Earth Hour. Earth Day.

Nella Giornata dell’ambiente l’allarme del Wwf: “Superato limite plastica, danni quasi irreversibili”

C’è un solo materiale prodotto dall’uomo che possiamo trovare ovunque nel mondo: nei suoli, nei fiumi, nell’aria, nel cibo. Se da un lato la plastica porta benefici all’umanità, dall’altro, il suo impatto su ogni essere vivente e habitat è sempre più devastante. I danni per specie e salute umana sono (quasi) irreversibili. In occasione della Giornata mondiale dell’ambiente, il Wwf pubblica il nuovo report ‘Plastica: dalla natura alle persone. È ora di agire’ e chiede al governo di andare oltre il riciclo dei soli imballaggi e di estendere la raccolta differenziata a tutti i prodotti in plastica di largo consumo allo scopo di far crescere l’economia circolare come valore condiviso. Secondo l’associazione, la plastica deve essere gestita in maniera più efficace ed efficiente, coordinata e integrata, coinvolgendo tutti gli attori (dalle istituzioni, alle aziende, fino alle persone e alle città in cui vivono) e agendo in tutte le fasi – dalla sua produzione, al suo impiego e fino allo smaltimento. Il report conferma che l’Italia è tra i peggiori Paesi inquinatori che si affacciano sul Mediterraneo, contribuendo all’inquinamento soprattutto in qualità di secondo più grande produttore di rifiuti plastici in Europa. Per il Wwf non è più sostenibile attuare un piano di riciclo limitato agli imballaggi e chiede al governo di estendere la raccolta differenziata a tutti i prodotti in plastica di largo consumo affinché si trasformino in nuovi oggetti, facendo crescere l’economia circolare come valore condiviso.

I DANNI PROVOCATI DALLA PLASTICA. Sono innumerevoli e significativi i danni causati da ogni fase del ciclo di vita della plastica, dalla produzione all’utilizzo fino allo smaltimento A fronte di una produzione in costante crescita, infatti, lo smaltimento della plastica è oggi ancora altamente inefficiente e inefficace, con tassi di riciclo inferiori al 10% a livello globale. Il risultato è che fino a 22 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica entrano nell’ambiente marino e altrettanti nell’ambiente terrestre ogni anno, in gran parte plastica monouso. Inoltre, attualmente, la produzione di plastica è responsabile di circa il 3,7% delle emissioni globali di gas serra e si prevede che questa percentuale possa aumentare fino al 4,5% entro il 2060, se le tendenze attuali continueranno senza controllo. Una contaminazione globale, diffusa e persistente di ogni ambiente naturale (mari, fiumi, laghi, terra e aria), come afferma nel suo report il Wwf, tanto che l’inquinamento da plastica in Natura ha superato il “limite planetario” (Planetary boundary), oltre il quale non c’è più la sicurezza che gli ecosistemi garantiscano condizioni favorevoli alla vita.

LA FINE DEI PRODOTTI NON RICICLABILI. Ma che fine fanno i prodotti in plastica che non possono essere riciclati perché non sono imballaggi, come previsto dalla normativa vigente? Sedie e arredamenti in plastica, penne e pennarelli, spazzolini, giocattoli, pettini, spugne e spugnette, bacinelle e ciotole, gonfiabili e palloni, utensili da cucina e guanti, scarpe e ciabatte… siamo circondati da prodotti che, una volta che smettiamo di utilizzare perché rotti o obsoleti, non possono essere riciclati perché la regolamentazione attuale non lo prevede e quindi finiscono in discarica o a recupero energetico. Per fare un esempio, in Italia ogni anno gettiamo 4mila tonnellate di plastica solo con il consumo degli spazzolini da denti. Un quantitativo importante di plastica che oggi non viene riciclato e non contribuisce a creare nuovi oggetti. Altri esempi: se potessimo riciclare una sedia da giardino potremmo ottenere fino a 2,8 kg di plastica riciclata, come riciclare 93 flaconi dello shampoo; con il riciclo di una bacinella per i panni potremmo ottenere fino ad 1 kg di plastica riciclata, come riciclare 500 tappi delle bottiglie dell’acqua; con un trasportino per gatti potremmo ottenere fino a 900 g di plastica riciclata, l’equivalente di riciclare 30 vaschette per le albicocche. È evidente che se aumentassimo il riciclo rendendolo più efficiente e riciclando più tipologie di prodotti oltre agli imballaggi, potremmo dare vita a molte più cose con la plastica riciclata, risparmiando molta più materia prima e molte più emissioni di CO2.

