ghiacciai

Nel 2100 quasi tutti i ghiacciai lombardi saranno scomparsi

Siccità e cambiamenti climatici non danno scampo: secondo il Servizio glaciologico lombardo nel 2100 (scenario pessimistico) quasi tutti i ghiacciai della Lombardia saranno scomparsi. Il dato emerge dal monitoraggio e dalle stime che il sistema diffonde attraverso il link ‘Scenari futuri’.

In questa sezione dell’Osservatorio si mostra l’evoluzione futura della massa glaciale dell’intera regione Lombardia nei più recenti scenari climatici Ipcc (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) elaborati da Zekollari et. al. nel 2019. Lo studio mette a confronto tre scenari: il primo è definito ‘Business as usual’, cioè sic stantibus rebus, perché non prevede alcun intervento per il contenimento del cambiamento climatico. Il secondo scenario è mediano e prende in considerazione interventi moderati che non consentono comunque il raggiungimento degli obiettivi di contenimento a +2 °C previsto dall’accordo di Parigi; infine il terzo considera raggiunti gli obiettivi di contenimento. In tutti i casi la prospettiva non è allettante; si va infatti sempre verso la quasi completa scomparsa dei ghiacciai, ma a un ritmo un po’ più lento a seconda delle misure intraprese.

Il Servizio glaciologico prende in considerazione gli oltre 100 ghiacciai lombardi e per ognuno realizza un grafico con i tre scenari. Quelli più indicativi riguardano però i ghiacciai maggiori, come l’Adamello, Forni o Fellaria Palù. Secondo il grafico dell’Adamello, i tre scenari corrono paralleli e crollano intorno al 2050 per azzerare il ghiacciaio intorno al 2060. Il ghiaccio Forni invece nella peggiore delle ipotesi scomparirà poco prima del 2100; secondo lo scenario mediano resterà intorno al 10% a fine secolo e nella migliore delle ipotesi al 2100 sarà presente solo il 24% del ghiacciaio originario. L’altro terzo grande ghiacciaio è quello di Fellaria Palù: qui le cose vanno un po’ meglio, nel senso che per lo scenario più ottimistico nel 2100 la massa di ghiaccio sopravvivrà per poco più del 50%; lo scenario mediano lo vede ridotto al 25% nel 2100; quello peggiore completamente estinto alla fine del secolo.

Questi modelli – spiega a GEA il responsabile scientifico del Servizio glaciologico lombardo, Riccardo Scottifunzionano meglio su un ghiacciaio consistente, sono infatti più attendibili. Chiaramente questa è una stima di massima, perché vanno tenute in debita considerazione le variabili annuali con minore o maggiore apporto di neve, ma è innegabile che i ghiacciai si stanno ritirando a ritmo molto sostenuto“. Secondo Scotti questa accelerazione è stata osservata con chiarezza a partire dagli anni Novanta del secolo scorso e poi dal 2003. “Da quelle date – spiega – ci sono state sempre più annate molto negative; in pratica negli ultimi vent’anni i ghiacciai arretrano sei volte più velocemente rispetto alla media degli anni precedenti agli anni Novanta. Chiaramente questo è imputabile al surriscaldamento globale, evento che pare inarrestabile“.

Ma perché i ghiacciai sono importanti? “La loro funzione – prosegue Scotti – è quella di fornire acqua ai fiumi durante l’anno, ma con impatto maggiore durante l’estate; nelle altre stagioni invece i fiumi vengono ingrossati dalle piogge o dallo scioglimento delle nevi. Quindi i ghiacciai sono un prezioso serbatoio di acqua in periodi siccitosi come quello che stiamo vivendo in questi mesi. Si stima che i ghiacciai diano un contributo del 30% ai fiumi, percentuale che sale in estate a causa della scarsità di piogge. Se scomparissero dunque, perderemmo una risorsa d’acqua che serve a tamponare i periodi di siccità estiva“.

Tutto l’arco alpino in questi anni e negli ultimi mesi sta vivendo un periodo di forte disequilibrio naturale a causa del cambiamento climatico. In questa fase di transizione i ghiacciai tendono quindi a sparire e anche il permafrost (il ghiaccio ritenuto perenne) risale.

Non va poi dimenticato un altro aspetto – chiarisce Scotti –: anche se non sembra, i ghiacciai sono degli ecosistemi ricchi di vita; contengono infatti batteri ed alghe poco conosciuti e che forse non conosceremo mai se il ghiaccio continua a sciogliersi a questa velocità. La scomparsa dunque significa anche una perdita ecologica. Poi la loro presenza ha un’importanza anche turistica ed energetica; della loro acqua infatti si arricchiscono i torrenti che producono energia idroelettrica. Questo per quanto riguarda i ghiacciai alpini, se guardiamo invece a quelli molto più estesi a livello globale, la loro perdita significa l’innalzamento dei livelli degli oceani“.

