Malesia sostenibile con Rainforest World Music Festival

Centottanta musicisti provenienti da 20 Paesi, laboratori musicali interattivi, dibattiti e approfondimenti dedicati alla sostenibilità. Torna a Kuching, in Malesia, presso il Sarawak Cultural Village, la 28esima edizione del Rainforest World Music Festival, uno degli eventi di turismo culturale più dinamici del Sud-est asiatico, celebre per il suo connubio di musica globale, tradizioni indigene e pratiche sostenibili in uno scenario naturale mozzafiato.

Il festival si svolge dal 20 al 22 giugno ai piedi del Monte Santubong, sull’isola del Borneo, una zona riconosciuta dall’Unesco come hotspot di biodiversità, e offrirà un contesto immersivo ideale per spettacoli, workshop e attività culturali provenienti da tutto il mondo.

Il tema scelto per questa edizione è ‘Connections – One Earth, One Love’. Tra gli artisti internazionali e locali già confermati ci sono Earth, Wind & Fire Experience by Al McKay (Usa), Otyken (Russia/Siberia), La Chiva Gantiva (Colombia/Belgio), Kuntaw Mindanao (Filippine), Seppuku Pistols (Giappone), At Adau, Sinaran Collective, Buddha Beat (Malaysia)

Riconosciuto tra i festival più eco-consapevoli dell’Asia, l’evento continua a mettere la sostenibilità al centro. Il Green Ruai, spazio dedicato alle tematiche ambientali, tornerà anche nel 2025 con mostre interattive, attività pratiche e workshop su cambiamento climatico, gestione dei rifiuti e impatto ambientale — il tutto ispirato alla saggezza ecologica delle comunità indigene.

Il festival adotta anche pratiche logistiche sostenibili, dalla riduzione dei rifiuti alla partecipazione attiva della comunità, in linea con gli obiettivi dell’eco-turismo del Sarawak e con la visione della Malesia per un turismo responsabile.

Secondo Zalina Ahmad, Direttrice di Tourism Malaysia Parigi, “il Rainforest World Music Festival non solo celebra la ricchezza culturale ed ecologica del Sarawak, ma riveste anche un ruolo strategico nella nostra visione di un turismo inclusivo e sostenibile. In vista del Visit Malaysia Year 2026, l’RWMF è fondamentale per posizionare la Malesia come destinazione autentica e ricca di esperienze.”

Dopo aver attratto oltre 26.000 visitatori nel 2024, l’edizione 2025 punta a superare ogni record, rafforzando ulteriormente il ruolo del festival come evento imperdibile nel calendario mondiale del turismo culturale.

