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Il vetro cresce nel 2022: produzione bottiglie a +1,5%. Ma prezzo rottame vola

E’ il materiale da imballaggio più ecosostenibile e sicuro di tutti: per questo il vetro resiste alle crisi. Ma per riportare il settore sulla strada della normalità ci sono ancora alcuni nodi da sciogliere. A partire dalla volatilità dei prezzi energetici e dall’aumento del prezzo del rottame a livelli mai raggiunti in precedenza. Un incremento che, oltre a incidere sul costo dei contenitori, pone un rischio in termini di mantenimento degli obiettivi di riciclo e di circolarità del settore: il costo di utilizzo del rottame ha ormai superato, infatti, quello della materia prima.

L’aggiornamento dei dati di produzione del packaging in vetro e il check up sullo stato di salute del settore è stato fornito da Assovetro. Nel 2022, nonostante i problemi energetici e l’onda lunga del Covid, la produzione di bottiglie e vasi è aumentata per rispondere ai bisogni di sicurezza e di sostenibilità ambientale richieste dai consumatori, ma anche per accompagnare il successo dei prodotti a marchio Italia che ha visto sempre più bottiglie di vino, e soprattutto spumante, prendere la via dell’estero. La produzione di bottiglie è aumentata dell’1,5% immettendo sul mercato oltre 2 miliardi di “pezzi”, e quella di vasetti del 2,5%. Il prezzo del rottame, però, è passato da circa 25 Euro/ton a 200 Euro/ton.

Nonostante il perdurare di fattori critici, l’industria del packaging in vetro – conferma Roberto Cardini, Presidente della sezione Contenitori di Assovetro – ha continuato a crescere. Il 2023 dovrebbe essere un anno di assestamento per permetterci di affrontare le sfide del futuro dell’industria del packaging in vetro, come quella della decarbonizzazione con la ricerca di nuovi vettori energetici”.

Riciclo e riuso possono convivere per perseguire fino in fondo la circolarità nel settore del packaging alimentare in vetro. La bozza di Regolamento Ue sugli imballaggi si focalizza sul riuso, una sfida, questa, che deve rimodulare le abitudini dei consumatori, la logistica e la creazione di nuovi modelli di business. Nel 2021 il riuso ha interessato 186.000 tonnellate di contenitori in vetro. Proprio le caratteristiche del vetro – sicuro, lavabile e chimicamente resistente – lo rendono un ottimo packaging per il riuso, soprattutto in filiere come quelle dell’ acqua e del latte. Bisogna tener presente che il riutilizzo comunque genera un vantaggio ambientale solo per le distanze limitate (100 chilometri) e si adatta poco alla personalizzazione commerciale.

In fatto di riciclo il vetro resta un’eccellenza italiana, quello dei rifiuti di imballaggi provenienti dalle raccolte differenziate ha raggiunto 2,2 Mt ed ha un tasso di riciclo pari al 76,6%, al di sopra del target europeo del 75% al 2030. L’industria del settore si è impegnata ad arrivare al 90% nel 2030.

Per le sue caratteristiche di sicurezza alimentare, sostenibilità e riciclabilità, il vetro oggi è un materiale che guarda al futuro per 8 consumatori europei su 10 (Fonte: Indagine InSites 2022). Per questi motivi è stato l’unico materiale da imballaggio ad aver registrato in Europa negli ultimi tre anni una crescita media dell’8% rispetto agli altri materiali da imballaggio, che hanno invece risentito di un calo tra il 24 e il 41%. Tre quarti dei consumatori europei raccomandano di acquistare prodotti confezionati in vetro, addirittura l’85% gli italiani, che sono anche, nel panorama europeo, i più “ricicloni”, con 9 su 10 che dichiarano di fare la raccolta differenziata. Un prodotto confezionato in vetro riscuote più fiducia per il 70% degli italiani.