LE PROSPETTIVE. Senza un miglioramento nella gestione della plastica e dei suoi rifiuti, entro il 2050 la quantità totale di plastica prodotta si è calcolato che potrebbe triplicare, con conseguente aumento dell’immissione di rifiuti di plastica nell’ambiente: 12 miliardi di tonnellate di plastica potrebbero finire negli ambienti naturali. Se accadrà, tra 30 anni nel mare ci potrebbero essere più plastiche che pesci. “Per attuare un cambio di rotta, ormai indispensabile, la soluzione è l’economia circolare in cui le materie prime, come la plastica, di un oggetto non più funzionante restino in circolo, in un lungo e possibilmente infinito succedersi di produzione e riuso/riciclo, eliminando le fasi di estrazione di materie prime e smaltimento. L’efficienza nell’utilizzo delle risorse, promossa dall’economia circolare, deve diventare un fattore cruciale per orientare nuovi modelli di produzione e di consumo, e consentire una transizione verso stili di vita e dinamiche socioeconomiche più rispettose dell’ambiente – afferma Eva Alessi, Responsabile Sostenibilità del Wwf Italia -. Per questo vogliamo muovere alle istituzioni richieste più ambiziose. Non c’è più tempo da perdere“.

LE PROPOSTE DEL WWF. Per il Wwf serve agire sui primi tre livelli della scala gerarchica dei rifiuti: la prevenzione, il riuso e il riciclo. È necessario, infatti, ridurre la produzione e l’uso della plastica non necessaria e dannosa, incentivare il riutilizzo e la riparazione dei prodotti in plastica puntando sull’innovazione, ed è altrettanto importante estendere la raccolta differenziata a tutti i settori produttivi di largo consumo, oltre agli imballaggi, per incrementare le tipologie di oggetti che vanno al riciclo. Si tratta di adottare “un approccio multilivello e multiattore” che deve vedere coinvolti tutti gli stakeholder della filiera della plastica, dalla ricerca scientifica, al settore pubblico e privato, da chi progetta, a chi utilizza, a chi è responsabile della gestione dopo l’uso. In questo ambito le aziende hanno un ruolo chiave e sono chiamate ad applicare tre regole cardine: eliminare tutte le plastiche difficilmente riciclabili o non riciclabili affatto e non indispensabili; innovare, implementando modelli di business circolari per assicurare che tutti gli oggetti in plastica possano essere riutilizzati, riciclati o compostati; rendere circolari le plastiche, aumentando la quantità di materiale riciclato nei nuovi prodotti in plastica, che devono essere facilmente riciclabili e riportare indicazioni chiare per i consumatori su come devono essere smaltiti per favorire l’effettivo riciclo a fine utilizzo. In questo ambito il Wwf si impegna attivamente per contribuire alla trasformazione delle filiere delle aziende, come nel caso della partnership sviluppata con Bolton Group, impresa multinazionale familiare italiana che da oltre 70 anni produce e distribuisce un’ampia gamma di beni di largo consumo e che proprio oggi, in occasione della Giornata Mondiale dell’ambiente, pubblica il suo nuovo report di sostenibilità in cui si descrivono i risultati finora ottenuti e la collaborazione con Wwf Italia per aumentare la sostenibilità dei loro imballaggi attraverso attività di sostituzione, riduzione, innovazione e riutilizzo in linea con i principi di un’economia circolare. “L’obiettivo comune è porre fine all’inquinamento da plastica entro il 2040 e per raggiungerlo è urgente l’adozione da parte delle nazioni del mondo di un Trattato globale sulla plastica, in accordo con il mandato stabilito nella risoluzione del marzo 2022 dell’Assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unea) perché i danni all’ambiente causati dalla plastica e dalle sostanze chimiche ad essa associate sono di portata planetaria e trascendono i confini nazionali, avendo effetti sulla salute del pianeta e delle persone di tutto il mondo“, conclude Eva Alessi.

Biodiversità italiana a rischio: tutti i segnali della fragilità

Il 68% degli ecosistemi italiani è in pericolo, il 35% in situazione critica. Il 100% degli ecosistemi è a rischio nell’ecoregione padana, il 92% in quella adriatica e l’82% in quella tirrenica. E’ quanto emerge dal report del Wwf ‘Biodiversità Fragile, maneggiare con cura: Status, tendenze, minacce e soluzioni per un futuro nature-positive’, presentato a Caserta in occasione del Forum dei volontari dell’associazione. Ma non solo. Nel nostro Paese, circa l’89% degli habitat di interesse comunitario si trova in uno stato di conservazione sfavorevole.

Dei 43 habitat forestali italiani, ad esempio, 5 hanno uno stato di conservazione “criticamente minacciato” e 12 “in pericolo”. E, ancora, l’80% dei laghi è in stato ecologico “non buono”, così come il 57%. Dal punto di vista della fauna, il 30% delle specie animali vertebrati è a rischio estinzione. Lo è anche il 25% degli animali dei nostri mari. Inoltre, negli ultimi 30 anni è aumentato del 96% il numero di specie aliene (cioè che, a causa dell’azione dell’uomo, si trovano ad abitare e colonizzare un territorio diverso dal loro naturale). In Italia, poi, sono 21.500 i km2 di suolo cementificato e oltre 1150 i km2 consumati in 10 anni, pari alla superficie di una metropoli come Roma.

Rischio estinzione elefanti in Africa: persi 9 esemplari su 10

Nell’ultimo secolo il numero di elefanti in Africa è drasticamente crollato, passando dai 12 milioni stimati circa un secolo fa ai 415.000 riportati nell’ultimo censimento. L’allarme lo lancia il Wwf.