Dieci idee per decarbonizzare la moda

Decarbonizzare l’industria della moda in modo virtuoso. H&M Foundation raccoglie la sfida e premia dieci visionari con il Global Change Award 2025. Il riconoscimento non è solo di prestigio, perché ogni vincitore riceve una sovvenzione da 200mila euro e partecipa al Gca Changemaker Program di un anno, che offre supporto all’innovazione e crescita personale. Riciclo intelligente, pompe di calore per sostituire caldaie a gas e a gasolio, sistemi circolari che favoriscono un’integrazione capillare. Le idee vincitrici di quest’anno provengono da tutto il mondo e guardano a un obiettivo comune: dimezzare le emissioni di gas serra dell’industria su base decennale e raggiungere lo zero netto entro il 2050, in un modo che sia equo sia per le persone che per il pianeta. “Il Global Change Award va oltre le innovazioni specifiche”, spiega Annie Lindmark, Program Director presso H&M Foundation. “Si tratta di ripensare l’intero sistema moda. Un’innovazione da sola non risolverà il problema del settore: dobbiamo scuotere le fondamenta e rivoluzionare il modo in cui innoviamo. Ecco perché sosteniamo i talenti all’inizio del loro percorso. Questi innovatori non si limitano a risolvere i problemi, ma sfidano sistemi obsoleti e ci mostrano come potrebbe essere un nuovo futuro. È ora di smettere di modificare e iniziare a trasformare”. ‘DecoRpet’ è un progetto che viene dalla Cina e riguarda un processo di decolorazione a bassa temperatura che riduce il consumo di energia e fornisce Pet riciclato di alta qualità per la produzione di nuovi tessuti. Con ‘Thermal Cyclones’, progetto dal Regno Unito, pompe di calore industriali rivoluzionarie promettono di sostituire le caldaie tradizionali e di ridurre il consumo energetico di oltre il 75%. ‘Pulpatronics’, ancora dal Regno Unito, produce etichette cartacee RFID senza metallo e senza chip – riciclabili, economiche e realizzate con inchiostro a base di carbonio. Il futuro della tracciabilità sostenibile. ‘CircularFabrics’ viene dalla Germania ed è una tecnologia Nyloop® che recupera nylon di alta qualità da rifiuti tessili misti, chiudendo il cerchio di uno dei materiali più utilizzati nella moda. ‘A Blunt Story’ è un progetto indiano, una suola priva di plastica, realizzata con materiali biologici e riciclati, che rappresenta un netto distacco dalle calzature a base fossile. ‘Brilliant Dyes’ è dal Regno Unito la start-up è sfrutta la potenza dei cianobatteri, per creare coloranti biodegradabili con un metodo di estrazione a basso consumo energetico. Dal Bangladesh viene premiato il ‘Decarbonization Lab’, uno spazio dedicato alla ricerca e allo sviluppo, all’avanguardia per le basse emissioni, con particolare attenzione ai trattamenti tessili e alle tecniche di tintura per modernizzare le pratiche industriali obsolete. ‘Renasens’ è una tecnologia svedese che senza acqua e senza sostanze chimiche trasforma i rifiuti tessili misti in materie prime, senza depolimerizzazione e inquinamento. C’è poi una piattaforma per la diffusione del consumo consapevole, ‘Loom’, che mette in contatto gli utenti con i designer per riciclare gli abiti non indossati convertendoli in capi unici. Il Progetto ‘Jolly’ viene dal Ghana e si chiama ‘The Revival Circularity Lab’, un hub creativo nel mercato Kantamanto di Accra che trasforma gli scarti tessili in valore, dando potere agli artigiani e sviluppando la circolarità locale. “Per decarbonizzare veramente la moda, dobbiamo ripensare ogni parte della catena del valore, da come vengono prodotte le fibre a come vengono riutilizzati gli indumenti”, sostiene Karl-Johan Persson, Founder e Board Member di H&M Foundation. “Questi innovatori ci ricordano che la trasformazione inizia con l’immaginazione e l’azione. Le loro idee evidenziano modi concreti per sfidare lo status quo e portare l’industria verso un futuro a zero emissioni”. Il Global Change Award, dal 2015, ha sostenuto 56 innovazioni con una sovvenzione complessiva di 10 milioni di euro, in costante evoluzione per affrontare la sfida più grande del settore.

Turismo, gli italiani cercano la sostenibilità. Federalberghi: “Si torna a scenario pre Covid”

Sostenibilità e social. Sono le parole chiave che nel 2024 hanno guidato le scelte turistiche degli italiani, in uno scenario che pare essere tornato ai livelli pre Covid, dopo la battuta di arresto causata dalla pandemia. E’ un quadro positivo quello che emerge dall’indagine realizzata da Federalberghi e Tecnè in occasione della 75esima assemblea di Federalberghi che si svolge a Merano. Il settore ha dimostrato di saper tenere testa alle avversità e di essere capace di superare fasi di emergenza con un consolidamento strutturale della domanda, ma anche con il mutamento delle abitudini.

“Siamo di fronte ad uno scenario che invita a fare grandi cose. Dopo gli anni della pandemia che hanno colpito duramente il settore, si è tornati ai livelli pre-covid. Il settore si conferma come una infrastruttura economica fondamentale per il Paese”, dice il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca. Gli italiani, spiega, “stanno dimostrando di prediligere le strutture alberghiere, in particolare quelle votate alla sostenibilità. L’auspicio è che possano rappresentare una massa critica sempre maggiore”. I dati, in effetti, vanno in quella direzione: il 12,7% degli italiani preferisce una struttura certificata e il 38,8% quelle che adottano pratiche sostenibili. “Posso dire con orgoglio – dice Bocca – che l’ospitalità italiana sposa la modernità: ci siamo adeguati velocemente alle tendenze in atto, senza dare nulla per scontato e lavorando sulla qualità dell’offerta, riqualificando le nostre strutture secondo i canoni dell’era green”.

Ma c’è un altro elemento di novità che condiziona il settore, ed è quello legato all’influenza dei social sulle scelte degli italiani. In particolare, dall’indagine emerge che il 12,1% si dice molto influenzato, il 43,9% abbastanza. I tre quarti verifica le recensioni prima di scegliere la destinazione: il 27,7% lo fa sempre, il 49,8% qualche volta.

