Sostenibilità, iN’s Mercato: Grande distribuzione ha responsabilità verso giovani

A testimonianza del valore e dei principi di cui si fa portatrice e nell’ottica di favorire legami e connessioni tra le persone, la cultura e il territorio , iN’s ha scelto dunque di sostenere dei progetti che confermano il suo impegno nei confronti della comunità”. Lo dichiara il Direttore Generale di iN’s Mercato Moreno Fincato commentando il sostegno del gruppo al progetto didattico ‘GEA EDU-Idee per il futuro’, promosso dalla Fondazione Articolo 49, emanazione di WITHUB S.p.A, e destinato alle scuole secondarie di II grado per approfondire insieme alle nuove generazioni le tematiche relative allo sviluppo sostenibile, alla transizione ecologica e ai nuovi ‘green job’ con uno sguardo generale rivolto all’Europa. “Si tratta di iniziative volte a sostenere il valore della persona, la sostenibilità ambientale e le generazioni future, tematiche per noi importanti su cui si fonda il nostro modo di lavorare e di pensare – ha aggiunto – Sentiamo di avere una forte responsabilità in questi ambiti in quanto il settore della grande distribuzione può svolgere un ruolo di potenziale contatto con molte persone e, in questo senso, può dare un contributo positivo all’evoluzione della nostra società”.

Allo stesso modo, “la nostra partecipazione all’iniziativa GEA EDU si inserisce nell’ambito del percorso di Corporate Social Responsibility di In’s Mercato, che comprende l’ insieme di attività e comportamenti responsabili che la nostra insegna adotta e promuove all’interno e all’esterno, a favore del contesto di sostenibilità sociale e ambientale”, aggiunge la responsabile Marketing e comunicazione Francesca Salmaso. “Sia nell’attività di business che nella gestione interna, promuoviamo una cultura attenta al valore della persona. Negli anni abbiamo infatti supportato iniziative volte a sostenere il ruolo delle donne, nell’ambito del progetto INS PER LEDONNE, anche in collaborazione con realtà come Unicef e WeWorld. Abbiamo sostenuto, e continuiamo a sostenere, progetti a supporto dell’empowerment e dell’imprenditoria femminile e a favore delle eccellenze del Made in Italy in rosa e riserviamo sempre una profonda attenzione nei confronti della tutela ambientale, portando avanti azioni mirate ed efficaci per ridurre l’impatto sull’ecosistema. Siamo inoltre coinvolti in un importante piano di sensibilizzazione nei confronti delle generazioni più giovani. Si tratta di un tema, quest’ultimo, a cui teniamo in modo particolare e a cui ci dedichiamo in questa prima parte dell’anno sostenendo diverse partnership con realtà i cui ambiti d’azione sono l’educazione (intesa in senso ampio e quindi in riferimento anche all’importanza della pratica sportiva e alla conduzione di uno stile di vita sano), l’istruzione e la formazione.

Al via progetto didattico GEA EDU-Idee per il futuro: la sostenibilità arriva ‘inclasse’

Approfondire insieme alle nuove generazioni le tematiche relative allo sviluppo sostenibile, alla transizione ecologica e ai nuovi ‘green job’ con uno sguardo generale rivolto all’Europa. È l’obiettivo che si pone GEA EDU-Idee per il futuro, il progetto didattico promosso dalla Fondazione Articolo 49, emanazione di WITHUB S.p.A, e destinato alle scuole secondarie di II grado. Il progetto, patrocinato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ed in collaborazione con il Parlamento Europeo, è partito il 6 febbraio e ha già all’attivo oltre 2.050 studenti, appartenenti a 82 classi di 27 istituti in 13 regioni italiane. Il progetto educativo GEA EDU si inserisce nel sistema dell’Agenda Onu 2030 che ingloba 17 obiettivi per uno Sviluppo Sostenibile. Gli studenti verranno invitati a riflettere sui ‘goal’ 11 (città e comunità sostenibili), 12 (produzione e consumo responsabili), 13 (lotta contro il cambiamento climatico), lavorando sulle azioni e i comportamenti sostenibili di ogni singolo individuo.

Tre moduli didattici – Nel quadro delle possibilità offerte dall’introduzione dell’educazione civica obbligatoria nelle scuole, il progetto educativo GEA Edu – Idee per il futuro propone tre moduli indipendenti, ognuno dei quali affronterà diverse macro-tematiche riguardanti l’economica circolare. In particolare: Produzione e consumo sostenibile: il ruolo del cittadino e delle imprese nella gestione quotidiana dei prodotti; Economia circolare, riuso, riciclo e gestione dei rifiuti: la circolarità dei consumi con uno sguardo particolare allo smaltimento e alla nuova vita degli scarti; Innovazione e nuove professioni: le nuove professioni della sostenibilità offrono nuove opportunità di occupazione. Ciascun modulo, della durata di 40 ore, permette ai ragazzi, una volta completato, di ricevere un attestato di partecipazione che l’istituto di appartenenza potrà trasformare in crediti formativi. Insegnanti e studenti si possono registrare al progetto sulla piattaforma inclasse.net, sulla quale potranno seguire il percorso didattico e scaricare i materiali a supporto delle tematiche affrontate. Gli studenti potranno confrontarsi e collaborare per sviluppare un pensiero critico sulle tematiche trattate e partecipare al contest ‘Idee per il futuro’ dando sfogo alla loro creatività e fantasia.

