdI, che era sì il candidato praticamente ufficiale della coalizione di maggioranza, alla fine la spunta al primo turno solo grazie all’aiuto che arriva dalle opposizioni. Forza Italia, infatti, sceglie di non partecipare alla prima seduta per lanciare un segnale di “disagio” verso gli alleati e la premier in pectore, Giorgia Meloni, dai quali sono arrivati i veti per l’ingresso di Licia Ronzulli (una delle collaboratrici più strette del leader azzurro) nella squadra del nuovo esecutivo. Solo Silvio Berlusconi e Maria Elisabetta Alberti Casellati (presidente uscente del Senato) sono presenti e votanti. Ovviamente per La Russa, come “segnale di apertura“. Ma i voti a favore sono 116, ergo 17 non appartengono all’area di maggioranza, che poteva disporne solo di 99 effettivi in aula.

Da dove arriva il cadeaux? Gli occhi sono puntati sul Terzo polo, ma sia Matteo Renzi che Carlo Calenda rispondono in modo piccato di guardare altrove. Del resto, numericamente la truppa di Azione-Italia viva conta solo 9 membri, dunque ne resterebbero fuori altri 8 che potrebbero essere attribuibili tanto al Pd quanto al Movimento 5 Stelle. Tant’è che si scatena quasi subito la girandola di accuse reciproche tra esponenti dell’opposizione, con tanto di rivendicazione di aver lasciato in bianco la scheda nel segreto del catafalco. Comunque siano andate le cose, l’unico che sembra non farsi alcun problema delle dinamiche è proprio La Russa, che si presenta in aula con un mazzo di fiori per Liliana Segre, che ha diretto la prima seduta fino all’elezione del nuovo presidente. Che prende la parola subito, ringraziando tutti: chi lo ha votato, chi non lo ha votato, chi si è astenuto e anche chi non ha partecipato allo scrutinio. “Davanti a noi ci sono paure e preoccupazione dei cittadini che chiedono alla politica non solo di raccogliere le loro necessità, ma soprattutto di risolverle – dice la seconda carica dello Stato nel discorso di insediamento -. Penso all’inflazione, al caro energia, che sono un dramma per le famiglie e hanno innescato per molte imprese il conto alla rovescia, con il rischio più che concreto della chiusura. L’Italia non può, l’Italia non deve fermarsi“. C’è spazio anche per l’ambiente nelle sue parole: “Il rispetto per la natura e il pianeta sono imprescindibili per l’eredità che dobbiamo lasciare ai nostri figli“.

Ieri in serata, poi, La Russa sale al Quirinale per il rituale colloquio informale con il capo dello Stato, Sergio Mattarella. In un formato diverso dal solito, perché al suo fianco non c’era il nuovo (o la nuova) presidente della Camera, ruolo per il quale si dovrà aspettare il terzo scrutinio, in programma oggi a partire dalle ore 10.30. Perché mentre al Senato – sempre ieri – si apriva il ‘giallo’, a Montecitorio si riapriva la partita della Presidenza: inizialmente sembrava cosa fatta per il leghista Riccardo Molinari, poi nel corso della giornata l’orientamento si è spostato su Giancarlo Giorgetti e alla fine si è planati su Lorenzo Fontana. Tre nomi della scuderia del Carroccio, ma ognuno con una ‘geopolitica’ interna alla coalizione molto diversa. Giorgetti, infatti, sembra destinato a guidare il Mef, mentre Molinari sarà capogruppo alla Camera.

Da qui in poi l’intreccio raggiunge il prossimo governo Meloni. Perché Berlusconi non ha mandato giù i no a Ronzulli, dicendolo apertamente pur senza fare nomi: “Sinceri auguri a La Russa, Forza Italia ha voluto dare un segnale di apertura e collaborazione, ma in una riunione del gruppo è emerso un forte disagio per i veti espressi in questi giorni – verga il Cav in una nota -. Auspichiamo che vengano superati, dando il via ad una collaborazione leale ed efficace con le altre forze della maggioranza, per ridare rapidamente un governo al Paese“. Il messaggio è chiaro, la risposta invece non arriva. Almeno pubblicamente. Così come davanti alle telecamere questo “disagio” viene espresso proprio dal leader di FI, colto in aula, al Senato, pochi minuti prima dell’inizio delle votazioni, a parlare proprio con quello che ne sarebbe diventato il presidente. Berlusconi nelle immagini appare contrariato, tanto da battere anche la penna che aveva tra le mani sul foglio contenuto nella cartellina aperta sul suo banco. Gli scappa anche un ‘vaffa’: il labiale è chiarissimo quando viene passato al rallenty dalle televisioni.

Segno che qualcosa proprio non gli è andata giù di questi negoziati. Durante i quali l’ex premier ha presentato diverse richieste a Meloni. Alcune delle quali scritte di suo pugno sul foglio dove si è schiantata la malcapitata penna. Il Tg di La7 ha provato a ingrandire l’immagine, al punto che il direttore, Enrico Mentana, ha potuto scorgere, tra le varie caselle dei ministeri, che FI ha proposto Ronzulli per le Politiche Ue, il Turismo o i rapporti con il Parlamento. Gli azzurri vorrebbero anche il ministero della Transizione ecologica per affidarlo ad Alessandro Cattaneo, in grande spolvero in questa fase politica. Quale sarà il ‘raccolto’ di questa semina lo si capirà entro pochi giorni, perché le consultazioni al Colle potrebbero iniziare il 22 ottobre, al termine del Consiglio europeo sull’energia, al quale dovrebbe partecipare ancora Mario Draghi, che ieri sera ha avuto un incontro di oltre due ore e mezza, a Parigi, con il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron. Una visita “personale, molto cordiale e calorosa, espressione dell’amicizia tra i due leader” fanno sapere da Palazzo Chigi. Durante la quale “hanno avuto modo di discutere di vari temi, in particolare quelli in agenda al prossimo Consiglio Ue, tra cui l’Ucraina, l’energia e l’andamento del quadro economico“.

