Se Milano-Cortina diventano le Olimpiadi dell’intero arco alpino

Matteo Salvini parla di piano B per le Olimpiadi di Milano-Cortina. E quel piano B significa, per adesso in linea ipotetica, allargare i Giochi invernali del 2026 non solo a Lombardia, Veneto e provincia di Trento ma anche a Torino. Città che, ormai in un passato remoto, sotto la gestione della sindaca Chiara Appendino, rifiutò la candidatura “in coabitazione” preferendo consegnarsi ( per 5 anni) alle Atp Finals di tennis. Diventerebbero i Giochi dell’intero arco alpino e non sarebbe nemmeno male. Eppure…
Eppure, lato politica nazional-regionale, non si possono ignorare le strutture già esistenti dell’Olimpiade del 2006. Strutture che, non con troppi soldi, potrebbero tornare funzionali. Eppure, lato Torino, sarebbe folle non mettere a disposizione le strutture di cui sopra scollinando a mente fredda una presa di posizione che molti considerarono controproducente.
Eppure, in tempi di crisi profonda, conviene usare il buonsenso. Che è una sorta sciolina per rendere meno stridente qualsiasi ragionamento che coinvolga l’Italia dello sport e della politica. Al momento, al di là delle infrastrutture che sono il vero incubo dei Giochi (la variante di Cortina e quella di Longarone, la statale 36, la SS42 del Tonale per citarne alcune), mancano all’appello l’impianto che ospita le gare di pattinaggio in pista lunga e la pista di Bob. Tra il 18 e il 20 gennaio, molti di questi dubbi dovrebbero essere dissolti: nella prima data, a Cortina, verranno presentati e probabilmente approvati i lavori per il nuovo ‘Sliding center’, ovvero la riqualificazione della pista di bob Eugenio Monti; nella seconda data, la provincia di Trento stabilirà se procedere con i lavori di copertura della pista di Baselga di Pinè che vale una sessantina di milioni. Per il bob l’ok è quasi scontato, per il pattinaggio esattamente il contrario.
Il 27 febbraio è in calendario una nuova riunione per fare il punto sullo stato dell’arte, vedremo se in un mese abbondante saranno stati compiuti passi avanti. Intanto il vicepremier Salvini non si è fatto problemi ad allargare il perimetro dell’Olimpiade, cioè a trasformarla nei Giochi dell’intero arco alpino, consegnando sogni, ambizioni e responsabilità (forse) alla Torino di Stefano Lo Russo, nemico dichiarato di chi l’ha preceduto e proprio per questo determinatissimo ad aprire le porte della sua città al Cio.

Capodanno, i fuochi d’artificio peggiorano la qualità dell’aria e terrorizzano gli animali

Negli ultimi anni, la tradizione di salutare il nuovo anno con botti e fuochi d’artificio si è sempre più rivelata pericolosa e nociva non solo per gli esseri umani e per la salute degli animali – domestici e selvatici – ma anche per la qualità dell’aria. A spiegarlo è l’Arpa Lombardia, la quale ricorda che “nelle ore immediatamente successive all’utilizzo di fuochi d’artificio si registra un peggioramento dei valori della qualità dell’aria, anche con elevati picchi in atmosfera, in particolare di polveri sottili (PM10). La tipologia degli inquinanti prodotti dagli scoppi è nociva  e contiene tra l’altro valori non trascurabili di potassio (K), stronzio (Sr), bario (Ba), magnesio (Mg), alluminio (Al), zolfo (S), titanio (Ti), manganese (Mn), rame (Cu), bromo (Br), piombo (Pb)”.

Di Capodanno in Capodanno, è dunque cresciuto il numero dei Comuni che emanano ordinanze per vietare l’utilizzo di botti e fuochi d’artificio durante i festeggiamenti di Capodanno. Iniziamo l’elenco, però, subito con un paradosso. Se, da un lato, l’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente lombarda segnala i danni che i fuochi d’artificio provocano alla qualità dell’aria, dall’altro l’annullamento di alcune delle misure previste dal “piano aria e clima” da parte del Tar (dopo un ricorso di alcuni commercianti) permette, di fatto, di sparare botti e fuochi. Sul sito del Comune di Milano si legge infatti: “In attuazione delle sentenze Tar Lombardia n. 2033/2022 e n. 2034/2022, il divieto di accensione di fuochi d’artificio, compresi i petardi, mortaretti e artifici esplodenti in genere, di cui all’art. 10 del regolamento per la qualità dell’aria avente ad oggetto ‘Combustioni all’aperto’ è annullato”. Il risultato più evidente è proprio che il Comune non potrà emanare alcuna ordinanza, né alcun divieto.
Per quanto riguarda altre città, da anni la Capitale vieta l’utilizzo di botti e fuochi d’artificio, così come a Torino; a Bologna il divieto è entrato in vigore il 24 dicembre e lo sarà sino al 7 gennaio 2023; niente botti per la notte di San Silvestro nemmeno a Bari, Sassari, Treviso e Cecina.

