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Clima, l’Aie avverte: “Fare di più o rischio tensioni su forniture globali di materie prime”

L’Agenzia Internazionale dell’Energia (Aie) teme “tensioni” sulle forniture globali di minerali e metalli critici, essenziali per la transizione energetica, e incoraggia un aumento degli investimenti minerari se si vuole che il pianeta riesca a limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi entro la fine del secolo.

“Il calo dei prezzi di minerali critici come il rame, il litio e il nichel, utilizzati per condurre l’elettricità o nelle batterie per i veicoli elettrici, le turbine eoliche e i pannelli solari, ‘maschera il rischio di future tensioni sull’offerta’” afferma l’Aie nel suo secondo rapporto annuale sui metalli, ‘Global Critical Minerals Outlook 2024’. L’Agenzia stima che saranno necessari “800 miliardi di dollari” in investimenti minerari in tutto il mondo da qui al 2040 se il pianeta vuole raggiungere l’obiettivo fissato dall’accordo internazionale sul clima firmato a Parigi nel 2015 di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi rispetto all’era preindustriale.

Lo scorso anno, il crollo del 75% del prezzo del litio e il calo dal 30% al 45% dei prezzi di cobalto, nichel e grafite hanno portato a una diminuzione media del 14% dei prezzi delle batterie, ma anche al rischio di un rallentamento degli investimenti nel settore minerario rispetto agli anni precedenti. In termini di volume, i due metalli più a rischio di “tensione” dell’offerta sono il litio e il rame, che mostrano un “divario significativo” tra produzione e prospettive di consumo, secondo il rapporto. Questo perché la domanda è in crescita. Nel 2023, le vendite delle sole auto elettriche sono aumentate del 35% e la diffusione dei pannelli solari e dell’energia eolica è cresciuta del 75%. Gli elettrolizzatori che producono l’idrogeno verde necessario per decarbonizzare l’industria pesante e i trasporti richiedono metalli come il nichel, il platino e lo zircone. Eppure le loro installazioni stanno crescendo in modo esponenziale: +360% entro il 2023, secondo il rapporto.

L’Aie richiama inoltre l’attenzione sulla necessità di diversificare le forniture per contrastare l’egemonia della Cina, in particolare nella produzione di due componenti chiave per le batterie per auto: gli anodi (il 98% della produzione proviene dalla Cina) e i catodi (90%). “Più della metà del processo di produzione del litio e del cobalto avviene in Cina. E il Paese domina l’intera catena di produzione della grafite”, utilizzata sia nelle batterie che nell’industria nucleare, secondo il rapporto.

“Non sarei sorpreso di vedere un interesse sempre maggiore per l’estrazione del litio” tra le major petrolifere, ha sottolineato Tim Gould, capo economista dell’Aie. L’americana Exxon Mobil, la più grande compagnia petrolifera del mondo, ha già annunciato investimenti in questo settore. Tuttavia, lo sviluppo di queste miniere comporta molti rischi sociali e ambientali per le comunità locali vicine, come hanno avvertito le Ong pochi giorni fa in vista di una riunione dell’Ocse sul tema a Parigi. La corsa ai minerali critici sta infliggendo “gravi costi” alle popolazioni indigene e alle loro terre tradizionali, spiega Galina Angarova, della tribù Buryat in Siberia, a capo di una coalizione di associazioni che difendono i diritti delle popolazioni indigene.

“Se continuiamo di questo passo, corriamo il rischio di distruggere la natura, la biodiversità e i diritti umani” in un’economia a basse emissioni di carbonio che si è allontanata da petrolio, gas e carbone, dice. “Siamo sulla soglia della prossima rivoluzione industriale… e dobbiamo fare le cose per bene”, aggiunge Angarova. Adam Anthony, dell’Ong Publish what you pay, sottolinea che i minatori si stanno precipitando in Africa senza che il continente benefici del valore aggiunto dell’estrazione di minerali e metalli. “Quando parliamo di minerali critici, dobbiamo chiederci per chi sono critici”, dice. “Non riceviamo alcun beneficio da questa estrazione”.

La Tanzania, ad esempio, estrae manganese e grafite, ma non produce nessuna delle apparecchiature – auto elettriche o batterie – che li utilizzano.

A Parigi un vertice senza precedenti per porre fine ai metodi di cottura inquinanti

Circa 2,3 miliardi di persone cucinano ancora bruciando legna, carbone o altri combustibili in sistemi rudimentali e inquinanti: un problema sanitario, sociale e climatico di primaria importanza che sarà al centro di un incontro senza precedenti organizzato a Parigi martedì. Secondo un rapporto dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (Aie), della Banca Africana di Sviluppo (Adb) e delle Nazioni Unite, che ha lanciato l’allarme l’anno scorso, oggi un terzo della popolazione mondiale utilizza fornelli aperti o stufe rudimentali alimentate a legna, carbone, carbone, paraffina, rifiuti agricoli o sterco. La combustione di questi materiali inquina l’aria interna ed esterna con particelle sottili che penetrano nei polmoni e causano molteplici problemi respiratori e cardiovascolari, tra cui cancro e ictus. I fumi causano 3,7 milioni di morti all’anno, la terza causa di morte prematura nel mondo e la seconda in Africa. Nei bambini piccoli è una delle principali cause di polmonite. Le vittime principali sono le donne e i bambini, che ogni giorno trascorrono ore alla ricerca di combustibile, tempo che non viene dedicato alla scuola.

