Mattarella in visita all’Onu per ribadire l’impegno dell’Italia per il multilateralismo

Ribadire l’importanza del multilateralismo e fare il punto sul monitoraggio dell’obiettivo 16 dell’Agenda 2030 dell’Onu. Sono questi gli scopi principali della visita ufficiale del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, all’Onu da domenica 5 maggio a martedì 7.

Fitta l’agenda del capo dello Stato, che avrà anche incontri bilaterali per confrontarsi sui temi più stringenti dell’attualità geopolitica. L’arrivo a New York è fissato per domenica 5 maggio e prevede una visita al Metropolitan Museum, accompagnayto dal direttore, Max Hollein, per alcune opere permanenti e la mostra ‘The Harlem Renaissance and transatlantic modernism‘.

Da lunedì 6 maggio si entra subito nel vivo, con l’indirizzo di saluto di Mattarella alla Conferenza sullo stato di attuazione dell’obiettivo di sviluppo 16 ‘Pace, giustizia e istituzioni per lo sviluppo sostenibile’, organizzata dalla Rappresentanza permanente d’Italia presso le Nazioni Unite, dal segretario dell’Onu e dall’Idlo, che per la prima volta si svolge al Palazzo di Vetro, in ambito Ecosoc (Consiglio economico e sociale), uno tra i primi tre organismi più importanti dell’Onu, che opera sulle questioni di carattere economico, sociale ed ambientale. Sarà un appuntamento molto importante per l’Italia: il numero 16 è di sicuro il goal più complesso dell’Agenda 2030, perché si prefigge di raggiungere un equilibrio a livello mondiale su temi come la pace, la democrazia, la governance e la giustizia. Proprio la delicatezza degli argomenti ha spinto, anni fa, il nostro Paese ad attivare una sorta di monitoraggio lo stato di attuazione di questo obiettivo, i cui risultati sono stati presentati ogni anno, a Roma, in una conferenza che stavolta si terrà negli Usa in concomitanza con la visita del presidente della Repubblica.

Mattarella in tarda mattinata vedrà anche i funzionari italiani delle Nazioni Unite e a seguire, al Metropolitan Club, una rappresentanza qualificata della comunità italiana che vive negli States.

Nel pomeriggio, invece, si svolgerà il bilaterale con il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. Saranno due ore intense per discutere di tutte le questioni più importanti che sono attualmente sullo scacchiere internazionale. Sicuramente Mattarella e Guterres discuteranno delle due grandi crisi, quella in Ucraina con l’invasione russa, e in Medio Oriente, dove il conflitto tra Israele e Palestina continua a destabilizzare l’area espando, però, gli effetti negativi anche oltre i confini regionali. Ci sarà spazio anche per discutere dell’Africa e delle altre criticità che esistono in diverse zone della terra. Si parlerà, poi, di cambiamenti climatici, dell’Agenda 2030, ma soprattutto degli obiettivi che si è posta l’Onu con il Summit del futuro‘, in programma il 22 e 23 settembre prossimi. Un vertice che dovrà riaccendere una riflessione collettiva sulle possibili riforme per le Nazioni Unite, ma che dovrà essere anche l’occasione per attivare decisioni concrete che aiutino a superare non solo i problemi strutturali, ma anche le difficoltà politiche ad affrontare e risolvere divisioni e contrapposizioni, che finora non hanno consentito di fare sintesi.

All’incontro tra Mattarella e Guterres seguirà un pranzo di lavoro, al quale sono attesi anche la vice segretaria generale, Amina J. Mohammed, e la segretaria generale aggiunta per gli Affari politici e il Pacebuilding, Rosemary DeCarlo.

Il momento clou della visita del capo dello Stato a New York sarà il giorno dopo, 7 maggio. Mattarella, infatti, interverrà all’Assemblea generale dell’Onu con un’allocuzione dal titolo ‘Italia, Nazioni Unite e multilateralismo per affrontare le sfide comuni. L’intervento sarà di ampia portata e servirà a ribadire l’impegno dell’Italia in questi 75 anni, anche in altri ambiti come il G7 e l’Unione europea, ritenendo il sistema multilaterale l’unico strumento per portare avanti i principi della Carta delle Nazioni Unite, che ha come obiettivo quello di trovare soluzioni alle controversie con mezzi pacifici. Il presidente della Repubblica, poi, prima di rientrare a Roma, sarà all’Italian Academy della Columbia University per incontrare il Comitato dei garanti, e al Consolato generale italiano, per un saluto con il console, Fabrizio Di Michele, e il personale della struttura.