Il risparmio energetico è stato da sempre un obiettivo primario per l’industria del vetro che nel suo complesso consuma ogni anno circa 1,1 miliardi di metri cubi di gas (circa l’1,5 per cento del consumo nazionale). Per questo, anno dopo anno, è diminuito il peso delle bottiglie. Le bottiglie di vino hanno ridotto il loro peso del 12% e quelle di spumante del 18%, così da richiedere minor consumo di materie prime, di energia e, di conseguenza, producendo minori emissioni di Co2 . Anche un sempre maggiore utilizzo del rottame di vetro per la produzione di bottiglie, che in molti casi oggi raggiunge il 90%, fa la differenza: ogni 10% di rottame utilizzato in sostituzione delle materie prime permette un risparmio del 2,5% di energia e una riduzione delle emissioni di Co2 del 5%. L’industria dei contenitori in vetro, prima manifattura europea, con 16 aziende e 39 stabilimenti è presente in quasi tutte le regioni d’Italia, da Nord a Sud, con una maggiore concentrazione al Nord. Conta 7.800 addetti, la quasi totalità con contratto a tempo indeterminato. Il fatturato è valutato in 2,5 miliardi di euro l’anno. Nel 2022 l’import di bottiglie e vasi è aumentato dell’11,3% e l’export è diminuito del 4,4%. Per far fronte alla domanda di contenitori è stato previsto un investimento di 400 milioni per 5 nuovi forni di fusione da realizzare entro il 2024 che garantiranno un incremento della capacità produttiva del 12%; tre di questi entreranno in funzione già nelle prossime settimane.

Biodiversità italiana a rischio: tutti i segnali della fragilità

Il 68% degli ecosistemi italiani è in pericolo, il 35% in situazione critica. Il 100% degli ecosistemi è a rischio nell’ecoregione padana, il 92% in quella adriatica e l’82% in quella tirrenica. E’ quanto emerge dal report del Wwf ‘Biodiversità Fragile, maneggiare con cura: Status, tendenze, minacce e soluzioni per un futuro nature-positive’, presentato a Caserta in occasione del Forum dei volontari dell’associazione. Ma non solo. Nel nostro Paese, circa l’89% degli habitat di interesse comunitario si trova in uno stato di conservazione sfavorevole.

Dei 43 habitat forestali italiani, ad esempio, 5 hanno uno stato di conservazione “criticamente minacciato” e 12 “in pericolo”. E, ancora, l’80% dei laghi è in stato ecologico “non buono”, così come il 57%. Dal punto di vista della fauna, il 30% delle specie animali vertebrati è a rischio estinzione. Lo è anche il 25% degli animali dei nostri mari. Inoltre, negli ultimi 30 anni è aumentato del 96% il numero di specie aliene (cioè che, a causa dell’azione dell’uomo, si trovano ad abitare e colonizzare un territorio diverso dal loro naturale). In Italia, poi, sono 21.500 i km2 di suolo cementificato e oltre 1150 i km2 consumati in 10 anni, pari alla superficie di una metropoli come Roma.

In Sudafrica l’albergo in cemento di canapa che assorbe Co2

Dodici piani, una vista mozzafiato sulla Table Mountain e un’impronta ecologica minima: nel centro di Città del Capo sorgerà presto l’edificio più alto del mondo realizzato in canapa industriale. Gli operai stanno apportando gli ultimi ritocchi all’Hemp Hotel di 54 camere, che sarà completato a giugno. Sebbene l’edificio sia basato su una classica struttura in cemento e calcestruzzo, le pareti rifinite in legno sono tutte realizzate con blocchi di “cemento di canapa”. Un materiale dalle molteplici proprietà isolanti e antincendio, utilizzato in particolare in Europa nella ristrutturazione termica degli edifici, ma soprattutto con un’impronta di carbonio negativa. “La pianta di canapa assorbe molta anidride carbonica, che viene poi sequestrata in un blocco e conservata in un edificio per circa 50 anni“, spiega Boshoff Muller, direttore di Afrimat Hemp, una filiale del gruppo edile sudafricano Afrimat, che ha prodotto i mattoni per l’hotel. Di conseguenza, il cemento di canapa “sequestra più CO2 di quanta ne produca”.