Oggi, nel continente, esistono due specie distinte: l’elefante di savana (Loxodonta africana) è classificato come “in pericolo” e l’elefante di foresta (Loxodonta cyclotis) risulta invece inserito tra le specie in “pericolo critico”, ovvero con elevato rischio di estinzione a breve termine. Il bracconaggio resta la causa principale del declino di entrambe le specie.

Si stima che ogni anno vengano uccisi circa 20mila elefanti per il commercio illegale di avorio. A questo si aggiungono le uccisioni generate dai conflitti tra gli elefanti e le comunità locali, purtroppo in crescita a causa della deforestazione (trasformazione di aree di foresta e savana in coltivazioni), carenza di cibo o di acqua.

In Kenya, proprio a causa del conflitto con le attività umane, ogni anno le autorità preposte alla tutela della fauna selvatica sparano a 50-120 elefanti problematici, mentre tra il 2010 e il 2017 circa 200 persone sono morte in conflitti uomo-elefante.

In 100 anni abbiamo già perso oltre il 95% degli elefanti africani, per questo il WWF lancia la campagna “SOS Elefante”, una raccolta fondi con sms o chiamata dall’1 al 21 maggio per la realizzazione del progetto “Una foresta per gli elefanti”.

Gli elefanti hanno un ruolo cruciale nell’ecologia delle savane e delle foreste. In alcune foreste tropicali è possibile incontrare specie di alberi che riescono a riprodursi efficacemente soltanto se i semi sono stati digeriti dallo stomaco di un elefante: i succhi gastrici svolgono un’importante funzione di attivazione della germinazione. Questi grandi pachidermi sono anche dei veri e propri “ingegneri” del loro habitat: aprono radure, camminamenti, determinano la distribuzione degli alberi e della vegetazione in generale, e creano habitat utili ad altre specie animali.

Il Progetto WWF Una foresta per gli elefanti si realizzerà nel territorio del Tridom (Gabon, Camerun, Repubblica del Congo), al cui interno si sviluppa il selvaggio e ricchissimo parco di Ntokou Pikounda, l’ultimo vero avamposto per la conservazione degli elefanti di foresta. Dal 2018 il parco è a tutti gli effetti un’area protetta gestita in collaborazione con il WWF.

Il progetto comprende azioni di studio e monitoraggio tramite foto trappole, analisi genetiche e tagging, rafforzamento del sistema antibracconaggio – vera e propria piaga in quest’area (circa 1.000 elefanti uccisi ogni anno) – aumentando le risorse disponibili per gli uffici che lavorano sul campo, le tecnologie avanzate e la formazione delle guardie. L’impegno prevede inoltre un’intensa attività finalizzata a migliorare la convivenza tra elefanti con le comunità locali, prevenendo i conflitti attraverso un nuovo approccio, denominato SAFE, che punta al raggiungimento di 5 obiettivi misurabili: sicurezza per le persone; sicurezza per la fauna selvatica; protezione dei beni; protezione dell’habitat; monitoraggio efficace. Infine, contribuire alla gestione del Parco Nazionale di Ntokou Pikoumba.

E’ allarme pesticidi in agricoltura. Wwf: Economia dei veleni ha contaminato la Terra

L’impiego di pesticidi a livello globale è quasi raddoppiato dal 1990 e l’Italia è il secondo maggiore mercato nell’Ue. Pesticidi che rappresentano “una economia di veleni legalizzati”. L’allarme arriva dal Wwf in occasione della Giornata mondiale della salute che si svolge il 7 aprile. Si tratta di sostanze usate in agricoltura, dice l’organizzazione, “di cui è ormai scientificamente provato che, anche a dosi minimali, possono risultare estremamente nocive per la salute umana e rappresentare quindi un vero e proprio problema di salute pubblica”. Senza dimenticare il ruolo “significativo” che hanno nel determinare “il declino della biodiversità, in particolare per gli insetti impollinatori come le api”. Fatto questo, spiega il Wwf, che “conferma la pervasività di queste sostanze in tutte le matrici ambientali, acqua, aria e suolo e i conseguenti effetti negativi sulla salute delle persone”. Tesi confermata anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che stima oltre 385 milioni di casi di avvelenamento da pesticidi e 258.000 decessi ogni anno in tutto il mondo.

A RISCHIO DONNE E BAMBINI. I più a rischio sono le donne e i bambini. Le prime, infatti, hanno una percentuale di grasso corporeo più alta e sono quindi più inclini ad immagazzinare agenti inquinanti che possono bioaccumularsi nel tessuto adiposo. Nelle donne sono, inoltre, più numerosi i tessuti sensibili agli ormoni che le rendono più vulnerabili ai pesticidi, specie quelli che agiscono a livello ormonale o interferiscono con il sistema endocrino. “C’è poi un legame evidente – dice il Wwf – fra il cancro della mammella e l’esposizione ad alcune tipologie di pesticidi, che sono agenti iniziatori e promotori di tale malattia. I pesticidi sono legati anche all’endometriosi, una condizione dolorosa che può causare l’infertilità e può rappresentare un rischio significativo per la salute riproduttiva delle donne e per il feto”. Ma queste sostanze possono anche passare dalla madre al feto e ai neonati durante l’allattamento, compromettendo la salute del nascituro non solo nell’infanzia, ma anche nella vita adulta e comportando un aumento, in particolare, del rischio di tumori cerebrali e di alterazioni neurologiche e di sviluppo, che possono causare deficit cognitivi, comportamentali e di crescita.