I dati, in ogni caso, sono buoni. Nel 2024 le presenze in albergo in Italia sono state 283.566.417 e gli arrivi 89.087.262 per una permanenza media di 3,2 giorni. In particolare, i pernottamenti sono stati maggiori del +3% rispetto al 2023 e del +0,9% rispetto al 2019, anno del precedente record. Questo risultato è la sintesi di due andamenti contrapposti tra loro: i nostri connazionali hanno visto un calo di presenze del -1,2% sul 2023 e del -4,2% sul 2019. Al contrario, gli stranieri sono aumentati rispettivamente del +7,1% e del +6,1%. Nel primo trimestre 2025 le presenze alberghiere hanno sfiorato i 44,5 milioni con un calo del -1,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Secondo l’indagine, quindi, “a fare la differenza è il turismo internazionale: gli stranieri tornano in Italia con maggiore continuità, il che va a compensare la ripresa timida del turismo domestico”. Tanto è vero che lo scorso anno la spesa dei turisti stranieri in Italia è stata pari a 54,2 miliardi di euro, con un aumento del 4,9% rispetto al 2023. Nel primo bimestre è già stata di 5,5 miliardi, in aumento del 6,2% rispetto ai 5,2 miliardi dello stesso periodo del 2024.

Ciò che serve ora, è una spinta in più. “Non si può lavorare in solitaria”, avverte Bocca, ed è necessario “avere i supporti necessari affinché l’offerta possa essere attrattiva fino in fondo”. E sotto questo profilo “siamo ancora carenti in termini di infrastrutture: il turismo vive e si esprime sul territorio. Non si possono fare miracoli se non si è agevolati nella raggiungibilità di una destinazione. Auspico che su questo tema si facciano veloci e risolutivi passi in avanti”.

Turkson ecologista integrale: Grido della Terra è grido dei poveri

Peter Turkson (Ghana), 76 anni – Cancelliere della Pontificia accademia delle Scienze e della Pontificia accademia delle Scienze sociali, il cardinale ghanese originario di Wassaw Nsuta è stato prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. E’ una delle voci più autorevoli del mondo cattolico nell’ambito della giustizia ambientale, con una visione che intreccia rispetto del creato, diritti umani e sviluppo economico sostenibile. Ha elogiato più volte gli attivisti climatici e definito Greta Thunberg “una grande testimone dell’insegnamento della Chiesa sull’ambiente”.

Figlio di madre metodista e padre cattolico, Turkson è entrato in seminario in Ghana, ha proseguito la formazione sacerdotale negli Stati Uniti, al St. Anthony-on-Hudson Seminary, e a Roma nel Pontificio Istituto Biblico. Viene ordinato sacerdote nel 1975. Dopo anni di servizio pastorale, nel 1992 Giovanni Paolo II lo nomina arcivescovo di Cape Coast e lo crea cardinale nel 2003. Dal 2009 al 2017 guida il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Dal 2017 al 2021 è il primo Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, organismo che si occupa di diritti umani, giustizia sociale, ambiente e salute. Il cardinale Turkson è considerato uno dei principali promotori della Laudato si’, l’enciclica ecologica scritta da Papa Francesco nel 2015. Ha lavorato alla sua redazione, proponendo una visione integrale dell’ecologia che collega la crisi ambientale con la povertà e l’ingiustizia sociale. “La crisi ecologica è l’altra faccia della crisi sociale: un grido della terra e un grido dei poveri”, dichiara nel 2015 intervistato da Vatican News.

L’ex prefetto ha sempre sostenuto che la protezione dell’ambiente non può essere separata dalla tutela della dignità umana: “Non possiamo parlare di cambiamento climatico senza parlare di giustizia. I più poveri pagano il prezzo più alto”, spiega sempre nel 2015 in un dialogo a Parigi. Ripetutamente il cardinale ghanese ha richiamato la responsabilità collettiva di fronte al degrado ambientale. Alla Conferenza ‘Our Ocean’, nel 2017, ricorda che “la Terra ci precede e ci è stata data. Non è un bene di consumo da sfruttare, ma un dono da custodire”.

La sua visione di ecologica integrale promuove un approccio che unisce cura della natura, economia sostenibile e solidarietà tra i popoli. “Un’ecologia autentica non si limita a proteggere la natura: è un appello alla conversione dei cuori, dei comportamenti, dei sistemi economici”, ricorda nel 2019 in un’intervista al quotidiano La Croix. Turkson invita a non considerare l’ambiente come a “un tema per pochi specialisti”, ma come una questione urgente che coinvolge ogni essere umano. E si dice convinto che i giovani abbiano un ruolo cruciale nella “conversione ecologica globale”. “La terra ha bisogno delle vostre mani, delle vostre menti e dei vostri cuori. Non aspettate che siano gli altri a cambiare il mondo”, dice aprendo l’edizione virtuale di Economy of Francesco, con duemila giovani economisti e imprenditori under 35 convocati da Papa Francesco ad Assisi.

Czerny il prefetto gesuita che difende i rifugiati climatici

Michael Czerny (Repubblica Ceca), 78 anni – Prefetto del dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale, Czerny sottolinea l’urgenza di azioni locali e politiche pubbliche efficaci per affrontare la crisi climatica, evidenziando le conseguenze dello sfruttamento della Terra.