In una fabbrica alla periferia di Città del Capo, Boshoff Muller esamina blocchi appena pressati di canapa, acqua e calce. “Abbiamo qui, quasi letteralmente, un intero sacco di carbonio!“, esclama, accarezzando un sacco di pacciame appena arrivato dal nord del Paese. La canapa industriale utilizzata per l’Hemp Hotel doveva essere importata dal Regno Unito perché la legislazione sudafricana ne vietava la produzione locale. Da allora la situazione è cambiata: nel suo discorso annuale alla nazione nel 2022, il presidente Cyril Ramaphosa ha stimato che il settore della canapa e della cannabis potrebbe creare più di 130.000 posti di lavoro nel Paese.

I primi permessi di coltivazione sono stati quindi distribuiti nel corso del 2022. Afrimat Hemp si sta preparando a produrre i primi blocchi di cemento al 100% di canapa sudafricana. Secondo le stime dell’azienda, costruire una casa di 40 m2 con la canapa “farebbe risparmiare tre tonnellate di CO2″ rispetto a un edificio convenzionale. E il risparmio in termini di isolamento termico è “enorme”, spiega Wihan Bekker, 28 anni. L’ingegnere e “consulente del carbonio” assunto da Afrimat Hemp vede “enormi opportunità”, in particolare nella costruzione di alloggi sociali.
La barriera principale è il costo. Costruire con la canapa costa in media il 20% in più, spiega Bekker. Ma spera di vedere presto dei crediti di carbonio per coprire questa differenza: “Si possono finanziare le foreste così come si può pagare chi vive in una casa di canapa“. È davvero “entusiasmante cercare di rendere accessibile questo prodotto“, spiega l’architetto dell’Hemp Hotel Wolf Wolf. Il suo studio è già coinvolto in diversi progetti di edilizia sociale in Sudafrica e nel vicino Mozambico. “Tutto cambierà ora che abbiamo canapa e blocchi prodotti localmente”, afferma.
Costruire con i cosiddetti materiali “biobased” non è una novità nel continente africano, ricorda Boshoff Muller, riferendosi in particolare alle case in cocco, terra e paglia delle zone rurali. Il sito dell’Hemp Hotel dovrebbe servire da “faro”, dice, “per dimostrare che la canapa ha il suo posto nel settore edilizio“. L’edificio è stato giudicato “il più alto al mondo a incorporare materiali di canapa” da Steve Allin, direttore dell’International Hemp Building Association, con sede in Irlanda.

Fiori, natura e abiti ‘vintage’: l’incoronazione green di Carlo III

Semi distribuiti ai bambini, fiori ovunque, guardaroba reale riutilizzato: l’incoronazione di Carlo III riflette la passione di lunga data del Re per la natura e il suo impegno per la tutela dell’ambiente e uno stile di vita sostenibile. Deriso in passato per aver confessato di parlare con le piante, il nuovo Re, ambientalista convinto il cui primo discorso pubblico sull’argomento risale al 1970, ha voluto richiamare l’attenzione dei giovani sull’importanza della flora selvatica. In occasione della sua incoronazione, 200.000 pacchetti di semi di fiori selvatici verranno distribuiti ai bambini delle scuole primarie di tutto il Paese. Come ha fatto il Re nella sua tenuta di Highgrove, nel Gloucestershire (Inghilterra occidentale), dove ha creato un giardino e una fattoria biologica, gli alunni saranno incoraggiati a piantare questi semi negli spazi verdi delle loro scuole. Si tratta di un modo per sottolineare il fatto che il Regno Unito ha perso il 98% delle sue aree di fiori selvatici negli ultimi 80 anni.

In linea con il suo impegno a promuovere uno stile di vita più sostenibile, anche se viene spesso criticato per i suoi frequenti spostamenti in aereo o in elicottero, quasi tutti gli abiti che il Re indosserà durante la cerimonia di sabato saranno pezzi presi in prestito dai monarchi precedenti. Un portavoce di Buckingham Palace ha dichiarato che si tratta di una scelta “personale” per il Re, che guida un’Aston Martin modificata per funzionare a biocarburante e che l’anno scorso ha fatto un’apparizione di alto profilo in un popolare programma della BBC sul restauro di oggetti. “È in linea con l’idea di sostenibilità ed efficienza il riutilizzo di questi pezzi“, ha dichiarato Caroline de Guitaut, direttrice del dipartimento responsabile della manutenzione delle opere d’arte della collezione reale.

