I 60 anni di Philip Morris in Italia: focus su sostenibilità e contro inquinamento ambientale

Philip Morris celebra sessant’anni in Italia. Anni durante i quali l’impegno nel Paese è sempre cresciuto, arrivando a realizzare una filiera integrata che oggi coinvolge in tutta Italia oltre 38.000 persone impegnate verso un unico obiettivo: realizzare un futuro senza fumo. È proprio alle persone che hanno reso l’Italia protagonista di questa trasformazione che l’azienda dedica la campagna di comunicazione ’60 anni di Philip Morris in Italia. Una storia di innovazione’.

Pochi avrebbero immaginato che da una fabbrica di filtri per sigarette sarebbe nata una delle più grandi trasformazioni industriali volta a rendere le sigarette un ricordo del passato, anche attraverso la sostituzione delle sigarette con prodotti senza combustione per quei fumatori adulti che altrimenti continuerebbero a fumare. Una trasformazione attenta a generare valore condiviso per la società, con ricadute positive su tutta la filiera, dal tessuto sociale a quello economico e occupazionale. Tutto questo è stato possibile grazie alle persone, a partire dalle 35 con le quali abbiamo iniziato nel 1963 alle oltre 38 mila di oggi impegnate in tutta la filiera”, ha commentato Marco Hannappel, presidente e amministratore delegato di Philip Morris Italia e presidente Europa Sud-Occidentale di Philip Morris International.

Una storia, quella di Philip Morris in Italia, che ha visto costanti investimenti accompagnati da un’attenzione sempre crescente ai temi di sostenibilità ambientale e sociale, per dare un contributo concreto alla transizione verso il modello di sviluppo sostenibile delineato dall’Agenda 2030 e sviluppare una strategia ESG di lungo periodo.

LA STORIA. La storia dell’azienda nel Paese inizia nel 1963, negli anni del “miracolo economico italiano”, a Zola Predosa, in provincia di Bologna, con l’apertura del sito produttivo di Intertaba S.p.A., specializzato nella produzione di filtri ad alto contenuto tecnologico per il Monopolio italiano. Negli anni successivi l’azienda continua a crescere, ponendo le basi per la svolta che renderà l’Italia il centro della trasformazione dell’intero gruppo Philip Morris a livello mondiale. Dai primi anni duemila Philip Morris inizia un percorso volto a sostenere lo sviluppo di una filiera agricola che metta al centro i coltivatori. Un percorso che grazie agli accordi pluriennali con il ministero dell’Agricoltura e Coldiretti genera investimenti per oltre 2 miliardi di euro a favore di 1.000 imprese agricole e oltre 22.000 agricoltori in Campania, Umbria, Veneto e Toscana. Una filiera corta che negli anni è diventato un modello internazionale di sostenibilità, digitalizzazione e competitività. Nel 2014 l’annuncio della realizzazione, sempre in provincia di Bologna, del primo polo produttivo al mondo per la realizzazione di prodotti innovativi del tabacco senza combustione: Philip Morris Manufacturing & Technology Bologna diventa il centro internazionale per “costruire un futuro senza fumo”, anche mediante la sostituzione delle sigarette con prodotti innovativi senza combustione per quei fumatori adulti che altrimenti continuerebbero a fumare. Un investimento di oltre 1,2 miliardi di euro reso possibile grazie alle competenze sviluppate sui filtri ad alto contenuto tecnologico e alla collaborazione instaurata con i partner locali della filiera agricola, del packaging e della meccatronica.

SOSTENIBILITA’ INDUSTRIALE. L’Italia acquisisce così centralità nella strategia di Philip Morris International a livello globale, aprendo la strada a un flusso di investimenti che arricchiscono la filiera dell’azienda nel Paese: nel 2021 viene annunciata la realizzazione, presso il polo di Bologna, del Centro per l’Eccellenza Industriale, il più grande al mondo del gruppo per innovazione di prodotto, di processo e per le buone pratiche di sostenibilità industriale; nel 2022 l’azienda inaugura il suo centro per l’alta formazione e lo sviluppo delle competenze legate all’Industria 4.0: il Philip Morris Institute for Manufacturing Competences; l’inaugurazione di tre DISC (Digital Information Service Center) a Taranto, Caserta e Terni, centri avanzati di assistenza sui prodotti innovativi senza combustione, completa la filiera dal seme fino ai servizi al consumatore. Nell’ambito della dimensione sociale, nel corso di questi anni l’azienda si è concentrata sulla popolazione della propria filiera con progetti che garantissero salute, sicurezza, pari opportunità e benessere. Le certificazioni ‘Top Employer’ e ‘Equal Salary’, conseguite da anni, dimostrano la grande attenzione dell’azienda ed il suo continuo impegno per creare un contesto di lavoro giusto ed inclusivo.