Il contest ‘Idee per il futuro’: I ragazzi si faranno promotori di idee innovative per migliorare la vita di tutti i giorni per loro stessi e per la loro comunità. Una giuria di esperti selezionerà i tre migliori progetti; le tre classi vincitrici saranno premiate il 25 maggio a Roma presso Europa Experience, lo spazio multimediale dedicato all’UE e intitolato a David Sassoli, nel contesto del calendario degli Eventi di Withub www.withub.it/meet   “Lanciamo oggi questo progetto educativo – ha detto Andrea Poli, presidente della Fondazione Articolo49 – che si pone tre diversi specifici obiettivi: rendere gli studenti protagonisti della transizione ecologica, trasmettere competenze per l’adozione di buone pratiche nella vita quotidiana e stimolare il confronto. Questi goal sono in linea con il concerto di significati contenuti nella Costituzione Italiana e nella Carta dei diritti fondamentali dell’UE e costituiscono una fonte di ispirazione per i valori sostanziali della Fondazione49, promotrice del progetto. Libertà, partecipazione e democrazia sono al centro della nostra mission e rappresentano un patrimonio che vogliamo condividere e diffondere nelle scuole, tra i ragazzi e le loro famiglie”.
Il progetto GEA EDU è sostenuto da Federacciai, CoReVe, iN’s Mercato e Nestlé.

Carne sintetica, dalla produzione ai vantaggi nel consumo

Creare la carne in vitro non è più fantascienza; non solo è possibile, ma è proprio in quella direzione che il mercato alimentare si sta già muovendo. Dopo gli Stati Uniti, dove la carne sintetica ha avuto il via libera dalla Food and Drug Administration (Fda), l’ente del governo statunitense che regola i prodotti alimentari e i farmaci, anche la Commissione europea ha parlato a un possibile ok al cibo prodotto in laboratorio, a patto che rispetti gli standard nutrizionali.

La carne sintetica, detta anche coltivata, artificiale o ‘clean meat’ in inglese è il risultato di un processo di coltivazione cellulare operata in laboratorio su cellule animali staminali, ovvero cellule che possono generare una grande varietà di tessuti animali se opportunamente “condizionate”. È carne a tutti gli effetti ma non prevede l’allevamento di un intero animale e nemmeno di un processo di macellazione quindi risulta essere ‘cruelty free’, cioè ottenuta senza sofferenza animale.

Come si produce. A differenza della carne ‘classica’ che ha bisogno della mucca o del maiale, nella produzione di carne sintetica si ricreano in laboratorio esclusivamente le cellule e di conseguenza i tessuti di nostro interesse. Grazie ai recenti progressi della scienza si è in grado, tramite tecniche di ingegneria cellulare, di indirizzare le cellule verso lo sviluppo di una specifica tipologia generando artificialmente cellule muscolari, nervi e tessuti connettivi. In questa maniera da una singola cellula si possono creare milioni e milioni di cellule che andranno a comporre un vero e proprio muscolo, successivamente trasformato in carne. Le cellule vengono inizialmente isolate da un animale e sviluppate all’interno di linee cellulari che vengono poi congelate. Piccoli campioni di queste linee possono poi essere trasferiti nei bioreattori – in genere di grandi vasche d’acciaio – dove le cellule vengono alimentate con dei terreni di coltura che contengono i nutrienti di cui hanno bisogno per dividersi. Una volta che sono cresciute e si sono differenziate formando il tipo di tessuto corretto, le cellule possono essere raccolte e utilizzate in prodotti a base di carne sintetica. Coltivare le cellule con questo processo, tuttavia, è ancora estremamente costoso. Produrre della carne in laboratorio (almeno inizialmente) è molto più dispendioso che produrre carne in maniera tradizionale, considerando che si sono anche costi indiretti di gestione da includere. Prevedere i costi è particolarmente difficilmente perché i protocolli non sono ancora del tutto standardizzati e non è facile predire come la produzione massiva (detta anche scale up industriale) possa incidere sui costi fissi e variabili.

Carne vegetale. La carne sintetica non ha nulla di vegetale e, per questo motivo, non va confuso con la carne vegetale. Quest’ultima infatti, chiamata anche ‘fake meat’ (carne falsa), è un alimento composto da soli ingredienti vegetali. La sua composizione ha però l’obiettivo di replicare, nel modo più fedele possibile, il gusto, l’aspetto e le proprietà nutritive della carne originale. Tale prodotto quindi, a differenza della carne sintetica, può essere usato all’interno di una alimentazione vegetariana o vegana. Le principali tipologie di carne vegetale oggi presenti in commercio sono il seitan ed il muscolo di grano.