Ad esempio, Carlo indosserà il ‘Colobium sindonis’ – una tunica di lino bianco senza maniche utilizzata appositamente per le incoronazioni – di suo nonno, Re Giorgio VI. Dal nonno ha preso in prestito anche il guanto dell’incoronazione con cui reggerà lo scettro durante la cerimonia, mentre dopo l’unzione indosserà la ‘Supertunica’ – un mantello di seta scintillante d’oro – creato nel 1911 per l’incoronazione di Giorgio V e, sopra, una cintura del 1937 a cui appendere la ‘spada d’offerta’.

Il palazzo aveva impostato il tono ‘green’ dell’incoronazione fin dall’emissione dell’invito per gli oltre 2.000 persone alla cerimonia nell’Abbazia di Westminster. L’invito mostrava l’Uomo Verde, un’antica figura del folklore britannico che simboleggia l’arrivo della primavera e la rinascita, una corona di foglie di quercia e biancospino e molti fiori. Durante la cerimonia, anche l’abito dell’incoronazione, un lungo mantello che la regina consorte Camilla indosserà all’uscita dell’Abbazia, sarà ricamato con motivi naturalistici. Api, una coccinella e altri insetti adorneranno il lungo strascico di velluto, che sarà punteggiato di fiori come il mughetto – il fiore preferito della Regina Elisabetta II – il mirto, simbolo di speranza, e il delphinium, uno dei fiori preferiti di Carlo.

Il paravento utilizzato per nascondere il Re alla vista del pubblico durante l’unzione è inoltre decorato con un albero di 56 foglie che rappresenta tutti gli Stati membri del Commonwealth. Infine, secondo i media britannici, Kate, moglie del principe William, l’erede al trono, potrebbe addirittura abbandonare la tiara, solitamente indossata dalle principesse reali in occasione di eventi importanti, per una corona di fiori.

Orso Marsincano

È Jj4 l’orsa responsabile dell’aggressione al runner in Trentino. Al via operazioni cattura

Sono in corso le ricerche dell’orsa ‘Jj4’ che, in base agli accertamenti genetici, è stata ritenuta responsabile dell’aggressione e della morte del runner Andrea Papi, avvenuta mercoledì scorso in Trentino. Da quando è stato reso noto il nome in codice dell’animale, la forestale trentina ha intensificato le operazioni di monitoraggio su tutta l’area intorno al monte Peller: un’attività non facile perché, seppur ‘Jj4’ abbia il radiocollare essendo un’orsa nota, la zona è quasi completamente senza copertura. L’orsa JJ4 ha 17 anni ed è figlia di Joze e Jurka, catturati in Slovenia e rilasciati in Trentino fra il 2000 e 2001, nell’ambito del progetto Life Ursus per la reintroduzione degli esemplari sulle Alpi. Il plantigrado era già stata responsabile di un’aggressione in Val di Rabbi nel 2020, ma all’epoca non fu abbattuta: l’ordinanza di cattura dell’allora giunta provinciale di Trento venne annullata dal Tar. Jj4 venne dotata di radiocollare, che tuttavia al momento è scarico e non trasmette più i dati relativi ai suoi spostamenti. Intanto la Val di Sole, in Trentino, è in lutto oggi per l’ultimo saluto al 26enne.

Per la cattura potrebbero essere utilizzate le trappole a tubo ma, in caso di emergenza, si possono usare anche lacci o fucile spara-siringhe. Per l’abbattimento, per cui c’è l’ordinanza del presidente della Provincia Maurizio Fugatti, si parla di un’operazione “che deve essere fatta in sicurezza, rispettando le procedure previste”. La Lega antivivisezione chiede però che l’orsa non sia abbattuta ma portata in un luogo sicuro. La Lav intende depositare un “ricorso al Tar per impedire l’abbattimento”. Anche l’Organizzazione internazionale protezione animali chiede che, invece di ricorrere alla cattura e all’abbattimento, si trovi una soluzione alternativa “per un esemplare che forse voleva solo difendere i suoi cuccioli”. “I piccoli di orso rimangono accanto alla mamma da uno a due anni, quindi non si può escludere che JJ4 sia andata all’attacco sulla base del suo istinto di madre”, scrive l’Oipa in una nota.