Scotti conclude infine con un’immagine poco confortante per le generazioni future: “Alla fine di questo secolo, osservare la scomparsa dei ghiacciai, non sarà il problema più urgente per l’umanità. Se si sarà infatti giunti a questo punto, significa che la situazione climatica a livello globale sarà drammatica“.

Castel Gandolfo

‘Salva un albero’: l’iniziativa anti-siccità di Castel Gandolfo

Come rispondere al caldo torrido e alla siccità? Prendendosi cura di un albero, sempre lo stesso. A Castel Gandolfo, a sud di Roma, si cerca di rispondere al problema di un’estate estrema attraverso un’iniziativa nata dal basso che intende coinvolgere la cittadinanza e portare ogni persona ad innaffiare uno dei tanti ‘tesori verdi’ di città e a bordo del lago. Si chiama ‘Salva un albero’ l’iniziativa in programma il 26 luglio, dalle 19:30 in poi, autorizzata dall’amministrazione del comune dei Castelli romani su proposta di una parte dei residenti. Lungo la strada che mette in collegamento Albano laziale, Castel Gandolfo e Marino, si trova una fontana pubblica che eroga acqua non potabile. Servirsi di questo punto di distribuzione idrica senza impattare sulle riserve per l’uomo è dunque l’idea messa a punto da cittadinanza e politica locale. Chiunque vorrà sarà autorizzato a riempire una o più taniche di acqua, per poi riversarla ai piedi dell’albero prescelto.

L’iniziativa è stata rilanciata sui social, soprattutto su Facebook. Perché la vera intenzione non è quella di limitarsi all’appuntamento del 26 luglio ma di guardare oltre. “Se l’iniziativa avrà successo si potrà ripeterla prendendosi cura sempre dello stesso albero”, spiegano gli organizzatori. In nome della tutela del patrimonio locale, si potrà dunque adottare un albero e continuare a nutrirlo ogni volta che le condizioni dovessero renderlo necessario. Un atto che coniuga senso civico e cultura ambientale. “È una cosa che fa bene al paese (che è nostro) e anche a noi, e poi non costa nulla”.

Il popolo della rete già si mobilita. C’è chi conferma la partecipazione e chi chiede la possibilità di salvare “via delega”. Tra impegni di lavoro o vacanze, qualcuno non potrà presentarsi alla fontana di via Massimo D’Azeglio, e i suggerimenti di spargere la voce e chiedere il favore di farsi sostituire non mancano. La prova del nove è dunque tutta per martedì prossimo. È in quel momento che si saprà se l’iniziativa ‘Salva un albero’ avrà quella risposta attesa o, questo l’auspicio, anche maggiore. Per cercare di sensibilizzare ancora di più, una post-scriptum all’invito a partecipare ricorda che “un albero di grandi dimensioni, lasciando evaporare alcune centinaia di litri acqua al giorno, produce un effetto di raffrescamento equivalente a 5 condizionatori d’aria operanti per 20 ore al giorno”. Salvare un albero produce anche un risparmio energetico non da poco. In tempi di caro-bollette, un fattore da non ignorare.

siccità

Petta (Enea): “Servono informazione, infrastrutture adeguate e stop sprechi”

Come si può affrontare la siccità che sta piegando non solo il settore agricolo italiano, ma mettendo in pericolo anche industria e settore civile? “Con informazione, digitalizzazione, infrastrutture adeguate e azzeramento degli sprechi“. Lo dice Luigi Petta, ingegnere e responsabile del laboratorio tecnologie per l’uso e la gestione efficiente di acqua e reflue dell’Enea con cui GEA ha parlato per avere un quadro della situazione che, pare, diventerà sistemica nel Paese.

Questo evento siccitoso – spiega Petta – è conseguenza di una carenza di precipitazioni registrata nel corso dell’anno e soprattutto nel periodo invernale. Quello che quest’anno ha inciso maggiormente è stata la mancanza di nevicate invernali e l’assenza, principalmente per il bacino padano, di uno stoccaggio in forma nevosa che avrebbe garantito una restituzione graduale di risorse idriche verso valle“. Essendo mancato tutto questo e considerata la carenza di precipitazioni, “siamo giunti a questo livello, con fiumi quasi in secca, a livelli tipici di fine agosto. Stiamo vivendo gli effetti dei cambiamenti climatici che stanno determinando sempre di più una minore regolarità delle precipitazione. Dall’assenza si piogge si passa poi a eventi estremi, come le bombe d’acqua che hanno colpito recentemente il centro Italia. Situazioni che portano ad alluvioni e a forte stress dei sistemi fognari“.

Secondo Petta il risultato netto di questa situazione è la “riduzione di fonti idriche da cui prelevare, le acque per l’agricoltura, l’industria o gli usi residenziali che principalmente vengono da corpi idrici superficiali o falde profonde. In quest’ultimo caso, il ricorso all’acqua di falda contraddistingue più le zone del Nord Italia rispetto al Meridione.