Il cardinale incarna una visione profonda e concreta dell’ecologia integrale, per la quale il rispetto per l’ambiente è inscindibile dal rispetto per ogni persona, specialmente per i più vulnerabili.

Nato nel 1946 in Cecoslovacchia da una famiglia cattolica, Michael Czerny emigra in Canada con la madre e il fratello nel 1948, fuggendo dalle persecuzioni comuniste. Entra nella Compagnia di Gesù a 20 anni. Studia filosofia e teologia in Canada e negli Stati Uniti, fondando il Jesuit Centre for Social Faith and Justice a Toronto, impegnato su questioni sociali come la giustizia ambientale e i diritti umani. A Milano lavora a stretto contatto con il Cardinale Carlo Maria Martini e nel 2010 Papa Benedetto XVI lo chiama a Roma come sottosegretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Dal 2016, è uno dei sottosegretari della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, diretto personalmente da Papa Francesco. E’ Bergoglio a crearlo cardinale, il 5 ottobre 2019.

Czerny vede nella cura del Creato una dimensione essenziale della fede cristiana, strettamente collegata ai temi della giustizia sociale e della dignità dei migranti e dei poveri. “La crisi climatica è una crisi umanitaria. È la terra stessa che geme, ed è l’umanità più vulnerabile che soffre”, denuncia durante una conferenza a Roma nel 2019.

Il prefetto è tra i promotori dell’applicazione concreta della Laudato si’, l’enciclica di Papa Francesco, soprattutto nell’ambito della migrazione climatica. “Quando parliamo di rifugiati climatici, non stiamo parlando del futuro: stiamo parlando di una realtà già presente”, osserva un’intervista ad America Magazine nel 2020. Czerny richiama spesso alla necessità di una conversione ecologica personale e comunitaria, invitando tutti a un cambiamento concreto di stile di vita. “Non basta aggiustare il sistema. Dobbiamo cambiare mentalità, abbandonare l’idea che la natura sia una merce”, esorta durante una tavola rotonda nel 2021.

Czerny integra l’ecologia nella visione della giustizia integrale. Nella presentazione del Documento sul Sinodo per l’Amazzonia, nel 2019, ricorda che l’Amazzonia non è solo una regione geografica: “è un banco di prova per la sopravvivenza del nostro pianeta”. Durante il Sinodo insiste sull’ingiustizia subita per la devastazione dell’ambiente dai popoli indigeni, “i primi custodi del creato”. Il cardinale ceco è molto impegnato nella promozione del Piano d’Azione Laudato si’, che invita parrocchie, scuole, aziende e famiglie a cambiare radicalmente i propri modelli di consumo e produzione. “Non si tratta solo di salvare la natura. Si tratta di salvare la nostra umanità”, scandisce nel 2022 durante una conferenza.

Giovannini

Asvis: “Lo sviluppo sostenibile conviene a tutti”. Dal 7 al 23 maggio nona edizione del Festival

La sostenibilità conviene all’economia, alla società e all’ambiente e ci riguarda da vicino. Questo il messaggio della nona edizione del Festival dello Sviluppo sostenibile organizzato, dal 7 al 23 maggio 2025, dall’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile Ets (Asvis). Il cambiamento verso un futuro più sostenibile è già in corso – sostengono gli organizzatori – ma occorre fare di più per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030. Per questo, l’appuntamento coinvolge ancora una volta istituzioni, imprese, università, scuole, organizzazioni della società civile, media e cittadini su sostenibilità economica, sociale, ambientale e istituzionale.

“Il Festivalafferma il direttore scientifico Asvis, Enrico Giovanninidimostra che la società civile, insieme al mondo delle imprese e alle istituzioni, può mobilitarsi in modo capillare in Italia e nel mondo, per consolidare la cultura dello sviluppo sostenibile promossa dall’Agenda 2030 dell’Onu. Durante la manifestazione informeremo tutti sui motivi per i quali agire nella direzione della sostenibilità, coinvolgendo chi è indeciso o scettico e chiedendo alla politica e alle imprese di compiere scelte chiare e coraggiose, in grado di portare benefici duraturi al Paese”.

L’edizione di quest’anno sarà inaugurata a Milano, il 7 maggio, al Museo della Scienza e Tecnologia, con una riflessione sul ruolo delle imprese e del sistema produttivo per la transizione verso la sostenibilità. Nell’evento verrà presentato il Rapporto di Primavera Asvis 2025 che mostra per l’Italia e i suoi diversi settori produttivi la convenienza di accelerare la transizione. Due giorni dopo seconda tappa a Genova, a Palazzo Ducale, dove il focus sarà su biodiversità e rigenerazione degli ecosistemi. Qui verrà presentato il Policy Brief dell’Asvis sull’attuazione in Italia della Nature Restoration Law europea.