Governi, istituzioni, Onu, imprese… circa 800 partecipanti e rappresentanti di 50 Paesi sono attesi martedì presso la sede dell’Unesco su invito dell’Aie, dell’Adb e dei leader di Tanzania e Norvegia. L’obiettivo principale di questo incontro, che si concentrerà principalmente sull’Africa, la prima zona interessata, è quello di riunire gli impegni, sia finanziari che in termini di progetti, i cui dettagli e importi saranno resi noti a mezzogiorno. “Sarà un incontro senza precedenti, ma soprattutto vuole essere un evento che ci permetta di cambiare direzione“, ha dichiarato ai giornalisti Laura Cozzi, Direttore Sostenibilità e Tecnologia dell’Aie, che segue il tema da 25 anni. Il tema dei metodi di cottura “è trasversale, tocca tante questioni, è ora di metterlo al centro dell’attenzione“. Promette “un vero e proprio sforzo di mobilitazione” e si aspetta che vengano annunciate cifre “molto, molto incoraggianti“.

Un altro problema è rappresentato dalle emissioni di metano (spesso legate a una cattiva combustione), oltre che dalla deforestazione, che è una delle principali cause del riscaldamento globale. Secondo l’Aie, un’emanazione dell’Ocse, il passaggio a strumenti di cottura “puliti” entro il 2030 farebbe risparmiare al pianeta 1,5 miliardi di tonnellate di gas serra all’anno (CO2 equivalente), pari alle emissioni del trasporto aereo e marittimo (su circa 50 miliardi di tonnellate all’anno). I progressi sono stati compiuti nei principali Paesi asiatici, con un miliardo di persone che dal 2010 si sono dotate di apparecchi di cottura meno dannosi (alimentati con energia solare, biogas o addirittura gas di petrolio liquefatto). Ma quattro famiglie su cinque nell’Africa subsahariana ne sono ancora sprovviste e la situazione sta peggiorando. “Ci sono stati dei progressi in Kenya, Ghana, Tanzania… ma quello che stiamo vedendo è che la crescita della popolazione sta superando i progressi” in questo continente, avverte Daniel Wetzel, esperto dell’Aie.

Tuttavia, le somme stimate necessarie restano modeste, osserva l’agenzia: per risolvere gran parte del problema in Africa entro il 2030 sarebbero necessari 4 miliardi di dollari all’anno, mentre attualmente si investono solo 2 miliardi di dollari, soprattutto nel resto del mondo. L’Aie sottolinea che si tratta di “una minuscola frazione” degli investimenti globali nel settore energetico (2.800 miliardi di dollari entro il 2023). “Eppure è difficile immaginare una misura più efficace per dollaro investito”, sottolinea Wetzel. “È ovvio che dobbiamo darci da fare“. L’introduzione di piani d’azione proattivi a livello nazionale, l’abolizione delle tasse e delle restrizioni all’importazione di questo tipo di apparecchiature… sono tutte misure necessarie. Anche il sostegno finanziario è essenziale, aggiungono gli esperti: la maggior parte delle famiglie africane prive di attrezzature adeguate non può permettersi un fornello o un combustibile appropriato senza aiuti o incentivi.

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Un’auto su cinque in Europa sarà elettrica entro il 2030. Ma si teme boom cinese

La flotta di auto elettriche nel mondo continua a crescere fortemente e nel 2024 le vendite raggiungeranno i 17 milioni di unità. E’ quanto emerge dalla nuova edizione dell’annuale Global Electric Vehicle Outlook dell’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), secondo il quale nonostante le sfide a breve termine in alcuni mercati, sulla base delle politiche attuali, quasi un’auto su tre in circolazione in Cina entro il 2030 sarà elettrica e quasi una su cinque negli Stati Uniti e nell’Unione Europea.

Il 2023 “è stato un anno record”. L’anno scorso, le vendite globali di auto elettriche sono aumentate del 35%, raggiungendo quasi 14 milioni di unità. Mentre la domanda è rimasta in gran parte concentrata in Cina, Europa e Stati Uniti, la crescita è aumentata anche in alcuni mercati emergenti come il Vietnam e la Thailandia, dove le elettriche hanno rappresentato rispettivamente il 15% e il 10% di tutte le auto vendute.