Su eventuali carenze nella gestione degli orsi in Trentino, il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto ha precisato che “c’è un tavolo tecnico con la Provincia di Trento, l’Ispra e il ministero. Bisogna, però, ricordare – continua Pichetto – che per quanto riguarda le ordinanze c’è il Testo unico di pubblica sicurezza e la competenza è della Provincia di Trento“. Anche sull’ipotesi di trasferire gli orsi, spiega: “Stiamo aspettando le valutazioni tecniche, scientifiche anche in merito a come comportarci. Aspettiamo il risultato“. Per quel che concerne l’importanza di coniugare la tutela della natura con la formazione delle forze dell’ordine, il ministro dice: “È fondamentale. Viviamo un periodo storico in cui ci stiamo rendendo conto tutti, dagli adulti ai più giovani, della necessità di tutelare l’equilibrio, la biodiversità in tutto il mondo. Peraltro – sottolinea -, quando parliamo di equilibrio, biodiversità, natura non dobbiamo tenere i confini degli Stati, quelli amministrativi: la valutazione è complessiva. È una sfida che ha il mondo intero e, naturalmente noi, come Europa, prima ancora che come Italia, abbiamo il dovere di ricercare l’equilibrio, di cercare di essere coscienti di ciò che è necessario per la convivenza civile, di ciò che è necessario economicamente, ma anche di quanto bisogna impegnarsi per preservare quello che è il patrimonio naturalistico che abbiamo”, prosegue Pichetto. Che alla domanda se servano pene più severe per i bracconieri, risponde: “C’è già una normativa, va applicata”.

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Clima, Ue verso nuovo obiettivo di riduzione emissioni al 2040

Dopo il 2030, prima del 2050. La Commissione europea si prepara a stabilire un nuovo obiettivo per la riduzione delle emissioni al 2040, come tappa intermedia per la neutralità climatica (con zero nuove emissioni nette) entro la metà del secolo.

L’esecutivo europeo ha aperto una consultazione pubblica fino al 23 giugno per raccogliere i commenti e presentare una comunicazione, orientativamente nel primo trimestre del 2024, per stabilire un obiettivo climatico per il 2040 a livello comunitario. Bruxelles precisa che la comunicazione in questione sarà supportata da “un’approfondita valutazione d’impatto”, che sarà alla base di un progetto di legge che fisserà l’obiettivo intermedio per il 2040.

Dopo aver presentato il Green Deal nel 2019, l’Unione europea ha poi adottato nel 2021 la Legge europea sul clima rendendo giuridicamente vincolante l’obiettivo di raggiungere emissioni nette pari a zero entro il 2050 e di tagliare le emissioni del 55% (rispetto ai livelli registrati nel 1990) entro il 2030, come tappa intermedia per la neutralità climatica. L’accordo in Ue sulla prima Legge climatica impegna tra le altre cose Bruxelles a stabilire un nuovo obiettivo climatico intermedio per il 2040 (da fissare nei prossimi anni) e un bilancio indicativo previsto per i gas a effetto serra dell’Unione per il periodo 2030-2050, ovvero quante emissioni nette di gas serra possono essere emesse in quell’arco temporale senza mettere a rischio gli impegni dell’Unione.

Dopo il 2050, si parla di emissioni negative: ovvero non potranno più esserci nuove emissioni, ma rimarranno quelle già presenti. Senza un traguardo climatico per il 2040, “l’Ue rischierebbe di mancare il proprio obiettivo climatico europeo per il 2050 e potrebbe compromettere la propria capacità di stimolare le azioni per il clima a livello internazionale”, si legge nel documento che accompagna la consultazione pubblica lanciata da Bruxelles.