Crisi climatica ‘minaccia esistenziale’: Biden all’Onu esorta all’impegno globale

E’ stata l’estate più torrida della storia. E’ stata l’estate degli incendi boschivi e dei disastri naturali, tra temperature più alte di sempre, uragani e inondazioni record. E’ stata l’estate in cui gli effetti della crisi climatica si sono resi evidenti a tutti. Una vera “minaccia esistenziale” per tutta l’umanità. A dirlo è Joe Biden, presidente degli Stati Uniti (uno dei maggiori Paesi inquinatori insieme alla Cina), dal palco della 78esima Assemblea generale delle Nazioni Uniti, che si è aperta ieri a New York. “Fin dal primo giorno della mia amministrazione, gli Usa hanno trattato la crisi climatica come la minaccia esistenziale che rappresenta, non solo per noi, ma per tutta l’umanità”, ha detto Biden citando ondate di caldo da record negli Stati Uniti e in Cina, gli incendi in Nord America ed Europa meridionale, la siccità nel Corno d’Africa e la tragica alluvione in Libia. Nel loro insieme, “queste istantanee raccontano una storia urgente di ciò che ci aspetta se non riusciamo a ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili e iniziamo a rendere il nostro mondo a prova di clima”. Per questo, per Biden, è necessario aderire “tutti insieme” allo stesso impegno per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione.

Nei giorni scorsi, il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, aveva avvertito più volte: “Siamo entrati nell’era dell’ebollizione globale” e “l’umanità è sulla sedia elettrica”. Per mercoledì 20 settembre ha convocato, sempre a New York, un summit sull’ambizione climatica, a margine dell’Assemblea Onu. Non si sa ancora chi vi parteciperà: Guterres, infatti, ha posto l’inedita condizione che solo i politici che porteranno soluzioni efficaci e concrete saranno ammessi sul palco. Per le Nazioni Unite questo vertice ‘parallelo’ rappresenta una “pietra miliare politica” per dimostrare la volontà collettiva di accelerare gli sforzi per mantenere il riscaldamento globale entro 1,5°C. In un rapporto sul clima sempre dell’Onu, pubblicato questo mese, gli esperti internazionali prevedono che le emissioni di gas serra dovrebbero raggiungere il picco nel 2025 – seguito da un netto calo in seguito – se l’umanità si ponesse la finalità di limitare il riscaldamento globale, in conformità con gli obiettivi dell’accordo di Parigi. Questo fa seguito all’appello lanciato da Guterres ai Paesi – in particolare ai membri del G20 – affinché cooperino per accelerare l’azione per il clima. La lista delle cose da fare include la discussione su come passare dai combustibili fossili all’energia pulita, tagli rapidi alle emissioni e l’impegno ad agire su base scientifica. I tre pilastri fondamentali del vertice sono l’ambizione, la credibilità e l’attuazione. “Dobbiamo essere determinati ad affrontare la minaccia più immediata per il nostro futuro: il nostro pianeta surriscaldato. Le azioni stanno precipitando, il caos climatico sta battendo nuovi record, ma non possiamo permetterci lo stesso vecchio disco rotto di trovare capri espiatori e aspettare che altri si muovano per primi”, ha esordito Guterres in apertura dell’Assemblea Onu. “I paesi del G20 sono responsabili dell’80% delle emissioni di gas serra – ha aggiunto – Devono guidare“.

Nel suo discorso di apertura, Guterres ha dipinto un quadro molto cupo di un “mondo sottosopra”, dove le tensioni geopolitiche “stanno peggiorando” e il riscaldamento globale “sta minando più direttamente il nostro futuro”. Simbolo di questa “serie” di crisi, l’alluvione di Derna in Libia,triste istantanea dello stato del nostro mondo, trascinato dal torrente di disuguaglianze e ingiustizie, e paralizzato di fronte alle sfide da raccogliere“. Le migliaia di persone che hanno perso la vita “sono state vittime di diversi flagelli. Vittime di anni di conflitto. Vittime del caos climatico. Vittime di leader, che, lì e altrove, non sono riusciti a trovare la via della pace”. Tra queste, emblematica è la guerra in Ucraina. Il presidente americano Biden ha invitato tutti i paesi a “opporsi all’aggressione russa”, perché “noi e Kiev vogliamo la pace, è solo la Russia a sbarrare il cammino”. Mosca “crede che il mondo si stancherà e lascerà che brutalizzi l’Ucraina senza conseguenze” ma “se permettiamo che l’Ucraina venga smembrata, l’indipendenza delle nazioni sarà ancora garantita? La risposta è no“, ha insistito tra gli applausi del pubblico.