Nei primi tre mesi di quest’anno, rileva l’Aie, il numero di auto elettriche vendute a livello globale è all’incirca equivalente a quello di tutto il 2020. Nel 2024, si prevede che in Cina raggiungeranno circa 10 milioni, pari a circa il 45% di tutte le vendite di auto nel Paese. Negli Stati Uniti, si prevede che circa un’auto su nove sarà elettrica, mentre in Europa, nonostante le prospettive generalmente deboli per le vendite di autovetture e la graduale eliminazione dei sussidi in alcuni Paesi, rappresenteranno ancora circa un’auto su quattro.

Secondo l’Agenzia, si prevede che “i sostanziali investimenti nella catena di fornitura dei veicoli elettrici (EV), il continuo sostegno politico e il calo dei prezzi dei veicoli elettrici e delle loro batterie produrranno cambiamenti ancora più significativi negli anni a venire”. In questo scenario, la rapida diffusione dei veicoli elettrici – dalle auto ai furgoni, ai camion, agli autobus alle moto – “eviterà il fabbisogno di circa 12 milioni di barili di petrolio al giorno, pari all’attuale domanda di trasporto su strada in Cina e in Europa messe insieme”.

“I nostri dati evidenziano il continuo slancio delle auto elettriche, anche se in alcuni mercati è più forte che in altri”, ha dichiarato il direttore esecutivo dell’Aie, Faith Birol. “L’ondata di investimenti nella produzione di batterie – ha aggiunto – indica che la catena di fornitura dei veicoli elettrici sta avanzando per soddisfare gli ambiziosi piani di espansione delle case automobilistiche. Di conseguenza, si prevede che la quota di veicoli elettrici sulle strade continuerà a crescere rapidamente”.

L’Agenzia, però, avverte che in Cina, oltre il 60% delle elettriche vendute nel 2023 è già meno costosa delle loro equivalenti convenzionali. In Europa e negli Stati Uniti, invece, i prezzi di acquisto dei veicoli con motore a combustione interna sono rimasti mediamente più bassi, anche se l’intensificarsi della concorrenza sul mercato e il miglioramento delle tecnologie delle batterie dovrebbero ridurre i prezzi nei prossimi anni. “Ma anche quando i prezzi iniziali sono elevati – spiega l’Agenzia – i minori costi operativi dei veicoli elettrici fanno sì che l’investimento iniziale si ripaghi nel tempo”.

Dal rapporto emerge che le crescenti esportazioni di auto elettriche da parte delle case automobilistiche cinesi, che rappresentano più della metà di tutte le vendite nel 2023, potrebbero aumentare la pressione al ribasso sui prezzi di acquisto. Le aziende cinesi, che stanno creando impianti di produzione anche all’estero, hanno già registrato forti vendite di modelli più accessibili lanciati nel 2022 e 2023 nei mercati esteri. Ciò evidenzia, dice l’Aie, “che la composizione delle principali economie produttrici di veicoli elettrici si sta discostando notevolmente dall’industria automobilistica tradizionale”.

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Nuovo record nel 2023 per le emissioni globali di CO2 legate all’energia

Le emissioni globali di CO2 legate all’energia sono aumentate dell’1,1% nel 2023, raggiungendo un livello record, soprattutto a causa della scarsa produzione idroelettrica causata dalla siccità e dalla crescita in Cina. Lo riferisce l’Agenzia Internazionale dell’Energia (Aie). Queste emissioni energetiche, che rappresentano circa il 90% dell’anidride carbonica emessa dall’uomo, sono aumentate di 410 milioni di tonnellate, raggiungendo i 37,4 miliardi di tonnellate lo scorso anno, secondo il rapporto di riferimento dell’Aie. Tuttavia, la tendenza non sembra essere così negativa come l’anno precedente, quando le emissioni sono aumentate di 490 milioni di tonnellate.

Il bilancio del 2023 è stato appesantito da un calo record della produzione idroelettrica globale, a causa delle gravi e prolungate siccità che hanno colpito diverse regioni del mondo. Questo effetto, da solo, ha comportato un aumento delle emissioni di circa 170 milioni di tonnellate: i Paesi interessati (Cina, Canada, Messico, ecc.) sono ricorsi ad altri mezzi inquinanti per produrre elettricità, come l’olio combustibile o il carbone.

La Cina, che ha aggiunto 565 milioni di tonnellate di CO2 al totale globale, ha proseguito la crescita economica ad alta intensità di emissioni, iniziata dopo la crisi di Covid-19. Questa tendenza è in contrasto con quella delle economie avanzate, che hanno visto le loro emissioni diminuire di una quantità record nonostante la crescita del Pil, con l’uso del carbone al livello più basso dall’inizio del 1900. Secondo l’Ipcc, le cifre del 2023 non vanno nella giusta direzione, dato che le emissioni di gas serra di tutti i settori devono diminuire del 43% entro il 2030 rispetto al 2019, se vogliamo rimanere entro il limite di 1,5°C stabilito dall’Accordo di Parigi. Le emissioni globali devono inoltre raggiungere il picco entro il 2025.