Sostenibilità ambientale. Il consumo mondiale di carne è previsto aumentare del 40-70% entro il 2050 ed è quindi necessario ridurre gli effetti nocivi della sua produzione. La carne ha un altissimo impatto ambientale nonché contribuisce al riscaldamento globale, alla deforestazione, al consumo di suolo, acqua ed energia. Circa un terzo delle emissioni di gas serra a livello globale è riconducibile all’industria alimentare, il 18% solo a gli allevamenti. Queste stime sono destinate ad aumentare in futuro per rispondere alla sempre più crescente domanda di cibo. La scelta di produrre carne in laboratorio può restare un’opzione valida per quattro principali ragioni: come tutte le tecnologie, inizialmente dispendiose, se vengono avviate ad uno scale up industriale i costi si abbassano. La regola è molto semplice: più Paesi e aziende iniziano a produrre una determinata cosa e più i costi per la singola unità nel tempo si abbassano. Le ricadute ambientali sarebbero positive, andando a ridurre alla lunga le spese per le politiche di lotta al cambiamento climatico. La produzione di carne in laboratorio potrebbe portare con sé interessanti prospettive di sviluppo in campo biomedico, rendendo queste tecnologie maggiormente abbordabili anche in altri settori. Infine un ulteriore vantaggio sarebbe la sicurezza alimentare che un prodotto ottenuto in condizioni standard e strettamente controllate porterebbe con sé. L’assenza di contaminanti biologici, chimici e fisici sarebbe possibile con dei limiti molto più rigidi e ben oltre gli attuali risultati ottenibili nel mercato, vista la purezza delle condizioni di produzione necessarie all’ottenimento del prodotto.

Fontana ci riprova in Lombardia: “Più economia circolare, solare e sostenibilità alimentare”

Attilio Fontana ci riprova. Il presidente della Regione Lombardia, domenica e lunedì alle elezioni, punta al bis. L’avvocato ex sindaco di Varese ed ex presidente del Consiglio Regionale lombardo è sostenuto da 5 liste: Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, Moderati-Sgarbi e la civica che porta il nome del governatore. In questi cinque anni ha superato emergenza pandemica e crisi energetica, ciò nonostante – in base a numerosi osservatori nazionali e internazionali – la Lombardia ha aumentato la sua leadership in Europa.

Presidente, i prossimi 5 anni saranno decisivi per la transizione energetica ed ecologica. Ha tre progetti se rimanesse alla guida della Regione?

“Scegliendone tre, direi che prima di tutto Regione Lombardia deve continuare a essere un’eccellenza nell’economia circolare, dove siamo già a un ottimo livello, grazie a un sistema di gestione dei rifiuti molto efficiente, con una raccolta differenziata al 73% e programmato che arrivi all’83% entro il 2030; con il 62% dei rifiuti urbani e il 85% dei rifiuti delle attività produttive che vengono avviati a recupero e la gran parte di questi effettivamente riciclati. La seconda linea di interventi è legata da un lato alla produzione di energia pulita, con il fotovoltaico, scelto come tecnologia più adatta – e per questo obiettivo dovrà raddoppiare la capacità di produzione -, dall’altro saranno le riduzioni di consumi, tramite una forte azione di efficientamento energetico. Inoltre, dobbiamo diventare competitivi anche con l’idrogeno verde. Terzo il contenimento del consumo di suolo da cui dipende anche la sostenibilità alimentare, lo sviluppo del settore agricolo e l’assorbimento di CO2″.

L’aumento delle auto elettriche implica anche una trasformazione urbana e non solo di città e centri abitati. La Regione come può aiutare i Comuni?

“La parola chiave deve essere sostenibilità, sia ambientale, sia economico-sociale. Crediamo infatti che la transizione debba essere prima di tutto un processo da governare più che da subire. Negli anni scorsi abbiamo fatto la nostra parte con incentivi per l’acquisto di questi veicoli o con bandi per la realizzazione delle infrastrutture di ricarica. I fatti dimostrano quindi la nostra propensione allo sviluppo di questo settore, ma con i suoi tempi, legati anche al potenziamento delle fonti rinnovabili capaci di alimentare i nuovi fabbisogni energetici. Nel frattempo, in attesa del potenziamento di queste reti, non possiamo nemmeno vietare l’endotermico al quale la nostra economia è fortemente legata e che può, con la ricerca sui combustibili sintetici e sui biocombustibili, rappresentare un’altra via verso la sostenibilità. Quello che possiamo fare è continuare a investire sull’efficientamento energetico e sulla possibilità di produrre energia in modo sostenibile e capillare anche nei Comuni più piccoli. Lo sviluppo di questo settore, come di tutta la nostra economia, non è slegato ai costi dell’energia, anche e soprattutto elettrica”.

Bollette alle stelle e imprese in difficoltà. Per usare meno gas e abbassare i costi della luce servono più rinnovabili. La Regione, attraverso le commissioni Via-Vas, è determinante nelle autorizzazioni. Come si possono accelerare?