Un anno fa il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj era stato eccezionalmente autorizzato a parlare tramite videomessaggio. Ieri era presente di persona, oggi parteciperà a una riunione straordinaria del Consiglio di Sicurezza mentre domani sarà a Washington per essere accolto alla Casa Bianca, giovedì.

Prima volta all’Assemblea generale dell’Onu anche per la premier italiana Giorgia Meloni che ieri ha avuto un breve scambio con il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, e con la presidente del Parlamento Ue Roberta Metsola. L’intervento della presidente del Consiglio è in programma oggi alle 19 ora locale, l’una di notte in Italia. 

Caldo record

Estate 2023 più calda di sempre. Guterres: Iniziato collasso climatico

L’estate (giugno-luglio-agosto) ha registrato le temperature medie globali più alte mai misurate, portando il 2023 a essere, molto probabilmente, l’anno più caldo della storia. Sono i dati del monitoraggio mensile dell’osservatorio europeo Copernicus secondo cui la temperatura media ha raggiunto 16,77°C, pari a 0,66°C sopra la media. “Il collasso climatico è iniziato”, ha affermato in una nota il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres. “Il nostro clima sta implodendo più velocemente di quanto possiamo gestirlo, con eventi meteorologici estremi che colpiscono ogni angolo del pianeta”, ha aggiunto, ricordando come “gli scienziati hanno da tempo messo in guardia dalle conseguenze della nostra dipendenza dai combustibili fossili”.

Ondate di caldo, siccità, inondazioni o incendi hanno colpito l’Asia, l’Europa e il Nord America durante l’estate, in proporzioni drammatiche e spesso senza precedenti, con costi pesanti in vite umane e in danni alle economie e all’ambiente.

Anche l’emisfero meridionale, dove molti record di calore sono stati battuti nel bel mezzo dell’inverno australe, non è stato risparmiato. “La stagione giugno-luglio-agosto 2023”, che corrisponde all’estate nell’emisfero settentrionale, dove vive la stragrande maggioranza della popolazione mondiale, “è stata di gran lunga la più calda mai registrata al mondo, con una temperatura media globale di 16,77°C. C”, ha riportato Copernicus. Si tratta di 0,66°C al di sopra delle medie del periodo 1991-2020, già caratterizzato dall’aumento delle temperature medie in tutto il mondo a causa del riscaldamento globale causato dalle attività umane. E ben al di sopra – circa 2 decimi – del precedente record del 2019.

Luglio è stato il mese più caldo mai misurato, agosto 2023 è ora al secondo posto, specifica Copernicus. E nei primi otto mesi dell’anno, la temperatura media del globo è “solo 0,01°C in meno rispetto al 2016, l’anno più caldo mai misurato”.

Ma questo primato è appeso ad un filo, viste le previsioni stagionali e il ritorno al potere nel Pacifico del fenomeno climatico El Niño, sinonimo di ulteriore riscaldamento. E “dato l’eccesso di calore sulla superficie degli oceani, è probabile che il 2023 sarà l’anno più caldo (…) che l’umanità abbia conosciuto”, ha dichiarato Samantha Burgess, vice capo del servizio sui cambiamenti climatici (C3S) di Copernico.

Il database Copernicus risale al 1940, ma può essere paragonato ai climi dei millenni passati, stabiliti utilizzando gli anelli degli alberi o le carote di ghiaccio e sintetizzati nell’ultimo rapporto del gruppo di esperti climatici delle Nazioni Unite (IPCC). Su questa base, “i tre mesi appena vissuti sono i più caldi da circa 120mila anni, cioè dall’inizio della storia umana“, spiega la Burgess.