Ma l’Aie tiene a sottolineare l’importante contributo delle energie “pulite“, comprese le rinnovabili. “La transizione verso l’energia pulita sta procedendo alacremente e sta riducendo le emissioni, anche se la domanda globale di energia crescerà più rapidamente nel 2023 rispetto al 2022“, sottolinea il direttore esecutivo dell’Aie Fatih Birol. Tra il 2019 e il 2023, le emissioni legate all’energia aumenteranno di circa 900 milioni di tonnellate. Tuttavia, l’Aie sottolinea che questa cifra sarebbe stata tre volte superiore senza la diffusione di cinque tecnologie chiave: solare, eolica, nucleare, pompe di calore e auto elettriche.

L’agenzia pubblicherà venerdì anche un rapporto separato dedicato specificamente al mercato dell’energia pulita, che mostra un forte aumento dell’energia solare ed eolica. Ma questa diffusione è rimasta “troppo concentrata nelle economie avanzate e in Cina“, mentre il resto del mondo è in ritardo. “Abbiamo bisogno di sforzi molto maggiori per consentire alle economie emergenti e in via di sviluppo di aumentare i loro investimenti nell’energia pulita“, ha sottolineato ancora una volta Fatih Birol.

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L’Aie spinge sull’acceleratore: servono 600 miliardi all’anno per rinnovare le reti elettriche

Entro il 2030 gli investimenti per “rinnovare o integrare” 80 milioni di chilometri di reti elettriche nel mondo “dovrebbero raddoppiare fino a oltre 600 miliardi di dollari all’anno”. Lo rivela l’Agenzia internazionale dell’energia (Aie) nel nuovo rapporto ‘Electricity Grids and Secure Energy Transitions’, secondo il quale le reti “non stanno tenendo il passo con la rapida crescita” di queste tecnologie, delle auto elettriche o delle pompe di calore. Per il direttore esecutivo Faith Birol, con l’aumento della produzione di elettricità, generata da energie rinnovabili destinate a sostituire i combustibili fossili responsabili dei gas serra, l’importanza delle reti “non potrà che aumentare”. Solo quest’anno, “in tutto il mondo, l’80% delle nuove centrali riguardava progetti di energia rinnovabile, in particolare solare ed eolica”, spiega.
Per l’Agenzia il mondo dovrà aggiungere o rinnovare 80 milioni di chilometri di rete elettrica entro il 2040 se vuole raggiungere gli obiettivi di neutralità rispetto alle emissioni di carbonio e garantire la sicurezza energetica. Ma c’è un rischio: “la mancanza di ambizione e di attenzione rischia di rendere le reti elettriche l’anello debole della transizione verso l’energia pulita”, avverte l’Aie.

Senza “maggiore attenzione politica e investimenti”, le carenze nella qualità delle reti “potrebbero rendere irraggiungibile l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale” a +1,5°C rispetto ai livelli preindustriali e “compromettere la sicurezza energetica”, afferma l’Agenzia.

Il tempo, insomma, stringe: l’Aie ha identificato “un’ampia e crescente coda di progetti di energia rinnovabile” in attesa di essere collegati alla rete, equivalente a 1.500 GW di capacità futura, ovvero cinque volte la capacità di energia solare ed eolica aggiunta a livello mondiale nel 2022. Circa il 50% di questi progetti si trova negli Stati Uniti, il 20% in Europa, seguito dal Giappone e dal resto del mondo.

Per l’Agenzia, il ritardo nella diffusione delle energie rinnovabili dovuto a misure insufficienti nelle reti comporterebbe emissioni aggiuntive di CO2 pari a circa 60 miliardi di tonnellate cumulativamente tra il 2030 e il 2050. Questo scenario porterebbe “l’aumento della temperatura globale ben oltre l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di 1,5°C, con una probabilità del 40% di superare i 2°C”.

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Clima, Aie: “Ancora possibile limitare riscaldamento a 1,5°, ma Paesi ricchi anticipino net zero”

Non tutto è perduto. Portare a zero le emissioni di gas serra del settore energetico mondiale e limitare il riscaldamento globale a 1,5 ̊C è ancora possibile “grazie alla crescita record delle principali tecnologie energetiche pulite, anche se è necessario aumentare rapidamente lo slancio in molte aree”. Lo annuncia l’Aie, l’Agenzia internazionale dell’energia, nella nuova edizione della storica Net Zero Roadmap. “Per mantenere vivo l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5 ̊C è necessario che il mondo si unisca rapidamente. La buona notizia è che sappiamo cosa dobbiamo fare e come farlo. La nostra tabella di marcia Net Zero 2023, basata sui dati e sulle analisi più recenti, mostra un percorso da seguire”, ha dichiarato il direttore esecutivo dell’Aie, Fatih Birol. “Ma abbiamo anche un messaggio molto chiaro: una forte cooperazione internazionale – ha aggiunto – è fondamentale per il successo. I governi devono separare il clima dalla geopolitica, data la portata della sfida che abbiamo di fronte”.