Una buona eredità per chi verrà dopo di lui. Transizione che, se tutte le caselle saranno al loro posto entro la prossima settimana, potrebbe essere anche molto rapida. Tutto dipenderà da questi ultimi, febbrili giornate di trattative: i giochi restano aperti, ma non troppo.

Draghi

Non basta l’emergenza energia, il governo Draghi è al capolinea

Sperava in un esito diverso, ma Mario Draghi era consapevole da giorni che era “venuta meno la maggioranza di unità nazionale. In una calda giornata di luglio si è chiusa, di fatto, l’esperienza del suo governo, che incassa sì la fiducia del Senato, ma senza i voti di Movimento 5 Stelle, Lega e Forza Italia. Uno strano e inaspettato asse giallo-verde-azzurro, che imposta un ‘campo largo’ imprevedibile e, forse, irripetibile.

I numeri contano poco, il premier oggi salirà al Colle per riconsegnare le dimissioni nelle mani del capo dello Stato, Sergio Mattarella. Al Colle va comunque dato atto di averle provate tutte per ricomporre la crisi, ma con tutta probabilità adesso dovrà soltanto prendere atto che la legislatura è al capolinea e non resta che sciogliere le Camere e indire nuove elezioni per non rischiare di finire in esercizio provvisorio e perdere tappe fondamentali del cronoprogramma per il Pnrr. Per capire come sia arrivata la politica a questo risultato, è utile riavvolgere il nastro della giornata di ieri. Con una premessa: gli equilibri sono deflagrati giovedì scorso, quando il M5S scelse di non partecipare al voto di fiducia sul decreto Energia 2.

Draghi ne prese atto e in Cdm, poche ore dopo lo strappo di Giuseppe Conte e i suoi a Palazzo Madama, comunicò l’intenzione di rimettere il mandato (“una scelta tanto sofferta, quanto dovuta”). Mattarella respinse le dimissioni, invitando il presidente del Consiglio a rendere le comunicazioni alle Camere, visto che non era stato sfiduciato. Si arriva così al 20 luglio 2022: la data in cui, di fatto, finisce l’esperienza di Mario Draghi a Palazzo Chigi. Che inizia comunque con un tentativo estremo di ricucire, spinto “dagli italiani“, perché “la mobilitazione di questi giorni da parte di cittadini, associazioni, territori a favore della prosecuzione del governo è senza precedenti e impossibile da ignorare“. Così lancia l’ultimo appello a partiti e parlamentari: “L’unica strada, se vogliamo ancora restare insieme, è ricostruire daccapo il patto, con coraggio, altruismo, credibilità“. Chiedendo, in maniera diretta: “Siete pronti a ricostruirlo? Siete pronti a confermare quello sforzo che avete compiuto nei primi mesi, e che poi si è affievolito?“. Nel suo discorso cita il lavoro fatto per smarcarsi dalla dipendenza russa sull’energia, invita a superare le ritrosie sui rigassificatori di Ravenna e Piombino, spiegando che di quest’ultimo bisogna “ultimare l’istallazione entro la prossima primavera“, perché “è una questione di sicurezza nazionale“. Punta anche al 2030 per l’attivazione di 70 gigawatt di impianti per le rinnovabili, definisce urgente, nel periodo più difficile per l’agricoltura a causa della siccità, predisporre un ‘Piano acqua’ che affianchi i 4 miliardi investiti dal Pnrr per ridurre il gap delle infrastrutture idriche. Ma soprattutto delinea il perimetro geopolitico dell’Italia: “La nostra posizione è chiara e forte nel cuore dell’Ue, del G7, della Nato“. E proprio in Europa indica le sfide più immediate: “Continuare a batterci per ottenere un tetto al prezzo del gas russo e per la riforma del mercato elettrico“. Sul piano strategico-militare, poi, il fianco a cui prestare aiuto è Kiev: “Come mi ha ripetuto ieri al telefono il presidente Zelensky, armare l’Ucraina è il solo modo per permettere agli ucraini di difendersi“. Discorsi che fanno breccia, però, solo in una parte della sua (ormai ex) maggioranza. Il Pd applaude, Iv e Matteo Renzi confermano e raddoppiano l’appoggio, Insieme per il futuro garantisce il sostegno. E qui la storia si ferma: perché dopo giorni di riflessioni, ore e ore di dibattito interno, a fare un passo indietro è il cosiddetto centrodestra di governo. Lega e Forza Italia offrono a Draghi la soluzione di un bis ma senza i Cinquestelle, puntando sui temi sociali del loro programma. Prendere o lasciare. E lo scrivono nero su bianco in una delle due proposte di risoluzione presentate al Senato dopo le comunicazioni. L’altra è a firma di Casini, di una sola riga: “Il Senato, udite le comunicazioni del presidente del Consiglio dei ministri, le approva“. Su questa è Draghi in persona a porre la questione di fiducia. Il resto è storia: Carroccio, FI e Cinquestelle – rimasti stranamente silenti per tutto il giorno – annunciano di non voler prendere parte al voto. La fiducia comunque passa, con 95 voti favorevoli contro i 38 di Fratelli d’Italia e delle opposizioni. Formalmente il premier potrebbe andare avanti, ma non ci sono più quelle condizioni per le quali Mattarella scelse l’ex Bce. Oggi sarà alla Camera, come da calendario, ma non c’è più quell’unità nazionale che spinse quasi tutti ad appoggiarlo. La campagna elettorale è già iniziata, mentre l’inverno si avvicina e le incertezze restano senza risposta.