Italia nella morsa della Siccità. Stato d’emergenza in Lombardia

Con l’Italia stretta nella morsa del caldo, i governatori si muovono per far fronte all’emergenza siccità. Chiedono una cabina di regia permanente Stato-Regioni per monitorare la crisi a livello nazionale e firmano i decreti.

Attilio Fontana, in Lombardia, dichiara lo stato di emergenza fino al prossimo 30 settembre, “a causa della grave situazione di deficit idrico che sta interessando il territorio lombardo“. Il decreto raccomanda a tutti i cittadini di utilizzare l’acqua in modo parsimonioso, limitando il consumo al minimo indispensabile e mette a disposizione dei sindaci dei Comuni della Regione uno schema di ordinanza su risparmio e limitazioni per l’uso dell’acqua potabile, da adottare in base agli effetti della siccità nei rispettivi territori.

Il provvedimento arriva a poche ore da quello del presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, che è anche presidente della Conferenza delle Regioni. In Fvg Fedriga ha dichiarato lo stato di sofferenza idrica, che comporta taglio dei rilasci di acqua obbligatori verso valle, per venire incontro alle esigenze dell’agricoltura e una limitazione dell’acqua per uso domestico, insieme a una campagna di sensibilizzazione rivolta ai cittadini, per eliminare ogni forma di spreco.

E’ del 22 giugno il decreto firmato dal governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, per “stato di calamità naturale in tutta la Regione, questa volta fino al 30 novembre 2022. Le aree che in questo momento nel Lazio sono considerate a “severità media” di rischio sono distribuite: a Sud, l’area di Frosinone, il centro (Rieti) e il Nord (viterbese) e sono tutte in peggioramento. Nell’area di Roma e Latina invece il rischio idrico ha ancora una “severità bassa“.

Insieme alla Lombardia, la Regione più colpita è il Piemonte, dove il governatore, Alberto Cirio, ha chiesto lo stato di emergenza già venerdì 17 giugno. L’acqua è razionata in oltre 200 Comuni, in tre giorni il Lago Maggiore ha perso un metro, le acque del Po non sono mai state così basse da 70 anni e i problemi per il più grande fiume italiano proseguono fino al Delta, nel Veneto.

Qui, oltre al cuneo salino che sta devastando i raccolti, il 20% delle vongole e delle cozze sta letteralmente “soffocando, lancia l’allarme la Coldiretti, spiegando che “l’innalzamento delle temperature senza la possibilità di ricambi di acqua sta provocando l’espansione a macchia d’olio della cosiddetta ‘acqua bianca’, aree di delta dove la decomposizione di alghe e sostanze organica ruba l’ossigeno necessario alla vita di vongole e cozze uccidendole“. Nella provincia di Verona 40 Comuni hanno adottato il razionamento idrico.

In Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, ha dichiarato lo stato di crisi il 21 giugno. Anche qui, l’osservato speciale resta il Po, soprattutto per quanto i livelli misurati in località Pontelagoscuro, che afferiscono all’approvvigionamento idropotabile di Ferrara e Ravenna.

Siccità

L’Italia ha sempre più sete: si va verso lo stato di emergenza

L’Italia ha sempre più sete. E le previsioni meteo non lasciano grande spazio alla speranza. Per questo, mentre le regioni continuano a chiedere lo stato di emergenza e di calamità (ultima in ordine di tempo l’Emilia Romagna) e in Piemonte già da giorni si ricorre a autobotti e a razionamenti notturni dell’acqua, il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani parla di uno scenario “in cui mancano solo gli alieni”. Tanto che, spiega, “si stanno chiudendo le centrali idroelettriche perché non c’è flusso”. E se il sottosegretario alla Salute Andrea Costa ammette che “ci sono le condizioni per arrivare a dichiarare lo stato di emergenza” ma che adesso la priorità è “sostenere il comparto agricolo che non è solamente produttivo ma garantisce il presidio e la manutenzione del nostro territorio, ed è vitale e fondamentale per il nostro Paese”, arriva il ministro Patuanelli a frenare, dicendo che “è ancora prematuro” parlare di dichiarazione di emergenza. Di diverso avviso il segretario del Pd Enrico Letta che spinge per la proclamazione il prima possibile, aggiungendo di credere che “sia necessario così come un piano per gli invasi”.