I COMPORTAMENTI AMBIENTALI. Dal 2019 l’azienda si è impegnata per coinvolgere i propri consumatori verso comportamenti ambientali più consapevoli e responsabili: ‘CAMBIAGESTO’, la più grande campagna di sensibilizzazione per prevenire l’inquinamento da mozziconi mai realizzata in Italia, ne è un esempio di grande successo. Del 2021 la sottoscrizione del Codice di Autoregolamentazione promosso da Eurispes per la comunicazione e vendita attenta e responsabile dei prodotti senza combustione. L’azienda ha inoltre dimostrato in questi anni un impegno continuo e costante verso le tematiche di sostenibilità ambientale, affrontate sia in ambito agricolo che manifatturiero. La certificazione ‘Alliance for Water Stewardship (AWS)’, ottenuta per la prima volta nel 2019 e giunta ormai al suo livello GOLD per il sito produttivo di Bologna, ha testimoniato l’utilizzo responsabile delle risorse idriche del territorio, riconfermando l’impegno dell’azienda a favore di uno sviluppo sostenibile. Dal punto di vista energetico l’azienda ha messo in atto un piano congiunto di iniziative volte a minimizzare il proprio impatto ambientale, come la realizzazione di un parco fotovoltaico a copertura del 75% del sito di Crespellano e l’importante progetto ‘Zero Carbon Tech’, ancora in corso per garantire il raggiungimento della Carbon Neutrality del sito produttivo entro il 2025. In ambito agricolo in tutti questi anni l’azienda ha investito non solo in progetti di ricerca ed innovazione, come il Leaf Innovation Hub, per favorire la transizione green della filiera tabacchicola, ma anche direttamente in progetti per promuovere la biodiversità e la tutela delle risorse naturali (BeeLeaf).

Martinelli (Amazon): Obiettivo raggiunto con progetto pilota su Raee e batterie da e-commerce

Siamo molto orgogliosi di aver potuto realizzare con il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica e i consorzi questo progetto pilota volto a garantire la raccolta e lo smaltimento dei prodotti Raee e batterie che vengono immessi sul mercato attraverso la vendita di questi prodotti da parte di coloro che utilizzano la nostra vetrina“. Lo dice la Policy and Strategy Director di Amazon Italia, Bianca Martinelli, a GEA, a margine della presentazione dei risultati dell’accordo di programma tra il Mase, Amazon Services Europe Sarl e i consorzi Erp Italia, Erion Weee, Erion Energy per la sperimentazione di un modello di Responsabilità estesa del produttore per gli online marketplace, con specifico riferimento ai alle pile, alle batterie e ai Raee. “L’obiettivo, raggiunto, di questo accordo è garantire che tutti i prodotti immessi sul mercato, venduti attraverso il nostro marketplace, abbiano un sistema di raccolta e di smaltimento corretto – spiega -. Per questo Amazon, con i consorzi e il ministero, attraverso il tavolo tecnico, ha messo a punto un sistema che possa consentire un modello semplificato per la quantificazione dell’immesso sul mercato, la definizione dei contributi per lo smaltimento che devono essere calcolati sulla base dei diversi prodotti immessi sul mercato e, poi, il pagamento ai consorzi per la gestione delle loro attività“.

Mattarella

Mattarella: Sostenibilità, finanza, innovazione per futuro del Pianeta

Il futuro del Pianeta passa da una “governance adeguata“, che resta lo “strumento per vincere le sfide globali“. Lo dice il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nella sua Palermo, per la sedicesima edizione del Simposio Cotec Europa, dedicata al tema ‘Innovazione nella finanza sostenibile’, assieme al Re di Spagna, Felipe VI, e al presidente della Repubblica del Portogallo, Marcelo Rebelo de Sousa. Il discorso del capo dello Stato è ad ampio raggio, ma con un preciso punto di partenza: “Sostenibilità, finanza e innovazione” sono “parole chiave” che “trovano largo spazio nell’agenda internazionale e interpellano i Governi“. Per questo la riflessione sul potere trasformativo dell’innovazione tocca tutti i settori “anche quello della finanza e sul ruolo di quest’ultima nel mobilitare risorse per obiettivi di inclusione e crescita“. Mattarella guarda a quelle che definisce “trasformazioni gemelle“, la transizione digitale e quella ecologica e “al significato che assumono per una gestione responsabile dell’avvenire del pianeta e un modello di sviluppo equo“.