“In Regione Lombardia abbiamo rafforzato la Commissione VIA e tutte le strutture tecniche di supporto, ma soprattutto abbiamo introdotto il Procedimento Autorizzatorio Unico Regionale (PAUR), che consente con un unico provvedimento di ottenere tutte le autorizzazioni regionali, provinciali e comunali per la realizzazione e l’esercizio degli impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili. E questo consente di accelerare i tempi medi, che per le vie statali sono fino a 18 mesi, mentre in Regione Lombardia sono al massimo di 7 mesi”.

Capitolo infrastrutture: nell’ultimo decennio sono nate grandi arterie autostradali, tuttavia l’alta velocità per, ad esempio, Venezia, va a rilento… Serviranno più trasporti su ferrovia piuttosto che su strada?

“Le infrastrutture della mobilità devono essere pensate per le necessità del futuro. Il nostro modo di muoversi sta già cambiando e lo farà sempre di più in futuro. Pensate anche solo a quali ricadute avranno tecnologie come la guida autonoma e i sistemi di condivisione dei veicoli. Per questo immaginiamo che la rete di trasporto ferroviaria sarà sempre più strategica nel collegare i territori, non solo per estendere le reti di trasporto urbano negli hinterland. Saranno quindi importanti interventi di potenziamento e ammodernamento della rete ferroviaria capaci di permetterci di raggiungere obiettivi di sostenibilità economica, sociale e ambientale”.

Il Po navigabile, i Navigli a Milano… secondo lei servono più investimenti per avviare progetti di trasporto fluviale?

“La rete di trasporti deve essere sempre più multimodale e, in Lombardia, le merci possono percorre anche le strade dell’acqua. Servono tuttavia poli logistici trimodali, in grado di smistare le produzioni lombarde su ferro acqua e gomma. Non sono nemmeno secondari accordi e intese con territori vicini per rendere navigabili alcune tratte tutto l’anno. È un sistema che riveste un’importanza strategica e non mancheremo di fare la nostra parte anche in questo settore pensando anche che la navigazione su fiumi e navigli, insieme a quella sui laghi, costituisce un elemento di attrattività turistica e fruizione sostenibile del nostro territorio”.

Pnrr. Che progetti ha in mente? Le Regioni non sono protagoniste nella cosiddetta messa a terra, ma non crede che dovrebbero diventare protagoniste nella regia dei progetti?

“Vero, le Regioni non giocano un ruolo di primo piano nella gestione dei fondi del Pnrr. C’è stato un confronto, ma nella gestione siamo comunque abbastanza esclusi. È una decisione che abbiamo cercato di contrastare anche in sede di Conferenza delle Regioni. Nella ripartizione delle competenze, è indubbio che l’ente più vicino al cittadino è quello che più è in grado di rispondere ai bisogni dei territori. Non per niente è costante il nostro confronto con i Comuni: modello che avremmo potuto replicare con successo anche con il Pnrr”.

Sostenibilità. La manifattura lombarda è la prima in Europa. E’ possibile aiutare le imprese verso minori risparmi energetici e, allo stesso tempo, mantenere una leadership mondiale o europea? Secondo lei non c’è rischio deindustrializzazione?

“Abbiamo visto negli ultimi anni come la competitività delle nostre imprese sia stata messa a rischio dai costi dell’energia. Ricordo che Regione Lombardia è stata la prima a lanciare l’allarme su questi costi e insieme a tutti gli stakeholder lombardi è stato predisposto un manifesto, con proposte concrete, inviato all’allora governo Draghi e all’Europa. È infatti un problema che richiede interventi su vasta scala. Noi possiamo tuttavia continuare a mettere a disposizione risorse per l’efficientamento energetico e continuare a favorire le nuove fonti di energia. Il nostro Paese sconta già la carenza di alcune materie prime, per non perdere posizioni dobbiamo essere capaci di spingere almeno sulla produzione di energia. Nel breve termine resta importante continuare a intervenire a livello centrale con risorse per calmierare i prezzi, così come ha fatto anche il governo Meloni”.

Un miliardo e 380 milioni alle imprese turistiche per digitale e sostenibilità

Al via il nuovo incentivo per le imprese turistiche ‘FRI-Tur’ che punta a migliorare i servizi di ospitalità e a potenziare le strutture ricettive, in un’ottica di digitalizzazione e sostenibilità ambientale. L’incentivo è gestito da Invitalia ed è promosso dal ministero per il Turismo. La domanda potrà essere presentata dalle ore 12 del 1° marzo 2023 fino alle ore 12 del 31 marzo 2023, mentre dallo scorso 30 gennaio – spiega Fedele Santomauro, consigliere d’amministrazione della Cassa dei ragionieri e degli esperti contabili – sulla piattaforma web di Invitalia è possibile scaricare la documentazione”. Per inviare la domanda è necessario essere in possesso di un’identità digitale, di una firma digitale e di un indirizzo di posta elettronica certificata.

