siccità

Ore di lavoro perse costano all’Italia 4,4 miliardi all’anno: il prezzo nascosto del riscaldamento globale

Non solo ambiente e non solo salute. Il riscaldamento globale ha un prezzo, o meglio, un costo nascosto che danneggia l’economia. Nel 2023 in Italia è stata pari a 4,4 miliardi di dollari la perdita potenziale di reddito dovuta alla riduzione della capacità lavorativa a causa del caldo. Lo rivela il rapporto annuale ‘The Lancet Countdown on Health and Climate Change’, che fa il punto sull’evoluzione dei legami tra salute e cambiamenti climatici attraverso oltre 50 indicatori peer-reviewed. “L’esposizione al calore – si legge nel documento – limita la produttività del lavoro, compromettendo i mezzi di sussistenza e i determinanti sociali della salute”. Inoltre, nel nostro Paese oltre 250 milioni di ore di lavoro potenziali sono state perse a causa dell’esposizione al caldo nel 2023, con un aumento del 90% rispetto alla media annuale del periodo 1990-1999. I lavoratori del settore edile sono stati i più colpiti, con il 38% delle ore potenziali perse e il 36% delle perdite di reddito potenziali nel 2023.  A livello globale, le perdite economiche medie annue dovute a eventi estremi legati al clima sono aumentate del 23% dal 2010-2014 al 2019-2023, raggiungendo i 227 miliardi di dollari.

Nell’analisi globale, il nostro Paese è uno di quelli più a rischio su ogni fronte. Basti pensare che la mortalità prematura dovuta all’inquinamento atmosferico di origine antropica è costata all’Italia 145 miliardi di dollari nel 2021. Mortalità che, in cifre, fa impallidire: tra il 2013 e il 2022 l’aumento medio complessivo dei decessi dovuti al caldo in Italia è stato stimato in 30 per 100.000 abitanti, passando da circa 129 nel 2003-12 a 159 nel 2013-22. Secondo uno studio dell’Istituto di Barcellona per la salute globale (ISGlobal), nel 2022 l‘Italia, tra i Paesi europei, detiene il record di vittime: delle 18.758 causate dal caldo, 13.318, cioè il 71%, sono state dovute al riscaldamento antropico. Nella classifica il nostro paese è seguito da Spagna, Germania, Francia e Grecia.

Nel nostro Paese, si legge nel rapporto di The Lancet, “le tendenze in materia di calore e salute sono particolarmente preoccupanti, con le popolazioni che sperimentano un aumento dell’esposizione alle alte temperature, compromettendo i mezzi di sussistenza e minacciando la salute e il benessere delle persone”. Dal 2014 al 2023, ogni neonato e adulto italiano di età superiore ai 65 anni è stato esposto in media a 18 giorni di ondate di calore all’anno. Solo nel 2023, gli stessi gruppi sono stati esposti a oltre 26 giorni di ondate di calore all’anno.

Siccità, Balla: In Marocco progetti importanti, da autostrada acqua a desalinizzazione

“La siccità è un problema comune a tutti, il cambiamento climatico e quindi lo stress idrico. Il Marocco ha avviato grandi piani per fare fronte a questa situazione. Certamente la gestione dell’acqua, una gestione razionale delle risorse, ma anche piani di infrastrutture. Il primo è l’autostrada e l’acqua, che permette il trasferimento dell’acqua da una zona all’altra ed è già operativa, la prima autostrada è di 580 km e permetterà trasferire una quantità di 580 milioni e metri cubi. Ma il Marocco ha anche avviato un piano per la desalinizzazione del mare. Sono in programma 20 centrali di desalinizzazione del mare, uno è la centralina di Casablanca, è i lavori sono già avviati, è la più grande centrale in Africa per la desalinizzazione dell’acqua. Queste centrali saranno la base per la produzione dell’idrogeno verde, perché tutte funzioneranno grazie alle energie rinnovabili”. Lo ha detto a Gea l’ambasciatore del Marocco in Italia, Youssef Balla, che ha ospitato presso la sua residenza l’evento organizzato da Fondazione Articolo 49 ‘Nuove energie tra Europa e Africa’.

siccità

Italia ad alto rischio siccità: in Sardegna e in Sicilia è allarme rosso

Il cambiamento climatico ha aumentato la probabilità di siccità estrema in Sardegna e Sicilia del 50%. Lo rivela uno studio di World Weather Attribution, una collaborazione internazionale che analizza e comunica la possibile influenza dei cambiamenti climatici sugli eventi meteorologici estremi, come tempeste, precipitazioni estreme, ondate di calore e siccità. Secondo i ricercatori, i cambiamenti climatici causati dall’uomo hanno aumentato la probabilità che la siccità provochi carenze idriche e perdite agricole devastanti, pari a circa il 50%, nelle isole maggiori e situazioni simili “peggioreranno con ogni frazione di grado di riscaldamento in più, evidenziando l’urgente necessità di ridurre le emissioni a zero”.