Perché “si tratti dell’ambiente, della salute, dell’istruzione, della lotta alla povertà, della tutela dei diritti fondamentali, il combinato di tali sfide appare immane e certamente tale da necessitare non solo la mobilitazione di risorse di matrice pubblica ma anche il coinvolgimento della società civile“. Gli effetti del cambiamento climaticosono sotto gli occhi di tutti“, dunque, alla “pressante esigenza di fornire risposte attendibili e durature” si aggiunge la “necessità di porre riparo a disuguaglianze che accrescono, in molteplici aree del globo“. Equità è un termine che ricorre spesso negli interventi pubblici del presidente della Repubblica, anche per questo motivo rileva come “pandemia e rinnovate tensioni internazionali, a partire dalla guerra scatenata dalla Federazione Russa contro l’indipendenza dell’Ucraina, hanno provocato un rallentamento delle economie, con una contrazione delle capacità di spesa in tutti i Paesi, soprattutto in quelli a più basso reddito“.

Tra l’altro, avverte, “le tensioni geopolitiche rischiano di alimentare progressive fratture nei rapporti internazionali, tali da compromettere il contesto degli accordi raggiunti in sede globale nello stesso sistema delle Nazioni Unite“. Con il rischio di “riproporre la narrativa di un mondo diviso tra un ‘club’ di Paesi agiati e arroccati nel loro egoismo, di Paesi protagonisti, come i Brics, di un impetuoso, talvolta contraddittorio, ciclo di sviluppo e, infine, di Paesi del sud abbandonati a un destino di povertà“. Una lettura respinta da Italia, Spagna e Portogallo, che non vogliono “arrendersi a una deriva di questo tipo“. Però, spiega Mattarella, “non possiamo farci guidare soltanto dalle emergenze“, quindi “l‘impegno nella realizzazione degli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite richiama a un’azione ad ampio raggio, in grado di coinvolgere più attori possibili“. Ergo “La sola mobilitazione di risorse pubbliche, come è stato osservato, risulterebbe in ogni caso insufficiente” e diventa “vitale dar vita a un processo virtuoso con il coinvolgimento del settore privato in partenariati che moltiplichino le capacità di spesa“. Ma “il sistema finanziario deve applicare meccanismi e regole efficaci per indirizzare sempre più risorse private verso settori e progetti sostenibili da un punto di vista ambientale e sociale“.

Il capo dello Stato, inoltre, considera “del tutto incongruo” che i Paesi emergenti e quelli in via di sviluppo “accettino di pagare il prezzo ambientale e sociale che ha pesato sui Paesi di più remota industrializzazione nel loro percorso di crescita“. In questo scenario si inserisce il monito sulla “riforma dell’architettura finanziaria internazionale” che Mattarella considera “una prima sfida per rendere disponibili maggiori risorse per lo sviluppo, principalmente attraverso riforme mirate ad una migliore efficienza delle banche multilaterali di settore“, non dimenticando che “la diplomazia della crescita sostenibile identifica anzitutto nel capitale umano la forza trainante di un futuro fatto di sostenibilità, innovazione e inclusività“.

L’Italia “è chiamata a fare la sua parte“, ricorda ancora il presidente della Repubblica, elencando i prossimi appuntamenti multilaterali: il secondo vertice Onu sui Sistemi Alimentari di luglio, il G20 e la Cop28. Ma allo stesso tempo “occorre proseguire una riflessione condivisa sulle innovazioni che effettivamente possano sostenere un’agenda di accelerazione verso gli obiettivi delineati in sede Onu” e su questi temi “Spagna, Portogallo, Italia, con l’Unione europea, possono assolvere a un ruolo importante“, come quello di “favorire il consolidamento e l’integrazione delle finanze pubbliche dei Paesi emergenti, anche per aumentare la loro capacità di attrarre finanziamenti internazionali destinati all’ammodernamento sostenibile“. E poi l’innovazione, cogliendo “l’opportunità di finanziare la formazione, la ricerca e l’applicazione di nuove tecnologie nei Paesi partner“. Perché il domani passa anche da questi fattori.

Quell’indimenticabile “Cari amici di Gea, grazie per l’intervista”

Cari amici di Gea, un grazie cordiale per avermi chiesto questa intervista”.

Era settembre 2022, Gea aveva da poco compiuto i suoi primi sei mesi di vita, eppure Silvio Berlusconi si era posto con noi come se fossimo un’agenzia di stampa che di anni ne ha sessanta o forse più. Non aveva avuto la puzza sotto il naso, non aveva usato il bilancino dell’opportunismo per dire sì o no a una chiacchierata in clima pre-elettorale. L’aveva fatta e basta, dilungandosi sulle bollette – che allora più di adesso stavano opprimendo gli italiani -, sui rigassificatori di Piombino e Ravenna per arrivare più in fretta all’autonomia energetica, sull’ambiente e sulla necessità di salvare il Pianeta salvaguardando il clima. Un milione di alberi da piantumare, aveva confermato. E aveva anche tirato le orecchie alla Ue per le auto elettriche che mettevano in ginocchio un’intera filiera produttiva. Una lunga ed esaustiva videointervista, l’eredità politica in ambito ecologico ed energetico del senatore di Arcore che di lì a poco avrebbe prodotto Gilberto Pichetto Fratin ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica.