A Venezia, il 13 maggio, presso la Biennale di Architettura, si parlerà di come tutelare il patrimonio storico e culturale, e specialmente le città, di fronte alle sfide del cambiamento climatico, mentre il 14 maggio alle Procuratie Vecchie si svolgerà l’evento di presentazione del nuovo progetto dell’Asvis “Ecosistema Futuro” per mettere il futuro al centro del dibattito culturale e politico del nostro Paese. Quindi Bologna, il 14 maggio, al Mast, per un dialogo su etica, democrazia, libertà e sostenibilità, mentre il 19, presso la Sala Borsa, si rifletterà sul ruolo dei distretti e delle filiere per realizzare modelli di produzione e consumo sostenibili.

A Torino, il 15 e 16 maggio, presso il Salone del Libro, quattro incontri su geopolitica e crisi delle democrazie, cultura e comunicazione della sostenibilità, impatti sociali dell’intelligenza artificiale. A Napoli, il 21 maggio, presso il Maschio Angioino, focus sulla sostenibilità sociale e le politiche per una società più equa e inclusiva. A Roma, il 23 maggio, conclusione nell’Aula dei Gruppi della Camera dei Deputati con la presentazione alle istituzioni dei risultati e delle proposte emerse nel corso della manifestazione. Per il Festival, l’Asvis ha realizzato anche una campagna di comunicazione, intitolata quest’anno “Comfort Zone”, che andrà in onda sulle reti radio e tv Rai, grazie alla collaborazione con il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri. La campagna è accompagnata dalla voce della cantante Elisa.

Anche le istituzioni finanziarie e i privati sposano il progetto. “Continuiamo a fare la nostra parte rafforzando il sostegno a imprese e PA con strumenti finanziari, competenze e iniziative concrete. La promozione dello sviluppo sostenibile è al centro della nostra missione, rafforzata con il nuovo Piano 2025-2027 che premia i migliori progetti ad alto impatto ambientale e sociale”, spiega Federica Negro, Head Of Esg Engagement di Cassa depositi e prestiti (Cdp). Secondo Laura Esposito, Head of Sustainability di Tim, la sostenibilità “è il punto di incontro tra innovazione e cura del futuro. Come nei data center, dove la tecnologia sostituisce migliaia di server singoli, riducendo l’impatto ambientale”. Enel punta invece a costruire le generazioni sostenibili del futuro. “La sostenibilità non è più un’opzione ma una necessità – spiega Silvia Fellegara, responsabile Sostenibilità Italia di Enelnoi cerchiamo di farlo con progetti nelle scuole, in modo da costruire cultura e consapevolezza”.

Generali premia 10 pmi ‘Eroi della sostenibilità’: c’è anche l’italiana Fedabo

Generali resta impegnata nella sostenibilità. Lo hanno scandito in modo netto il Ceo, Philippe Donnet, e il presidente, Andrea Sironi, nei loro interventi di apertura e chiusura della conferenza e della cerimonia di consegna del premio Sme EnterPrize di Generali, ieri, a Bruxelles. Un riconoscimento che va ai 10  ‘Sustainability Heroes’, ovvero Pmi, selezionate tra oltre 8.900 in tutta Europa, che più si distinguono per il loro business model sostenibile. Imprese che Generali porta e premia a Bruxelles, davanti a politici Ue, per ribadire l’importanza di un tessuto fondamentale per l’economia europea, dato che, come hanno ricordato il vice presidente esecutivo della Commissione europea, Raffaele Fitto, e il commissario all’Economia, Valdis Dombrovskis, le Pmi “sono il cuore pulsante dell’economia europea” perché “sono responsabili di una grande parte dell’occupazione” e “sono anche protagoniste dell’innovazione e della crescita sostenibile” e “rappresentano circa il 99% di tutte le aziende” nell’Ue.