“La Sardegna e la Sicilia – dice Mariam Zachariah, ricercatrice presso il Grantham Institute – Climate Change and the Environment, dell’ Imperial College di Londra – stanno diventando sempre più aride a causa dei cambiamenti climatici. Il caldo torrido e prolungato colpisce le isole con maggiore frequenza, facendo evaporare l’acqua dai terreni, dalle piante e dai bacini idrici. Per gli agricoltori e le città che hanno sopportato mesi di restrizioni idriche, questo studio è una conferma: il cambiamento climatico sta intensificando la siccità”.

Per il Wwf, questo scenario “conferma la necessità di rimuovere molto rapidamente le cause del riscaldamento globale, in particolare l’uso dei combustibili fossili. In questo, i Paesi a maggior rischio devono fungere da esempio e stimolo, come accade per le piccole isole del Pacifico. È anche urgente rendere operativo il Piano nazionale di Adattamento e darsi priorità d’azione e finanziamenti adeguati, altrimenti saremo condannati a far fronte di continuo a emergenze, con il rischio, già annunciato dal Ministro della Protezione Civile, che i cittadini non possano più godere di alcun aiuto in occasione di eventi estremi. È ormai reale il pericolo che il cambiamento climatico mini le basi stesse dell’economia e della competitività italiana, a cominciare dal turismo e dall’agricoltura”.

Lo studio di World Weather Attribution avverte che siccità simili peggioreranno con ogni frazione di grado di riscaldamento in più, evidenziando l’urgente necessità di ridurre le emissioni a zero. In base al sistema di classificazione del monitoraggio della siccità degli Stati Uniti, le siccità su entrambe le isole sono classificate come “estreme”. Tuttavia, in un mondo più freddo di 1,3°C, senza cambiamenti climatici causati principalmente dalla combustione di combustibili fossili, sarebbero state meno intense e classificate come siccità “gravi”, secondo l’analisi. Se il mondo raggiungerà i 2°C di riscaldamento, cosa che potrebbe accadere già nel 2050, le siccità in Sardegna e Sicilia diventeranno ancora più intense e frequenti.

Lo studio evidenzia, inoltre, come l’invecchiamento delle infrastrutture idriche stia aggravando la carenza d’acqua. Una gestione efficace dell’acqua contribuirà a ridurre l’impatto delle future siccità, in particolare quando l’afflusso estivo di turisti aggiungerà ulteriore pressione ai bacini idrici durante i mesi più secchi dell’anno, affermano i ricercatori.

Ecco perché, dice il Wwf, “a partire dalla prossima legge finanziaria, quindi, ci aspettiamo misure per finanziare un’economia a carbonio zero, capace di aiutare cittadini e imprese nel percorso della transizione energetica, insieme all’identificazione delle misure prioritarie e dei finanziamenti per attuare un serio piano di adattamento”.

lollobrigida

Siccità al centro del Med Cyprus. Lollobrigida: Italia capofila Ue per strategia comune

Tra le conseguenze della crisi climatica, l’inasprimento della siccità è una delle più evidenti. E l’Italia è pienamente investita dal fenomeno, soprattutto in Sicilia e in Sardegna. In futuro, il problema non potrà che peggiorare, soprattutto nel Mediterraneo.

I ministri dell’agricoltura dei nove Paesi che si affacciano sul Mare Nostrum (Grecia, Spagna, Francia, Cipro, Malta, Slovenia, Portogallo, Croazia e Italia) si danno appuntamento a Cipro per condividere una strategia europea sul tema e individuare risorse finanziarie adeguate.

Un incontro, fa sapere Francesco Lollobrigida, “sollecitato” da Roma. Con i titolari dei dicasteri c’è il commissario europeo uscente, Janusz Wojciechowski. “Abbiamo condiviso il ‘Documento di Famagosta’, dove ribadiamo la nostra determinazione ad affrontare il problema della scarsità d’acqua e ad assicurare un futuro ai nostri agricoltori“, spiega il ministro italiano, rivendicando come il Governo Meloni sia “ancora una volta capofila in Europa a difesa dell’agricoltura”.