Ma come risolvere, o mettere per lo meno una toppa a questa situazione? “Innanzitutto azzerando lo spreco di acqua. L’Italia ha una rete di distribuzione inefficiente: preleviamo 100 per portare a destinazione poco meno di 60, con perdite idriche che si assestano nell’ordine del 41,2% con picchi locali anche di oltre il 60%. È un problema strutturale che arriva da decenni di mancati investimenti“. Anche se si interviene ora è chiaro che il beneficio non sarà immediato, ci sono decine di migliaia di km di rete idrica da ripristinare. “Poi – dice Petta – è inefficiente anche l’uso che facciamo dell’acqua. L’agricoltura assorbe la metà delle risorse idriche prelevate, ma non vengono applicati sistemi di razionalizzazione dell’acqua, si utilizzano ancora vecchie tecniche irrigue; ora ci sono sistemi a goccia o superficiali che portano a un deciso risparmio della risorsa idrica perché fanno arrivare l’acqua lì dove ce n’è più bisogno, senza sprechi“. Anche il settore dell’industria non brilla per risparmio idrico: “Spesso e volentieri le aziende non si curano di risparmiare – prosegue Petta – anche perché, è bene ricordare, l’acqua è un bene che costa poco e molti la maltrattano. L’ultimo ambito di uso dell’acqua è poi quello residenziale, che assorbe il 23% del totale del consumo. Qui ci sono abitudini da correggere per consumare di meno; innanzitutto si pone il problema di favorire la contabilizzazione dei consumi idrici. Molti cittadini infatti non hanno la misura del proprio consumo idrico, lo conoscono solo in generale a livello condominiale. C’è dunque una mancata consapevolezza di quanto si sta consumando e se non so dove sto sprecando, non posso fare nulla per porvi rimedio. Quindi è fondamentale fare educazione e informazione“.

Risparmiata l’acqua, quella che resta deve poi essere utilizzata al meglio. “Bisogna quindi intervenire a livello di infrastrutture cercando di intercettare le masse d’acque, realizzando ad esempio nuovi bacini di contenimento. Poi anche la tecnologia viene in soccorso, con sistemi digitali si possono controllare tutti i processi per efficientare il processo di raccolta e distribuzione“.

Infine, l’ultimo suggerimento che viene dall’Enea, utile in campo agricolo, è quello che Petta definisce “ricorso a fonti idriche non convenzionali“, ovvero le acque reflue depurate da destinare a uso irriguo. “In questo modo – spiega – si offrirebbe all’agricoltura una risorsa costante e sarebbe una boccata d’ossigeno per tutto il sistema in periodi di crisi come questo“. In Italia però attualmente questo recupero idrico di effluenti viene effettuato solo nel 4% dei casi. “Di 100 metri cubi di di effluenti depurati, solo 4 vengono usati per questo scopo“. Esempi ci sono a Cesena, con le acque reflue recuperate e depurate (grazie alla multiservizi Hera) e destinate all’irrigazione dei campi oppure in provincia di Reggio Emilia con una sperimentazione simile del gruppo Iren.

Cingolani

Cingolani: “Completare 90% stoccaggi gas prima possibile, sarà un inverno delicato”

Crisi energetica? Un effetto di tutti gli errori commessi negli ultimi 20 anni. Il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, intervenuto all’evento di Enea ‘Azioni per la riduzione del fabbisogno nazionale di gas nel settore residenziale’, accende ancora i riflettori sulla crisi energetica. “Abbiamo deciso che era meglio non produrre gas italiano, avessimo avuto la soddisfazione di dire di aver prodotto meno gas risparmiando un danno all’ambiente, avremmo almeno potuto giustificare questa decrescita. In realtà neanche questo, il consumo di gas è rimasto invariato e la riduzione enorme di produzione nazionale l’abbiamo sostituita importandola dalla Russia“, spiega il ministro. Sottolineando la necessità di rimpiazzare i 30 miliardi di metri cubi di gas provenienti da Mosca: “Non è un’operazione che si fa in un attimo, anche se la diversificazione delle fonti è già stata fatta”, puntualizza Cingolani, ringraziando Eni “per il grande lavoro effettuato”.

L’auspicio più grande ora, spiega il titolare del Mite, è quello di “poter essere ragionevolmente indipendenti dalle forniture russe entro la seconda metà del 2024“. In ogni caso, “dobbiamo assolutamente arrivare ad avere gli stoccaggi al 90% entro gli ultimi mesi dell’anno“. Questo per non rimanere in carenza di energia il prossimo inverno. Che si preannuncia “un pochino più delicato”, dice Cingolani. Ecco perché “dobbiamo arrivare ad avere gli stoccaggi pieni il prima possibile”.