Sugli invasi punta l’attenzione anche Coldiretti, che calcola che l’Italia perde ogni anno l’89% dell’acqua piovana. Per questo “serve subito una rete di piccoli invasi diffusi sul territorio, senza uso di cemento e in equilibrio con i territori, per conservare l’acqua e distribuirla quando serve ai cittadini, all’industria e all’agricoltura, con una ricaduta importante sull’ambiente e sull’occupazione”.

In piena emergenza siccità, interviene la ministra per il Sud e la Coesione territoriale Mara Carfagna che rende pubblico il progetto di un Cis Acqua che potrebbe essere formalmente avviato nel mese di luglio dopo un lavoro preparatorio svolto negli ultimi sei mesi. “L’emergenza idrica – spiega – non ci coglie impreparati: sono sei mesi che lavoriamo, con tutte le Regioni e diversi ministeri, a un ‘piano acqua’ che sostenga l’intera filiera, dagli invasi agli acquedotti alle utenze finali. Il piano sarà gestito con un Contratto Istituzionale di Sviluppo sul quale abbiamo avuto già positivi riscontri dagli enti territoriali: l’investimento iniziale previsto è consistente, un miliardo a valere sul ciclo 2021-2027 del Fondo di Sviluppo e Coesione, ma potrebbe essere incrementato ancora”.

Certo è che l’emergenza è oggi, e mentre i territori si organizzano emanando ordinanze per limitare l’utilizzo dell’acqua per i soli fabbisogni primari, la situazione peggiore è quella che riguarda l’agricoltura. A oggi la stima della Cia-Agricoltori italiani è di un taglio del raccolto del grano del 30%, con la siccità che va ad aggiungersi ai problemi già creati dal rincaro di fertilizzanti e gasolio dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

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Emergenza Oro blu. Fiume Po? Uno ‘scenario desolante’

L’oro blu è sempre più prezioso e ora l’allerta è rossa. Tanto da portare i ministeri coinvolti (Politiche agricole, Transizione ecologica, Economia, Affari Regionali) a riunirsi in un vertice straordinario con Palazzo Chigi e la protezione civile e, dopo la richiesta di stato d’emergenza già inoltrata da Piemonte e Emilia Romagna, a far decidere anche al presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti di proclamare lo stato di calamità. La situazione più grave riguarda il fiume Po che in questi giorni, a detta dell’Autorità distrettuale di bacino (AdbPo), restituisce “uno scenario desolante”: le storiche portate al ribasso dei giorni scorsi e quella registrata oggi di 180 metri cubi al secondo a Pontelagoscuro (Ferrara) “sono il sintomo chiaro di un generale ed esteso stato di estrema gravità idrica nell’intera area del Po”. Il leit-motiv è non perdere nemmeno un minuto di tempo. A questo servono gli appelli ai decision makers che si sono moltiplicati negli ultimi giorni: occorre accelerare gli interventi amministrativi di emergenza dato che la carenza diffusa di acqua disponibile “condiziona pesantemente le difficoltà di agricoltura e habitat naturale”. Il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, ha già chiesto al governo di attivare lo stato d’emergenza con il pieno coinvolgimento della Protezione civile per coordinare tutti i soggetti coinvolti: Regioni interessate, Autorità di bacino e Consorzi di bonifica, “e cooperare per una gestione unitaria del bilancio idrico“. E spiega che “è necessario uno stretto contatto con le istituzioni e per questo abbiamo già attivato tavolo con i ministri Patuanelli e Cingolani che nelle prossime ore si riunirà nuovamente“. Lo stesso responsabile del Mipaaf ha fatto sapere che “la situazione è delicata“, per questo “ci aggiorneremo a livello politico“, per studiare le contromosse.