Per Birol, “il percorso verso 1,5 ̊C si è ristretto negli ultimi due anni, ma le tecnologie energetiche pulite lo stanno mantenendo aperto”. Con lo slancio internazionale che si sta sviluppando a favore di obiettivi globali chiave come la triplicazione della capacità rinnovabile e il raddoppio dell’efficienza energetica entro il 2030, che insieme porterebbero a un calo più marcato della domanda di combustibili fossili in questo decennio, “il vertice sul clima COP28 a Dubai è un’opportunità vitale per impegnarsi a rafforzare l’ambizione e l’attuazione negli anni rimanenti di questo decennio critico”.

Ma c’è un aspetto sul quale l’Aie punta moltissimo. La strada verso le emissioni nette zero per il settore energetico globale entro il 2050 ha bisogno di “un’azione più coraggiosa” che “tenga conto delle diverse situazioni nazionali” per promuovere una “transizione equa”. Per questo le economie avanzate “devono anticipare le date previste per lo zero netto” per dare più tempo alle economie emergenti e in via di sviluppo.

In particolare, le economie avanzate dovrebbero raggiungere “l’azzeramento delle emissioni entro il 2045 circa”, la Cina “intorno al 2050 e le altre economie emergenti e in via di sviluppo” solo “molto dopo il 2050”. “Ogni Paese – afferma l’Aie – seguirà il proprio percorso in base alle proprie risorse e circostanze. Tuttavia, tutti devono agire in modo molto più deciso di quanto non facciano oggi”.

Il percorso net zero “consente a tutti di accedere a forme moderne di energia entro il 2030, grazie a un investimento annuo di circa 45 miliardi di dollari – poco più dell’1% degli investimenti nel settore energetico”.

L’Agenzia punta sulla necessità di “mobilitare un aumento significativo degli investimenti, soprattutto nelle economie emergenti e in via di sviluppo”. Nel nuovo percorso zero, la spesa globale per l’energia pulita passa da 1,8 trilioni di dollari nel 2023 a 4,5 trilioni di dollari all’anno entro i primi anni 2030.

 

Aie: “Si va verso in nuovo record di domanda mondiale di petrolio”. Pesano viaggi aerei

L’Agenzia Internazionale per l’Energia (Aie) sta alzando la sua previsione di crescita della domanda mondiale di petrolio nel 2023 al “livello più alto mai registrato“, a 102,2 milioni di barili al giorno, secondo il suo rapporto mensile pubblicato venerdì. Senza aspettare, la domanda mondiale di petrolio ha già “raggiunto il record di 103 milioni di barili al giorno (mb/d) a giugno e agosto potrebbe vedere un nuovo picco“, sottolinea l’agenzia, un’emanazione dell’Ocse con sede a Parigi.

La domanda globale di petrolio sta raggiungendo livelli record, trainata dai viaggi aerei estivi, dall’aumento dell’uso del petrolio (olio combustibile) nella generazione di energia e dall’impennata dell’attività petrolchimica cinese“, spiega l’Aie.

Per l’intero anno, “si prevede che la domanda globale di petrolio aumenti di 2,2 milioni di barili (mb/d) al giorno” rispetto al 2022 “per raggiungere 102,2 mb/d nel 2023, con la Cina che rappresenta oltre il 70% della crescita“, afferma l’agenzia. Si tratta del “livello annuale più alto mai registrato”, secondo l’Aie, che a febbraio prevedeva già un record per l’anno in corso di 101,9 milioni di barili al giorno, dopo 99,9 mb/d nel 2022 e 97,6 mb/d nel 2021.

Questa sete di petrolio arriva in un contesto di tensioni di mercato, dato che “l’offerta globale di petrolio è scesa di 910.000 barili al giorno a 100,9 mb/d nel mese di luglio“. Una forte riduzione della produzione dell’Arabia Saudita a luglio ha fatto scendere la produzione del blocco Opec+ di 1,2 mb/d a 50,7 mb/d, mentre i volumi non-Opec+ sono aumentati di 310.000 barili al giorno a 50,2 mb/d, ha aggiunto l’agenzia.

In un momento in cui il mondo è chiamato a ridurre il consumo di combustibili fossili, che sono dannosi per il clima, al fine di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, l’Aie prevede che l’aumento della domanda di petrolio rallenti nel 2024. “Con la ripresa post-pandemia in gran parte in corso e la transizione energetica che sta prendendo piede, la crescita rallenterà a 1 mb/d nel 2024“, prevede l’agenzia.