Lo scenario energetico non rimane circoscritto a stoccaggi e risparmio, ma è connesso anche all’emergenza siccità. Su questo fronte, il ministro annuncia che a breve gli italiani riceveranno una serie di messaggi, in particolare su due grandi temi: “Uno è l’acqua, perché tutti sono al corrente di quello che sta succedendo con la siccità, e l’altro è ovviamente l’energia“. I due problemi non sono affatto slegati. Infatti, la mancanza d’acqua “non consente il raffreddamento di alcune centrali termoelettriche” e “l’idroelettrico, non essendoci acqua, produce di meno. È un’azione combinata quella che dobbiamo fare – ha chiarito Cingolani – stiamo pensando di costruire una serie di comunicazioni che che danno suggerimenti di comportamento, di sobrietà nell’uso delle risorse e questo lo stiamo discutendo fra diversi ministeri: penso che sarà fondamentale lanciare questi messaggi a breve, visto che fra un po’ ci sarà la pausa estiva poi comincerà il periodo in cui consumi crescono”.

OVS sceglie la svolta green con il cotone 100% Made in Italy

Non è detto che la moda sostenibile sia solo per certe tasche. La casa italiana più accessibile, OVS, si muove in direzione green da anni.

Dal 2021, il 100% del suo cotone è organico, riciclato o coltivato secondo i Better Cotton Standard. La filiera di produzione è già monitorata con l’adesione dei fornitori alla piattaforma Higg di Sustainable Apparel Coalition, i materiali sono scelti e processati a ridotto impatto ambientale e seguendo i nuovi obiettivi di decarbonizzazione, approvati da Science Based Targets initiative e incentrati su una ulteriore riduzione delle emissioni di CO2 del 46% entro il 2030 (già diminuiti dell’85% dal 2017 al 2019). Ora l’azienda fa un passo in più e punta alla produzione di un filato interamente nazionale.

Lo fa in partnership con l’azienda Santiva, di Pollina, in provincia di Palermo, che ha riscoperto le tecniche agricole diffuse un tempo nel territorio, dando nuovo impulso alla coltura di un cotone a fibra lunga di altissima qualità e a ridotto consumo d’acqua.

Ma quanto cotone utilizza OVS per i suoi capi? Tanto, tantissimo, il 70% del totale dei materiali che li compongono. Oggi i più grandi produttori di cotone sono in India, Cina e Stati Uniti, ma non è sempre stato così: negli anni 50 veniva coltivato estensivamente anche in Italia. E con le tecniche dell’agricoltura organica, evitando il ricorso a fertilizzanti e pesticidi chimici, attingendo esclusivamente a piccoli bacini per l’irrigazione delle piante nei mesi più caldi, le pratiche di Santiva riescono a proteggere il suolo, diminuiscono il consumo d’acqua e rispettano la biodiversità. Non solo. Nella catena vengono coinvolgi giovani agricoltori, grande occasione di crescita per l’economia locale. Le piante di cotone acquistate da OVS sono state seminate lo scorso 22 aprile, in concomitanza con la Giornata Mondiale della Terra. La raccolta sarà tra settembre e novembre 2022, a mano, per preservare la qualità delle fibre e ridurre al minimo l’impatto produttivo. Serviranno per produrre, a partire dalla primavera/estate 2023, circa 30mila capi. E se la sperimentazione funzionerà, l’azienda non esclude di “aumentare significativamente i volumi”, anticipa Simone Colombo, Head of Corporate Sustainability di OVS Spa.

vaticano

Vaticano, super-tech e impianti a goccia: acqua a spreco zero

Nello Stato Città del Vaticano guidato da Francesco, l’acqua è a spreco zero. L’impianto che serve i 15 ettari di giardino e che dà vita alle 100 fontane dislocate sul territorio è preziosa più dell’oro. Lo dimostra l’incredibile impianto installato di recente, che ha sostituito quello degli anni ’30 del Novecento, già all’avanguardia per l’epoca. “Per noi l’acqua è davvero una risorsa, la nostra linea guida è la Laudato Si’, è l’enciclica che ci dà le linee“, spiega a GEA Rafael Tornini, responsabile del Servizio giardini e ambiente, nella direzione infrastrutture e servizi del governatorato. “È un concetto basilare, che va al di là delle buone pratiche, l’acqua è una risorsa esauribile“, osserva.

In queste settimane di siccità, molte sono state spente e i prati sono tenuti al limite della sete, è una questione etica. “Li vede quei punti di giallo? È solo perché non è il momento degli sprechi“, insiste il funzionario. Un altro ‘trucco’ per utilizzare meno acqua sui prati è mantenerli alti di almeno sei centimetri: “Più è alto il prato, meno acqua serve, perché si abbassa temperatura del terreno“. Ma il vero segreto dell’efficientamento è la scienza. “L’impianto precedente aveva particolarità uniche per i tempi – ricorda Tornini -. Novanta anni dopo, abbiamo utilizzato il massimo della tecnologia per avere un risparmio notevole, il 60%“.