La tempistica delle discussioni per l’obiettivo climatico dell’Ue per il 2040 è strettamente legata al ciclo di ambizione quinquennale dell’accordo sul clima di Parigi del 2015, che ha fissato l’impegno a limitare aumenti di temperatura entro i 1,5°C. Si prevede che tutte le parti dell’accordo inizino quest’anno a riflettere sul prossimo obiettivo nel contesto del processo delle Nazioni Unite, per poi comunicarlo prima della COP29 (29° Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) che si terrà nel 2025. La Commissione europea spiega che i risultati della consultazione pubblica saranno analizzati e riassunti in una “dettagliata relazione di valutazione d’impatto”, che sarà verificata da un organismo indipendente, il comitato per il controllo normativo. La valutazione finale terrà conto anche del parere del comitato consultivo scientifico europeo e costituirà la base per una comunicazione sulla valutazione dell’obiettivo per il 2040 che dovrà essere approvata dal collegio dei commissari. Saranno poi gli Stati membri dell’Ue e il Parlamento europeo a decidere sul nuovo obiettivo climatico dell’Ue per il 2040.

Incendio in azienda chimica nel novarese, paura per fumi tossici. Ma Arpa rassicura: “Nessun rischio”

Un vasto incendio è divampato questa mattina intorno alle 7.30 all’interno dello stabilimento della Kemi a San Pietro Mosezzo, vicino a Novara. Si tratta di un’azienda chimica che produce solventi, lubrificanti, additivi e agenti di distacco per la manifattura. Sul posto sono arrivati i vigili del fuoco – che hanno sorvolato l’area con un elicottero – le forze dell’ordine e ambulanze. Un’alta colonna di fumo era visibile anche dall’aeroporto di Malpensa e dall’autostrada Torino-Milano. Tutta la zona industriale è stata evacuata e nessuno dei lavoratori è rimasto ferito.

Il sindaco di Novara, Alessandro Canelli, si è immediatamente recato sul luogo dell’incendio, insieme all’amministrazione comunale di San Pietro Mosezzo. A preoccupare di più sono stati i possibili rischi per l’ambiente e per la salute legati a eventuali fumi tossici.Sentite Arpa e Prefettura – ha detto il sindaco in mattinata – si raccomanda alla cittadinanza, in attesa dei risultati delle analisi che dovranno essere fatte sull’impatto dell’evento, di tenere le finestre chiuse e, se non assolutamente necessario, di rimanere in casa“.

“E’ importante che i bambini rimangano in classe con le finestre chiuse”, si è raccomandato il primo cittadino, spiegando di aver già contattato tutti i dirigenti scolastici. La colonna di fumo si è spostata verso nord-est – quindi in direzione Milano – a causa del vento. Le analisi di Arpa, ha detto Canelli. “diranno quale potrà essere la ricaduta sotto il profilo della qualità dell’aria”.

All’ora di pranzo l’incendio, ha detto il sindaco, “è stato completamente spento grazie all’intervento dei vigili del fuoco, all’arrivo di un supporto da parte dell’aeronautica militare e grazie anche alla fortunata coincidenza che proprio qui vicino c’è una ditta che produce schiume per lo spegnimento degli incendi. Questo ha consentito di accelerare le operazioni di spegnimento che altrimenti sarebbe andato avanti per ore e la ricaduta ambientale sarebbe stata sicuramente peggiore di quella che è”.

Le ricadute ambientali sembrano essere sotto controllo. I primissimi rilievi effettuati con strumentazione portatile nella zona intorno all’incendio (su monossido di carbonio, formaldeide e acido solfidrico) “non hanno evidenziato situazioni di pericolo”, come ha spiegato Arpa Piemonte. Due le squadre di tecnici presenti, una da Vercelli e una da Novara, che stanno valutando “gli impatti nelle matrici acqua e atmosfera”. Sono in corso ulteriori verifiche di tipo analitico sulla qualità dell’aria e sulla gestione delle acque di spegnimento. Arpa è in stretto contatto con la Prefettura di Novara e con i sindaci dei Comuni di Novara e di S. Pietro Mosezzo per la gestione dell’emergenza. “I tecnici – spiega l’Agenzia – seguiranno i controlli nelle zone abitate con potenziale ricadute dei fumi”.

