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Bce riduce consumi. Ma non può spegnere macchinette del caffè

Verde e sostenibile, anche più del dovuto. Tra risparmio energetico, riduzione degli sprechi idrici, impianti di riscaldamento e climatizzazione di nuova generazione, la Banca centrale europea porta l’agenda sostenibile dell’Ue in ufficio. L’Eurosistema non vuole certe dare il cattivo esempio quando si parla di transizione green, e gli edifici che ospitano i lavori del board, dei tecnici, degli analisti e dei funzionari si allineano alle nuove ambizioni dell’Ue. A cominciare dall’edificio Sonnemannstrasse 20, quello principale, nel quartiere Ostenda di Francoforte sul Meno, dove avviene la maggior parte dei lavori dell’istituzione comunitaria.

Inaugurato nel novembre 2014, supera del 29% i requisiti della direttiva federale tedesca sul risparmio energetico (“Energiesparverordnung”). Un immobile ancor più virtuoso del minimo richiesto grazie alla facciata del grattacielo che presenta un triplo strato ad alta efficienza energetica. Inoltre le facciate e il tetto della Grossmarkthalle sono isolati in modo efficiente dal punto di vista energetico così da non avere dispersioni né indurre ad aumentare la temperatura interna a seconda delle stagioni. All’interno a ventilazione naturale è assicurata da elementi di facciata azionabili, schermature solari elettriche e illuminazione a basso consumo energetico, fornendo condizioni di lavoro ottimali con la massima luce diurna. Ancora, è presente un sistema di raccolta del l’acqua piovana per l’alimentazione dei servizi sanitari così come l’irrigazione degli spazi verdi interni. Il calore in eccesso generato dal centro di calcolo non viene dissipato, bensì ri utilizzato per riscaldare gli uffici. La Bce ha inoltre provveduto a piantare alberi attorno all’edificio. Questo inverdimento dell’area intorno all’edificio principale si è aggiunto al la rete di parchi cittadini, contribuendo ad accrescere la superficie boschiva di Francoforte.

Prima di Grossmarkthalle tutto si svolgeva tra l’Eurotower e il Japan Center, nel centro della città, e che oggi forniscono quasi la metà dei posti di lavoro totali della Bce, ospitando il personale di supervisione bancaria. Nel 2020 l’Eurotower ha ottenuto la certificazione Gold nell’ambito dell’iniziativa Leadership in Energy and Environmental Design (Leed), grazie ai miglioramenti apportati alla sua infrastruttura tecnica tra il 2015 e il 2016. Tra questi si segnalano l’ installazione di sistemi di schermatura solare ad alta efficienza energetica, l’ isolamento del nucleo in calcestruzzo, l’installazione di nuove centrali termoelettriche combinate, il rinnovo degli impianti di condizionamento per ridurre consumi e migliorare l’efficienza energetica, oltre alla conversione degli impianti elettrici per gli uffici, oggi interamente a Led.

Tutti questi interventi rispondono all’obiettivo che la Bce si è data di ridurre del 20% i consumi energetici entro il 2030. Alla fine del 2021 il taglio registrato è del 16,1%, in linea con le politiche interne. Merito anche della politica per l’area parcheggi, dove si è deciso di mettere lampadine più tenui. Curiosità: tutte le macchinette del caffè presenti negli edifici della Bce non vengono spente mai. “Per ragioni di igiene non si può”, spiegano a Francoforte. Si è dunque provveduto a fare in modo che durante la notte e per tutto il week-end entrino in modalità ‘risparmio energetico’.

(Photo credits: Daniel ROLAND / AFP)

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La Bce alza tassi, prezzi energia annunciano la recessione

Gli indicatori di mercato suggeriscono che i prezzi globali dell’energia rimarranno elevati nel breve termine”. “I costi energetici e alimentari potrebbero rimanere costantemente superiori alle attese”. “Siamo attenti a quello che accade sul mercato dell’energia, ed in particolare quello che avviene su quello del gas, perché ha ripercussioni sull’elettricità”. Queste alcune affermazioni di Christine Lagarde, presidente della Bce, durante una conferenza stampa per certi versi storica: la banca centrale europea ha alzato il costo del denaro (+0,5%) dopo un decennio. L’aumento dei tassi d’interesse si è reso necessario, nonostante mesi di rassicurazioni sulla temporaneità dell’inflazione, per tentare di placare la fiammata sui prezzi, soprattutto energetici, iniziata nell’autunno 2021 ed esasperata dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Il rialzo del costo del denaro, come ha fatto sapere ‘madame euro’, sarà probabilmente solo l’inizio di una serie di rialzi, sulla scia di quanto operato dalla Federal Reserve americana. Le Borse, eccetto Piazza Affari alle prese con la crisi di governo, non sono rimaste sorprese. Tuttavia c’è l’impressione che l’intervento della Bce sia forse tardivo.