Un’auto su 5 venduta nel 2023 sarà green. Boom elettrico ridurrà domanda petrolio

Le vendite di auto elettriche continueranno a registrare una “crescita esplosiva” quest’anno, espandendo la loro quota del mercato automobilistico complessivo fino a quasi un quinto e guidando un’importante trasformazione dell’industria automobilistica che ha implicazioni per il settore energetico, in particolare il petrolio. La nuova edizione del Global Electric Vehicle Outlook annuale dell’Aie, l’Agenzia Internazionale dell’Energia mostra che più di 10 milioni di auto elettriche sono state vendute in tutto il mondo nel 2022 e che le vendite dovrebbero crescere di un altro 35% quest’anno per raggiungere i 14 milioni. Questa crescita definita “esplosiva” implica che la quota delle auto elettriche nel mercato automobilistico complessivo è passata da circa il 4% nel 2020 al 14% nel 2022 ed è destinata ad aumentare ulteriormente fino al 18% quest’anno, sulla base delle ultime proiezioni dell’Aie. Per l’Agenzia, questa tendenza di fondo delle auto elettriche finirà per ridurre la domanda di petrolio di circa 5 milioni di barili al giorno entro l’orizzonte del 2030. Nel 2023 la domanda di greggio è prevista attorno a 101,9 milioni di barili al giorno.

I veicoli elettrici sono una delle forze trainanti della nuova economia energetica globale che sta rapidamente emergendo e stanno determinando una trasformazione storica dell’industria automobilistica in tutto il mondo“, ha affermato Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Aie. “Le tendenze a cui stiamo assistendo hanno implicazioni significative per la domanda globale di petrolio – ha spiegato – Il motore a combustione interna non ha rivali da oltre un secolo, ma i veicoli elettrici stanno cambiando lo status quo. Entro il 2030 eviteranno la necessità di almeno 5 milioni di barili al giorno di petrolio. Le auto sono solo la prima ondata: autobus e camion elettrici seguiranno presto”.

I veicoli elettrici sono venduti prevalentemente nei mercati mondiali dove sono maggiori i volumi di nuove auto, ovvero in Cina, Usa ed Europa. La Cina è in testa, con il 60% delle vendite globali di auto elettriche nel 2022: ad oggi, più della metà di tutte le auto elettriche in circolazione nel mondo si trova in Cina. L’Europa e gli Stati Uniti, il secondo e il terzo mercato più grande, hanno entrambi registrato una forte crescita con un aumento delle vendite rispettivamente del 15% e del 55% nel 2022. L’Aie prevede che gli ambiziosi programmi politici delle principali economie, come il pacchetto ‘Fit for 55’ nell’Unione Europea e l’Inflation Reduction Act negli Stati Uniti, aumenteranno ulteriormente la quota di mercato dei veicoli elettrici in questo decennio e oltre: entro il 2030, si stima, la quota media di auto elettriche sul totale delle vendite in Cina, Ue e Stati Uniti dovrebbe salire a circa il 60%.

Nonostante la concentrazione delle vendite e della produzione di auto elettriche solo in pochi grandi mercati, l’Aie nota segnali promettenti in altre regioni. Le vendite di auto elettriche, ad esempio sono più che triplicate in India e Indonesia lo scorso anno, anche se la base di partenza era modesta, e sono più che raddoppiate in Thailandia: la quota di auto elettriche sul totale delle vendite è salita al 3% in Thailandia e all’1,5% in India e Indonesia. È probabile, sottolinea l’Agenzia, che una combinazione di politiche efficaci e investimenti del settore privato aumenti queste quote in futuro. In India, il programma di incentivi del governo da 3,2 miliardi di dollari, che ha attratto investimenti per un valore di 8,3 miliardi di dollari, dovrebbe aumentare sostanzialmente la produzione di batterie e il lancio di veicoli elettrici nei prossimi anni. Infine, segnala l’Aie, nelle economie emergenti e in via di sviluppo, l’area più dinamica della mobilità elettrica è quella dei veicoli a due o tre ruote, che sono più numerosi delle automobili. Ad esempio, oltre la metà delle immatricolazioni di veicoli a tre ruote in India nel 2022 era elettrico, a dimostrazione della loro crescente popolarità. In molte economie in via di sviluppo, inoltre, i veicoli a due o tre ruote offrono un modo economico per accedere alla mobilità, il che significa che la loro elettrificazione è importante per sostenere lo sviluppo sostenibile.

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Gas, Aie allarmata su forniture Ue per 2023. Von der Leyen: “Resistito al ricatto russo”

L’Unione europea ha compiuto progressi significativi nel ridurre la dipendenza dalle forniture di gas naturale russo, ma non è ancora fuori dalla zona di pericolo. Tutti gli sfrorzi ora sono concentrati sulla preparazione del 2023 e del prossimo inverno. E’ quanto emerge dal rapporto ‘Come evitare la carenza di gas nell’Unione europea nel 2023’, presentato dal direttore esecutivo dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, Fatih Birol e dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in vista della riunione straordinaria dei ministri dell’Energia dell’Ue del 13 dicembre e della riunione del Consiglio europeo del 15 dicembre.