Il 50% delle risorse è destinato agli interventi di riqualificazione energetica, mentre un altro 40% – prosegue Santomauro – delle risorse stanziate per il contributo diretto alla spesa è destinato alle imprese con sede in una delle regioni del Mezzogiorno: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia”. Va precisato che l’investimento deve essere riferito ad una o più unità dell’impresa richiedente situate sul territorio nazionale e deve prevedere spese ammissibili, al netto dell’IVA, comprese tra 500.000 euro e 10 milioni di euro. Inoltre, i progetti devono essere realizzati entro il 31 dicembre 2025 ed essere conformi alla normativa ambientale nazionale ed europea, alla Comunicazione della Commissione UE (2021/C 58/01) e agli orientamenti tecnici sull’applicazione del principio DNSH, a norma dell’art. 17 del Regolamento UE 2020/852.

Pierfrancesco Majorino - lombardia

Majorino: Lombardia green con il più grande piano per lavori verdi e rilancio comunità energetiche

Una Lombardia più ‘green’ per garantire salute e benessere ai cittadini. Investire in una transizione ecologica giusta per creare più posti di lavori, stabili e di qualità (circa 300mila nel 2030). E poi, efficientamento energetico nelle case popolari, superamento degli impianti di incenerimento più obsoleti per raggiungere l’obiettivo di ‘rifiuti zero’, razionalizzazione della gestione dei trasporti fluviali e dei laghi. Il tutto creando un assessorato ad hoc, dedicato all’ambiente, alla crisi climatica e alla transizione ecologica. Pierfrancesco Majorino ha le idee chiare su come vuole cambiare la regione se verrà eletto alla presidenza della Lombardia. Classe 1975, forte dell’esperienza prima nell’amministrazione comunale di Milano e poi a Bruxelles come parlamentare, si candida alle regionali del 12 e 13 febbraio per il centrosinistra (sostenuto anche dal Movimento 5 Stelle). A GEA ha illustrato il suo programma ‘green’.

I prossimi 5 anni saranno decisivi per la transizione energetica ed ecologica. Nel suo programma ci sono 24 proposte sul tema: quali le più urgenti da attuare nei cosiddetti primi 100 giorni nel caso fosse eletto presidente di Regione Lombardia? Su cosa è necessario puntare?
È necessario puntare sul lancio di un programma di Green Industry che guarda alla creazione di 300.000 nuovi posti di lavoro entro il 2030. Sarà il più importante piano occupazionale per lavori verdi e di qualità mai realizzato in Italia. Perché la transizione energetica ed ecologica non sono un freno, ma al contrario un’autentica opportunità di sviluppo economico e occupazionale. La transizione energetica ed ecologica deve essere portata in primo luogo nelle case gestite da ALER. Aldilà dello scandalo dei 15.000 alloggi vuoti e non assegnati penso che l’edilizia popolare possa e debba essere un autentico volano per l’efficienza energetica e la drastica riduzione delle emissioni climalteranti. Intendiamo riqualificare 4000 abitazioni all’anno portando così il tasso di edifici riqualificati in linea con gli obiettivi europei, adottando misure che puntano a ridurre le bollette e i costi energetici alle famiglie, al contempo creando nuovo lavoro, stabile e locale.

L’aumento delle auto elettriche implica anche una trasformazione urbana e non solo di città e centri abitati. La Regione come può aiutare i Comuni?
Penso sia necessario un tavolo di concertazione. I territori devono essere ascoltati e accompagnati in questa transizione. Insieme si possono trovare le soluzioni più coerenti e migliori. I fondi europei per migliorare radicalmente l’offerta infrastrutturale necessaria e per farlo nel rispetto delle esigenze territoriali esistono, vanno usati al meglio. Anche in questo caso si tratta di un’enorme opportunità occupazionale che va però accompagnata con forti misure di formazione e riqualificazione delle competenze.

 Bollette alle stelle e imprese in difficoltà. Per usare meno gas ed abbassare i costi della luce servono più rinnovabili. La Regione, attraverso le commissioni Via-Vas, è determinante nelle autorizzazioni. Come si possono accelerare?
L’unica via è la sburocratizzazione, che intendo introdurre il più possibile. Ma credo sia importante ripensare anche a una nuova strategia di intervento sulle rinnovabili e sostenere le comunità energetiche promosse dai Comuni, favorendo in particolare quelle che affrontano il problema della povertà energetica. L’impegno delle comunità energetiche permette infatti di avere sul territorio numerosi benefici sia dal punto di vista ambientale ma anche economico e sociale.

Capitolo infrastrutture: nell’ultimo decennio sono nate grandi arterie autostradali, tuttavia l’alta velocità per, ad esempio, Venezia, va a rilento… Serviranno più trasporti su ferrovia piuttosto che su strada?
Si. Deve essere rilanciato il rapporto con Rfi per la revisione della rete infrastrutturale regionale e si dovrà imprimere un’accelerazione rispetto ai cantieri finanziati attraverso Pnrr. Ove possibile, penso alla Brianza, è necessario estendere il percorso delle metropolitane. In alcune aree, in particolare al sud della Lombardia, è necessario uno sviluppo infrastrutturale che in questi anni è venuto a mancare. I collegamenti del trasporto pubblico locale su ferro dovranno essere potenziati, ma anche quelli su gomma (aiutando i comuni a dotarsi di mezzi a basse o zero emissioni) all’interno delle aree interne non raggiunte dalla ferrovia. In alcuni ambiti vi è una qualità di servizi per nulla all’altezza. Trenord sarà ribaltata nella sua gestione. Intendo introdurre la gratuità per gli under25 nel trasporto pubblico locale come anche a favore di chi si muove per motivi di cura. Nei confronti degli under25 ritengo questa una misura che vuole favorire la cultura del mezzo pubblico.