Il Masaf, assicura Lollobrigida, “sta lavorando come mai accaduto prima nei passati governi per tutelare gli agricoltori e fornire ascolto, risposte puntuali e centralità al settore agricolo“.
Parla di investimenti “mai visti prima” per sostenere le filiere in crisi e di una “svolta” impressa nella gestione delle emergenze che affliggono il settore, a partire da un rafforzamento del sistema dei controlli.

Il tema sarà sul tavolo del G7 Agricoltura e Pesca, che si terrà sull’isola di Ortigia a Siracusa, dal 26 e al 28 settembre. “Sottolineeremo l’importanza del sistema agroalimentare, zootecnico, dell’itticoltura e della pesca e la centralità che devono ricoprire – ribadisce Lollobrigida -. Un principio che dovrà diventare una priorità concreta per tutti i Paesi del G7 e non solo”.

In Italia 40 dissalatori, in Spagna 800. Tota: “Meno di un miliardo per placare la siccità”

Photo credits: profilo Linkedin Acciona

E’ allerta rossa per la siccità al Sud, tanto che in Sicilia l’acqua arriva con la marina militare. Fra i rimedi che ogni anno vengono tirati in ballo di fronte a queste emergenze – oltre alla creazione di invasi e alla ristrutturazione della rete idrica che perde circa il 50% dell’acqua – c’è anche la dissalazione. Secondo i dati della fondazione Utilitatis però in Italia le acque marine o salmastre rappresentano solo lo 0,1 % delle fonti di approvvigionamento idrico, contro il 3% della Grecia e il 7% della Spagna. Il Paese iberico è diventato negli anni punto di riferimento dei dissalatori. GEA ne ha parlato con Pietro Tota, Country manager per l’Italia della divisione ‘Agua’ di Acciona, il gruppo iberico leader mondiale nella dissalazione dell’acqua per osmosi inversa.

Tota, quanti dissalatori ci sono effettivamente in Italia?

“L’Italia ha da alcuni anni dissalatori ma molto piccoli, che non potremmo nemmeno chiamare dissalatori veri e propri. Si tratta solo di tentativi per risolvere problematiche legate a contingenze, che utilizzano o utilizzavano tecnologie vecchie, obsolete e molto energivore. Ad oggi ci sono tra Puglia, Toscana, Sardegna, Lazio e e Sicilia circa 40 impianti di dissalazione, di questi 40 l’acqua dissalata prodotta viene utilizzata per scopi industriali nel 71% dei casi, in agricoltura non viene usata, mentre la quota restante serve per usi potabili. Mediamente la capacità produttiva di questi impianti è sotto i 2000 metri cubi (mc) al giorno, molto piccoli dunque. Fanno eccezione alcuni impianti di recente realizzazione come quello di Saras, realizzato da Acciona a Cagliari che produce circa 12 mila metri cubi al giorno per usi industriali”.

Com’è invece la situazione in Spagna?

“In Spagna ci sono in totale quasi 800 impianti di dissalazione e circa 100 sono su larga scala come quello di Torrevieja–Alicante, realizzato da Acciona, che produce 240.000 metri cubi al giorno (attualmente il più grande d’Europa). In Spagna sono 30 anni che fanno dissalazione. I dissalatori in Spagna producono 5 milioni di metri cubi al giorno, in Italia invece la produzione massima è 17 milioni di metri cubi all’anno”.

Nel resto del mondo a che punto è la dissalazione?

“In Arabia Saudita quasi metà di acqua potabile è prodotta da impianti di dissalazione. E’ vero che là è una necessità per la scarsità dell’acqua. E’ vero anche però che in questi Paesi mediorientali, compreso Israele, hanno le raffinerie per cui l’energia elettrica per questi impianti non è un problema. E’ in generale un discorso sistemico loro hanno puntato, come l’Australia, sulla dissalazione come fonte di approvvigionamento idrico”.

Anche il governo italiano lo scorso anno ha deciso di accelerare sulla dissalazione, no?

“Certo, sono stati fatti vari tavoli di regia e si è creata una cabina di regia, si sono nominate commissioni, ma riteniamo che bisogna far entrare le utilities che costruiscono e gestiscono impianti di dissalazione nel mondo in queste cabine di regie. I gestori della risorsa idrica, penso ad Utilitalia, devono essere coinvolti. A questi tavoli ci sono invece politici, protezione civile, enti universitari che alla fine non sono poi operativi. I gestori invece sanno le necessità e le disponibilità, vanno coinvolti. Tutto ciò tuttavia non sta avvenendo”

Siete stati contattati in queste settimane?