Nonostante tre anni consecutivi di La Niña, il fenomeno opposto a El Niño che ha parzialmente mascherato il riscaldamento, gli anni 2015-2022 sono già stati i più caldi mai misurati.
Il surriscaldamento dei mari del mondo, che continuano ad assorbire il 90% del calore in eccesso causato dalle attività umane fin dall’era industriale, gioca un ruolo importante nel fenomeno. Da aprile, la loro temperatura superficiale media è cambiata raggiungendo livelli di calore senza precedenti. “Dal 31 luglio al 31 agosto”, ha addirittura “superato ogni giorno il precedente record di marzo 2016“, nota Copernico, raggiungendo la soglia simbolica senza precedenti di 21°C, molto chiaramente al di sopra di tutti gli archivi. “Il riscaldamento degli oceani porta al riscaldamento dell’atmosfera e ad un aumento dell’umidità, che provoca precipitazioni più intense e un aumento dell’energia a disposizione dei cicloni tropicali”, sottolinea Samantha Burgess.

Il surriscaldamento colpisce anche la biodiversità: “ci sono meno nutrienti nell’oceano (..) e meno ossigeno” il che mette a rischio la sopravvivenza della fauna e della flora, aggiunge lo scienziato, che cita anche lo sbiancamento dei coralli, la proliferazione algale dannosa o “il potenziale collasso dei cicli riproduttivi”. “Le temperature continueranno ad aumentare finché non chiuderemo il rubinetto delle emissioni”, derivanti principalmente dalla combustione di carbone, petrolio e gas, ricorda Burgess.

Guterres: “Africa determinante per le rinnovabili”. Da Emirati arabi investimenti per 4,5 miliardi

Africa “una superpotenza di energia rinnovabile“. E’ l’invito del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, nel suo intervento all’ Africa Climate Summit, il vertice sul clima organizzato dal Kenya e dalla Commissione dell’Unione Africana (AUC), volto a promuovere il potenziale dell’Africa come potenza verde. In vista, ovviamente, della Cop28 che si aprirà a novembre a Dubai.Guterres ha esortato la comunità internazionale a contribuire a rendere l’Africa “una superpotenza delle energie rinnovabili“. “L’energia rinnovabile potrebbe essere il miracolo africano. – ha detto il segretario generale Onu – Ma dobbiamo fare in modo che accada”. Si tratta di un nuovo appello, in particolare ai leader del Gruppo delle 20 maggiori economie, che si riuniranno in India nel fine settimana, di “assumersi le proprie responsabilità” nella lotta al cambiamento climatico.

Nel corso del vertice, gli Emirati Arabi Uniti annunciano il primo impegno finanziario a favore dell’Africa: un investimento di 4,5 miliardi di dollari (4,1 miliardi di euro) in energia pulita nel continente. Aprendo il vertice ieri il presidente keniano William Ruto ha affermato che l’Africa avrà “un’opportunità senza precedenti” di svilupparsi partecipando alla lotta contro il riscaldamento globale, se riuscirà ad attrarre finanziamenti. E gli Emirati Arabi Uniti, che ospiteranno la prossima conferenza delle Nazioni Unite sul clima, hanno annunciato il primo impegno finanziario: il sultano Al Jaber, a capo della compagnia petrolifera nazionale Adnoc e della compagnia governativa di energia rinnovabile Masdar, ha spiegato che l’investimento “scatenerà la capacità dell’Africa di raggiungere una prosperità sostenibile”. Nel dettaglio, un consorzio che include Masdar aiuterà a sviluppare 15 gigawatt di energia pulita entro il 2030. Secondo l’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili, nel 2022 la capacità di generazione di energia rinnovabile del continente sarebbe stata di 56 gigawatt.

Capi di Stato, leader di governo e leader economici del continente e di altri paesi sono riuniti nella capitale del Kenya per questo vertice storico. Nonostante la ricchezza di risorse naturali, solo il 3% degli investimenti energetici nel mondo vengono effettuati nel continente africano.

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen aveva indicato la posizione della Ue: “L’Africa ha bisogno di investimenti massicci. E l’Europa vuole essere il vostro partner nel colmare questo divario di investimenti. Questo è il motivo per cui metà del nostro piano di investimenti da 300 miliardi di euro, chiamato Global Gateway, è rivolto al Continente africano. – ha detto von der Leyen – Global Gateway sostiene investimenti che vanno dalle centrali idroelettriche in Congo, Burundi, Ruanda e Tanzania, all’iniziativa da un miliardo di euro sull’adattamento climatico e la resilienza in Africa, che abbiamo annunciato alla Cop27“.