Trenta chilometri di tubature a goccia circondano siepi e arbustive, sul modello israeliano, mentre le parti a prato utilizzano irrigatori dinamici o statici, ma sempre con ampio risparmio. La gestione di tutto è completamente informatizzata. Due stazioni meteo, trentatre armadi, sette elettrovalvole e una centralina comunicano con software tramite un ponte radio. L’acqua è programmata in funzione del periodo, poi tramite le centraline meteo si può sapere se ci sono piogge in arrivo, quindi non servirà innaffiare. Non c’è una maglia di sensori di umidità sul terreno perché la collina ha diversità enormi: “Facciamo prelievi a campione e ci muoviamo in funzione di quello“. Durante gli scavi per l’impianto, sono stati prelevati campioni di terreno “molto focalizzati“, per conoscerne la qualità in ogni zona. “Già sapendolo, riusciamo a capire la quantità di acqua di cui il prato ha bisogno. Il software comunica con l’impianto che ne fornisce più o meno a seconda delle necessità“. Tutto si può controllare da remoto: “Se c’è un problema a una tubatura o si rompe un irrigatore perché qualcuno ci è passato sopra, il sistema lancia un allarme e noi chiudiamo quella elettrovalvola che ci dice che c’è un’anomalia“. Questo consente di avere non solo una gestione ordinata della risorsa, ma anche delle piante in salute, perché “il risparmio idrico non è solo risparmio su risorse esauribili, ma è anche benessere del giardino“.

fiume Tevere

Emergenza siccità, Draghi: “Dispersioni straordinarie, ora grande piano acqua”

La grande sete corre verso Sud. L’epicentro della siccità si è spostato dal Nord (dove la situazione resta comunque da monitorare) al Centro Italia. “Il governo è al lavoro e da lunedì siamo pronti ad approvare i piani di emergenza regionali“, assicura il premier, Mario Draghi.

Il momento è drammatico. Per “il bacino Padano si tratta della crisi idrica più grande degli ultimi 70 anni“, ricorda il presidente del Consiglio. La crisi però non è dovuta soltanto a un deficit di pioggia degli ultimi tre anni, ma anche a una serie di cause strutturali, ammette: “La cattiva manutenzione dei bacini, la cattiva manutenzione della rete“. Le dispersioni di acqua, afferma, sono “a un livello straordinario, circa il 30%. Tanto per rendere l’idea, in Israele è del 3%, in altri Paesi europei il 5, 6, 8%“. Il piano di emergenza occorrerà, ma servirà anche, e con urgenza, un piano per ovviare alle carenze infrastrutturali. Draghi parla di un ‘grande piano dell’acqua’: “C’è già nel Pnrr: sono stati stanziati 4 miliardi per questo” ma gli stanziamenti saranno aumentati e si arriverà a un “coordinamento massiccio” dei tanti enti preposti all’amministrazione dell’acqua. “Il governo non può far piovere, ma sta facendo tutto quello che può“, gli fa eco il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli.

A soffrire maggiormente, al momento, sono le Marche, dove ormai si rischia il razionamento degli approvvigionamenti, avverte l’osservatorio sulle risorse idriche dell’Anbi. Nelle zone di Ascoli Piceno e Fermo la condizione di siccità è estrema: i volumi d’acqua, trattenuti negli invasi, calano di 1 milione di metri cubi a settimana per riuscire a dissetare le campagne e tutti i fiumi hanno portate inferiori alle annate scorse.

Non va meglio in Toscana, dove il 90% del territorio è in una condizione di siccità estrema, la riduzione delle portate dei fiumi non si ferma: il Bisenzio è quasi azzerato (0,30 metri cubi al secondo contro una media di mc/sec 2,42) e l’Ombrone è trasformato in un “rigagnolo” da 500 litri al secondo, denuncia l’Anbi.

Per l’associazione, anche nel Lazio la situazione è “drammatica”. A Roma, dall’inizio dell’anno, è piovuto il 63% in meno e nella provincia si sono registrati, in pochi giorni, 496 interventi dei vigili del fuoco per spegnere gli incendi. L’Aniene è praticamente dimezzato rispetto alla portata media, il Tevere registra livelli più bassi anche del 2017, Liri e Sacco il dato più basso in anni recenti, il lago di Nemi è di oltre 1 metro più basso del 2021 e Bracciano è a -32 centimetri dal livello dello scorso anno.

Più a Sud, dalla Basilicata in una settimana sono stati prelevati oltre 11 milioni di metri cubi d’acqua dagli invasi, le cui disponibilità idriche stanno segnando un deficit di circa 37 milioni di metri cubi sull’anno scorso. Resta, invece, ancora positivo il bilancio dei principali bacini pugliesi, nonostante un prelievo settimanale superiore ai 14 milioni di metri cubi. In Campania, tutti i fiumi sono in deficit rispetto allo scorso anno, mentre in Abruzzo è la zona di Chieti a soffrire maggiormente per la mancanza d’acqua.