Le materie prime, in particolare gas e petrolio, hanno visto impennate paurose negli ultimi mesi. Ma proprio appena aveva finito di parlare la Lagarde, sui mercati americani è iniziata la discesa del prezzo dell’oro nero. Il Wti texano si sta avvicinando ai 95 dollari e il Brent europeo balla attorno a quota 100 dollari. Valori ancora elevati rispetto un anno fa, certo, comunque lontano dai picchi primaverili. Cosa succede? La recessione si avvicina. Una prova? Precipita più delle attese l’attività del settore manifatturiero nell’area di Philadelphia negli Stati Uniti: a luglio il famoso indice relativo Philly Fed è sceso a -12,3 punti dai -3,3 di giugno, i nuovi ordini sono crollati a -24,8 punti dai meno 12,4 punti di giugno. L’inflazione violenta (quasi +9%) dopo la pandemia ha spinto i banchieri centrali a correre ai ripari, alzando il costo del denaro. Risultato finale: rallentamento del ciclo economico nel mondo occidentale. Gli effetti di questo sboom li vedremo ovviamente in autunno, benchè la Russia abbia ricominciato a pompare gas attraverso il North Stream 1 nel Vecchio Continente.
Il tema cruciale è che le banche centrali, che per oltre un decennio hanno comprato tempo garantendo ai governanti europei o americani di turno di continuare a fare debiti senza pensare a chi dovrà pagare il conto finale, non sono più auto-sufficienti. Servirebbe che la politica entrasse in campo. Ma in questo mese abbiamo assistito alla caduta di Boris Johnson, alle dimissioni di Mario Draghi, alle difficoltà di Emmanuel Macron senza maggioranza in Parlamento, alle critiche del mondo imprenditoriale tedesco verso il cancelliere Scholz per non rinunciare al gas di Putin, ai sondaggi negativi per Joe Biden in vista delle elezioni di Mid-Term negli Usa.

Vista la situazione politica, Madame Lagarde preferisce comunque pensare a salvare l’euro. Così la Bce ha annunciato un piano anti-spread, Transmission Protection Instrument (Tpi), che avrà l’obiettivo di mitigare eventuali speculazioni verso i debiti pubblici di alcuni Paesi dell’Eurozona, come ad esempio l’Italia gravata da un disavanzo abbondantemente oltre i limiti fissati dai trattati europei. Quattro sono le condizioni comunicate dall’Eurotower affinchè l’istituto guidato da Christine Lagarde possa intervenire sui mercati, acquistando titoli di stato e spegnendo le fiammate sui rendimenti del debito pubblico. In particolare nel quarto punto si chiede il “rispetto degli impegni presentati nei piani di ripresa e resilienza per la Recovery and Resilience Facility”. Il Pnrr italiano destina alla transizione ecologica 71,7 miliardi (37,5% del totale), ripartiti in 108 misure di cui 55 considerati “verdi”. Attivare il Tpi eviterà lo spread alle stelle, ma significherà affidarsi mani e piedi (la Bce ha già in cassa circa 500 miliardi di debito pubblico tricolore) a Francoforte e Bruxelles. Chi avrà coraggio di alzare la mano e chiedere aiuto alla Lagarde?

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Come i prezzi energia influenzano quelli dei beni alimentari

L’aumento dei prezzi dei beni alimentari è sotto gli occhi di tutti e ha raggiunto un nuovo massimo storico nel 2022, dopo l’invasione russa in Ucraina. Eppure l’inflazione su ciò che mettiamo in tavola era già in aumento prima della guerra in tutta l’area euro. La causa? Sicuramente la pandemia che nel 2020 ha vincolato l’offerta ma, successivamente, dal quarto trimestre del 2021, è cresciuta ancora, raggiungendo il 3,5% a gennaio 2022 e il 7,5% a maggio, il livello più elevato dall’avvio dell’unione monetaria.

L’aumento dei prezzi dell’energia – e in modo particolare del gas – ha influito pesantemente sulla componente alimentare del paniere dei consumi. Ma come sono collegati questi due elementi? Prova a chiarirlo la Bce, che nel bollettino economico, ricorda che l’equazione aumento prezzi energia = aumento beni alimentari è determinata da tre elementi.

Innanzitutto, la produzione agricola e la lavorazione dei prodotti alimentari sono settori ad alta intensità di energia. La coltivazione dei campi, ad esempio, dipende in larga misura dal carburante per i macchinari agricoli, per cui i rincari dell’energia tendono a trasmettersi rapidamente ai costi di produzione, che di conseguenza aumentano.