Nel caso in cui alcune amministrazioni cittadine non prendessero provvedimenti in tal senso, si può fare riferimento al decalogo Oipa. L’Organizzazione internazionale protezione animali ha infatti realizzato un video attraverso il quale consiglia come tutelare gli ‘amici a quattro zampe’ che, terrorizzati dal rumore, potrebbero scappare di casa e correre per strada, correndo il rischio di essere investiti. A loro si aggiunge la fauna selvatica che, disorientata dai botti, potrebbe schiantarsi contro alberi, muri, cavi elettrici o – come nel caso degli animali domestici – scappare in strada.
Ecco i punti del decalogo Oipa: teniamo gli animali il più lontano possibile dai festeggiamenti e dai luoghi in cui i petardi vengono esplosi; non lasciamoli soli, potrebbero avere reazioni incontrollate e ferirsi. Stiamo loro vicini, mostrandoci tranquilli e cercando di distrarli; non lasciamoli in giardino. Teniamo in casa o in un luogo protetto gli animali che abitualmente vivono fuori per scongiurare il pericolo di fuga; teniamo alto il volume di radio o televisione, chiudendo le finestre e le persiane; lasciamo che si rifugino dove preferiscono, anche se si tratta di un luogo che normalmente è loro vietato; durante le passeggiate teniamoli al guinzaglio, evitando anche di liberarli nelle aree per gli animali per evitare fughe dettate dalla paura; facciamo visitare l’animale da un veterinario comportamentalista affinché valuti la possibilità di una terapia di supporto; evitiamo soluzioni fai da te somministrando tranquillanti, alcuni sono addirittura controindicati e fanno aumentare lo stato fobico; organizzare una “gita fuori porta” per trascorrere il Capodanno in luoghi lontani dai centri urbani e dai rumori forti e improvvisi; chiediamo al nostro Comune un’ordinanza contro i botti e sensibilizziamo l’opinione pubblica su quanto questi inutili rumori possano essere dannosi per gli animali domestici e selvatici

Anche le “lanterne cinesi”, fatte spesso volare in occasione del Capodanno, possono causare il ferimento e la morte di animali. Si sono verificati diversi casi di selvatici e domestici ustionati, strangolati, o morti per emorragia interna dopo aver ingoiato il metallo tagliente dello scheletro delle lanterne. Il loro volo incontrollato è inoltre molto pericoloso, in quanto facile innesco di incendi boschivi.

Agronomo apre locale green: la filosofia della ristorazione educativa per salvare il pianeta

Avvicinare le persone a tematiche quali sostenibilità e crisi climatica attraverso il cibo e scelte imprenditoriali green. È la scommessa dell’agronomo Tito Ippolito, che apre le porte del suo ‘Respeat’, a Torino. Un luogo scelto non a caso, ma individuato “sapendo che è stata riconosciuta miglior città vegan friendly, quindi sicuramente aperta alla sfida che intendo proporre: salvare il pianeta un boccone alla volta, perché è nella semplicità che possiamo ritrovare la serenità di guardare al futuro“, confessa a GEA ricordando le esperienze maturate in ambito umanitario tra Africa e Centro America, dove ha aiutato le comunità rurali a ottenere il massimo dalla loro terra con le poche risorse disponibili.

Il progetto di “ristorazione educativa“, come il titolare ama definire la propria creatura, ha alcuni punti cardine: l’azzeramento della plastica, l’utilizzo di detergenti naturali e stoviglie compostabili per limitare i cicli di acqua per il lavaggio, un arredamento realizzato con materiali naturali. “Punteremo a un’offerta stagionale di cibi, nel rispetto del ciclo della natura; inoltre, intendiamo collaborare con fornitori che abbiano una filiera certificata, senza limitarci all’etichetta di biologico. La nostra cucina, curata dalla chef Imma Ferraro, è di ispirazione vegetariana – precisa Ippolito – poiché siamo consapevoli del dramma degli allevamenti intensivi. Ci concentreremo sulla dieta mediterranea, mescolando rievocazioni della tradizione piemontese con i classici della pasticceria del sud Italia“.