Il rapporto, di fatto, delinea una serie di azioni pratiche che l’Europa può intraprendere per sfruttare gli straordinari progressi già compiuti nel 2022 nel ridurre la dipendenza dalle forniture di gas russe e riempire lo stoccaggio di gas in vista di questo inverno. A seguito delle misure adottate dai governi e dalle imprese europee nel corso dell’anno in risposta alla crisi energetica, nonché alla distruzione della domanda causata da enormi picchi di prezzo, la quantità di gas nei siti di stoccaggio dell’Ue è stata ben al di sopra della media quinquennale all’inizio di dicembre, fornendo un importante cuscinetto in vista dell’inverno. Anche le azioni dei consumatori, l’aumento delle forniture di gas non russo e il clima mite hanno contribuito a compensare il calo delle consegne russe nel 2022.
Le misure già adottate dai governi dell’Ue in materia di efficienza energetica, energie rinnovabili e pompe di calore dovrebbero contribuire a ridurre le dimensioni del potenziale divario tra domanda e offerta di gas nel 2023. Anche una ripresa della produzione di energia nucleare e idroelettrica rispetto ai livelli minimi decennali nel 2022 dovrebbe contribuire a ridurre il divario che, tra domanda e offerta di gas dell’Ue, potrebbe raggiungere i 27 miliardi di metri cubi nel 2023 in uno scenario in cui le consegne di gas dalla Russia scenderanno a zero e le importazioni di Gnl dalla Cina torneranno ai livelli del 2021.
“L’Unione europea ha compiuto progressi significativi nel ridurre la dipendenza dalle forniture di gas naturale russo, ma non è ancora fuori dalla zona di pericolo”, ha commentato Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Aie. “Molte delle circostanze che hanno permesso ai paesi dell’Ue di riempire i loro siti di stoccaggio prima di questo inverno potrebbero non ripetersi nel 2023. La nuova analisi dell’Aie mostra che è vitale una maggiore spinta all’efficienza energetica, alle rinnovabili, alle pompe di calore e a semplici azioni di risparmio energetico per scongiurare il rischio di carenze e ulteriori violenti picchi di prezzo il prossimo anno”.

Il rapporto Aie raccomanda di ampliare i programmi esistenti e aumentare le misure di sostegno per la ristrutturazione delle case e l’adozione di elettrodomestici e illuminazione efficienti. Suggerisce inoltre di utilizzare tecnologie più intelligenti e di incoraggiare il passaggio dal gas all’elettricità nell’industria. Per accelerare le autorizzazioni per le energie rinnovabili, il rapporto propone di aggiungere risorse amministrative e semplificare le procedure. Propone poi un maggiore sostegno finanziario per le pompe di calore e modifiche alle leggi fiscali che penalizzano l’elettrificazione. Richiede inoltre maggiori e migliori campagne per convincere i consumatori a ridurre il loro consumo energetico e descrive in dettaglio vari programmi da un’ampia gamma di paesi che possono fungere da migliori pratiche.
“La Russia ha tagliato le forniture di gas all’Europa dell’80% e sappiamo tutti che questi tagli agli oleodotti hanno aggiunto una pressione senza precedenti sui mercati energetici globali, con gravi effetti a catena sul sistema energetico europeo. Tuttavia, siamo riusciti a resistere a questo ricatto energetico. Con il nostro piano REPowerEU per ridurre di due terzi la domanda di gas russo entro la fine dell’anno, con una mobilitazione fino a 300 miliardi di euro di investimenti. Il risultato di tutto questo è che siamo al sicuro per questo inverno”, ha affermato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. “Quindi ora ci stiamo concentrando sulla preparazione del 2023 e del prossimo inverno. Per questo, l’Europa deve intensificare i propri sforzi in diversi campi, dalla portata internazionale all’acquisto congiunto di gas, all’aumento e all’accelerazione delle energie rinnovabili e alla riduzione della domanda”.