PUNTARE SU AGRICOLTURA BIOLOGICA. L’agricoltura biologica è quindi, per il Wwf, “l’unica soluzione per proteggere la salute dall’uso dei pesticidi”, di cui se ne consumano circa 4 milioni di tonnellate nel mondo, con un mercato che ha raggiunto un valore di 84,5 miliardi di dollari nel 2019, con tasso di crescita che quest’anno raggiungerà l’11,5%, sfiorando i 130,7 miliardi di dollari. E l’Italia? Nel 2020 in Italia sono stati venduti 125 milioni di kg di sostanze chimiche per l’agricoltura, 5,2 kg/ettaro. Nel 2021 la superficie agricola coltivata senza pesticidi in Italia era ancora solo il 17,4%.

Per arrestare “la pandemia silenziosa dei pesticidi”, spiega il Wwf, “oltre a una strategia europea e al rinnovo della normativa nazionale, è indispensabile far crescere il mercato del biologico nazionale”. L’Italia è ai primi posti in Europa per export di prodotti biologici certificati mentre i consumi interni restano bassi, sebbene i dati dimostrino che il consumo di prodotti biologici in Italia sia quasi raddoppiato in 10 anni e in costante crescita, seppur lentamente. “Scegliere di acquistare prodotti bio – dice il Wwf – liberi da veleni, contribuisce non solo alla crescita dell’agricoltura biologica, ma anche alla tutela della propria salute”.

(Foto © David Bebber WWF-UK)

Torna l’Ora della Terra: un’ora a luci spente per salvare il pianeta

Meno Co2 e più natura per il futuro. Sabato 25 marzo, per un’ora, in tutto il mondo milioni di persone si mobiliteranno per il pianeta e verranno spenti i monumenti iconici delle principali città. Torna, infatti, l’Ora della Terra, evento globale del Wwf che, dal 2017, invita tutti a spegnere le luci almeno per 60 minuti, per sensibilizzare sull’importanza delle azioni condivise per aiutare il nostro pianeta. Ed è proprio l’equazione “-CO2 + Natura = Futuro” il messaggio scelto all’associazione ambientalista per l’edizione di quest’anno.

Earth Hour 2023, arriva sulla scia dello storico accordo Kunming-Montreal alla Cop15 che, nel dicembre 2022, ha visto il mondo impegnarsi per arrestare e invertire la perdita di biodiversità entro il 2030, e pochi giorni dopo il lancio dell’ultimo report dell’Onu sul Clima Ipcc, che sottolinea le azioni da fare per raggiungere gli obiettivi climatici intermedi: ridurre le emissioni di gas serra del 43% entro il 2030 e del 60% entro il 2035 per raggiungere lo zero netto entro la metà del secolo ed evitare che le temperature globali superino il pericoloso punto di non ritorno di 1,5°C.

L’evento centrale italiano si svolgerà a Roma, alle 20.30: a spegnere il Colosseo con la riproduzione di un interruttore gigante sarà un ospite speciale, che verrà svelato proprio in quella occasione. Ma sono tante le iniziative organizzate sul territorio dai volontari Wwf: da cene a lume di candela a passeggiate notturne e osservazioni del cielo, ma anche stand informativi e laboratori per bambini e famiglie. Le adesioni italiane all’evento sono state oltre 200 e sono tre i capoluoghi di Regione che spegneranno i loro monumenti più importanti. Resteranno al buio, tra gli altri, Palazzo Madama, Montecitorio e Palazzo Chigi, l’Arena di Verona, Piazza San Marco a Venezia, il duomo, Palazzo vecchio e la statua del David a Firenze, a Napoli la facciata di Palazzo San Giacomo, sede del Municipio e del Maschio Angioino.

La Russia ha annunciato che quest’anno non parteciperà alla manifestazione perché, come ha spiegato il ​​portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, il Wwf è stata classificata come “agente dello straniero”. Dal 2009 e fino allo scorso anno venivano spenti per un’ora, tra gli altri, sia la Piazza Rossa sia il Cremlino.

Earth Hour, spiega il Wwf, “è un evento senza frontiere che unisce le persone di tutto il pianeta per vincere la sfida climatica e celebrare la bellezza del nostro Pianeta. Un invito a riflettere sull’importanza delle nostre scelte per la salvaguardia della natura e la lotta alla crisi climatica”. All’iniziativa è stata conferita anche la Medaglia della Presidenza della Repubblica.