“Con l’emergenza idrica in Sicilia ci hanno chiamato per rimettere in funzione i dissalatori di Porto Empedocle, Trapani e Agrigento. Ma come si è conclusa la vicenda? Hanno puntato sulle autobotti e trasporto con le navi cisterna che prendono acqua da fonti di approvvigionamento idrico di acqua potabile per trasferirle dove c’è necessità e rimandando la questione dissalazione a progetti futuri.

E’ una questione di costi?

“Guardi, prendiamo l’esempio delle isole Pelagie: a Lampedusa abbiamo realizzato mini dissalatori 10 anni anni fa e la tariffa di acqua pagata è scesa da 17 euro /mc (del trasporto con navi cisterna) a circa 3 euro/mc”.

Costi energetici?

“Attualmente i dissalatori sono una tecnologia estremamente matura. Pe dissalare un metro cubo di acqua si impiegano meno di 3 kw. Se consideriamo che un kw costa circa 20 centesimi, parliamo dunque di 60 centesimi. Il costo, compreso investimento e manutenzione, ormai è ben al di sotto dell’euro per metro cubo dell’acqua trattata. Sono dunque costi paradossalmente competitivi rispetto ad esempio all’uso delle bettoline”.

E allora cosa frena la dissalazione in Italia?

“Un discorso culturale… bisogna pensare alla dissalazione come fonte integrata nei sistemi idrici. La risorsa idrica di acqua dolce utilizziamola pure ma va anche preservata. A Barcellona ci sono tre potabilizzatori e due dissalatori sempre in funzione. E tutta l’acqua accumulata viene preservata”.

Restando nel Mediterraneo, come si comportano gli altri Paesi?

“La Grecia ha avuto un problema di fondi, tuttavia è più avanti dell’Italia. Cipro ormai è alimentata quasi al 100% dai dissalatori, a Malta ce ne sono tre”.

La siccità è un dramma soprattutto per l’agricoltura, in Spagna come viene usata l’acqua dissalata?

“A Torrevieja il 70% acqua prodotta viene usata per irrigazione, il 70% di 250mila metri cubi al giorno”.

Quanti dissalatori servirebbero in Italia per avvicinarsi alla Spagna?

“Circa 20 di medio-grandi dimensioni, soprattutto al Centro-Sud”.

Quanti soldi servirebbero? Il Pnrr ha aiutato o può aiutare?

“Con il Pnrr l’Acquedeotto pugliese farà un dissalatore, noi ne stiamo realizzando uno a Cefalù finanziato che genererà 40mila metri cubi al giorno, che non è proprio un dissalatore di acqua mare, bensì di acqua salmastra: prende l’acqua dalla sorgiva e la dissala. Il costo per Cefalù è di 35 milioni considerando anche le condotte di scarico e altre opere strutturali particolari. L’impianto in sé costa meno di 20 milioni”.

Con un miliardo di euro, insomma, si potrebbe risolvere il problema siccità in Italia?

“Forse anche meno, a patto di utilizzare lo strumento del project financing.”

Dai geni ai jeans: allo studio varietà di cotone resistenti alla siccità

Dalle morbide T-shirt ai comodi jeans fino alle accoglienti lenzuola. Il cotone è la principale fibra tessile rinnovabile del mondo e la spina dorsale di un’industria globale che vale miliardi. Con l’intensificarsi dei cambiamenti climatici, i coltivatori di cotone si trovano ad affrontare sfide crescenti dovute alla siccità e al caldo. Tuttavia, una nuova ricerca offre la speranza di sviluppare varietà più resistenti, in grado di mantenere rese elevate anche in condizioni di stress idrico.

Un team interdisciplinare di ricercatori ha esaminato il modo in cui le diverse piante di cotone rispondono alla siccità a livello genetico in uno studio recentemente pubblicato sul Plant Biotechnology Journal. Hanno coltivato 22 varietà di cotone di montagna (Gossypium hirsutum L.) nella regione del basso deserto dell’Arizona, sottoponendo metà delle piante a condizioni di scarsità idrica. Analizzando i geni e i tratti fisici delle piante, gli scienziati hanno scoperto alcune affascinanti intuizioni sui meccanismi di gestione della siccità del cotone.

Due geni regolatori chiave svolgono un ruolo cruciale nell’aiutare le piante di cotone a gestire lo stress idrico mantenendo la produzione di fibre. Questi geni agiscono come direttori d’orchestra, coordinando l’attività di centinaia di altri geni coinvolti nella risposta alla siccità e nello sviluppo della fibra.