L’offerta culinaria sarà arricchita da serate di degustazione a tema, incontri con esperti e una biblioteca dedicata al tema, dalla quale i clienti potranno attingere e prendere in prestito testi, in un’ottica di abbinare l’informazione al cibo. “Troppo spesso – commenta Tito Ippolito – la ristorazione ha, sui temi della sostenibilità e dell’attenzione all’ambiente, un approccio passivo: io ritengo invece che questo settore debba veicolarli e promuoverli“.

Il locale di via Bertola, a Torino, accoglierà i commensali (15 coperti che raddoppieranno con il dehors esterno, in estate) al mattino con il servizio di caffetteria, a pranzo e per un aperitivo fino alle 20.30, orario di chiusura. “La pausa pranzo sarà per noi una sfida nella sfida. Vogliamo infatti dimostrare che si può mangiare rapidamente consumando cibi di qualità, sfatando il mito del fast food sinonimo di cibo pessimo“, conclude Tito Ippolito.

torino

Torino punta su ambiente e sostenibilità per ‘rimettersi in moto’

Un anno di azioni, di interventi, anche di rischi presi, per “rimettere in moto Torino” su quattro direttrici: sviluppo, cura, coesione. Ma soprattutto, sostenibilità. A 12 mesi, o poco più, dalla sua elezione, il sindaco Stefano Lo Russo illustra quanto fatto e i progetti da venire. Un anno, spiega, condizionato dall’emergenza pandemica Covid-19 e dalla guerra in Ucraina, con i conseguenti effetti sul caro materiali e sul caro energia. Un’emergenza, quella del caro bollette, che per il solo Comune di Torino “ha visto rincari del 71% per quella elettrica (da 21,9 a 37,4 milioni) e di ben il 172% per il riscaldamento (da 25,7 a 70,1 milioni)”. A luglio scorso, però, ha annunciato il primo cittadino, il Comune ha dato vita a un grande piano di Efficientamento energetico – che prevede interventi di riqualificazione energetica su oltre 800 edifici comunali con un investimento di oltre 110 milioni. Un piano di interventi che darà benefici strutturali e permanenti. Non solo il 33% di risparmio energetico annuo per il Comune ma anche enormi benefici ambientali per la Città. Che, ricorda, è una di quelle in Italia con la qualità dell’aria peggiore. “Stiamo parlando di oltre 20.000 Tonnellate di CO2 emessa in meno ogni anno. È come togliere, di colpo, 16.000 auto dalle nostre strade, o piantare 2 mln di alberi“, commenta Lo Russo.

I costi triplicati delle bollette non hanno fermato l’amministrazione che ha continuato a guardare all’ambiente e alla transizione ecologica, che ha nella riconversione del sito industriale di Mirafiori il suo cuore pulsante, con l’hub dell’economia circolare, frutto all’accordo con Stellantis e Regione Piemonte. Ma la trasfomazione di un luogo ha poi bisogno di trasporti adeguati, ecco perché il Comune ha avviato importanti investimenti nel settore della mobilità e trasporti per 184,9 milioni che “verranno spesi per la Sperimentazione del MAAS, Mobility as a Service e la creazione di Living Labper l’acquisto di 300 bus elettrici – spiega – per l’acquisto di 90 veicoli elettrici; per il rinnovamento del sistema di rilevazione del traffico. Procederemo poi nel 2023 alla riorganizzazione della rete di del trasporto pubblico locale in area urbana“.
In ambiente e sostenibilità verranno investiti altri 57,6 milioni per interventi di bonifica di siti inquinati; per un piano di manutenzione straordinaria del verde; sul progetto Valdocco Vivibile che prevede la riqualificazione del quartiere Valdocco; la realizzazione di aree verdi nel quartiere Vallette e per nuovi interventi di forestazione urbana. Sempre nel settore, aggiunge Lo Russo, “svilupperemo interventi nel settore dell’economia circolare per 2,0 milioni, in nuove infrastrutture verdi per 12,5 milioni; nelle comunità energetiche per 5,0 milioni e in interventi di adattamento urbano ai cambiamenti climatici per altri 6,5 milioni. per un totale di 26,0 milioni“.
Ma c’è un progetto su tutti che rappresenta il fiore all’occhiello degli investimenti, quello del Parco del Valentino che vale, da solo, 156,9 milioni. Il restauro di Torino Esposizioni e la realizzazione della Biblioteca civica, il restauro del Teatro e del Borgo medievale, il ripristino della navigazione sul Po nel tratto tra i Murazzi e Moncalieri e la sistemazione del Parco del Valentino sono uno dei progetti più importanti della Città.