 

(Photo credit: Emanuele Coppola-Wwf)

Maccio Capatonda e Wwf di nuovo insieme contro la crisi climatica

Maccio Capatonda è di nuovo al fianco del Wwf: questa volta al centro della collaborazione c’è la crisi climatica e ciò che può fare ognuno di noi per contrastarla. Con un nuovo video, dove il messaggio è caratterizzato dalla consueta e irresistibile ironia dell’artista, Maccio e Wwf si rivolgono al grande pubblico, con un invito ad agire. Il video è stato pubblicato oggi sui canali Instagram e Facebook del Wwf e dell’artista abruzzese, nella settimana che precede Earth Hour, l’evento globale in cui tutti saranno invitati a far sentire la propria voce per il clima spegnendo le luci per un’ora, sabato 25 marzo alle ore 20.30.

 

 

“La crisi climatica e la perdita di natura sono temi troppo seri per non trattarli con la necessaria ironia, capace di coinvolgere il grande pubblico più di un discorso alle Nazioni Unite. Dobbiamo provocare un grande cambiamento, e questo lo possiamo fare a partire dalle nostre azioni quotidiane: il pianeta non si salva da solo”, afferma Marcello Macchia, alias Maccio Capatonda. Attraverso il video “che ho realizzato insieme al Wwf, aggiunge, vorremmo far capire alle persone che la lotta al cambiamento climatico è cool e l’apporto di ognuno di noi conta, più di quanto si pensi. Le scelte individuali sono uno strumento forte per incidere sulle decisioni economiche e politiche”.

Scegli il trasporto pubblico’ ma anche, il car sharing, il monopattino, la bici, l’auto elettrica, ‘Chiedi insieme a noi una mobilità pubblica 100% elettrica’, sono alcuni dei messaggi che il Wwf ha scelto di lanciare con Maccio, per rappresentare una parte delle tante azioni che possono fare la differenza, come utilizzare meno e meglio l’acqua, ridurre il consumo di carne e proteine animali, scegliere prodotti di origine locale e stagionale, installare sistemi di produzione dell’elettricità da fonti rinnovabili, riusare, riciclare, recuperare. prendere decisioni che portino a salvare il clima e il futuro delle persone.

Come ricorda Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del Wwf Italia, “la crisi energetica ci ha dimostrato che cambiare strada aiuterà non solo il clima: le fonti rinnovabili e un uso più accorto dell’energia ci daranno anche indipendenza e sicurezza energetica, per esempio. Il tempo stringe, siamo in colpevole e grave ritardo”.

Addio a Maurizio Costanzo: l’impegno per l’ambiente, per le specie protette e contro la caccia

Re dei salotti tv, giornalista capace di coniugare temi impegnati con puro intrattenimento e di entrare nelle case degli italiani sempre con garbo, grande comunicatore. E’ morto a 84 anni Maurizio Costanzo. Ma l’inventore del talk show all’italiana aveva anche un’altra passione, probabilmente più nascosta: l’ambiente e gli animali. Anche per questo, fra i primi a stringersi nel dolore per la notizia della sua scomparsa, c’è stato anche il Wwf che lo ha definito “ben più di un amico”.

Costanzo ha sostenuto e aderito a campagne importantissime per il Wwf, come ‘L’ambiente è cosa nostra’ o quella dedicata all’adozione di specie protette, alle raccolte fondi per salvare preziosi lembi di natura, come ‘Operazione beniamino’, mettendo a disposizione mezzi e spazi di comunicazione che hanno creato coscienza e consapevolezza su temi ambientali cruciali. Il Costanzo Show aderì all’inizio degli anni ’90 alla campagna ‘Ambiente è Cosa Nostra’ e in varie puntate trattò temi scottanti quali quello delle cave abusive, delle opere pubbliche inutili e dannose, dell’acqua in Sicilia, delle speculazioni edilizie. A differenza della formula abituale della trasmissione, Maurizio Costanzo su questi argomenti fece registrare veri e propri servizi d’inchiesta che poi venivano commentati in studio, servizi che rimangono ancora testimonianza di un impegno civile profondo e vero oltre che di battaglie vinte.

Maurizio Costanzo aderì poi alle campagne del Wwf per l’abolizione della caccia e il suo ruolo fu determinante nella campagna per togliere il riconoscimento del Coni alla Federcaccia e con esso il contributo che per questo veniva riconosciuto. L’impegno di Costanzo guardava anche oltre i confini del nostro Paese e la sua adesione alla campagna ‘Salvamondo’, promossa da Amnesty, Unicef e Wwf, permise di rendere noti al grande pubblico i crimini contro gli esseri umani e la natura che all’inizio degli anni 2000 si perpetravano ancora in Congo. Il Wwf ne ricorda “la sensibilità e l’intelligenza di un giornalista acuto e di un osservatore ben più che attento ed ancora oggi il Wwf fa tesoro dei suggerimenti e dei consigli che generosamente ha voluto dare per accompagnare l’Associazione nel diffondere i valori e la cultura della conservazione della natura e della sostenibilità ambientale senza mai perdere di vista i diritti umani e l’equità sociale”.