Tra le premiate a Bruxelles, c’è l’italiana Fedabo, una società di consulenza che si occupa di migliorare le prestazioni energetiche, economiche e ambientali di aziende private e pubbliche. Le altre sono O.K. Energie Haus (Austria), che eccelle nella progettazione, produzione e assemblaggio di edifici in legno, come case, scuole e centri medici, con metodi efficienti dal punto di vista energetico; Hrvatski Kišobran (Croazia), un’azienda produttrice di ombrelli con un forte impegno per l’inclusione e la responsabilità sociale che integra attivamente le persone con disabilità nella propria forza lavoro; CréaWatt (Francia), un produttore di pannelli solari che possono essere adattati a vari tetti senza bisogno di rinforzi strutturali. Oltre a organizzare iniziative di formazione e sensibilizzazione sulle energie rinnovabili, sostiene anche il reinserimento professionale e l’occupazione dei detenuti; vomFASS (Germania), un negozio online e fisico basato sul concetto di “refill” che permette ai clienti di acquistare aceti, oli, liquori e vini scegliendo la quantità e il contenitore per i loro acquisti, impegnandosi al contempo in processi di produzione a zero emissioni di CO2 e a preservare la biodiversità; EcoXperience (Portogallo), che ha sviluppato soluzioni innovative per la pulizia trasformando l’olio da cucina usato in detergenti ecologici; Ameba Production (Repubblica Ceca), che organizza un festival annuale con iniziative di sensibilizzazione per educare i visitatori all’importanza della sostenibilità ambientale e sociale; Pribinovina-Korenika (Slovenia), un’azienda agricola che unisce produzione biologica, sviluppo rurale e inclusione sociale, offrendo opportunità di lavoro a persone con disabilità e ad altri gruppi sociali vulnerabili attraverso forme di lavoro protetto; Adopta un Abuelo (Spagna), un’impresa sociale che offre servizi B2B per il settore dell’assistenza e delle residenze per anziani, tra cui attività per insegnare a usare la tecnologia e promuovere la socializzazione, aiutando a prevenire l’esclusione degli anziani; Compocity (Ungheria), un pioniere dell’economia circolare urbana che ha sviluppato CompoBot, un robot per il compostaggio al chiuso a livello comunitario, per trasformare i rifiuti in materiale che rigenera il suolo.

Lo slancio complessivo intorno alla sostenibilità non è il più favorevole e il ritiro degli Stati Uniti dalle principali iniziative internazionali sul clima, incluso l’accordo di Parigi, ha chiaramente un peso significativo”, ha affermato in apertura Donnet. “Tuttavia, le nostre convinzioni non cambiano e rimaniamo certi che le considerazioni ambientali, sociali e di governance integrate nelle attività possano essere davvero utili per le Pmi non solo per identificare e mitigare un ampio numero di rischi, ma anche per avere accesso a migliori condizioni assicurative e creditizie per migliorare la loro reputazione e il loro rapporto con tutti gli stakeholder”, ha spiegato.

Un concetto ribadito Marco Sesana, Group General Manager di Generali – “come Generali rimaniamo fortemente impegnati a sostenere una transizione giusta e sostenibile e a fare la nostra parte per renderla realtà con un sostegno mirato attraverso supporto finanziario, investimenti, consulenza e soluzioni assicurative personalizzate” – e dal presidente Sironi: “Generali resta impegnata nella sostenibilità. Questo è molto importante. Semplicemente crediamo che l’evidenza scientifica sia molto chiara e quindi dobbiamo continuare la nostra battaglia per la sostenibilità. Pensiamo sia chiaro che se non lo facciamo, il futuro per le persone e le Pmi in Europa sarà molto differente da quanto abbiamo vissuto”.

Raptus&Rose registra Made in Planet, il suo incontro di culture

Velluti devoré, broccati di Varanasi, crêpe di seta giapponesi, ikat uzbeki riprendono vita in forme nuove, più moderne, più occidentali e con tante storie da raccontare. Così nasce il Made in Planet ® di Raptus and Rose. Una commistione di tecniche autentiche da non dimenticare, con una catena del valore controllata, lavoratori che sono artigiani (e non operai) da tutto il mondo. E nessuno spreco. Neanche un lembo di tessuto si perde con gli abiti di questa realtà, nata nel 2011 dall’estro, la passione e l’esperienza della designer Silvia Bisconti, scomparsa un anno fa, nel marzo del 2024.

“Cos’è che contraddistingue davvero il Made in Italy?”, si chiede Giorgio Tollot, prototipista e progettista di Raptus&Rose. Lo incontriamo nell’allestimento temporaneo romano della maison bellunese. Esaltare le competenze regionali è la missione principale del Made in Planet ®. “In Italia abbiamo delle specificità produttive molto importanti – osserva Tollot parlando a GEA-, ma anche l’Utzbekistan ha una produzione incredibile di Ikat, così come gli indiani producono dei cotoni di grande pregio. La qualità del block print è meravigliosa”. “Poesia”: la descrive così quella tecnica di stampa su tessuto con blocchi di legno intagliati, imbevuti nel colore e utilizzati con precisione chirurgica.