Torino Wireless diventa Piemonte Innova: al servizio di imprese e Pa per la transizione

Accompagnare imprese e pubbliche amministrazioni nella gestione dell’impatto economico e sociale delle grandi transizioni (digitale, ambientale ed energetica) che caratterizzeranno i prossimi anni a partire da tre grandi temi: Sostenibilità, Intelligenza Artificiale e Cybersecurity. Il riconoscimento nazionale e non solo più regionale della Fondazione, inoltre, offre ulteriori opportunità di miglioramento competitivo. Sono gli obiettivi di Piemonte Innova, brand rinnovato di Torino Wireless, che dalla fondazione mette a fattor comune in ambito digitale soggetti pubblici, enti di ricerca e imprese. Uno staff di 35 persone impegnate su oltre 40 progetti di cui 8 europei, un cluster nazionale, un polo regionale e un ecosistema dedicato all’innovazione. Piemonte Innova mette a disposizione competenze nella gestione dei bandi sui temi dell’innovazione europei e italiani, sostiene e affianca Pmi e piccoli comuni nella transizione digitale, risponde alle richieste di partecipazione ai progetti promossi dagli enti territoriali, individuando fabbisogni e collaborazioni per progetti di ricerca collaborativa pubblico-privata. A queste funzioni storiche dei 20 anni di Torino Wireless, Fondazione Piemonte Innova aggiunge, grazie all’ingresso dei nuovi soci e al rinnovato patto tra i fondatori, nuove competenze e il mandato di agire, in collaborazione con gli altri Stakeholder, come soggetto facilitatore dei processi di innovazione e di sviluppo della digitalizzazione dei cosiddetti soggetti digitalmente fragili: piccoli comuni e micro e piccole imprese dei settori meno tecnologici.

Piemonte Innova mantiene la gestione del Polo di Innovazione ICT, una rete che traina dal 2009 l’innovazione del Piemonte attraverso eventi di networking, supporto a bandi regionali e nazionali, finanziamenti europei. Il polo è strutturato su cinque filiere che interpretano le sfide del futuro: Blockchain, Digital4Social, Green&Circular, Intelligenza Artificiale e Smart Mobility. Ne fanno parte quasi 300 aderenti tra cui 252 Imprese, 17 università e organismi di ricerca e 21 enti e associazioni in qualità di partner o end user. In questi 15 anni il Polo ICT ha portato a finanziamento 316 progetti di ricerca, per un investimento sul territorio pari a 150 milioni di euro.

Ha una dimensione nazionale sin dalla sua fondazione, un’altra eccellenza che Piemonte Innova eredita nella gestione: il Cluster SmartCommunitiesTech, la rete nazionale che dal 2012 promuove progetti di innovazione e soluzioni tecnologiche applicative per la gestione di aree urbane e metropolitane. Tredici soci territoriali, 119 organizzazioni aderenti e 46 città, animano questa comunità che integra e sviluppa competenze, fabbisogni e interessi per lo sviluppo tecnologico e sociale delle città.

Piemonte Innova è, inoltre, uno dei partner dell’Ecosistema Nodes (Nord Ovest Digitale e Sostenibile) finanziato a giugno 2022 dal ministero dell’Università e della Ricerca su una proposta presentata dal Politecnico e dall’Università di Torino insieme a una rete di 24 partner pubblici e privati. È uno degli 11 Ecosistemi dell’Innovazione che il ministero ha individuato al fine di supportare la crescita sostenibile e inclusiva dei territori di riferimento in quella che viene identificata come la doppia transizione (digitale ed ecologica), che tramite il Pnrr porterà 110 milioni di euro tra Piemonte, Valle d’Aosta e le province più occidentali della Lombardia, Como, Varese e Pavia. Nodes punta a creare in tre anni, filiere di ricerca e industriali in sette settori legati alle vocazioni del territorio. Delle risorse già individuate 54 milioni di euro saranno impiegati in ‘bandi a cascata’ per accrescere le competenze, valorizzare la ricerca e trasferimento tecnologico.