Al di là e al di sopra di qualsiasi giudizio politico che lasciamo alla sensibilità di ciascuno, noi di Gea Silvio Berlusconi vogliamo ricordarlo così, con quel “grazie per avermi chiesto l’intervista” quando, in realtà, eravamo noi a doverlo ringraziare. Un comunicatore eccellente, il Cav, un affabulatore eccezionale fin da quando avemmo l’opportunità di conoscerlo a Milanello, nella sala del caminetto, divanetti bianchi, chiacchiere in libertà sul calcio di Arrigo Sacchi, Paolo Maldini e Marco van Basten. Una vita fa, assaiprima che decidesse di “scendere in campo” per giocare la partita politica. Un fuoriclasse della parola, questo è innegabile per tutti. E della disponibilità.

foreste

Foreste polmone d’Italia. Pichetto: Patrimonio da tutelare a tutto campo

Nove milioni di ettari, una superficie di aree protette da oltre 3,8 milioni di ettari e parchi nazionali di oltre 250mila ettari. Sono i numeri del patrimonio forestale italiano, che il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, a ragion veduta, definisce “immenso, il più ricco di biodiversità d’Europa“.

Ma un tesoro così prezioso va tutelato e curato, con costanza e abnegazione, due delle qualità più spiccate dei Carabinieri, che tramite il Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari “è custode del nostro meraviglioso patrimonio boschivo e delle specie che lo abitano, tramite una complessa azione combinata: monitoraggio e controllo del territorio, prevenzione e repressione degli illeciti connessi, studi e ricerca ed educazione alla legalità ambientale“, ricorda il comandante generale dell’Arma, Teo Luzi, al convegno The Forest Factor ‘Più natura per combattere il riscaldamento globale’.

Sul palco dell’Aula magna dell’università Roma Tre sono tanti gli attori, nazionali e internazionali, a prendere la parola. “La grande novità degli ultimi mesi è l’inserimento nella Costituzione della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi e l’indicazione che la legge dello Stato deve disciplinare ‘i modi e le forme della tutela degli animali“, sottolinea ancora Pichetto. Aggiungendo che “il nuovo dettato Costituzionale è una sfida per il Parlamento che lo deve attuare, e per il Governo che deve agire in linea con nuovi i principi indicati nella Carta“. Per il responsabile del Mase le azioni del ministero e quello dei Carabinieri “sono importantissime, perché sono la tutela e il controllo del nostro territorio”. Del resto, “i due terzi dell’Italia sono montagne e collina, dunque è necessario un presidio puntuale, che l’Arma dei Carabinieri fa. È un’operazione a tutto campo che ha come obiettivo quello di conservare la biodiversità e tutelare il nostro territorio. Agendo nell’ottica di contrastare il cambiamento climatico, aumentare la forestazione del Paese, anche con una manutenzione e un controllo opportuno“.

Ci sono molti aspetti che molta parte, forse troppa, dei cittadini non conosce di questo prezioso patrimonio. Non a caso il generale Luzi puntualizza che “l’Italia è depositaria di una grande cultura ambientale e abbiamo anche la responsabilità di portarla in giro per il mondo, ma non è una forma di colonizzazione. È un confronto con altre culture e una condivisione di temi e obiettivi“. Anche perché “le foreste, pur giocando un ruolo cruciale nella lotta alla povertà e nel raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile grazie ai loro impagabili benefici ecologici, economici e sociali, sono sempre al centro di pericoli derivanti da incendi, parassiti, siccità e disboscamento“, avvisa il comandante generale dei Carabinieri. Denunciando: “Il protrarsi della deforestazione sta riducendo questa difesa ed oltre il 30% delle nuove malattie segnalate dal 1960 ad oggi sono da attribuirsi a cambiamenti nell’uso del suolo, inclusa la deforestazione. I nostri boschi sono anche farmacie naturali“. I numeri sono impressionanti: “Delle oltre 60mila specie di alberi presenti nel mondo tantissime hanno valore medicinale. Eppure continuiamo a depredarli“.

A livello globale, spiega ancora Luzi, “il mondo sta perdendo 10 milioni di ettari di foresta ogni anno a causa della deforestazione, più o meno quanto la superficie dell’Islanda”. Per questo l’Arma “soprattutto attraverso il Cufa, è custode del nostro meraviglioso patrimonio boschivo e delle specie che lo abitano” e “la presenza capillare di circa 1.000 presidi della specialità forestale, costituisce un insostituibile elemento di prossimità ambientale, di interfaccia tra uomo e natura, tra produzione e conservazione sotto il segno della legalità e di aiuto alle comunità“.