Anche i rilievi sulla parte nord dell’abitato di Novara, come ha confermato Canelli, hanno dato risultati confortanti e “non ci sono valori allarmanti o preoccupanti. I punti di ricaduta della nube non hanno creato alcun tipo di problema”. La ricaduta ambientale sulla città, ha spiegato, “non è significativa, preoccupante o allarmante. Si sente ancora un po’ di puzza in alcune parti della città e l’invito è comunque di tenere le finestre chiuse ma non ci sono rischi per la salute dei cittadini. Chi è a scuola potrà uscire e tornare a casa, magari evitando di fare sport all’aperto per oggi”.

 

Stop auto inquinanti, Simson: “Parleremo con governo italiano, ma testo andava approvato”

Così la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, durante la conferenza stampa con la ministra dell’Energia svedese, Ebba Busch, a margine del Consiglio Ue in cui c’è stata l’approvazione definitiva del regolamento che vieta nell’Ue la vendita delle auto a diesel e a benzina dal 2035. Il governo italiano si aspetta che i biocarburanti siano definiti una tecnologia compatibile con la legge europea e ha chiesto alla Commissione una valutazione sulla neutralità ambientale di questi combustibili entro il 2026.

Nucleare, Meloni: “Giusto che gli Stati utilizzino tutte le tecnologie in linea con gli obiettivi Ue”

“Condivido la posizione della neutralità tecnologica, quindi penso che tutte le tecnologie che possono garantire di raggiungere gli obiettivi dell’Ue allora debbano essere considerate, indipendentemente da quello che i singoli stati intendono fare dell’uso di quella tecnologia, e indipendentemente dalla scelta italiana”. Lo ha detto la premier Giorgia Meloni, venerdì 24 marzo in un punto stampa a Bruxelles alla fine della due giorni di Vertice Ue, rispondendo a una domanda sulle richieste della Francia sul nucleare. “Se le altre nazioni vogliono usare una tecnologia che rispetta quei target, allora è giusto che possano farlo”.

Cirio

Siccità in Piemonte critica. Cirio: “Sì, è emergenza. Ma transizione sia un percorso”

Il Piemonte crede fermamente nella transizione ecologica, di cui la sfida dell’elettrico rappresenta una grande ambizione, ma va gestita con un percorso adatto per evitare di perdere posti di lavoro e occupazione. Per cui, bene lo stop alle auto a motori termici, bene alle cosiddette case green, ma l’Europa deve aiutare economicamente imprese e famiglie italiane in questo passaggio. Soprattutto in un momento di crisi climatica con il rischio di un nuova estate di secca. Il presidente piemontese Alberto Cirio spiega a GEA la sua linea, improntata su un forte senso di appartenenza al territorio ma con uno sguardo mai perso all’Europa. Tanto che, ammette, “sarei onorato di continuare a guidare questa regione se i cittadini piemontesi vorranno” nelle elezioni del 2024, “così come sarei onorato di rappresentarla per la prima volta a Bruxelles in un ruolo importante”. “Io sono qua per fare gli interessi del mio territorio, che è il Piemonte che amo”, precisa. Ma, “avere rappresentanti a Bruxelles in ruoli apicali non è facile, non è scontato e se i pianeti si allineano è un’opportunità da cogliere proprio nell’interesse del Piemonte”. Questo perché, “i problemi che ci sono sono la prova che noi dobbiamo contare di più e quindi dare più attenzioni all’Europa”.