La capacità di attrarre investimenti, imprese e idee è diventata nevralgica per rendere più competitivi i territori che si contendono i circa 300 miliardi disponibili per l’Italia tra Programmazione europea 2021-2027 e PNRR. L’innovazione digitale è il processo abilitante grazie a cui queste risorse si trasformeranno in un beneficio concreto per cittadini e imprese, generando sviluppo e competenze diffuse”, spiega Massimiliano Cipolletta, presidente di Piemonte Innova. “Noi siamo al servizio di queste strategie, pienamente supportati dai nostri fondatori pubblici che hanno voluto sancire questo rinnovamento con un nuovo accordo di programma: Regione Piemonte, Città Metropolitana e Comune di Torino, Politecnico e Università di Torino, Camera di commercio di Torino.  A loro si affiancano i nostri fondatori privati: Fondazione Links e Unione Industriali di Torino con cui abbiamo rinnovato accordi di collaborazione mirati e a cui si sono aggiunti nel 2022 tre nuovi enti che hanno aderito e con cui sono già partite collaborazioni strategiche: Camera di commercio di Cuneo, CSI Piemonte e Unioncamere Piemonte”.

Siamo di fronte a un nuovo paradigma che ha imposto un cambiamento di dimensione e funzioni che ci ha convinto anche a cambiare nome assumendo una dimensione più ampia. Piemonte Innova però mantiene inalterata la sua natura di partenariato pubblico-privato. Vent’anni di storia certificano una competenza radicata che poggia su una conoscenza reale di oltre 3.000 imprese, di cui almeno due al giorno, per un totale di circa 400 all’anno, si rivolgono a noi e utilizzano almeno una delle nostre funzioni”, conclude Laura Morgagni, direttore di Piemonte Innova.

Ricarica colonnina

Con la startup Reefilla arriva la ricarica delivery

Secondo un sondaggio realizzato da Deloitte a inizio anno, quasi sette italiani su dieci, oggi, accarezzano l’idea di acquistare un’auto elettrica, spinti da una crescente coscienza ecologica e dalla curiosità verso le nuove tecnologie green. Molti, tuttavia, finiscono ancora per desistere non solo a causa del costo dei mezzi, ma anche della difficoltà nel reperire colonnine di ricarica nel momento del bisogno. Un problema, questo, a cui si propone di dare soluzione la startup torinese Reefilla, con il suo inedito servizio di ricarica mobile predittiva in arrivo nei prossimi mesi. “Il nostro scopo primario è dare tranquillità all’utente, offrendogli una soluzione tempestiva e a domicilio”, sostiene Marco Bevilacqua, fondatore della realtà insieme a Pietro Balda e Gabriele Bergoglio. Il progetto rappresenta un’alternativa al tempo stesso flessibile e complementare alle colonnine di ricarica tradizionali e rientra nel settore della cosiddetta charge delivery, un ambito in cui nell’ultimo anno si sono affacciate già alcune prime realtà, come ad esempio E-Gap, presente nelle principali città italiane ed europee.

Trovare una stazione a cui collegare il mezzo, spostarlo una volta terminata la sessione e programmare gli spostamenti in modo da non esaurire la batteria sono tutti fattori di stress per l’automobilista”, spiega Bevilacqua. La soluzione trovata da Reefilla è l’accumulatore Fillee, in grado di garantire un’autonomia media di 120 chilometri in appena 30 minuti di ricarica. Per usufruirne direttamente sotto casa è sufficiente registrarsi alla piattaforma digitale dell’azienda, che è connessa con l’auto e ne rileva la posizione, prevedendone il fabbisogno energetico. Una volta loggato, l’utente non solo è in grado di richiedere una ricarica ‘on demand’, ma viene anche avvisato in anticipo sull’eventuale opportunità di ricevere una ricarica senza dover fare null’altro. “Abbiamo sviluppato un’organizzazione logistica su misura, che ci consente di raggiungere qualsiasi punto della città, anche nelle situazioni di parcheggio più complesse”, aggiunge Bevilacqua.

Reefilla, inoltre, si propone come una valida soluzione per chi ha difficoltà di tipo pratico in fase di ricarica. Le tradizionali colonnine prevedono, infatti, l’utilizzo di cavi voluminosi e una familiarità al digitale che non tutti possiedono. La startup, al contrario, adotta una filosofia molto simile a quella del mercato delivery, in cui all’utente viene riservata solo la fruizione del prodotto finale (in questo caso del mezzo) già pronto all’uso. “Si tratta di un’ottima possibilità anche per chi ha problemi di mobilità ridotta – prosegue Bevilacqua – in questo senso Reefilla ha anche una valenza sociale”.

Dal punto di vista tecnico, la ricarica mobile Reefilla sfrutta connettività e tecnologie già presenti a bordo di qualsiasi veicolo elettrico e non necessita di dispositivi aggiuntivi. Un fattore che non è sfuggito alle numerose società che si occupano del noleggio a breve e medio termine, che vedono già nei servizi proposti dalla startup un ulteriore optional da offrire ai propri clienti. “Il mondo business ha mostrato interesse per il progetto. Gran parte dei veicoli elettrici sul territorio italiano è a noleggio e la possibilità di effettuare la ricarica mobile può diventare un ulteriore fattore attrattivo per gli utenti, che insieme al canone per utilizzare l’auto pagheranno anche per delle cariche periodiche”.