Al Nord invece è tornata la pioggia, che ha permesso in Valle d’Aosta di arricchire la portata della Dora Baltea e di dare sollievo alla portata del Po, che a Pontelagoscuro è risalita a 200 metri cubi al secondo, quando comunque l’allarme cuneo salino scatta già a 450 metri cubi al secondo (l’ingressione marina è ormai segnalata a 30 chilometri dalla foce). L’incremento di portata non risolve comunque il problema del gravissimo deficit idrico nel Grande Fiume, “ma scongiura, per ora, lo stop ai prelievi, che comporterebbe enormi danni all’agricoltura“.

Tornano, anche sul Piemonte, le piogge a macchia di leopardo: più abbondanti sul bacino del fiume Sesia, meno intense su quello del Tanaro.

L’Osservatorio crisi idriche dall’Autorità Distrettuale del fiume Po-Ministero della Transizione Ecologica ha stabilito una riduzione del 20% dei prelievi irrigui a livello distrettuale rispetto ai valori medi dell’ultima settimana e un aumento dei rilasci dai grandi laghi alpini (Maggiore, Como, Iseo, Idro e Garda) pari al 20% rispetto al valore di oggi. Le misure serviranno a contrastare la risalita del cuneo salino nelle acque superficiali e sotterranee riducendo, allo stesso tempo, i rischi di potenziali impatti negativi sullo stato ambientale dei corpi idrici.

Il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, garantisce che con le operazioni che messe in campo, per l’agricoltura ci sarà acqua sufficiente fino all’8-9 luglio. “Poi se non dovesse piovere fino a quella data è chiaro che si porrà un altro problema“, afferma. Per quanto riguarda l’acqua per uso civile, per ora scongiura problemi immediati: “Dobbiamo monitorare la situazione e muoverci a seconda delle condizioni climatiche. C’è bisogno che piova“.

In Piemonte il governatore Alberto Cirio ha istituito un tavolo permanente per combattere la situazione. L’iniziativa va ad aggiungersi, con funzioni di coordinamento, alle altre misure messe in campo dalla Regione: richiesta dello stato di emergenza per l’intero territorio e dello stato di calamità per l’agricoltura, rilascio di acque dai bacini utilizzati per produrre energia idroelettrica a supporto dell’irrigazione delle colture e deroga al minimo deflusso vitale dei fiumi.

Il Papa: “La Terra è nelle nostre mani. Ma la siccità brucia l’Italia”

Non sono bastate le piogge e i temporali degli ultimi giorni, soprattutto al nord, a placare la sete del Paese. La siccità avanza e il deficit idrico resta. I dati emersi dalla consueta riunione dell’Osservatorio sul Fiume Po non sono rassicuranti: il cuneo salino ha raggiunto i 30,6 km, facendo registrare un nuovo record e il livello di acque salmastre dalla Costa Adriatica è maggiore nel ferrarese e nel rodigino. Significa che il Grande Fiume è sempre più salato e che le campagne non possono trovare ristoro nemmeno dalla poca acqua presente perché senza acqua dolce non si può irrigare. Le cinque stazioni di monitoraggio delle quote idrometriche del fiume restano ancorate al livello di siccità grave (portate in metri rispetto alla media): Piacenza -0,88 metri; Cremona -8,20; Boretto -4,37; Borgoforte -3,83; Pontelagoscuro -7,16.

E i toni si fanno sempre più alti. “A cosa serve – ha detto Meuccio Berselli, segretario generale dell’Autorità di bacino del Po – prendere decisioni, organizzare e coordinare incontri utili con tutti i portatori di interesse, fare ricerche approfondite che costano lavoro ed impegno agli staff tecnici se nessuno prende i provvedimenti amministrativi più adeguati e mette in pratica le decisioni prese aumentando, nei numeri, il prelievo ognuno badando così esclusivamente al proprio interesse ed orticello?”. Al centro della polemica c’è la questione del prelievo idrico, per la quale era stata concordata una riduzione del 20%. Non è accaduto, ha tuonato Berselli, ma anzi in alcuni casi è aumentata del 10%. E anche se la pioggia ha portato un po’ di ristoro, senza questo taglio il problema si ripresenterà tra dieci giorni.

Mentre aumentano gli incendi (18 le richieste di intervento aereo ricevute mercoledì dalla Protezione civile) Coldiretti e Confagricoltura fanno la conta dei danni attuali e futuri. Il caldo estremo brucia la frutta sugli alberi e ha già causato una perdita del 15% del raccolto, e il conto per il settore agricolo è già salito a 3 miliardi. L’Ente Riso ha annunciato che buona parte della produzione del vercellese e del novarese è ormai persa.