Photo credit: Wwf

Bianchi: “Superbonus Lazio per green edilizia. Roma no pattumiera d’Europa”

Una vita vissuta tra le sue due grandi passioni: giornalismo e ambiente. Dopo essere diventata uno dei volti più amati della televisione pubblica con il programma ‘Lineablu’, Donatella Bianchi scende in campo per le elezioni regionali nel Lazio, correndo come candidata presidente del Movimento 5 Stelle. Ligure di La Spezia, romana di adozione, Bianchi muove i primi passi della sua carriera nella redazione del Secolo XIX, poi collaborazioni con radio e tv, per la quale realizza reportage e monografie su turismo, beni culturali e ambientali su scala internazionale, fino al grande lancio con la Rai. Ma nel curriculum può vantare anche esperienze importanti alla presidenza del Wwf Italia
e del Parco nazionale delle Cinque Terre, la medaglia d’oro al merito della Marina militare italiana, il ruolo di ambasciatore italiano sia del Green Book della Commissione europea che per la Biodiversità da parte del ministero dell’Ambiente. Con GEA parla del suo programma e dei progetti che ha in mente per il Lazio.

Bianchi, a che punto è la Regione Lazio nella transizione ecologica?

“Grazie al grande lavoro fatto dalle due assessore del M5S abbiamo raggiunto obiettivi che fino a pochi mesi fa sembravano utopie. Il cambio di passo in Regione si è visto negli ultimi 18 mesi, quando il Movimento 5 Stelle è entrato in giunta e ha spostato l’attenzione su questioni rimaste irrisolte da troppi anni. E mi riferisco alla legge sul turismo, ferma da 15 anni, o all’assessorato alla Transizione ecologica che abbiamo fortemente voluto. È notizia recente l’approvazione del piano di Transizione ecologica che vale oltre 5 miliardi di euro. Molto è stato fatto, ma molto vogliamo e dobbiamo fare ancora. La destra al governo sta dimostrando di non considerare strategica la transizione ecologica, nascondendo la testa sotto la sabbia quando parliamo di cambiamenti climatici o salvaguardia ambientale. Noi invece abbiamo il tema ambientale al centro della nostra agenda e non faremo un passo indietro su argomenti che per noi hanno un valore assoluto”.

Il tema dei rifiuti è sempre molto attuale sul territorio: sul termovalorizzatore di Roma la posizione del M5S è chiara, ma se fosse eletta quali correttivi apporterebbe al piano regionale?

“Il ciclo dei rifiuti nel Lazio, dopo quasi un ventennio di commissariamenti e inadeguata pianificazione, deve essere ripensato verso l’economia circolare riducendo il consumo di materie prime: si deve investire in filiere corte di aggiornamento tecnologico, ricondizionamento dei beni, riparazione e riuso in grado di prevenire la produzione di rifiuti e far crescere di pari passo le industrie che riutilizzano le materie prime seconde distinguendolo dal rifiuto residuo. Il futuro non è bruciare tonnellate di rifiuti o trasformare il Lazio nella pattumiera d’Europa come vorrebbe il commissario Gualtieri, una buona parte del Pd laziale o Bonelli. Il futuro è la transizione ecologica e solo noi siamo in grado di spingere la Regione in questa direzione”.

Tra le vostre proposte c’è anche la nascita di un Superbonus Regione.

“La Regione Lazio potrebbe essere la prima ad aprire un canale parallelo a quello nazionale di incentivi alla ristrutturazione in chiave green. Possiamo mettere in campo una società regionale per comprare i crediti fiscali dalle banche e fluidificare il mercato degli interventi di ristrutturazione. La Regione potrebbe costituire un Fondo di garanzia per il credito bancario a favore delle imprese edilizie che non riescono a monetizzare i loro crediti. Questo significherebbe rilanciare comparto edile e generare posti di lavoro. I cosiddetti ‘green jobs’ sono la chiave per ridurre il nostro impatto ambientale e creare nuovi posti di lavoro specializzati e meglio remunerati”.

Il nucleare è il ‘male assoluto’ o una strada percorribile per l’indipendenza energetica?

“Le mie non sono posizioni ideologiche sul nucleare, ma guardo ai numeri e ai fatti. L’Italia ha deciso di uscire dal nucleare nel 1987 e abbiamo dimostrato in tutti questi anni di non essere capaci di gestire le dismissioni, siamo circa al 30%. Numeri molto bassi. Siamo un Paese che non ha completato lo smantellamento delle centrali nucleari che abbiamo ereditato negli anni passati. Siamo in infrazione europea da 10 anni per un deposito di scorie che ancora non sappiamo dove mettere. Il nucleare di quarta generazione sarà disponibile forse tra dieci anni perché la maturità della tecnologia non è immediata. Il nostro no al nucleare è basato su motivazioni concrete. Chi oggi continua a parlare di nucleare non risponde mai alle seguenti domande: dove vorreste fare gli impianti? Come e quando? E dove andrebbero stoccate le scorie radioattive? Sono soluzioni miopi e pericolose, che tentano di risolvere il problema con la stessa mentalità che l’ha creato. Noi siamo coerenti. Lasciamo ad altri il populismo sul nucleare”.