L’azienda è pronta a lanciare il proprio servizio pilot a Milano il prossimo autunno. “Stiamo ottimizzando l’app in modo da renderla più user friendly possibile”, spiega Bevilacqua. “È proprio la dimensione urbana il nostro ambito di riferimento per il servizio di ricarica mobile. Anche per una questione logistica, funzioniamo meglio nelle città, proprio come avviene per i monopattini elettrici”. Città sì, ma non solo italiane. Dopo Milano, Reefilla è pronta a proporre il sevizio di ricarica mobile anche a Roma e Torino – dove vengono realizzati tutti i componenti utilizzati dall’azienda -, per poi guardare a metropoli europee come Berlino e Parigi.

(Photo credits: Instagram @reefilla)

Fridays for Future

A Torino va in onda il futuro: giovani da tutto il mondo uniti per il clima

A Torino va in onda il futuro. Il Meeting europeo di Fridays for Future, con la partecipazione di attivisti extraeuropei dai molti Paesi colpiti più duramente dalle conseguenze della crisi climatica, e il Climate Social Camp rappresentano il punto di rilancio dell’azione per il clima dopo oltre due anni di interruzione degli eventi pubblici a causa della pandemia. Un momento chiave, che getterà le basi per i molti appuntamenti dell’autunno, a partire dal grande sciopero globale del 23 settembre. Cinque giorni di confronti, incontri, approfondimenti con un unico obiettivo: il futuro. Inutile aggiungere ‘sostenibile’, perché il futuro o sarà sostenibile o non sarà.

Da quando Greta Thunberg – che non sarà a Torino ma si collegherà dalla sua Svezia – iniziò a manifestare ogni venerdì di fronte al Parlamento svedese con il cartello ‘Skolstrejk For Klimatet’ (‘Sciopero della scuola per il clima’) sono passati quattro anni, ma paiono decenni per il precipitare degli eventi mondo. Intensificarsi della crisi climatica e delle sue ricadute, pandemia (che molto ha a che fare con il mutamento del clima), guerra… Era il 20 agosto 2018 e quel giorno partì l’onda, divenuta sempre più grande, dei giovani che in tutto il mondo chiedono alla politica, all’impresa e agli adulti tutti di ascoltare gli scienziati e agire per il clima e per preservare il futuro. Adottare tutte le scelte necessarie per un domani migliore, sotto ogni punto di vista.

Come sempre capita, arrivarono ironie, mediamente becere. Prima su di lei: ‘Chi la manovra?’ fu la più classica, come se – anche fosse manovrata da qualche interesse economico – gli interessi dei petrolieri e di chi ne fa le veci (in politica, nell’industria, nell’informazione) fossero invece nobili e non avessero prodotto danni devastanti. Poi sul movimento: ‘Ma cosa vogliono questi ragazzini, pensino a studiare’, detto normalmente da gente che ha costruito la propria fortuna con (o contro) il ’68. Poi sui contenuti: ‘Invece di protestare, dite cosa si dovrebbe fare, siate costruttivi’, che tra tutte mi è sempre sembrata la più comica, visto che fin dal primo minuto Greta e i ragazzi di Fridays for Future hanno chiesto chiaramente e semplicemente di ascoltare le indicazioni degli scienziati per elaborare al meglio (compito della politica) i piani per il futuro.

I fatti hanno dato ragione a questi ragazzi e prima ancora alla scienza e agli uomini che da almeno 40 anni stanno lottando contro l’ostilità di una (buona) parte della politica e dell’industria spiegando che senza scelte drastiche ma anche strategicamente convenienti abbiamo davanti prospettive molto complicate. Incendi, siccità, alluvioni, trombe d’aria, carestie, pandemie non sono ‘catastrofismo’, accusa con cui se la cavano normalmente molti critici, ma semplice cronaca. Occorre cambiare strategia, è evidente.

E un pezzo della (potenzialmente) bellissima storia futura viene scritto in questi giorni a Torino, tra Campus Einaudi (nuova sede dell’Università) e Parco Colletta, in uno scambio costante tra giovani attivisti e mondo dell’università, dell’informazione, dell’associazionismo e dell’attivismo non solo ambientale. Ascoltiamoli con entusiasmo, il futuro è lì.