Raptus and Rose si impegna a trovare, direttamente sul posto in cui nascono, singole realtà che non sfruttino la manodopera. “Ogni parte del mondo ha la sua tecnica particolare, la sua specificità, e il nostro Made in Planet ® le vuole preservare”, scandisce il prototipista. Del materiale acquistato e rimodellato non avanza nulla. Intorno a noi, ‘volteggiano’ appesi alle assi del soffitto dell’ex magazzino delle cererie di Trastevere alcuni cappottini in seta leggeri e luminosi. Sono ispirati a Jane Austen, la scrittrice inglese dà il nome al capo che nasce da un sari indiano. “Studiamo il cartamodello sul tessuto, che è lungo 5 metri, alto 1 metro e 10 – spiega il progettista -. La parte iniziale, che è molto ricamata, la usiamo per il corpino e le maniche, quella alta del bordo la usiamo per il collo, la parte bassa la usiamo, tutta arricciata, per la gonna e di quel sari non sprecheremo nulla”.

L’idea è quella di ibridare le culture, i materiali e le forme per rendere il Made in Planet ® indossabile e “tangibile”. Così, un design occidentale coesiste con un tessuto orientale e crea un nuovo oggetto che ne preserva l’eccellenza. Lo ‘European Kimono‘ nasce dagli haori e dai kimoni originali giapponesi, re-stilizzati: “Smontiamo completamente il capo e pratichiamo un restauro conservativo, come gli architetti”, racconta. Così si rende un kimono più indossabile: le maniche diventano meno ingombranti, spuntano le tasche e le pence. Gli avanzi vengono poi abbinati ad altri tessuti per creare delle storie nuove. Come l”Uzbekistan Coat‘, che usa un tessuto uzbeko, unito a un devoré per il corpetto e a una striscia di kimono per il cinturino. I fornitori sono tutti conosciuti al team di Raptus and Rose: “Noi gli parliamo fisicamente e vediamo come stanno, se hanno un posto di lavoro, una vita dignitosa e per noi il rapporto umano diventa un plus”. Questo è il ‘Made in Planet’: mantenere vive, senza sfruttarle, le eccellenze del mondo.

Re Carlo in Italia ad aprile: focus su difesa, energia e sostenibilità

Difesa, transizione green, energia, ma anche rapporti ecclesiastici e sostenibilità. Re Carlo e la Regina Camilla saranno in Italia dal 7 al 10 aprile per un viaggio istituzionale che punta, spiega Buckingham Palace, a “celebrare il caloroso rapporto bilaterale del Regno Unito” con il nostro Paese.

Tanti gli appuntamenti in programma, a partire dalla visita alla Santa Sede, definita “storica” nell’anno del Giubileo Papale, che “segnerà un significativo passo avanti nelle relazioni tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa d’Inghilterra” e che prevede una funzione speciale nella Cappella Sistina, “unendo le mani in una celebrazione dell’ecumenismo e del lavoro che il Re e il Papa hanno svolto per molti anni sul clima e la natura”. Difficile, oggi, fare previsioni in questo senso, dal momento che Papa Francesco è ancora ricoverato al Gemelli.

La visita in Italia, spiega ancora la famiglia reale, “metterà in evidenza la profondità e l’ampiezza delle relazioni bilaterali” su tanti temi, come quello della difesa, “anche nell’attuale contesto internazionale”, ma anche “il nostro lavoro congiunto sulla transizione verso l’energia pulita” e i legami tra “i nostri popoli e le nostre comunità”.

Il programma prevede per l’8 aprile, la visita della Santa Sede e un’udienza privata con Papa Francesco. Il Re e la Regina parteciperanno anche a una funzione nella Cappella Sistina, incentrata sul tema della “cura del creato”, che “riflette il lungo impegno del pontefice e di Sua Maestà nei confronti della natura”. Per la prima volta nella storia, il Re, Governatore Supremo della Chiesa d’Inghilterra, visiterà anche la Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura, con la quale i re inglesi avevano un legame particolare fino alla Riforma. Carlo, poi, parteciperà a un ricevimento con i seminaristi provenienti da tutto il Commonwealth e dalla comunità britannica in Vaticano. Nel frattempo, la Regina Camilla incontrerà le suore cattoliche dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali, che lavorano in tutto il mondo per promuovere l’emancipazione femminile, attraverso programmi di istruzione per le ragazze, un migliore accesso all’assistenza sanitaria, l’azione per il clima e la prevenzione della violenza sessuale e della tratta di esseri umani.

“Il solido rapporto bilaterale tra Regno Unito e Italia”, spiega Buckingham Palace, sarà celebrato con una serie di impegni cerimoniali durante la visita di Stato. A Roma, il 9 aprile, la coppia reale incontrerà il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e la premier Giorgia Meloni, prima di deporre una corona di fiori sulla Tomba del Milite Ignoto. Il Re sarà il primo monarca britannico a rivolgersi a una sessione congiunta del Parlamento italiano.