Pichetto annuncia: “Nascerà una commissione per riformare il Codice dell’Ambiente”

Il mare è sotto stress. Inquinamento e over-fishing distruggono gli equilibri e la percentuale di aree protette è lontana, lontanissima, da quella prefissata al 2030, che prevede un’estensione del 30% rispetto a quelle attuali. “Dobbiamo fare qualcosa. Chiedo urgentemente i decreti attuativi della legge Salvamare, che è diventata legge quattro anni fa”, è il richiamo di Rosalba Giugni, presidente Marevivo.

Si appella al governo, con il ministro Gilberto Pichetto Fratin che alza l’asticella e annuncia una commissione per la riforma completa del Codice dell’Ambiente e “delle leggi conseguenti”. Perché il quadro “è cambiato”, fa presente, anche alla luce del nuovo dettato costituzionale: “Il Parlamento si è reso conto della necessità di inserire in Costituzione la tutela dell’ambiente – spiega -, è un’innovazione importante che permette di intervenire sulla salvaguardia degli ecosistemi, della tutela del Paese. La sensibilità è nuova e diversa, le cose cambiano, dobbiamo riscrivere tutto un percorso, una riforma che si affiancherà alla semplificazione”. Condivide e sostiene la proposta del ministro la sua vice, Vannia Gava: “Una necessità che, personalmente, avanzo da lungo tempo alla luce delle evoluzioni, anche costituzionali, sopraggiunte su un tema di così cruciale rilevanza per il Paese”.
Sulla tutela delle aree marine e terrestri, va sensibilizzata anche l’opinione pubblica, perché l’obiettivo comunitario è anche un’importante opportunità di carattere economico e di funzionalità rispetto al contrasto al cambiamento climatico.

Nonostante sia un provvedimento chiave dell’Europa e uno dei target fondamentali su cui i governi dovranno lavorare per raggiungere l’obiettivo del 30% di territorio protetto entro il 2030, la Strategia per la Biodiversità continua a essere un oggetto misterioso per l’opinione pubblica. In un recentissimo sondaggio realizzato da Emg per il centro Studi del Wwf Italia, il 90% dei cittadini non è a conoscenza del fatto che l’Unione Europea abbia varato una strategia per arrivare entro il 2030 al 30% di territorio e mare protetti di tutta Europa. L’86% dice di non essere a conoscenza della riforma costituzionale del 2022, che ha modificato gli articoli 9 e 41 della Costituzione, inserendo la tutela della biodiversità e degli ecosistemi all’interno dei suoi principi generali.

“L’obiettivo Ue 2030 è possibile ma molto difficile se non si aumenta la consapevolezza dell’importanza della conservazione della natura e se non si rendono più efficienti ed efficaci le attuali aree protette, sia terrestri che marine, istituendo anche quelle già previste per legge”, sottolinea il presidente del Wwf Italia, Luciano Di Tizio, che mette in guardia sui tempi: “Il 2030, scadenza prevista dall’unione Europea è tra sette anni, di questo passo non riusciremo a centrare un obiettivo indispensabile a proteggere la nostra natura, il nostro mare e il nostro benessere. Serve un impegno straordinario, che i cittadini chiedono e che deve vedere protagoniste – sin da subito – le istituzioni”.

Wwf e Marevivo denunciano come l’attuale sistema veda le Aree Marine Protette relegate a una sorta di Serie B con strumenti e ruolo diversi rispetto a quelli garantiti alle aree protette terrestri. “Le aree marine protette in Italia sono 29, più 2 parchi sommersi, ma in pochi conoscono la loro importanza”, fa eco Giugni. “Considerando che il mare protetto a oggi ricopre solo il 13,4% e che di queste solo lo 0,01% risulta con livello di protezione integrale e che i fondi stanziati per le Amp sono pari a 7.000.000 di euro annui, corrispondenti a un decimo di quelli garantiti ai parchi terrestri, Marevivo chiede interventi concreti per migliorare la gestione e la tutela del nostro immenso patrimonio marino”.

Le associazioni, quindi, hanno presentato una serie di punti ritenuti essenziali per rafforzare la tutela del mare: l’adozione di criteri di valutazione che permettano di misurare l’efficacia di gestione di ogni singola area marina protetta, l’insufficienza degli stanziamenti e del personale a queste preposto, il rafforzamento della sorveglianza, l’estensione delle superfici protette attraverso riperimetrazioni, nuove istituzioni anche off shore, l’annessione ai parchi costieri di aree a mare. Il sistema Aree Marine Protette ha evidenziato, secondo le associazioni, evidenti limiti di gestione ed è per questo che viene richiesto coraggio per immaginare anche nuove forme di governance sia come coordinamento ed omogeneità dei criteri di gestione sia come istituzione di veri e propri Parchi Marini per le realtà più estese.