Inoltre, poiché il gas naturale costituisce uno degli input nella produzione di fertilizzanti, l’aumento dei suoi prezzi fa crescere quelli dei fertilizzanti stessi, incrementando i costi degli input agricoli. Infine, i maggiori costi di trasporto si ripercuotono sui prezzi dei beni alimentari, rendendo così più costosa la sostituzione delle materie prime con quelle provenienti da fonti di approvvigionamento più lontane.

Anche i prezzi delle materie prime alimentari a livello internazionale – ricorda la Bce – hanno registrato un incremento per via delle condizioni meteorologiche avverse in alcune aree“. In aggiunta, i più elevati costi del trasporto marittimo dovuti alle strozzature nelle catene di approvvigionamento mondiali hanno acuito le pressioni sui prezzi.

In questo circolo vizioso si aggiungono, poi, altri elementi fondamentali. In primo luogo, l’Ucraina ha introdotto un divieto di esportazione per alcuni prodotti alimentari, tra cui segale, orzo, grano saraceno, miglio, zucchero, sale e carne. In secondo luogo, il trasporto delle materie prime alimentari dalla Russia è divenuto più dispendioso a causa dei maggiori costi assicurativi e, inoltre, la Russia ha vietato la vendita all’estero di fertilizzanti, di cui è il maggiore esportatore mondiale, fino ad agosto 202210. Infine, l’Unione europea ha adottato ulteriori sanzioni contro la Bielorussia, imponendo un divieto totale alle importazioni di idrossido di potassio e carburanti, fra gli altri altri prodotti. Queste restrizioni al commercio internazionale di concimi, riferisce la Bce, “determineranno ulteriori aumenti dei prezzi sia a livello mondiale sia nell’area dell’euro, mentre la riduzione dell’offerta potrebbe anche incidere sui rendimenti mondiali dei raccolti nel periodo a venire“.

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Lagarde: “Nuova corsa geopolitica per l’accesso a risorse verdi”

La transizione sostenibile dell’Unione europea porta con sé sfide di portata geopolitica, tutta nuova alla luce delle ripercussioni della guerra in corso in Ucraina. Per tradurre in realtà la rivoluzione green che l’Ue si è posta diventa indispensabile procurarsi soprattutto rame, cobalto e nichel, e i Ventisette devono farsi trovare pronti. “La transizione verde sta rendendo alcune materie prime sempre più importanti di altre, ed è quindi probabile una nuova corsa geopolitica per garantire l’accesso alle risorse”, avverte la presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde. La numero uno dell’Eurotower è ospite d’onore del Peterson Institute for International Economics. Invitata a discutere della ‘resilienza dell’Ue nel mondo che cambia’, affronta in chiave del tutto nuova le incognite che circondano la strategia di trasformazione in senso eco-compatibile del modello produttivo del Vecchio continente.

Bisogna investire in politica estera, in accordi commerciali che permettano all’Ue di tenere fede alle proprie promesse e alla propria volontà di indipendenza strategica. Ma una vera indipendenza, se si guarda all’energia, non sarà mai veramente possibile. Perché “energia e materie prime critiche sono distribuite in modo non uniforme nel mondo e non possono essere sostituite con alternative domestiche”, ricorda Lagarde. L’Ue non ha gas né petrolio, che oggi importano, soprattutto dalla Russia. Numeri alla mano, nel 2020 l’Unione europea ha importato circa il 60% della sua energia, una dipendenza che “è in realtà aumentata dal 2000, nonostante una quota crescente di energie rinnovabili nella produzione di energia”. A tal proposito, la Bce non ignora che nel proprio sottosuolo l’Unione non ha neppure quelle risorse che servono per tecnologie alternative. Allora l’imperativo è consorziarsi. Lagarde pone l’accento sulle regioni. Sono queste che “dovranno sempre più reperire i propri input critici da un pool più ristretto di potenziali fornitori ritenuti affidabili e in linea con i loro interessi strategici condivisi”. La Russia, alla luce delle politiche aggressive e dell’utilizzo della leva energetica, affidabile non lo è più. Ecco che servirà reinventarsi sullo scacchiere internazionale e sui mercati. Le risorse economico-finanziarie “saranno importanti nella gestione delle transizioni in corso”, quelle verde e digitale. Da questo punto di vista “le esigenze di investimento che dobbiamo affrontare sono enormi, soprattutto se vogliamo disaccoppiarci rapidamente dalla Russia”. La corsa alla materie prime necessarie per un’Europa davvero verde e sostenibile e già iniziata, e si tratta di accelerarla, mettendosi al riparo dalla concorrenza extra-europea.