L’attenzione deve essere massima, però, anche dalle istituzioni, soprattutto quelle locali. Al Forest Factor ne parla il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, che pone l’accento su un aspetto in particolare: “La natura deve tornare ad essere amica della comunità. Dobbiamo educare fin da piccoli i nostri giovani cittadini ad amare, custodire e renderla preziosa – aggiunge -. Anche in ambienti antropizzati, su cui l’attenzione deve essere particolare“. Per il governatore “dobbiamo restituire ai nostri cittadini un amore verso l’ambiente e la natura e non far vivere i parchi come nemici della comunità“. Un obiettivo che politica, istituzioni e società civile stanno facendo diventare sempre più centrale e prioritario.

La ‘discarica’ Himalaya: 1,6 tonnellate di rifiuti di plastica

Montagne di lattine, tende, tubi e bottiglie in PVC: la plastica è ovunque, anche sulle vette più alte del mondo. Un esploratore francese e il suo team hanno appena trovato 1,6 tonnellate di rifiuti di plastica sull’Himalaya, proprio mentre si stanno avviando i negoziati per cercare di ridurre questo tipo inquinamento a livello mondiale. “È una vera e propria discarica. Dietro ogni roccia si trovano bombole di ossigeno, lattine, teli da tenda, scarpe, è davvero assurdo“, racconta Luc Boisnard dal Nepal, di ritorno dal suo primo tentativo di scalare il Makalu, a 8.485 metri, dove spera di tornare presto. L’obiettivo di questo 53enne direttore d’azienda e alpinista di lunga data è quello di ripulire le alte vette, molte delle quali “sono diventate anche gigantesche pattumiere“.

Himalayan Clean-Up è il nome dell’operazione e dell’associazione che ha creato intorno ad essa. La spedizione sul Makalu, partita a fine marzo, è la sua seconda dopo la scalata dell’Everest nel 2010. Contemporaneamente, un altro membro dell’associazione è appena tornato dall’Annapurna (8.091 m). Da queste due ascensioni, i due uomini, aiutati ciascuno da una decina di sherpa, hanno già riportato indietro 3,7 tonnellate di rifiuti, il 45% dei quali è plastica (1.100 kg sul Makalu e 550 kg sull’Annapurna). È l’ennesima dimostrazione dell’onnipresenza di questo materiale derivato dal petrolio, proprio mentre lunedì inizia a Parigi il secondo ciclo di negoziati per cercare di elaborare un trattato giuridicamente vincolante sotto l’egida delle Nazioni Unite per porre fine all’inquinamento da plastica entro la fine del 2024. Durante la sua prima spedizione sul tetto del mondo, Boisnard aveva già riportato indietro una tonnellata di rifiuti, tra cui 550 kg di plastica.

La maggior parte di questi rifiuti sono residui di spedizioni ad alta quota, accumulati a partire dal 1920, quando la regione fu aperta per la prima volta al turismo. Nel tentativo di alleggerire i loro zaini – e a volte con scarso rispetto per l’ambiente – alcuni alpinisti in erba lasciano deliberatamente alcuni dei loro effetti personali intorno ai campi base o addirittura sui sentieri che portano alle vette. Alcuni di essi “vengono anche gettati nei ghiacciai dell’Himalaya, dove non riemergeranno per altri 200 anni“, afferma Boisnard. Queste plastiche si disintegrano lentamente, inquinando a lungo termine non solo i paesaggi ma anche i fiumi. Già nel 2019, uno studio scientifico aveva dimostrato la presenza di microplastiche (fibre di poliestere, acrilico, nylon e polipropilene) al di sopra degli 8.000 metri, anche nella neve.

Oltre alla questione dei rifiuti, il primo obiettivo del futuro trattato sulla plastica sarà quello di “ridurre l’uso e la produzione di plastica”. In 20 anni la produzione di plastica è più che raddoppiata, raggiungendo i 460 milioni di tonnellate all’anno, e potrebbe triplicare ancora entro il 2060 se non si interviene. Due terzi vengono gettati via dopo uno o pochi utilizzi e meno del 10% dei rifiuti di plastica viene riciclato. Oltre che sulle montagne, la plastica di tutte le dimensioni si trova in massa anche sul fondo degli oceani, nei ghiacci, nello stomaco degli uccelli… e talvolta nel sangue umano, nel latte materno o nella placenta.

vetro

Il vetro cresce nel 2022: produzione bottiglie a +1,5%. Ma prezzo rottame vola

E’ il materiale da imballaggio più ecosostenibile e sicuro di tutti: per questo il vetro resiste alle crisi. Ma per riportare il settore sulla strada della normalità ci sono ancora alcuni nodi da sciogliere. A partire dalla volatilità dei prezzi energetici e dall’aumento del prezzo del rottame a livelli mai raggiunti in precedenza. Un incremento che, oltre a incidere sul costo dei contenitori, pone un rischio in termini di mantenimento degli obiettivi di riciclo e di circolarità del settore: il costo di utilizzo del rottame ha ormai superato, infatti, quello della materia prima.