Una tragedia che, come ha ricordato Papa Francesco al termine dell’Angelus nella solennità dei santi Pietro e Paolo, “deve farci riflettere sulla tutela del creato, che è responsabilità nostra, di ciascuno di noi. Non è una moda, è una responsabilità: il futuro della terra è nelle nostre mani e con le nostre decisioni”. Il pontefice ha invitato a mettere in pratica “le misure necessarie a fronteggiare queste urgenze e a prevenire le emergenze future” ed è su questo che sta lavorando il governo. “L’unica cosa che possiamo fare adesso – ha detto Stefano Patuanelli, ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali è mettere a disposizione delle risorse per ristorare i danni che la siccità crea”, ma “serve un piano strutturale che ci permetta di raccogliere più acqua piovana, quindi realizzare gli invasi dove servono, programmando la realizzazione degli interventi”. Intanto la Protezione civile sta dialogando con la Conferenza Stato-Regioni per individuare, ha ricordato Patuanelli, “i percorsi che portano a una gestione centralizzata delle dinamiche” e alla definizione dei criteri per lo stato di emergenza, chiesto da nord a sud, che dovrebbe arrivare entro una decina di giorni.

Contemporaneamente, buone notizie arrivano dal ministero della Transizione ecologica, che ha emanato il decreto strategico per favorire il riuso delle risorse idriche e consentire l’adeguamento dell’attuale sistema idrico alle previsioni europee. La misura finanzierà progetti in grado di rendere più efficace la depurazione delle acque reflue scaricate nel mare e nelle acque interne così da poterle riutilizzare per l’irrigazione e per scopi industriali.

Spazi ampi e sostenibili: Google punta sugli uffici ‘green’

I giganti tecnologici assumono sempre meno e gli ingegneri hanno adottato in larga misura il telelavoro, ma Google ha appena inaugurato nuovi uffici futuristici nella Silicon Valley, progettati per soddisfare tutte le esigenze attuali e anche future dei suoi dipendenti. A Mountain View, a un chilometro e mezzo in linea d’aria dalla sua sede, il gruppo californiano ha costruito due enormi edifici che sembrano tende di vetro e metallo, ricoperte di pannelli solari a forma di squame di drago. Alphabet, la società madre di Google, non ha reso noto il costo del Campus di Bay View, progettato per ospitare fino a 4.500 dipendenti.

Non credo che nessuno dei nostri edifici sarà vuoto. Non siamo preoccupati“, scherza Michelle Kaufmann, direttore della ricerca e dello sviluppo per gli uffici dell’azienda, durante un tour per la stampa. “Siamo più preoccupati di avere spazio a sufficienza. Perché l’azienda è ancora in crescita“, aggiunge. Alla fine di marzo, Alphabet contava circa 164.000 dipendenti in tutto il mondo (+17% in un anno). Solo nella Bay Area di San Francisco, 45.000 persone lavorano per il gigante tecnologico. La vicina Meta (Facebook, Instagram) e altre grandi aziende digitali (Microsoft, Amazon, Nvidia, Snap, Uber…) hanno recentemente annunciato un rallentamento delle assunzioni a causa del contesto economico sfavorevole, dopo aver assunto in massa durante la pandemia.

CONNESSIONI E DISCONNESSIONI

Diverse aziende, come Twitter a San Francisco, hanno lasciato la porta aperta al telelavoro perché molti ingegneri lo preferiscono. Alcuni hanno difficoltà a convincere le squadre a tornare a lavoro di persona, in parte a causa della paura per il Covid. “Credo che il 10% del personale (di Google, ndr) abbia scelto e ottenuto l’opzione di lavorare da casa come prima cosa”, osserva Michelle Kaufmann. Che spera che i nuovi uffici, progettati molto prima della pandemia, soddisfino le aspettative degli altri dipendenti, che dividono la loro settimana tra lavoro di persona e telelavoro. Il piano terra è costituito da ristoranti, caffè, palestre e sale riunioni, distribuiti intorno a diverse “piazze pubbliche” – dal ‘Dinosaur District’ al ‘Neon Nature’ – fiancheggiate da divani. Al piano superiore ci sono uffici modulari, separati da vari mobili, ma senza pareti, in modo che i team abbiano “la privacy di cui hanno bisogno” pur rimanendo “collegati al resto della comunità“, dice l’architetto. Google spera di incoraggiare la creatività e il lavoro di squadra, mentre i compiti più solitari possono essere svolti da casa. Ma attenzione alla dipendenza dalla tecnologia: nelle toilette, un avviso dà consigli su come non farsi ‘catturare’ dal telefono e mette in guardia dalla “apnea da e-mail” (quando si trattiene il respiro mentre si controlla la posta elettronica).