Spazio anche al tema della difesa. In quanto alleati della Nato, il Regno Unito e l’Italia condividono interessi comuni in materia, collaborando a iniziative come il Global Combat Air Programme. Questa relazione sarà sottolineata durante la visita da un passaggio aereo congiunto sopra Roma delle Frecce Tricolore e della pattuglia acrobatica della Royal Air Force, le Red Arrows.

La coppia reale si sposterà poi a Ravenna, per partecipare a un ricevimento nel municipio, in occasione dell’80° anniversario della liberazione della provincia dall’occupazione nazista da parte delle forze alleate, avvenuta il 10 aprile 1945. Qui il Re incontrerà anche gli agricoltori locali, le cui terre e colture sono state gravemente colpite dalle devastanti inondazioni e, insieme a Camilla, visiterà la tomba di Dante e il museo di Byron.

La visita ufficiale sarà anche l’occasione per affrontare il tema della sostenibilità, a cui Re Carlo è particolarmente legato. A Roma, il segretario di Stato presiederà una tavola rotonda sulle catene di approvvigionamento di energia pulita, a cui parteciperanno rappresentanti di importanti aziende, e il Re si unirà a loro per ascoltare una relazione sui risultati. Spazio anche alla cultura: il Re incontrerà gli studenti che hanno partecipato a un concorso per celebrare l’80° anniversario del British Council, descrivendo o immaginando una giornata nella vita dei loro personaggi letterari preferiti.

Gucci apre Milano Fashion Week. Proteste contro uso pelli rettile

Gucci apre la Milano Fashion Week senza il direttore creativo, dopo l’addio di Sabato De Sarno all’inizio di febbraio. Dalla Casa non una parola sulla nomina del successore, non sembra esserci fretta. Per ora, le collezioni che sfilano in passerella sono disegnate dal team creativo interno. Verde Gucci la passerella, forma di G intrecciata per il 50esimo anniversario, tributo al fondatore Guccio Gucci. Verdi gli abiti che indossano i modelli a fine défilé. “Continuum“, spiega la maison, per evidenziare come la collezione Autunno-Inverno 2025 si sviluppi con una sinergia di passato, presente e futuro. La sfilata è accompagnata da un’orchestra dal vivo, con una colonna sonora originale del compositore e direttore d’orchestra Justin Hurwitz.

La Milano Fashion Week, come sempre, inizia tra le polemiche. In Piazza Mercanti un’attivista di Peta (people for the ethical treatment of animals) si traveste da enorme ‘pitone’, per esortare lakermesse a vietare l’uso delle pelli di rettile. L’abito è lungo oltre tre metri, il tavolo su cui siede è “insanguinato” e un cartonato a forma dell’iconica Kelly di Hermes recita ‘Le pelli esotiche uccidono’. “Chiediamo alla settimana della moda di Milano di restare al passo con le tendenze, tenendo questa crudeltà estrema lontana dalle passerelle, come ha fatto il British Fashion Council alla settimana della moda di Londra, e sollecitando le persone compassionevoli di tutto il mondo ad abbracciare l’utilizzo di materiali vegani di lusso che lascino gli animali in pace“, scrive Mimi Bekhechi, vicepresidente di Peta per l’Europa. L’associazione elenca le case di moda di fascia alta, tra cui Altuzarra, Burberry, Chanel, Diane von Furstenberg, Jean Paul Gaultier, Paco Rabanne, Victoria Beckham e Vivienne Westwood, che hanno già vietato l’uso di pelle di rettili e di altri animali selvatici nelle loro collezioni. “Molti altri stanno offrendo opzioni di pelle vegana realizzata con ananas, funghi, mele, cactus e altri materiali innovativi“, ricorda Peta.

La Milano Fashion Week si dice intanto sempre più sostenibile. In risposta all’impegno crescente dei consumatori verso scelte più etiche, i brand cercano ridurre l’impatto ecologico. Energia verde, migliore gestione dei rifiuti tessili e materiali eco-compatibili sono solo alcuni dei progressi che il comparto sta compiendo. La sostenibilità è “uno dei pillar” della nostra strategia che, fin dal 2010, si è impegnata nel porla come valore fondante del sistema moda italiano, viene spiegato sul sito della Camera Nazionale della Moda Italiana. La sfida è ripensare il futuro del pianeta e della moda attraverso un percorso che conduca al raggiungimento degli standard di sostenibilità, tenendo conto dei fattori produttivi, ambientali e sociali. Per l’Italia, primo produttore di moda del lusso al mondo, la sostenibilità è una leva competitiva che permette di consolidare la sua leadership.