L’aggiornamento dei dati di produzione del packaging in vetro e il check up sullo stato di salute del settore è stato fornito da Assovetro. Nel 2022, nonostante i problemi energetici e l’onda lunga del Covid, la produzione di bottiglie e vasi è aumentata per rispondere ai bisogni di sicurezza e di sostenibilità ambientale richieste dai consumatori, ma anche per accompagnare il successo dei prodotti a marchio Italia che ha visto sempre più bottiglie di vino, e soprattutto spumante, prendere la via dell’estero. La produzione di bottiglie è aumentata dell’1,5% immettendo sul mercato oltre 2 miliardi di “pezzi”, e quella di vasetti del 2,5%. Il prezzo del rottame, però, è passato da circa 25 Euro/ton a 200 Euro/ton.

Nonostante il perdurare di fattori critici, l’industria del packaging in vetro – conferma Roberto Cardini, Presidente della sezione Contenitori di Assovetro – ha continuato a crescere. Il 2023 dovrebbe essere un anno di assestamento per permetterci di affrontare le sfide del futuro dell’industria del packaging in vetro, come quella della decarbonizzazione con la ricerca di nuovi vettori energetici”.

Riciclo e riuso possono convivere per perseguire fino in fondo la circolarità nel settore del packaging alimentare in vetro. La bozza di Regolamento Ue sugli imballaggi si focalizza sul riuso, una sfida, questa, che deve rimodulare le abitudini dei consumatori, la logistica e la creazione di nuovi modelli di business. Nel 2021 il riuso ha interessato 186.000 tonnellate di contenitori in vetro. Proprio le caratteristiche del vetro – sicuro, lavabile e chimicamente resistente – lo rendono un ottimo packaging per il riuso, soprattutto in filiere come quelle dell’ acqua e del latte. Bisogna tener presente che il riutilizzo comunque genera un vantaggio ambientale solo per le distanze limitate (100 chilometri) e si adatta poco alla personalizzazione commerciale.

In fatto di riciclo il vetro resta un’eccellenza italiana, quello dei rifiuti di imballaggi provenienti dalle raccolte differenziate ha raggiunto 2,2 Mt ed ha un tasso di riciclo pari al 76,6%, al di sopra del target europeo del 75% al 2030. L’industria del settore si è impegnata ad arrivare al 90% nel 2030.

Per le sue caratteristiche di sicurezza alimentare, sostenibilità e riciclabilità, il vetro oggi è un materiale che guarda al futuro per 8 consumatori europei su 10 (Fonte: Indagine InSites 2022). Per questi motivi è stato l’unico materiale da imballaggio ad aver registrato in Europa negli ultimi tre anni una crescita media dell’8% rispetto agli altri materiali da imballaggio, che hanno invece risentito di un calo tra il 24 e il 41%. Tre quarti dei consumatori europei raccomandano di acquistare prodotti confezionati in vetro, addirittura l’85% gli italiani, che sono anche, nel panorama europeo, i più “ricicloni”, con 9 su 10 che dichiarano di fare la raccolta differenziata. Un prodotto confezionato in vetro riscuote più fiducia per il 70% degli italiani.

Il risparmio energetico è stato da sempre un obiettivo primario per l’industria del vetro che nel suo complesso consuma ogni anno circa 1,1 miliardi di metri cubi di gas (circa l’1,5 per cento del consumo nazionale). Per questo, anno dopo anno, è diminuito il peso delle bottiglie. Le bottiglie di vino hanno ridotto il loro peso del 12% e quelle di spumante del 18%, così da richiedere minor consumo di materie prime, di energia e, di conseguenza, producendo minori emissioni di Co2 . Anche un sempre maggiore utilizzo del rottame di vetro per la produzione di bottiglie, che in molti casi oggi raggiunge il 90%, fa la differenza: ogni 10% di rottame utilizzato in sostituzione delle materie prime permette un risparmio del 2,5% di energia e una riduzione delle emissioni di Co2 del 5%. L’industria dei contenitori in vetro, prima manifattura europea, con 16 aziende e 39 stabilimenti è presente in quasi tutte le regioni d’Italia, da Nord a Sud, con una maggiore concentrazione al Nord. Conta 7.800 addetti, la quasi totalità con contratto a tempo indeterminato. Il fatturato è valutato in 2,5 miliardi di euro l’anno. Nel 2022 l’import di bottiglie e vasi è aumentato dell’11,3% e l’export è diminuito del 4,4%. Per far fronte alla domanda di contenitori è stato previsto un investimento di 400 milioni per 5 nuovi forni di fusione da realizzare entro il 2024 che garantiranno un incremento della capacità produttiva del 12%; tre di questi entreranno in funzione già nelle prossime settimane.