Il Po navigabile, i Navigli a Milano… secondo lei servono più investimenti per avviare progetti di trasporto fluviale?
Ad oggi è stata molto trascurata la mobilità dolce e la navigazione turistica. Non è stata posta un’attenzione particolare a questo comparto senza promuovere progetti di rilancio, lasciando soli gli enti locali nella gestione dei pochi investimenti fatti grazie all’utilizzo di risorse europee. Intendo promuovere una regionalizzazione della gestione del trasporto sui laghi lombardi. Il trasporto fluviale merita maggiore attenzione rispetto al passato.

Pnrr. Che progetti ha in mente? Le Regioni non sono protagoniste nella cosiddetta messa a terra, ma non crede che dovrebbero diventare protagoniste nella regia dei progetti?
Ho fortemente criticato la gestione da parte di Regione Lombardia a guida Fontana del PNRR. Sono occasioni fondamentali che non possiamo perdere e buttare nel cestino. Per questo intendo promuovere un super assessorato destinato al Pnrr e ai finanziamenti comunitari. Perché spesso ci dimentichiamo che a livello di Unione Europea vi sono fondi a cui possiamo attingere attraverso progettualità. Gli uffici di Regione Lombardia a Bruxelles ad oggi sono stati sottoutilizzati. Inconcepibile.

Sostenibilità. La manifattura lombarda è la prima in Europa. È possibile aiutare le imprese verso minori risparmi energetici e, allo stesso tempo, mantenere una leadership mondiale o europea?
Sì, intendo farlo trasformando l’Assessorato all’Ambiente in Assessorato all’Ambiente, Crisi Climatica e Transizione Ecologica con il mandato di rivedere tutte le pianificazioni di settore definendo obiettivi più stringenti di quelli attuali. Intendo promuovere una nuova strategia di intervento sulle rinnovabili che orienti nuovi investimenti sul solare puntando sullo sfruttamento di spazi già antropizzati, cominciando dai tetti piatti (superfici commerciali e abitative) e incentivando la partecipazione dei privati seguendo l’esempio della Francia che ha messo l’obbligo di installazione di pensiline fotovoltaiche in tutti i parcheggi con più di 80 posti auto.

Secondo lei non c’è rischio deindustrializzazione?
Come già ho detto non vedo alcun rischio di deindustrializzazione dalla sostenibilità. Al contrario vedo solo nuove opportunità di crescita e sviluppo per le imprese esistenti e per altre innovative che possono nascere e svilupparsi anche attraverso il taglio per i primi 3 anni dell’IRAP che vogliamo introdurre.

Da ‘Mayamiko’ a ‘Madeby’: la moda sostenibile parla italiano

Tutto è partito dall’Africa. Qui Paola Masperi, una laurea in mediazione linguistica, un master in Marketing e uno in Relazioni internazionali, trascorre alcuni anni per lavorare a progetti di sviluppo internazionale. Tra il Malawi, l’Uganda, l’Etiopia e il Kenya l’imprenditrice tocca con mano l’impatto sociale più devastante del cambiamento climatico.

Il Continente riceve gli abiti usati da tutto il mondo, ma spesso, racconta Masperi a GEA, “la qualità è talmente bassa che non possono farne niente, tonnellate di vecchi abiti vengono bruciati in discarica“. Il problema è anche il soffocamento del mercato locale, una concorrenza “più sleale di così è inimmaginabile – spiega -. I sarti locali non possono competere. A livello macroeconomico e di industria la cosa è molto negativa e in Malawi si vede molto chiaramente“.

Proprio in Malawi Masperi lavora a un progetto di training in sartoria per donne: “A un certo punto abbiamo capito che il livello era talmente alto e da potersi posizionare a livello di export“. Nel 2014-2015 lancia il marchio ‘Mayamiko‘, per vendere le creazioni delle comunità locali. “E’ andato molto bene, siamo molto conosciuti in Inghilterra nel mondo della Moda etica“. Già prima del Covid il marchio ha conosciuto una “crescita esplosiva“. “Ci siamo chiesti come volevamo crescere, abbiamo iniziato le consulenze e mi sono accorta che per crescere dovevamo produrre di più e più velocemente, questo a me non piaceva, abbiamo così continuato con una crescita lenta e graduale“, afferma.