FFF

A Torino evento europeo dei Fridays for Future e Climate Social Camp

Da lunedì Torino ospiterà due grandi eventi paralleli, organizzati dai giovani ma aperti agli adulti, che puntano a costruire il futuro necessario, quello vivibile, sostenibile ed equo. Per cinque giorni la città, simbolo in passato di molte delle battaglie che saranno al centro delle discussioni, ospiterà il Meeting europeo di Fridays for Future (Campus Einaudi, Università di Torino) e contemporaneamente il Climate Social Camp (Parco Colletta). Saranno 450 gli attivisti del FFF, in rappresentanza di 30 Paesi europei e di 45 Paesi del mondo, ovvero anche in rappresentanza di quei luoghi che meno hanno contribuito alla crisi climatica ma che già pagano le conseguenze più dure. Saranno presenti quindi ragazzi provenienti da Uganda, Indonesia, Ruanda, Messico (Chiapas).

Un migliaio, invece, i ragazzi che parteciperanno al Climate Social Camp nel corso del quale si vogliono mettere in contatto e in confronto tante organizzazioni diverse che si occupano di lavoro, giustizia sociale, lotta alla povertà, uguaglianza, migrazioni: tutti convinti che la crisi climatica sia il punto chiave per affrontare ciascuna di quelle problematiche e che affrontarle in maniera seria si debba partire dall’affrontare le ragioni e le conseguenze del cambiamento climatico.

È il primo grande evento di questo tipo, il secondo in assoluto organizzato dai ragazzi e le ragazze di ‘Fridays for Future’ dopo quello del 2019 a Losanna (nel 2020 e nel 2021 la pandemia ha impedito lo svolgimento dell’evento, già programmato a Torino), e ha tra i suoi obiettivi quello di preparare i ragazzi e l’intera cittadinanza (mondiale, non torinese) ai grandi eventi dell’autunno, a partire dallo sciopero globale per il clima in programma il 23 settembre. “Perché, se è vero che la sensibilità generale sul tema è cresciuta anche come conseguenza delle conseguenze sempre più forti sulla nostra vita quotidiana, è anche vero che le reazioni della politica e dell’industria sono ancora troppo tiepide”, spiegano gli organizzatori.

Quattro anni fa, il 20 agosto 2018, Greta Thunberg, allora sedicenne, decise di sedersi davanti al Parlamento svedese ogni venerdì in sciopero per il clima: portava un semplice cartello con “Skolstrejk For Klimatet“. Da allora molto è cambiato e oggi il movimento ispirato da quel suo sciopero solitario, chiamato ‘Fridays For Future’- è presente in 100 Paesi, dagli Stati Uniti d’America all’Australia, passando per molti stati africani, Sudamericani e Asiatici, oltre ovviamente alla maggior parte degli Stati europei.

Oggi i ragazzi vogliono rilanciare il messaggio, visti i successi di questi anni malgrado le enormi difficoltà post Covid, e far crescere ancora la partecipazione, aumentare la spinta, la sollecitazione che in questi anni ha attivato l’attenzione di una parte importante dell’opinione pubblica: questa rinnovata spinta vuole essere da sollecitazione alla politica e all’economia perché venga ascoltata la scienza e si agisca in maniera decisa e globale per arrivare a emissioni zero. Per questo i vari tavoli tematici, la formazione, i workshop affrontano le diverse problematiche in discussione, coinvolgendo attori diversi e interlocutori importanti: dall’Università al mondo dell’informazione, da quello dell’attivismo a quello dei lavoratori.

cingolani

Cingolani: “La guerra avrà forte impatto su transizione ecologica”

Quando la guerra in Ucraina è esplosa, l’Italia si è accorta che la dipendenza energetica dalla Russia era letale per l’economia. Nelle ultime 12 settimane abbiamo, purtroppo, appreso molte cose nuove”. Parola del ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani che, intervenendo al Festival dell’Economia di Torino, ha ribadito quanto la necessità di ricevere forniture di energia dall’estero abbia causato un’incredibile debolezza del mercato energetico globale.

Nonostante sia stata accolta in modo più che positivo, la notizia relativa all’accordo politico sullo sblocco del sesto pacchetto di sanzioni alla Russia, desta non poche preoccupazioni. “Questa decisione rischia di farci male. È necessario sostituire il gas che arriva dalla Russia con forniture naturali”, ha detto il Premio Nobel per l’Economia, Michael Spence nel corso dell’evento. “La turbolenza nel mercato dell’energia probabilmente contribuirà a fare entrare l’Europa in recessione, anche se forse non ovunque”, la sottolineatura dell’economista.