Global Gateway è unico nel panorama degli investimenti globali.- ha continuato – Non siamo interessati solo all’estrazione di risorse. Vogliamo collaborare con voi per creare catene del valore locali in Africa. Vogliamo condividere con voi la tecnologia europea. Vogliamo investire in competenze per i lavoratori locali. Perché più siete forti come fornitori, più l’Europa diversificherà le catene di approvvigionamento verso l’Africa e più ridurrà i rischi per le nostre economie. La Namibia, per esempio, sta ora costruendo una nuova industria dell’idrogeno, nonché una catena del valore delle materie prime, in collaborazione con l’Europa. E, più tardi questa mattina, il presidente Ruto e io concluderemo un nuovo partenariato per l’idrogeno tra il Kenya e l’Ue con l’obiettivo di sviluppare ulteriormente l’economia verde dell’idrogeno e con il pieno sostegno del Team Europe. Questa è una buona notizia sia per l’Africa che per l’Europa”, ha aggiunto. La presidente dell’Ue ha poi annunciato una nuova proposta per attrarre investimenti privati. “Sulla transizione verde i finanziamenti pubblici non sono sufficienti. Questo vale per l’Europa, ma anche per i mercati emergenti. Sarà necessario mobilitare il capitale privato su larga scala – le parole di von der Leyen – È per questo che presentiamo una nuova proposta per attirare gli investimenti privati. Si chiama Iniziativa sui green bond globali. Insieme alla Banca europea per gli investimenti e ai nostri Stati membri, stiamo per stanziare 1 miliardo di euro per ridurre il rischio degli investimenti privati nei mercati emergenti”.

nave grano

È in viaggio la prima nave carica di grano ucraino, Guterres: “Essenziale per sicurezza alimentare”

Lunedì primo agosto alle 8.17 italiane la prima nave, carica di 26 mila tonnellate di grano ucraino, ha lasciato il porto di Odessa per raggiungere Tripoli, in Libano. Come ha fatto sapere il ministero della Difesa turco, “l’arrivo a Istanbul è previsto per il 2 agosto. Successivamente, il viaggio proseguirà verso la sua destinazione dopo le ispezioni che verranno effettuate nella città turca” da parte dell’autorità del Centro comune di coordinamento (CCC). Altri convogli seguiranno questa prima partenza rispettando “il corridoio (marittimo) e le formalità concordate”.

L’accordo sul via libera alle esportazione di mais dall’Ucraina era stato firmato dieci giorni fa sempre a Istanbul. Tuttavia, la partenza dell’imbarcazione ha dovuto attendere sia per l’istituzione del Centro di coordinamento, sia a causa dell’attacco missilistico – da parte della Russia – al porto di Odessa. L’intesa, insieme alla decisione presa a Mosca di esportare anche prodotti agricoli e fertilizzanti, mira ad alleviare una crisi alimentare globale che ha visto i prezzi salire in alcuni dei Paesi più poveri del mondo a causa del blocco dei porti ucraini in seguito all’inizio del conflitto con la Russia.

Con la partenza del primo carico di grano “testeremo l’efficacia dell’accordo di Istanbul”, ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. “Speriamo – ha aggiunto – che la collaborazione provenga da tutte le parti e che i meccanismi funzionino efficacemente“.

Si tratta di un vero “sollievo per il mondo” ha annunciato il capo della diplomazia dell’Ucraina, Dmytro Kouleba. In particolare, come ha puntualizzato su Twitter: “Questa è un’ottima notizia per i nostri amici in Medio Oriente, Asia e Africa”.

La notizia dell’avvio del trasferimento del mais da Kiev ha immediatamente suscitato commenti anche da altre autorità a livello internazionale. A partire dal segretario delle Nazioni Unite Antonio Guterres, che ha accolto calorosamente l’avvenimento sperando, inoltre, che “questa sia la prima di molte navi commerciali in conformità con l’accordo firmato e che porti la necessaria stabilità e assistenza alla sicurezza alimentare globale, specialmente nei contesti umanitari più fragili“, la sottolineatura.