“Sembra che nel corso del tempo le piante di cotone abbiano evoluto questo meccanismo di regolazione che le aiuta a far fronte alle condizioni di siccità, pur continuando a produrre le fibre che sono così importanti dal punto di vista economico”, spiega Andrew Nelson, professore assistente presso il Boyce Thompson Institute.

Poiché il cambiamento climatico porta a siccità più frequenti e gravi in molte regioni produttrici di cotone, è fondamentale sviluppare varietà che possano prosperare con meno acqua. Questa ricerca fornisce preziose indicazioni e obiettivi genetici per guidare gli sforzi di selezione. Inoltre, la gamma di risposte alla siccità osservate tra i 22 tipi esaminati sottolinea quanto sia cruciale la diversità genetica per adattare le colture a condizioni mutevoli.

“In un mondo che si trova ad affrontare sfide ambientali crescenti – dicono i ricercatori – capire come le nostre piante più importanti rispondono agli stress a livello molecolare è più che mai vitale. Questo studio fa progredire le nostre conoscenze scientifiche e apre la strada a un’agricoltura più resiliente e sostenibile di fronte ai cambiamenti climatici”.

siccità

Siccità, allerta rossa al sud. In Sicilia l’acqua arriva con la marina militare

Via libera dalla Conferenza Stato-Regioni al riconoscimento per tutta la Sicilia delle “condizioni di forza maggiore e circostanze eccezionali” a causa della persistente siccità che da oltre un anno sta colpendo l’isola, una delle più gravi dell’ultimo cinquantennio. Un “dramma idrico” dice l’Anbi, che deve servire da “monito” per tutto il Paese. E l’allarme rosso scatta anche in Calabria, dove il presidente di Regione, Roberto Occhiuto ha dichiarato lo stato di emergenza.

Il provvedimento era stato richiesto dal governo regionale lo scorso 17 giugno: ora si attende la firma del decreto da parte del ministro della dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. Il riconoscimento della condizione di forza maggiore e di circostanze eccezionali dal primo luglio 2023 a maggio 2024 consentirà alle imprese agricole e zootecniche che operano su tutto il territorio siciliano di usufruire di deroghe in alcuni ambiti della Politica agricola comune, che permetterebbero di non applicare determinati vincoli a pascoli e terreni, continuare a godere di aiuti, rinviare pagamenti, sanzioni e oneri.

Una decisione accolta favorevolmente dal governatore siciliano, Renato Schifani, che sottolinea come la regione sia stata posta nella stessa “zona rossa” di Marocco e Algeria. L’intesa raggiunta, dice, “dimostra la concreta attenzione e sensibilità del governo nazionale per una situazione che va affrontata in maniera corale da tutte le istituzioni, comprese quelle europee“.

La Regione ha già dichiarato lo stato di calamità naturale per danni all’agricoltura e ottenuto dal Consiglio dei ministri il riconoscimento dello stato di emergenza di rilievo nazionale. La nuova richiesta nasce da una situazione che si è aggravata nelle ultime settimane a causa della riduzione delle risorse idriche negli invasi e della conseguente indisponibilità di acqua per l’irrigazione. Per il comparto agricolo e zootecnico si stima una perdita della produzione nel 2024 che va da un minimo del 50% a un massimo del 75%. Una situazione che, per Coldiretti, è da “allerta rossa”.

Un’emergenza tale da rendere necessario l’intervento della marina militare. La nave cisterna Ticino, partita da Augusta, è arrivata a Licata con 1200 metri cubi che verranno immessi nella rete idrica in circa 25-30 ore per rifornire il comune, permettendo di ‘liberare’ risorse che verranno dirottate verso altri centri della zona colpiti dall’emergenza siccità. Intanto a Palermo è stata ridotta ulteriormente la pressione dell’acqua per consentire un maggior risparmio e salvaguardare la risorsa idrica degli invasi ed è entrata in azione la prima delle due pompe di sollevamento del lago Biviere di Lentini, nel Siracusano. L’impianto permette un prelievo di circa 400 litri al secondo che consentiranno di distribuire acqua per usi irrigui a circa mille ettari di terreni agricoli della Piana di Catania. Nei prossimi giorni, sarà attivata una seconda pompa con la stessa capacità.