Dall’esigenza di far capire quanto cruciale sia la sostenibilità sociale e ambientale nella Moda, è nata l’idea di una soluzione tecnologica che può essere utilizzata da tutto il comparto, si chiama ‘Madeby‘, è una piattaforma di blockchain con base a Londra, che salva e verifica le informazioni di sostenibilità dei marchi. Prende le mosse dalle sue conoscenze del settore: “Mi sono accorta che molti dei marchi più conosciuti non applicano un livello di rigore giusto per evitare il greenwashing, fatto a volte anche inavvertitamente. Ci sono grosse maison che fanno una sola linea molto tracciabile, ma il 90% della produzione non lo è“, scandisce.

Madeby nasce grazie ai fondi ottenuti dall’ente britannico per la ricerca e lo sviluppo. Lo scopo è verificare che quanto i marchi dichiarano ai consumatori sia corretto e che le informazioni per il consumatore siano chiare. La tecnologia è stata è in fase di integrazione con Credible Esg, che aggiunge anche il calcolo dell’impatto ambientale. “Noi pubblichiamo solo le informazioni che sono state verificate. Se non riusciamo ad avere accesso ai dati che le aziende dichiarano, noi non li pubblichiamo“, assicura. Al momento i marchi in piattaforma sono circa cinquanta, di medie e piccole dimensioni: “E’ molto interessante per i piccoli marchi, perché spesso non possono pagarsi le certificazioni, ma ora che introduciamo l’aspetto dell’Esg dobbiamo rivolgerci anche a marchi più grossi, che pero’ non sempre – fa sapere – sono disponibili alle verifiche”.

Moda, asse Roma-Parigi: Futuro è green e digital

Sostenibile e innovativo: così è il futuro della Moda mondiale. Roma e Parigi si propongono come modelli e capofila del cambiamento e a Palazzo Farnese, sede dell’Ambasciata di Francia in Italia, si ritrovano tra player e istituzioni per discutere di strategie, buone pratiche, criticità e possibili soluzioni.

Il legame trai due Paesi nel settore della Moda è “storico e inscindibile e va coltivato in un rapporto di piena reciprocità“, scandisce il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. È una catena di valore, osserva, che “ci fa più forti nella competizione globale consegnandoci una leadership indiscussa“. Peculiarità e punti di forza si incontrano, si intrecciano, scendono in campo per tutelare il comparto con una “posizione assertiva” sul Regolamento europeo sull’Ecodesign, assicura il ministro italiano, soprattutto sui divieti di distruzione dell’invenduto, sul passaporto digitale dei prodotti, sulla riciclabilità e la durata della vita dei capi.

L’occasione è l’incontro ‘Sostenibilità e innovazione: nuove sfide e opportunità per il settore‘, su iniziativa di Sopra Steria. L’ambasciatore Christian Masset e Frédéric Kaplan, ministro consigliere per gli Affari economici dell’ambasciata, aprono le porte del palazzo anche a Mario Cospito, consigliere Diplomatico del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, e Lucia Borgonzoni, sottosegretaria al ministero della Cultura. Sopra Steria coinvolge, tra gli altri, Bulgari, Fendi, Gucci, Hermes Italia, Altagamma, Tod’s, Lvmh Italia, Bottega Veneta.

La Moda è uno dei settori in cui Francia e Italia collaborano maggiormente e da molto tempo“, ricorda Masset, rivendicando il primato mondiale nel settore dei due Paesi. Il tema della riduzione delle emissioni del comparto è cruciale: “Siamo entrambi impegnati a promuovere un nuovo percorso di sobrietà“, garantisce. A livello europeo, Roma e Parigi hanno aderito al Fit for 55, un nuovo obiettivo europeo per il clima. “Siamo profondamente convinti che le aziende del settore, grandi protagoniste di questa transizione, sapranno proporre iniziative innovative e stimolanti affinché le aziende francesi e italiane possano essere d’ispirazione anche in questo campo”, afferma.

La filiera produttiva ha delle complessità specifiche legate a un alto grado di frammentazione e a “diversi livelli di maturità” sulla sostenibilità ambientale, spiega Stefania Pompili, CEO di Sopra Steria Italia. A trainare l’efficientamento energetico, sostiene, sarà la transizione digitale, che permette, tra l’altro, di misurare i risultati raggiunti in materia di compensazione. In questo senso, un’alleanza tra Italia e Francia, mercati di riferimento per il settore, “può favorire l’integrazione digitale tra le filiere di produzione e dare vita a una piattaforma di misurazione europea che promuova una visione integrata. L’innovazione – afferma Pompili – si pone al servizio della sostenibilità per creare sinergie tra mercati diversi ma vicini“.

La sostenibilità di H&M non convince: tonfo nel quarto trimestre 2022

Non sono bastate le azioni e la campagne per ridurre l’impatto ambientale e attirare, così, una generazione di giovani attenti all’ambiente e al clima. H&M, colosso svedese della fast fashion e secondo al mondo dopo Zara, ha chiuso in rosso il quarto trimestre del 2022, alla fine di un anno complicato, appesantito dalla decisione di chiudere tutti i punti in vendita in Russia e da una combinazione di altri fattori sfavorevoli. Tra questi, l’aumento del prezzo delle materie prime e del dollaro alto che, insieme all’impennata dei prezzi dell’energia, si sono tradotti in costi di acquisto più elevati. Dopo l’annuncio dei conti in discesa, le azioni del gruppo hanno registrato un calo quasi del 7% alla Borsa di Stoccolma.