STATO D’EMERGENZA

Oggi è tornato a riunirsi, per l’ottava volta da inizio anno, l’Osservatorio permanente sugli utilizzi della risorsa nel bacino del fiume Po che raggruppa Regioni, Consorzi di bonifica, associazioni di categoria e concessionari di energia elettrica. “I singoli scenari proiettati da tutti gli enti e portatori di interesse – spiega l’AdbPo – ci consegnano una realtà drammatica, aggravata dalla prospettiva di una assenza ulteriore di precipitazioni per un minimo di almeno 10-12 giorni e comunque solo temporalesche e con temperature roventi”. E se il tempo stringe, precisa l’Autorità di bacino “sono oltremodo stringenti anche le tempistiche dei numerosi summit regionali e nazionali destinati a razionalizzare e centellinare l’utilizzo per tutti gli usi dell’acqua disponibile”. Piemonte ed Emilia-Romagna hanno infatti già inoltrato richiesta di stato d’emergenza al Governo, anche alla luce del protocollo sugli impieghi che per legge prevede dapprima quelli civili per le forniture del comparto idropotabile, poi quello agricolo e via via tutti gli altri. E se il Piemonte ha chiesto aiuto alla vicina Valle d’Aosta, il presidente Lavevaz ha risposto che anche nella sua regione si stanno “riscontrando gravi criticità dovute alla carenza idrica“, per questo è difficile che possa “rispondere a un’emergenza ampia come quella che si sta configurando“. A breve si potrebbe aggiungere la richiesta di stato di emergenza anche del Veneto, mentre la Regione Lazio annuncerà lo stato di calamità. Il governatore Nicola Zingaretti ha spiegato che “servirà ad adottare immediatamente le prime misure e invitare i sindaci alle prime misure di contenimento perché dobbiamo prepararci a una situazione molto critica“. Parla di situazione “abbastanza grave” anche il governatore della Lombardia, Attilio Fontana. “Noi stiamo attenzionando questo problema da un mese e mezzo e abbiamo già raggiunto nei mesi scorsi degli accordi con gli agricoltori per realizzare interventi che utilizzino nel modo migliore la poca acqua di cui disponiamo”, spiega Fontana, intervistato da GEA. Per fare un esempio, “abbiamo concordato con loro di rinviare alcune semine per darci la possibilità di raccogliere maggiore acqua nei laghi che poi abbiamo rilasciato al momento opportuno”. Ma anche con i gestori dei bacini idroelettrici sarebbe già stato raggiunto un accordo sul “rilascio graduale di una quantità importante di acqua che deve servire proprio in questi giorni per mantenere le irrigazioni”. Il problema, secondo Fontana, è che “si possono realizzare tutte le alchimie di questo mondo, ma se manca la materia prima che è l’acqua prima o poi anche le alchimie rischiano di saltare”.

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SCENARIO ROSSO

Il più grande fiume italiano è praticamente irriconoscibile con una grande distesa di sabbia che occupa la gran parte del letto del fiume”, ha annunciato la Coldiretti rimarcando l’importanza del Po sull’ecosistema della pianura padana “dove per la mancanza di acqua è minacciata oltre il 30% della produzione agricola nazionale e la metà dell’allevamento che danno origine alla food valley italiana conosciuta in tutto il mondo”. Secondo il monitoraggio Coldiretti, il livello del Po a Ponte della Becca (Pavia) è a -3,3 metri rispetto allo zero idrometrico più basso registrato nel Ferragosto 2021. “La siccità colpisce i raccolti, dal riso al girasole, dal mais alla soia, ma anche le coltivazioni di grano e di altri cereali e foraggi per l’alimentazione degli animali, in un momento in cui è necessario garantire la piena produzione con la guerra in Ucraina”, ha spiegato l’associazione delle imprese agricole. Lo scenario nel distretto padano si fa dunque obbligatoriamente ‘rosso’ e prevede lo stop totale e immediato dei prelievi.