Ci stiamo impegnando con tutte le nostre forze”, assicura Schifani che annuncia di aver pianificato e avviato “un vasto programma di interventi per rendere più efficiente il servizio idrico, opere che la Sicilia attende da troppo tempo e che incomprensibilmente non sono state avviate da chi ci ha preceduto”.
Un tema, quello della scarsità idrica, che va affrontato con “una strategia complessiva”, come ribadisce anche il vicepremier, Antonio Tajani, “non solo per quanto riguarda la siccità ma per il complessivo utilizzo dell’acqua”.

Siccità, Musumeci: “Governo è su strada giusta ma Regioni non spendono i fondi”

Il contrasto alla siccitàè un processo lungo, nessuno si faccia illusioni“. Nello Musumeci presenta alla stampa il nuovo capo dipartimento della Protezione civile, Fabio Ciciliano, che prende il posto di Fabrizio Curcio.

Inevitabilmente, viene interpellato sulla crisi che sta piegando il Sud Italia e la Sicilia in particolare. Il governo, assicura il ministro, ha imboccato la strada giusta: “Stiamo lavorando per dotare il territorio delle necessarie infrastrutture“, afferma. Ma ingaggia una polemica con le Regioni, che hanno a disposizione 1,2 miliardi, 400 milioni per progetti già in essere e 800 milioni per nuove iniziative da spendere entro il 2026. “Il ministro Fitto mi dice che solo circa il 30% risulta essere stato finora utilizzato“, evidenzia, augurandosi che il dato “non sia aggiornato o che ci sia un arretrato sul quale sapranno lavorare con grande impegno per recuperare il tempo perduto“.

La chiave è anche quella di iniziare a pensare di desalinizzare l’acqua di mare e purificare le acque reflue: “In alcune parti d’Italia si stanno adottando soluzioni in questo senso, anche se alcuni sono ancora diffidenti“, ricorda.

Nella cabina di regia del governo sono rappresentati cinque ministeri, per competenze dirette e indirette. “Abbiamo chiesto alle Regioni le priorità infrastrutturali per far fronte alle calamità“, spiega il ministro. Il programma di infrastrutture utili prevede circa 500 interventi in Italia da mettere a terra in 10 anni. Dalla Regione Sicilia sono arrivate 52 proposte: “Dovremo fare i conti con le risorse finanziarie, ma il primo passo bisogna compierlo“, ammette.

Intanto, come accade sempre più spesso, il Paese è spaccato. In soli due giorni, tra il 21 e il 22 luglio, l’Italia ha registrato 54 eventi meteorologici estremi, tra grandinate anomale, nubifragi, trombe d’aria e raffiche di vento, ma l’intero Sud è in ginocchio per l’assenza di piogge.

L’Osservatorio dell’Anbi sulle Risorse Idriche evidenzia che in Sicilia, a fine giugno, le precipitazioni cumulate in 12 mesi sono state di un solo millimetro in più rispetto a quanto registrato durante la grande siccità del 2002.
Sei bacini su 29 non hanno più acqua utilizzabile, altri sei hanno disponibile meno di un milione di metri cubi e quattro meno di due milioni. Gela non potrà ricevere alcun genere d’irrigazione, considerata la totale indisponibilità di volumi negli invasi Cimia, Disueri e Comunelli; questo comprometterà la campagna di semina e di produzione nella Piana. Tutti i comuni della provincia di Caltanissetta stanno subendo riduzioni nella distribuzione idrica, mentre a Enna l’acqua potabile viene erogata un giorno sì e due no. Nell’Agrigentino, per i terreni irrigui di Ribera, si sta cercando di salvare gli agrumeti, operando trasferimenti di risorsa irrigua dal sistema Prizzi-Gammauta all’invaso Castello.
Nel Ragusano le sorgenti sono tutte quasi prosciugate e il gestore sta attivando turnazioni per l’erogazione idrica. Il comprensorio del Calatino è quello che sta subendo i disagi maggiori: rispetto al 2023 si registra un abbassamento della falda di circa 15 metri ed una riduzione della portata emunta da 1.200 litri al secondo. La soluzione adottata è l’abbassamento del livello di prelievo ed è stato richiesto ai Comuni di emettere ordinanze che vietino l’utilizzo d’acqua potabile per irrigazione e piscine, la riduzione delle portate durante le ore notturne. La sorgente Fiumefreddo fornisce acqua al 70% del territorio comunale di Messina attraverso due distinte captazioni: in una, il livello si è talmente abbassato da far ipotizzare che tra poco la sorgente non erogherà più acqua. L’acqua è razionata anche a Palermo. Le piogge dei giorni scorsi hanno solo lambito l’estremo lembo nord-orientale dell’isola, lasciando però a secco il resto dei territori siciliani.