Dal lato dell’offerta, il rapporto Aie afferma che mentre le opzioni dell’Europa per importare più gas naturale sono limitate, ci sono una manciata di Paesi con capacità di esportazione di riserva che potrebbero aumentare le esportazioni catturando il gas che è attualmente bruciato. Il rapporto descrive anche le opportunità per aumentare la produzione di biogas a basse emissioni.
Insieme, queste misure offrono un percorso per evitare picchi di prezzo, chiusure di fabbriche, un maggiore utilizzo del carbone per la produzione di energia e una feroce concorrenza internazionale per i carichi di Gnl, in modi coerenti con gli obiettivi climatici dell’Ue.
“Dobbiamo rendere gli acquisti congiunti – ha sottolineato Ursula von Der Leyen – una realtà, le discussioni con gli Stati membri, i partner e le compagnie energetiche sono in corso. Possiamo lanciare la prima gara per l’aggregazione della domanda (di acquisti comuni) entro la fine di marzo ma è necessario un accordo tra gli Stati membri sul regolamento di emergenza del 18 ottobre”.  Tra le misure di emergenza contro la crisi energetica, la Commissione europea ha proposto anche l’avvio degli acquisti congiunti di gas per abbassarne i costi. I ministri Ue dell’energia hanno già trovato un accordo politico, ma hanno ‘legato’ il via libera del pacchetto di emergenza al raggiungimento di un accordo sul ‘price cap’, che ancora non è stato trovato. Nel breve termine proporrà inoltre di potenziare finanziariamente il piano REPowerEu per gli investimenti in energia pulita. Un’azione che rappresenta “una parte della nostra risposta europea all’Inflation Reduction Act (IRA) degli Stati Uniti”, ha precisato la Presidente della Commissione europea. Concludendo che “nel lungo periodo dobbiamo andare oltre e stiamo valutando la creazione di un fondo di sovranità per continuare a essere leader delle tecnologie pulite”.

 

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Le 10 azioni chiave per ridurre velocemente i consumi

L’Agenzia Internazionale dell’Energia (Aie) ha presentato un lista di dieci “azioni chiave” che frenerebbero velocemente il consumo di carburante per ridurre il rischio di un nuovo shock petrolifero. Questi suggerimenti a breve termine, rivolti ai governi e ai cittadini, avrebbero un effetto immediato. Sono rivolti principalmente alle economie avanzate, “dove è fattibile e culturalmente accettabile”, che rappresentano quasi la metà della domanda globale, dice l’Aie.

Se queste azioni fossero seguite, potrebbero essere risparmiati 2,7 milioni di barili al giorno (bpd) entro quattro mesi, tanto quanto il petrolio necessario per l’intero parco auto cinese. E avrebbero un impatto ancora maggiore se anche le economie emergenti le adottassero, sottolinea l’Aie. Alcune di queste misure sono già state attuate nelle città, a volte per anni. “I regolamenti attuati dalle autorità pubbliche hanno dimostrato la loro efficacia, accompagnati da campagne d’informazione e di sensibilizzazione”.

Di seguito l’elenco delle proposte dell’Aie:

RIDURRE DI ALMENO 10 KM/H I LIMITI DI VELOCITÀ SULLE AUTOSTRADE

Questa sarebbe una delle misure più efficaci, secondo l’Aie, con circa 430.000 barili di petrolio risparmiati ogni giorno. “L’abbiamo già fatto per ragioni di traffico, o di inquinamento dell’aria (…). Possiamo farlo di nuovo”, ha detto il direttore dell’Aie Fatih Birol

LAVORARE DA CASA FINO A TRE GIORNI A SETTIMANA

Una giornata di telelavoro significa 170.000 barili al giorno (b/g) utilizzati in meno, tre giorni significano 500.000 barili. Nelle economie avanzate, circa un terzo dei posti di lavoro permette alle persone di lavorare da casa, precisa l’Aie

BLOCCO DELLE AUTO IN CITTÀ LA DOMENICA

La misura viene già messa in atto a Parigi, Tokyo, Bruxelles, Edimburgo. Permetterebbe di risparmiare 95mila barili al giorno

SOSTENERE IL TRASPORTO PUBBLICO E QUELLO DOLCE

Ridurre i prezzi dei biglietti, o addirittura renderli gratuiti, oltre a incentivare l’uso della bicicletta. Si parlerebbe di circa 330.000 b/g risparmiati. In Nuova Zelanda, per esempio, i prezzi dei biglietti saranno dimezzati nei prossimi tre mesi in risposta all’aumento del costo del carburante

ACCESSO AUTO LIMITATO NELLE GRANDI CITTÀ

Si parla di circa 210.000 b/g risparmiati

AUMENTO DEL CAR SHARING E CONTROLLO DELL’EFFICENZA ENERGETICA

Con la condivisione dei mezzi, il controllo della pressione dei pneumatici, l’aumento della temperatura media dell’aria condizionata di 3°C, si potrebbero risparmiare 470.000 barili al giorno

PROMUOVERE L’EFFICIENZA DEI TRASPORTI E DELLE CONSEGNE SU STRADA

Con l’eco-guida e l’ottimizzazione dei carichi, ecc., per risparmiare 320.000 b/g

PREFERIRE TRENI ALTA VELOCITÀ E NOTTURNI A AEREI

Si risparmierebbero circa 40.000 b/g

EVITARE I VIAGGI D’AFFARI IN AEREO

Scegliendo opzioni alternative si risparmierebbero 260.000 b/g

AUMENTARE L’USO DI VEICOLI ELETTRICI

Si risparmierebbero 100mila barili al giorno