Seppur europeista convinta, Cirio ritiene giuste le battaglie del governo Meloni contro le direttive di Bruxelles sulle auto elettriche e sull’efficientamento energetico delle case. “Noi abbiamo responsabilità di essere competitivi per il futuro”, spiega. “Torino è una città che merita investimenti non per il passato, noi che qui abbiamo inventato l’auto dobbiamo essere i primi a volere l’auto elettrica che non inquini, che rispetti l’ambienti, e questo è l’obiettivo a cui tender e su cui lavorare ma va fatto con quella che Draghi ha chiamato transizione ecologica. Il primo è stato Draghi, che l”ha chiamata transizione proprio perché il termine indica un percorso”. Bene quindi tendere verso un’auto che non inquina ma è necessario “usare il buonsenso”. Stesso discorso per le case green: studi dell’Arpa mostrano che il pericolo più grave dal riscaldamento globale “è il riscaldamento degli edifici. Ma la transizione ecologica va fatta naturalmente aiutando le famiglie a farlo, perché ora faticano a pagare una bolletta”. Per cui, l’Europa se vuole che andiamo verso la casa green “e noi ci vogliamo andare” metta anche le risorse “perché le famiglie possano senza indebitarsi riuscire a farlo”.

D’altra parte la crisi ambientale è un dato di fatto: l’allarme degli scienziati è altissimo e non va sottovalutato, ammette Cirio. “L’ambiente è la nostra casa e l’aria che respiriamo e come stiamo attenti al cibo bisogna stare attenti all’ambiente. Non ci sono deroghe non ci sono sconti per la qualità dell’aria, per la tutela della salute delle persone”. Tra tutte le emergenze dettate dal riscaldamento globale quella dell’acqua lo è più di ogni altra cosa, ricorda il governatore, “perché è legata a colture che per loro definizione sono tempo-dipendenti. In agricoltura se non si interviene adesso garantendo il necessario apporto d’acqua alle risaie si compromette tutto il raccolto che faresti nei mesi successivi”. Quindi non si può aspettare, anche perché in Piemonte si fa il 70% di riso italiano. L’emergenza siccità in agricoltura è dunque forte, “mentre nei comuni piemontesi la situazione è critica”. Sono una decina i comuni che hanno necessità di riempimento notturno, per cui per questa estate la Regione prevede di mobilitare la protezione civile “per garantire che in quei paesi, che sono i paesi di montagna, gli usi civili vengano salvaguardati”.

Nella battaglia ambientale, che Cirio sposa in primo piano, non c’è però spazio per la violenza. “Non c’è rivendicazione di valori, di idee, di principi che giustifichi la violazione dei diritti degli altri”, commenta in riferimento all’azione di Ultima generazione a Firenze dove attivisti hanno imbrattato la facciata di Palazzo Vecchio salvo poi essere fermati dal sindaco Dario Nardella. “Per me è pari pari il palazzo di Nardella come la casa del privato. Se io vedessi chiunque che distrugge il bene di un altro proverei a intervenire. Ho apprezzato che Nardella lo abbia fatto. Ha fatto bene, è stato anche colorito nel suo eloquio, ma io forse avrei detto di peggio”. E se per il primo cittadino fiorentino ci sono parole di apprezzamento, lo stesso non si può dire per quello di Milano, Beppe Sala, che da mesi si oppone alla possibilità che Torino entri dalla finestra nel dossier olimpico per il 2026. Oggetto del contendere le gare di pattinaggio di velocità che potrebbero essere ospitata all’Oval dopo il forfait del Trentino. “Mi è piaciuta la frase del ministro Salvini: “Far pagare ai cittadini le scelte sbagliate di qualche governo del passato non è spirito olimpico”. Lo spirito olimpico è inclusione. E per quello che a chi giustamente, anche nella propria attività politica, fa dell’inclusione un suo valore, mi fa sorridere che pensi che non possa essere inclusivo il Piemonte in una città come Torino che è stata la prima capitale d’Italia”. Ma, precisa, noi “non siamo per le polemiche. Noi ringraziamo già, perché il nostro dossier è stato accolto e cercheremo nei numeri e nei fatti di dimostrare” che Torino “è la scelta migliore per gli italiani” nonostante la scelta sbagliata dell’amministrazione Appendino. “È stato un errore, credo uno dei peggiori errori che storicamente questo territorio abbia compiuto in passato è stato quello di rinunciare a Olimpiadi”. Detto questo, il Piemonte, precisa Cirio, “tifa Italia non tifiamo né Milano né Torino né Cortina, noi tifiamo Italia e le Olimpiadi che sono una grande opportunità”.