Biodiversità italiana a rischio: tutti i segnali della fragilità

Il 68% degli ecosistemi italiani è in pericolo, il 35% in situazione critica. Il 100% degli ecosistemi è a rischio nell’ecoregione padana, il 92% in quella adriatica e l’82% in quella tirrenica. E’ quanto emerge dal report del Wwf ‘Biodiversità Fragile, maneggiare con cura: Status, tendenze, minacce e soluzioni per un futuro nature-positive’, presentato a Caserta in occasione del Forum dei volontari dell’associazione. Ma non solo. Nel nostro Paese, circa l’89% degli habitat di interesse comunitario si trova in uno stato di conservazione sfavorevole.

Dei 43 habitat forestali italiani, ad esempio, 5 hanno uno stato di conservazione “criticamente minacciato” e 12 “in pericolo”. E, ancora, l’80% dei laghi è in stato ecologico “non buono”, così come il 57%. Dal punto di vista della fauna, il 30% delle specie animali vertebrati è a rischio estinzione. Lo è anche il 25% degli animali dei nostri mari. Inoltre, negli ultimi 30 anni è aumentato del 96% il numero di specie aliene (cioè che, a causa dell’azione dell’uomo, si trovano ad abitare e colonizzare un territorio diverso dal loro naturale). In Italia, poi, sono 21.500 i km2 di suolo cementificato e oltre 1150 i km2 consumati in 10 anni, pari alla superficie di una metropoli come Roma.

In Sudafrica l’albergo in cemento di canapa che assorbe Co2

Dodici piani, una vista mozzafiato sulla Table Mountain e un’impronta ecologica minima: nel centro di Città del Capo sorgerà presto l’edificio più alto del mondo realizzato in canapa industriale. Gli operai stanno apportando gli ultimi ritocchi all’Hemp Hotel di 54 camere, che sarà completato a giugno. Sebbene l’edificio sia basato su una classica struttura in cemento e calcestruzzo, le pareti rifinite in legno sono tutte realizzate con blocchi di “cemento di canapa”. Un materiale dalle molteplici proprietà isolanti e antincendio, utilizzato in particolare in Europa nella ristrutturazione termica degli edifici, ma soprattutto con un’impronta di carbonio negativa. “La pianta di canapa assorbe molta anidride carbonica, che viene poi sequestrata in un blocco e conservata in un edificio per circa 50 anni“, spiega Boshoff Muller, direttore di Afrimat Hemp, una filiale del gruppo edile sudafricano Afrimat, che ha prodotto i mattoni per l’hotel. Di conseguenza, il cemento di canapa “sequestra più CO2 di quanta ne produca”.

In una fabbrica alla periferia di Città del Capo, Boshoff Muller esamina blocchi appena pressati di canapa, acqua e calce. “Abbiamo qui, quasi letteralmente, un intero sacco di carbonio!“, esclama, accarezzando un sacco di pacciame appena arrivato dal nord del Paese. La canapa industriale utilizzata per l’Hemp Hotel doveva essere importata dal Regno Unito perché la legislazione sudafricana ne vietava la produzione locale. Da allora la situazione è cambiata: nel suo discorso annuale alla nazione nel 2022, il presidente Cyril Ramaphosa ha stimato che il settore della canapa e della cannabis potrebbe creare più di 130.000 posti di lavoro nel Paese.