In realtà, secondo il ministro Cingolani, non si tratta più di una ‘previsione’. Per lui, infatti, “siamo già in recessione”. Sul fronte della transizione energetica, per esempio, “è chiaro che stiamo rallentando. Dobbiamo considerare gli enormi investimenti che serviranno per ricostruire l’Ucraina. Gli eventi degli ultimi mesi porteranno conseguenze a lungo termine“. Oltretutto, specifica il titolare del Mite, sono stati fatti diversi errori, come quello di “non aver prestato la dovuta attenzione ai problemi ambientali negli ultimi 20 anni, anche sul mix energetico e sul fronte ideologico”.

Gli ostacoli da superare non sono pochi. “Al 2030 dobbiamo ridurre i combustibili fossili, aumentare le rinnovabili e separare i costi delle fonti pulite dal prezzo del gas. Non c’è motivo per cui queste ultime vengano pagate in base alle quotazioni del gas”, ha insistito Cingolani, specificando che queste sono politiche nel breve termine. Ma a lungo termine va pensato l’accesso universale all’energia e all’energia illimitata. “Quella rinnovabile, però, non è pianificabile. Si produce energia green per 1500-2000 ore all’anno, mentre il gas produce energia per 8mila ore all’anno. È difficile vedere un futuro in cui un mondo come il nostro può crescere in modo continuativo solo con l’energia green”, la riflessione del ministro. Per quanto riguarda il nucleare moderno, si tratterebbe di un’opzione a zero impatto che potrebbe essere molto utile nella fase di transizione. “È un bene investire in questo tipo di tecnologia. È una strada che va esplorata e considerata in questo periodo“, ha puntualizzato il titolare del Mite.

Anche sul tema del caro-prezzi, Cingolani ha voluto dire la sua. La proposta – portata a Bruxelles dall’Italia – relativa al price-cap ha avuto successo, tuttavia non può risolvere tutti i danni causati dal conflitto. Infatti, ha ragionato Cingolani: “Si tratta solo di una misura temporanea che dovrebbe agire come qualcosa che riduce il picco“.

giovani e ambiente

Europa, ambiente e giovani: che imbarazzo a dover rispondere a certe domande

Davanti a una cinquantina di ragazzi presenti tra il pubblico a un panel organizzato dal Consiglio della Regione Piemonte nell’ambito del Salone del Libro – tema: ambiente ed Europa – ho faticato a rispondere alla domanda del moderatore su cosa dovrebbero fare i giovani per portare avanti la transizione ecologica. Ecco, appunto, cosa dovrebbero fare, loro? E noi, invece? Credo che i giovani abbiano già fatto abbastanza e che, in virtù di una coscienza green molto più sensibile di quella degli adulti, abbiano stimolato le coscienze collettive. Greta ha avuto il merito di risvegliare dormienti e consenzienti della carbonizzazione scellerata, ma adesso la situazione è ben oltre Greta. Che resta un’icona della protesta ambientalista ma che fatalmente è stata bypassata dall’incedere degli eventi di questi ultimi mesi.

Io la domanda l’avrei ribaltata: cosa devono fare i grandi, quali sono le condizioni che devono essere create dai governanti, segnatamente dall’Europa, per mettere i giovani nelle condizioni di essere soggetti attivi di un cambiamento che non è solo climatico ma anche comportamentale? Partendo dal presupposto che comunque l’Unione europea incide meno del 10% nella produzione di C02 del pianeta, il terreno è sterminato. Con il RePowerEu e con Fit for 55 sono stati compiuti passi avanti sotto il profilo delle normative, che però non possono ristagnare a livello di buone intenzioni. Le difficoltà per mantenere fede agli Accordi di Parigi (anno di grazia 2015) sono un pessimo segnale, perché alla fine gli interessi nazionali vengono prima della difesa del clima e quell’orizzonte lontano del 2050 invita a prenderla con calma: “Tanto c’è tempo” e invece di tempo non ce n’è.

Uno studio di Mckinsey ha stabilito che oltre il 50% dei bambini delle scuole elementari svolgeranno un lavoro attualmente inesistente. Perché fioriranno mestieri diversi, legati alla transizione ecologica, alla sostenibilità, dal green deal. Paradossalmente, la guerra in Ucraina ha accelerato due processi: il progressivo allontanamento dalle energie fossili e la brusca virata verso le rinnovabili e l’energia green. Ma più per una deriva forzata, viene da pensare, che non per una scelta meditata. E questo i giovani l’hanno capito…