Siamo molto contenti per la partenza di questa nave carica di grano, dopo mesi di blocco”, ha affermato il capo del servizio dei portavoce della Commissione europea Eric Mamer, a proposito dell’inizio delle consegne di grano dall’Ucraina. “Questa è il primo convoglio che lascia il porto, e questo è il primo benvenuto passo”, aggiunge. Da parte dell’Ue ora la richiesta di “piena attuazione” dell’accordo.

scioglimento ghiacciai

Verso la catastrofe climatica. Onu in allerta: Addio obiettivo di 1,5°C

Mentre la guerra in Ucraina mette sotto i riflettori le economie dipendenti dagli idrocarburi, il mondo sta guardando a possibili scenari che potrebbero aiutare a limitare il riscaldamento globale ed evitare di andare verso una catastrofe climatica. Dopo più di un secolo e mezzo di sviluppo dei combustibili fossili, il pianeta ha visto un aumento in media di 1,1°C rispetto all’era preindustriale, e sta già sperimentando devastanti ondate di calore, siccità, tempeste e inondazioni. L’avvertimento lanciato dal segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, poco prima dell’apertura di due settimane di negoziati da parte degli esperti del clima dell’Onu (Ipcc) è più sorprendente che mai: “Stiamo camminando alla cieca verso la catastrofe climatica” e “se continuiamo così, possiamo dire addio all’obiettivo di 1,5°C”. Ma “anche l’obiettivo dei 2°C potrebbe essere fuori portata”, ha detto Guterres, riferendosi agli obiettivi dell’accordo di Parigi. La dipendenza delle economie mondiali dai combustibili fossili è “una follia”, ha insistito in un video messaggio inviato ad una conferenza organizzata da ‘The Economist’.

Circa 200 paesi hanno iniziato lunedì a rivedere il nuovo rapporto dell’Ipcc sulle soluzioni per ridurre le emissioni, che sarà pubblicato il 4 aprile dopo due settimane di intense discussioni online e a porte chiuse. Nella prima parte del suo rapporto, pubblicato nell’agosto 2021, l’Ipcc ha indicato l’accelerazione del riscaldamento, prevedendo che la soglia di +1,5°C rispetto all’era preindustriale – l’obiettivo più ambizioso dell’accordo di Parigi – potrebbe essere raggiunto già intorno al 2030. La terza sessione esaminerà i possibili modi di frenare il riscaldamento globale, suddividendo le possibilità per grandi settori (energia, trasporti, industria, agricoltura, ecc.) senza dimenticare le questioni di consenso sociale e il posto delle tecnologie nella cattura e nello stoccaggio del carbonio.

Stiamo parlando di una trasformazione su larga scala di tutti i principali sistemi: energia, trasporti, infrastrutture, edifici, agricoltura e cibo”, ha detto all’Afp l’economista esperta di clima Céline Guivarch, una delle autrici del rapporto. Trasformazioni importanti che devono “iniziare ora” se vogliamo raggiungere la neutralità del carbonio entro il 2050, ha aggiunto.

Queste questioni, che riguardano l’organizzazione stessa dei nostri stili di vita, dei nostri modelli di consumo e di produzione, porteranno probabilmente a discussioni vivaci durante le due settimane in cui i 195 Stati passeranno al setaccio la ‘sintesi per i decisori’, una sorta di riassunto delle migliaia di pagine del rapporto scientifico, riga per riga, parola per parola. In un contesto reso ancora più “infiammato” dall’invasione russa dell’Ucraina, nota Alden Meyer, analista del think tank E3G, che si aspetta di sentire molto parlare del conflitto. Sul fronte del clima, spera che “a lungo termine”, questa guerra “darà più slancio e impulso alla necessità di abbandonare il gas e il petrolio in generale”. “Questo è un rapporto fondamentale pubblicato in un momento cruciale in cui governi, aziende e investitori stanno ricalibrando i loro piani per accelerare la rapida uscita dai combustibili fossili e la transizione verso sistemi alimentari più resilienti e sostenibili”, ha commentato Kaisa Kosonen di Greenpeace.

Mentre secondo l’Onu gli attuali impegni degli Stati, se rispettati, porterebbero a un riscaldamento “catastrofico” di +2,7°C, i firmatari dell’Accordo di Parigi sono chiamati a rafforzare le loro ambizioni di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro la conferenza sul clima COP27 dell’Onu prevista in Egitto a novembre. Ma dopo una COP26 finita in un “ingenuo ottimismo”, per Antonio Guterres la guerra in Ucraina potrebbe invece far deragliare ulteriormente l’azione sul clima. Con politiche di sostituzione degli idrocarburi russi che rischiano di “creare una dipendenza a lungo termine dai combustibili fossili, e rendere impossibile limitare il riscaldamento a +1,5°”, un obiettivo che ora è “in una situazione critica”.