La siccità sta causando un disastro economico, sociale e ambientale senza precedenti e la premier Giorgia Meloni continua nel suo silenzio“, denuncia il portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli. La richiesta è di adottare “politiche climatiche efficaci“. Il deputato di Avs parla però di “sabotaggio delle politiche di difesa del clima“: “La mancata esecuzione dei collaudi per le dighe porta alla dispersione di preziosa acqua dolce in mare, una vergogna“, tuona, domandando al governo di proclamare lo stato di emergenza per la siccità e di destinare i fondi necessari per affrontare la catastrofe. “Musumeci ha detto di voler realizzare 500 progetti in 10 anni, ma da presidente di Regione si è fatto bocciare 31 progetti su 31 per il contrasto alla siccità” ricorda, annunciando di aver segnalato l’”inazione del governo” in una lettera inviata alla Ue e all’Ipcc dell’Onu.

siccità

Siccità, Sicilia allo stremo. Salvini: “In campo ogni azione utile”. Opposizioni protestano

Il caldo non accenna a dare tregua, soprattutto al Sud. La Sicilia, piegata da 12 mesi di siccità severa, è allo stremo: i bacini e i laghi sono del tutto prosciugati, gli agricoltori estirpano i vigneti e iniziano ad abbattere gli animali. I cittadini ricevono l’acqua razionata e tra Agrigento e Caltanissetta è stata a lungo non potabile. Il dramma finisce oggi in prima pagina anche sul New York Times.

Paradossalmente, molta acqua dolce degli invasi viene gettata in mare perché mancano i collaudi delle dighe. I parlamentari di Alleanza Verdi Sinistra hanno organizzato un flash mob davanti a Palazzo Chigi per denunciare “l’inerzia” del governo: “Perché non interviene?“, chiede Angelo Bonelli. “Hanno deciso di fare in velocità il Ponte sullo Stretto di Messina ma hanno dimenticato quali sono i veri problemi del Paese, a partire dalla crisi climatica“, chiosa. Il leader ecologista chiede a Giorgia Meloni un incontro per parlare delle proposte di Avs.

Il Partito Democratico interroga il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini durante il Question Time della Camera e chiede che nell’isola intervenga la protezione civile nazionale. Basta “cabine di regia e tavoli tecnici“, tuona Giuseppe Provenzano, membro della segreteria. I dem chiedono risposte immediate: “Non c’è più tempo – afferma -. Ora il tema è mettere in sicurezza intere comunità“.
Ma mentre una comunità ha sete, denuncia il Pd, “qualcuno forse ride e fa affari“. Il riferimento è a una speculazione senza regole sui pozzi e le autobotti privati, “per non parlare di quelli abusivi“. La proposta è di requisire questi pozzi e garantire una distribuzione equa. “Invece di buttare i soldi dell’FSC in mille rivoli, si concentrino sulle dighe, sulle reti, e si facciano partire i lavori con urgenza. Le risorse stanziate non bastano e non c’è più tempo. Se la Protezione civile siciliana non ce la fa, intervenga la Protezione civile nazionale. Dovrebbe esserci un ministro competente, se non ricordo male, persino siciliano”, ironizza Provenzano, chiedendo che il governo sostituisca la Regione “se non è capace, perché si stanno calpestando i diritti fondamentali e la dignità di intere comunità”.

Salvini sostiene non avere nulla da rimproverarsi, ricorda di aver istituito non solo la cabina di regia e il tavolo tecnico, ma di aver anche trovato i finanziamenti “dopo anni di attesa“. La siccità in Sicilia “rappresenta un’emergenza nazionale per la quale stiamo mettendo in campo ogni azione utile a superare criticità emerse ed evidenti“, garantisce.

Il Consiglio dei ministri ha deliberato lo stato di emergenza il 6 maggio scorso per la durata di 12 mesi, stanziando per le prime urgenze 20 milioni di euro. Il 7 giugno è stato poi approvato il piano degli interventi delle misure redatto dal Presidente della Regione, che prevede 52 interventi infrastrutturali per nuovi pozzi e 86 interventi per la manutenzione e l’acquisizione di autobotti. Il Ministero ha poi concluso la fase istruttoria per il piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico. Del 29 maggio è il primo stralcio di programmazione finanziato con circa 950 milioni di euro di risorse del Mit, il 10% di questo stralcio riguarderà 7 interventi per 92 milioni di euro su un totale di 75 opere idriche finanziate in tutta Italia. La seduta della conferenza delle Regioni prevista per giovedì dovrebbe dare l’intesa. Il commissario straordinario nazionale, Nicola Dell’Acqua, proporrà un piano di azioni e interventi urgenti che “dovranno avere un periodo di attuazione di breve previsione o termine vista l’emergenza“, sottolinea il ministro, ribadendo che “per l’intero governo e l’intero Parlamento, a prescindere dai colori politici, l’emergenza siciliana è una delle priorità su cui tutti lavorano“.