I primi permessi di coltivazione sono stati quindi distribuiti nel corso del 2022. Afrimat Hemp si sta preparando a produrre i primi blocchi di cemento al 100% di canapa sudafricana. Secondo le stime dell’azienda, costruire una casa di 40 m2 con la canapa “farebbe risparmiare tre tonnellate di CO2″ rispetto a un edificio convenzionale. E il risparmio in termini di isolamento termico è “enorme”, spiega Wihan Bekker, 28 anni. L’ingegnere e “consulente del carbonio” assunto da Afrimat Hemp vede “enormi opportunità”, in particolare nella costruzione di alloggi sociali.
La barriera principale è il costo. Costruire con la canapa costa in media il 20% in più, spiega Bekker. Ma spera di vedere presto dei crediti di carbonio per coprire questa differenza: “Si possono finanziare le foreste così come si può pagare chi vive in una casa di canapa“. È davvero “entusiasmante cercare di rendere accessibile questo prodotto“, spiega l’architetto dell’Hemp Hotel Wolf Wolf. Il suo studio è già coinvolto in diversi progetti di edilizia sociale in Sudafrica e nel vicino Mozambico. “Tutto cambierà ora che abbiamo canapa e blocchi prodotti localmente”, afferma.
Costruire con i cosiddetti materiali “biobased” non è una novità nel continente africano, ricorda Boshoff Muller, riferendosi in particolare alle case in cocco, terra e paglia delle zone rurali. Il sito dell’Hemp Hotel dovrebbe servire da “faro”, dice, “per dimostrare che la canapa ha il suo posto nel settore edilizio“. L’edificio è stato giudicato “il più alto al mondo a incorporare materiali di canapa” da Steve Allin, direttore dell’International Hemp Building Association, con sede in Irlanda.

Fiori, natura e abiti ‘vintage’: l’incoronazione green di Carlo III

Semi distribuiti ai bambini, fiori ovunque, guardaroba reale riutilizzato: l’incoronazione di Carlo III riflette la passione di lunga data del Re per la natura e il suo impegno per la tutela dell’ambiente e uno stile di vita sostenibile. Deriso in passato per aver confessato di parlare con le piante, il nuovo Re, ambientalista convinto il cui primo discorso pubblico sull’argomento risale al 1970, ha voluto richiamare l’attenzione dei giovani sull’importanza della flora selvatica. In occasione della sua incoronazione, 200.000 pacchetti di semi di fiori selvatici verranno distribuiti ai bambini delle scuole primarie di tutto il Paese. Come ha fatto il Re nella sua tenuta di Highgrove, nel Gloucestershire (Inghilterra occidentale), dove ha creato un giardino e una fattoria biologica, gli alunni saranno incoraggiati a piantare questi semi negli spazi verdi delle loro scuole. Si tratta di un modo per sottolineare il fatto che il Regno Unito ha perso il 98% delle sue aree di fiori selvatici negli ultimi 80 anni.

In linea con il suo impegno a promuovere uno stile di vita più sostenibile, anche se viene spesso criticato per i suoi frequenti spostamenti in aereo o in elicottero, quasi tutti gli abiti che il Re indosserà durante la cerimonia di sabato saranno pezzi presi in prestito dai monarchi precedenti. Un portavoce di Buckingham Palace ha dichiarato che si tratta di una scelta “personale” per il Re, che guida un’Aston Martin modificata per funzionare a biocarburante e che l’anno scorso ha fatto un’apparizione di alto profilo in un popolare programma della BBC sul restauro di oggetti. “È in linea con l’idea di sostenibilità ed efficienza il riutilizzo di questi pezzi“, ha dichiarato Caroline de Guitaut, direttrice del dipartimento responsabile della manutenzione delle opere d’arte della collezione reale.

Ad esempio, Carlo indosserà il ‘Colobium sindonis’ – una tunica di lino bianco senza maniche utilizzata appositamente per le incoronazioni – di suo nonno, Re Giorgio VI. Dal nonno ha preso in prestito anche il guanto dell’incoronazione con cui reggerà lo scettro durante la cerimonia, mentre dopo l’unzione indosserà la ‘Supertunica’ – un mantello di seta scintillante d’oro – creato nel 1911 per l’incoronazione di Giorgio V e, sopra, una cintura del 1937 a cui appendere la ‘spada d’offerta’.

Il palazzo aveva impostato il tono ‘green’ dell’incoronazione fin dall’emissione dell’invito per gli oltre 2.000 persone alla cerimonia nell’Abbazia di Westminster. L’invito mostrava l’Uomo Verde, un’antica figura del folklore britannico che simboleggia l’arrivo della primavera e la rinascita, una corona di foglie di quercia e biancospino e molti fiori. Durante la cerimonia, anche l’abito dell’incoronazione, un lungo mantello che la regina consorte Camilla indosserà all’uscita dell’Abbazia, sarà ricamato con motivi naturalistici. Api, una coccinella e altri insetti adorneranno il lungo strascico di velluto, che sarà punteggiato di fiori come il mughetto – il fiore preferito della Regina Elisabetta II – il mirto, simbolo di speranza, e il delphinium, uno dei fiori preferiti di Carlo.

Il paravento utilizzato per nascondere il Re alla vista del pubblico durante l’unzione è inoltre decorato con un albero di 56 foglie che rappresenta tutti gli Stati membri del Commonwealth. Infine, secondo i media britannici, Kate, moglie del principe William, l’erede al trono, potrebbe addirittura abbandonare la tiara, solitamente indossata dalle principesse reali in occasione di eventi importanti, per una corona di fiori.