La nostra decisione di cessare l’attività in Russia, che era un mercato importante e redditizio, ha avuto un effetto negativo significativo sui nostri risultati”, ha sottolineato l’amministratrice delegata Helena Helmersson. “Piuttosto che scaricare l’intero costo aggiuntivo sui nostri clienti, abbiamo scelto di rafforzare ulteriormente la nostra posizione” nel tentativo di guadagnare quote di mercato. Insomma, i prezzi al pubblico di abbigliamento e accessori non sono aumentati, ma sono cresciuti i costi di produzione e dell’intera filiera.

L’ultimo trimestre del 2022 è stato caratterizzato da una perdita netta di 864 milioni di corone (77 milioni di euro). Un dato inaspettato per gli analisti, che scommettevano su profitti nettamente positivi superiori a 2 miliardi, secondo le stime di Bloomberg e Factset. Nell’intero anno finanziario, il fatturato del gruppo è aumentato del 12%, a 223,5 miliardi di corone, ma solo del 6% escludendo gli effetti valutari. Allo stesso tempo, l’utile netto annuo è sceso del 68% a poco meno di 3,6 miliardi di corone.

H&M, che vede buone prospettive per il 2023, spiega che l’accumulo di fattori sfavorevoli ha avuto un effetto negativo di 5 miliardi in totale sui suoi profitti. Dalla chiusura dell’esercizio, a fine novembre, “le vendite sono partite bene. I fattori esterni sono ancora difficili ma stanno andando nella direzione giusta“, secondo lad. Il numero dei negozi del gruppo si è ridotto a 4.465 a fine novembre, ovvero 336 in meno rispetto al 2021, con quasi la metà dell’impatto legato a il ritiro da Russia e Bielorussia (175 negozi chiusi).

Da anni H&M lotta per dare vita a un nuovo modello, più attento alla sostenibilità e all’ambiente, ma i profitti sono diminuiti costantemente negli ultimi 10 anni, a parte un rimbalzo nel 2021 al termine delle restrizioni legate alla pandemia. Ieri il gruppo ha annunciato di aver firmato un nuovo accordo con i sindacati con l’obiettivo di proteggere ulteriormente la salute e la sicurezza dei lavoratori dell’abbigliamento in Pakistan, dove viene prodotta buona parte dei prodotti venduti in Occidente.

Balconi - Francia

‘Diritto al sole’ diventa obbligatorio: case solo con balconi a Rennes

Saranno stati la pandemia, l’isolamento sanitario, l’aumento dello smart working e il bisogno di una vita domestica più sostenibile, ma sta di fatto che l’area metropolitana di Rennes ha preso una decisione decisamente controcorrente. D’ora in avanti tutte le case di nuova costruzione dovranno avere un balcone o un terrazzo di almeno 4 metri quadri. Questo vincolo non si limita agli edifici privati: anche le residenze per studenti, anziani o ostelli per giovani lavoratori devono offrire uno spazio esterno, in questo caso fissato fissato a 3 metri quadri. Il cambiamento degli stili di vita dopo la pandemia, come spiega Laurence Besserve, vicepresidente di Rennes Metropole, è stato determinante nella scelta.

Ma c’è un altro motivo per cui i rappresentanti eletti della metropoli bretone (460.000 abitanti e 43 comuni) hanno deciso di fare il grande passo: le previsioni demografiche. “La popolazione invecchia: resteremo a casa il più a lungo possibile, quindi ci sarà bisogno di spazi interni ed esterni. Conosciamo tutti i benefici dello stare all’aperto“, spiega Besserve, che è anche sindaco di Betton, una cittadina in rapida espansione alle porte di Rennes. Tutta l’area, così come quella di molte altre città occidentali, devono rispondere a una forte impennata demografica, con una previsione di 533.000 abitanti entro il 2035 e la necessità di creare 65.000 nuovi alloggi.

Con la legge Clima e resilienza del 2021 in Francia e la prospettiva di net zero entro il 2050, “sempre più persone vivranno in forme urbane collettive e questo bisogno di spazio all’aperto sta diventando vitale“, sostiene Besserve. La decisione piace molto al mercato immobiliare. “L’esigenza di avere spazi esterni è stata espressa molto dai clienti negli ultimi tempi“, spiega Guillaume Loyer, del gruppo Giboire. Ovviamente questo nuovo standard porterà “necessariamente” un aumento dei prezzi e questo potrebbe rappresentare un problema.

Il sociologo Jean Viard, che da tempo sostiene il “diritto al sole“, accoglie con favore questa iniziativa in una zona “che è sempre stata all’avanguardia in termini di politiche di pianificazione regionale con il concetto di città arcipelago“. “Tutti vogliono poter mangiare al sole, avere una pianta e possibilmente un animale“, ha osservato l’autore di ‘La sacralità del tempo libero’, sottolineando che “molti anziani non escono mai di casa” e purtroppo non hanno più alcun legame con l’aria esterna.