In Italia 12 regioni a alto stress idrico. L’allarme di Ambrosetti: “Aumenteranno”

La siccità italiana ha raggiunto livelli preoccupanti tanto che è stata registrata una perdita del 51,5% delle risorse idriche rinnovabili in un anno rispetto alla media storica dal 1950. A fotografare questa situazione è la Community Valore Acqua per l’Italia di The European House – Ambrosetti.

Sono dodici le regioni ad alto stress idrico e aumenteranno. Nel 2023, temperature in crescita ed effetti dell’azione dell’uomo hanno generato nuova pressione sulla risorsa idrica. La penisola si colloca come quarto Paese dell’Unione Europea per stress idrico, con un indice di 3,3 su 5. Solo Belgio (4,4), Grecia (4,3) e Spagna (3,9) presentano valori peggiori. Sono già 12 le regioni Italiane ad elevato stress idrico: Basilicata, Calabria, Sicilia, Puglia sono le più esposte in assoluto, seguite nell’ordine da Campania, Lazio, Marche e Umbria, Toscana, Molise, Sardegna e Abruzzo. Gli esperti – riporta la Community Valore Acqua – stimano che entro il 2030 lo stress idrico si intensificherà ulteriormente in alcune regioni italiane, con un incremento dell’8,7% in Liguria, del 6,1% in Friuli-Venezia Giulia e del 5,7% nelle Marche.

Due settori in particolare sono maggiormente colpiti dal riscaldamento globale e dalla siccità: l’agricoltura e l’idroelettrico. L’agricoltura italiana, già sottoposta a numerose pressioni, sta affrontando una crescente scarsità d’acqua che mette a rischio la produzione alimentare e la sostenibilità delle attività agricole. La produzione di miele si è ridotta del 70%, del 63% quella delle pere e del 60% le ciliegie. L’idroelettrico, che rappresenta una fonte fondamentale di energia rinnovabile per l’Italia, sta soffrendo a causa della riduzione delle risorse idriche, compromettendo la capacità del Paese di soddisfare la domanda energetica attraverso fonti pulite.

Nel corso del 2022, il nostro Paese ha affrontato una crisi idrica senza precedenti. Le precipitazioni totali sono drasticamente diminuite, e il manto nevoso ha registrato un deficit del 60% rispetto alla media del decennio 2010-2021. A causa delle elevate temperature, solo il 13,5% delle piogge ha contribuito alla ricarica delle falde acquifere. Questo fenomeno desta ulteriore preoccupazione, poiché si prevede che la risorsa idrica rinnovabile si ridurrà ulteriormente del 40% entro il 2100, con picchi di riduzione del 90% nel mezzogiorno d’Italia.

La quantità d’acqua persa nel 2022 – rileva il Libro Bianco della Community Valore Acqua – è pari a quella necessaria per irrigare circa 641.000 ettari di terreno, un’area corrispondente all’intera superficie agricola del Lazio. Inoltre, equivale all’acqua consumata annualmente da oltre 14 milioni di persone, ovvero gli abitanti di Lombardia e Piemonte, e alla quantità utilizzata dalla produzione di 82.000 imprese manifatturiere, il tessuto industriale di regioni come Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna.

La situazione idrica in Italia – spiega Valerio De Molli, Managing Partner e CEO di The European House – Ambrosetti – richiede un’azione immediata e concertata. È necessario un impegno concreto da parte di tutti gli attori coinvolti, dalle istituzioni ai cittadini per promuovere pratiche di gestione sostenibile dell’acqua e investire in tecnologie innovative che ci permettano di fronteggiare questa emergenza. E’ importante modernizzare e rendere più efficienti le nostre infrastrutture idriche, per ottimizzare la raccolta e lo stoccaggio dell’acqua, attivando il 20% dei volumi potenzialmente sfruttabili già presenti nelle grandi dighe italiane. Solo attraverso un approccio integrato e lungimirante, che deve essere portato avanti anche dai cittadini, potremo garantire la sicurezza idrica del nostro Paese e la prosperità delle future generazioni“.