Rinnovabili

Rinnovabili, svolta di Fai-Legambiente-Wwf. Pichetto: Apriamo tavolo

Una svolta storica nel segno della transizione ecologica ed energetica. E’ quella compiuta dalle associazioni Fondo per l’Ambiente Italiano Ets, Legambiente e Wwf Italia con la firma del documento-manifesto in 12 proposte dal titolo emblematico: ‘Paesaggi rinnovabili‘. Per la prima volta, infatti, c’è un’apertura all’istallazione di impianti che sfruttano fonti alternative anche in aree che fino a ieri erano considerate ‘off limits’ per non deturpare l’aspetto paesaggistico.

L’ambientalismo italiano ha maturato una nuova consapevolezza: il nostro paesaggio è sempre cambiato. Ci si può opporre ai cambiamenti, oppure cercare di governarli, perché avvengano nel migliore dei modi. Con Fai e Wwf abbiamo scelto questa seconda strada“, spiega il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani. Il passaggio cruciale è negli obiettivi 6 e 7. Nel primo si invita a ‘Sostenere la nascita e la diffusione delle comunità energetiche‘, in considerazione del fatto che per gli scenari di climate neutral “sarà il contributo di impianti su scala industriale a risultare assolutamente indispensabile“. La raccomandazione, però, è quella di serguire “il principio di non ‘occupare’ neanche un ettaro di suolo fertile, se non con tecnologie compatibili (agrivoltaico), evitando quindi gli errori del passato“.

Nel punto 7, dunque, il cambio di passo: ‘Predisporre un piano per lo sviluppo dell’agrivoltaico nelle aree rurali‘. Perché – scrivono le associazioni nel documento – “la soluzione più razionale è, innanzitutto, installare i pannelli sui tetti delle nuove costruzioni, sugli edifici pubblici, nelle aree industriali e ovunque l’impatto sul paesaggio sia trascurabile; sapendo che questo non può bastare, è importante orientare l’istallazione su altre tipologie di superfici – senza occupazione di nuovo suolo“. Dunque, “serve anche ribaltare la narrazione dei tetti solari nei centri storici, non escludendo a priori la loro installazione ma favorendola a certe condizioni. Servono, in buona sostanza, piani speciali per il fotovoltaico sui tetti industriali e commerciali, per lo sviluppo dei grandi impianti fotovoltaici nelle aree dismesse e/o da recuperare, o lungo le fasce di rispetto delle grandi arterie di comunicazione“.

Altrettanto importante è anche il capitolo dedicato a ‘Favorire l’efficientamento degli impianti eolici esistenti‘, il cosiddetto repowering. “Bisogna affrontare i nuovi impianti come vere e proprie sfide ‘progettuali’, che superino l’approssimazione dell’analisi di contesto di alcuni progetti già realizzati. Nessun luogo è uguale a un altro e ogni progetto ha l’obbligo d’inserirsi armonicamente nel contesto territoriale di cui si è riscontrata preventivamente la potenzialità anemometrica“, scrivono Fai, Legambiente e Wwf Italia. Spiegando che “il progetto di paesaggio, in altri termini, deve diventare dunque il cuore stesso del progetto di parco eolico” e “le linee forti presenti sui territori (strade vicinali, linee di sub/crinale, curve di livello altimetrico, sviluppi del reticolo idrografico, etc.) possono rappresentare un’opportunità per un inserimento armonico; parimenti per l’off-shore la distanza dalla linea di costa e una disposizione a ventaglio può produrre un disegno complessivo più armonico e meno impattante“.

Il concetto espresso dalle associazioni è quello di voler “coniugare gli obiettivi della transizione energetica con la lungimiranza nella pianificazione paesaggistica e la qualità della progettazione“. Perché “è questa la sfida cruciale del prossimo futuro. Le emergenze climatica ed energetica sono le più grandi che il genere umano deve affrontare ora e nel prossimo futuro“.

La notizia è accolta con soddisfazione dal ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin. Per questo intende avviare un tavolo di confronto con le sigle che si occupano della tutela dell’ambiente e dei beni culturali. Il Mase – sottolinea Pichetto – ha confermato con il presidente Meloni gli obiettivi di riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030 e il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. Ma il nostro obiettivo – aggiunge – è fare ancora di più e meglio. A tal fine alla Cop27 che si è tenuta in Egitto – spiega ancora il ministro – l’Italia si è impegnata concretamente per la lotta al cambiamento climatico: 1,4 miliardi di dollari all’anno per i prossimi 5 anni, incluso un contributo di 840 milioni di euro attraverso il Fondo Italiano per il clima, la prima piattaforma di investimento italiana specificamente dedicata all’impiego di tecnologie pulite e all’adattamento ai cambiamenti climatici nei Paesi in via di sviluppo. “Sviluppo delle energie Rinnovabili nel rispetto dell’ambiente e del paesaggio, senza mai perdere di vista le esigenze delle imprese italiane, che devono continuare a rappresentare un esempio di eccellenza nel mondo. Questo – conclude Pichetto – resta l’obiettivo del ministero e del governo“.