SOLUZIONI TAMPONE E PERICOLO INCENDI

Una soluzione tampone potrebbe essere quella individuata dal segretario generale dell’AdbPo, Meuccio Berselli: un provvedimento transitorio per equilibrare in modalità sussidiaria l’uso della risorsa rimasta, con il -20% dei prelievi per continuare comunque l’irrigazione e garantire la risorsa idrica al Delta che vede una risalita di acque dal mare Adriatico arrivata oggi a oltre 21 km. “Per quel che resta in termini di quantità disponibile – ha spiegato Berselli – assicuriamo la continuità dell’irrigazione all’agricoltura, pur in maniera ridotta, mantenendo come primo obiettivo l’idropotabile. Proseguendo così il prelievo dai laghi si garantisce la continuità irrigua. Giunti a questi livelli ogni decisione porta con sé margini di criticità ma il traguardo, in ottica di area vasta, è minimizzare il danno quanto più possibile in attesa di potenziali integrazioni amministrative dei territori e organi di governo”. All’emergenza siccità oltretutto si aggiunge quella legata agli incendi. Le alte temperature e l’assenza di precipitazioni hanno infatti inaridito i terreni nelle aree più esposte al divampare delle fiamme. Sempre secondo Coldiretti, i roghi si sono triplicati nell’ultimo anno rispetto alla media storica, con un più di un rogo ogni due giorni dall’inizio del 2022.

IDROELETTRICO IN PANNE

A correre ai ripari, lanciando l’ennesimo allarme, è persino l’associazione ‘Elettricità Futura‘ che raggruppa le imprese del mondo elettrico. Risulta ad esempio “scarsissima” la produzione idroelettrica attuale e “aumenta il pericolo per il raffreddamento delle centrali termoelettriche”. Nonostante questo, spiega Elettricità Futura, “il settore si rende disponibile a collaborare con le Regioni e con Terna per sostenere il comparto dell’agricoltura“. Dal canto suo Terna ha confermato una “produzione idroelettrica estremamente ridotta, con riserva al minimo degli ultimi anni“. Dall’Osservatorio sul fiume Po è giunta anche la raccomandazione della Protezione civilea una gestione coordinata e solidale nei rilasci nell’intero distretto del fiume Po“. L’attenzione “è altissima”, spiegano gli esperti “dopo la ricognizione sui potabilizzatori del Delta fatta insieme alla Regione Emilia-Romagna, in particolare gli impianti dei gestori Acque Venete e Romagna Acque, che servono quasi 700-800mila persone grazie a 7 centrali di potabilizzazione“. Alta attenzione “anche sugli impianti di raffreddamento delle stazioni termoelettriche“.

NEI TERRITORI

La situazione nei diversi territori varia tra situazioni definite “preoccupanti” a altre “gravissime. L’AdbPo denuncia infatti che la crisi idrica è “molto accentuata” nell’area occidentale dell’Emilia, specie nelle province di Parma e Piacenza, fino all’Enza e poi in parte del Modenese e in tutta la zona Ferrarese e Bolognese. “Anche l’acqua nei terreni è quasi del tutto assente” è stato spiegato nell’Osservatorio, senza contare che sono confermate “temperature fino a 36 gradi e piogge solo sporadiche e temporalesche di scarsa intensità“. In Lombardia la riduzione dell’apporto di quasi tutte le portate degli affluenti verso il fiume Po “è drastica, spiega l’AdbPo mentre solo il lago di Garda resta al 60% della sua capacità di riempimento. Anche il lago Maggiore, principale magazzino di risorsa essenziale per il Po, è solo al 24% della sua capacità di invaso. Non si può nemmeno sperare in un aiuto dal cielo: secondo Arpa Lombardia, “per quanto concerne la temperatura si sono registrati picchi fino a +5 gradi sopra la media“. Per quanto riguarda il Veneto e il Delta del Po, l’AdbPo segnala che a Porto Tolle (Rovigo) “si interrompono le derivazioni irrigue fino a oltre 20 km dalla costa per l’intrusione del cuneo salino, quindi con parziale utilizzo delle derivazioni irrigue, perlopiù la notte e con la bassa marea. Oggi dal Po si derivano solo 8 metri cubi al secondo, pari ad oltre 60% in meno di portata“. L’Osservatorio tornerà a riunirsi a Parma il 29 giugno.