ACQUA RICICLATA, ARIA NATURALE

La costruzione degli edifici è durata cinque anni, con ambiziose specifiche ambientali. Alphabet ha promesso di essere completamente neutrale dal punto di vista delle emissioni di carbonio entro il 2030. Il campus è a zero emissioni di carbonio “per il 90% del tempo” grazie ai pannelli solari e alle batterie geotermiche. Tutte le esigenze di acqua non potabile sono soddisfatte dall’acqua riciclata prodotta in loco. E i sistemi di ventilazione utilizzano il 100% di aria esterna, “invece del 20% medio” degli uffici, dice Michelle Kaufmann. Si tratta di un’iniziativa tempestiva nell’era della pandemia. “Per fortuna, molte delle cose che abbiamo progettato funzionano perfettamente con il Covid“, dice l’architetto. “Pensavamo di avere altri dieci anni per alcuni elementi, ma il virus ha accelerato il processo“. Assicura poi che gli spazi di lavoro sono stati progettati con la flessibilità necessaria per far fronte a esigenze che nessuno ha ancora immaginato. Per ora, l’acustica “da opera” non è disturbata da molti dipendenti, dato che il nuovo campus è stato appena inaugurato. E i dipendenti di altre sedi di Google, se sono in visita per qualche giorno, possono alloggiare in uno dei 240 appartamenti costruiti dall’altra parte della strada.

(Photo credits: NOAH BERGER/AFP)

Cinque semplici scelte per una vacanza sostenibile (anche per le tasche)

Le vacanze sono alle porte per molti italiani e questa può essere l’occasione per sperimentare e anche godersi una serie di scelte sostenibili per l’ambiente e le nostre tasche. Scopriremo così che la nostra vita può pesare meno sul Pianeta senza grandi sforzi. Certo, possiamo fare decine di queste scelte ogni giorno e molti di noi già le fanno da tempo. Ma questo può essere il momento buono anche per chi è più diffidente, per chi ritiene che si tratti di passi troppo ‘complicati’ o per provare quella soluzione che avevamo in mente da tempo ma che nel marasma quotidiano abbiamo sempre rimandato. Le giornate di vacanza possono essere il momento migliore – mentre siamo rilassati e poco presi da altri pensieri – per scoprire che si tratta di scelte semplicissime e che migliorano la qualità della nostra vita.

Ecco cinque semplici esempi. Seguiamoli con l’impegno a mantenere questi comportamenti una volta tornati alla ‘vita normale’. Fatto il primo passo, sarà naturale passare alle scelte più complesse.

  1. Spostamenti. Scegliamo sempre la soluzione meno impattante: andiamo a piedi o in bicicletta per gli spostamenti più brevi, ci aiuterà anche a mantenerci in salute e a curare la migliore forma fisica; utilizziamo i mezzi pubblici dove disponibili e preferiamo il treno all’aereo; se usiamo l’auto, cerchiamo di muoverci a pieno carico di passeggeri e non una persona per automobile pur dovendosi recare nella stessa destinazione (ad esempio in spiaggia o al ristorante o per la gita in montagna).
  2. Risparmiamo energia. Non lasciamo in stand by play station, televisori e pc. Accendiamo la luce solo quando è davvero buio e spegniamola quando usciamo dalla stanza. Non teniamo l’aria condizionata accesa notte e giorno ma cerchiamo di utilizzarla solo nei momenti in cui è strettamente necessario (temperature elevatissime senza possibilità di stare in mare o all’aria aperta all’ombra, ad esempio) e impostando temperature non inferiori ai 25 gradi. Appena possibile, dal tramonto, teniamo le finestre aperte e (al mare e in montagna) approfittiamo dell’aria più fresca serale per provare sollievo.
  3. Risparmiamo l’acqua. La siccità è il tema di cronaca in queste settimane e sono molte le cose che possiamo fare per dare il nostro contributo. Facciamo docce brevissime e lasciamo l’acqua aperta soltanto quando entriamo, per inumidire il corpo, e quando ci sciacquiamo. Chiudiamo l’acqua mentre ci insaponiamo. Evitiamo il bagno in vasca. Riutilizziamo l’acqua con cui laviamo frutta e verdura (se abbiamo usato bicarbonato, utilizziamola per gli scarichi sanitari e non per bagnare le piante) e quella raccolta con il condizionatore.
  4. Riduciamo i rifiuti ed evitiamo il monouso. Portiamo sempre con noi una borraccia: ogni bottiglia di plastica risparmiata significa minori emissioni e minori rifiuti da gestire. Acquistiamo sfuso: la frutta senza confezioni in plastica, i panini senza strati di pellicola e alluminio (basta un tovagliolo di carta), il caffè senza bicchierini monouso, i biscotti in confezioni uniche e non impacchettati due a due o quattro a quattro e così via per ogni altro dettaglio che la nostra fantasia ci aiuterà a individuare durante la giornata.
  5. Cibo. La stagione è perfetta: acquistiamo solo cibo di stagione e possibilmente prodotto (o pescato) localmente. Questo aiuterà le nostre tasche e il bilancio nelle emissioni. Ad esempio: sì al pesce azzurro ma evitiamo il salmone; rimpinziamoci di albicocche e pesche, evitiamo kiwi e ananas.