In autostrada stabili benzina e diesel sopra i 2 euro. Bolzano la città più cara

Secondo la rilevazione quotidiana diffusa dal Mimit, ministero delle imprese e del made in Italy, il prezzo della benzina in modalità self in autostrada è stabile a 2,078 euro al litro (-1 millesimo) così come il prezzo medio del gasolio a 2,024 euro. Fuori dalle autostrade, la provincia di Bolzano è la zona più cara d’Italia, con la benzina che cala di un millesimo a 2,035 euro al litro e il diesel che resta a 1,98 euro.

In generale si nota una leggera decelerazione dei prezzi fuori dalle autostrade. Complessivamente sono scese a 11 le regioni/province dove la verde ha sfondato quota 2 euro: Abruzzo 2 euro al litro, Basilicata 2,021, Calabria 2,017, Campania 2,002, Liguria 2,023, Molise 2,004, Puglia 2,008, Sardegna 2,021, Val d’Aosta 2,022, provincia autonoma di Trento 2,004 e appunto di Bolzano a 2,035 euro.

Nella settimana dal 18 al 24 settembre, secondo l’Osservatorio carburanti del Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, il prezzo della Benzina è aumentato a 2,001 euro al litro (+4,6 millesimi rispetto alla precedente settimana), così come quello del diesel a 1,938 euro/litro (+1,4 centesimi).

“Dopo che il gasolio aveva varcato settimana scorsa il tetto di 1,9 euro, ora tocca alla benzina sfondare i 2 euro nei dati ufficiali del ministero dell’Ambiente. Considerato che nella rilevazione del 10 luglio era 1,845 euro, si tratta di un balzo terrificante. Una corsa inarrestabile contro la quale il Governo ieri ha partorito un topolino, aiutando solo i poveri assoluti, che di sicuro useranno quel misero stanziamento di 100 milioni per acquistare cibo e non certo per fare gite fuori porta”, afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.

“Gli automobilisti, insomma, come tradizione italica, restano una gallina dalle uova d’oro. Se il 10 luglio il Governo incassava, solo di Iva, 33,268 cent al litro per la benzina e 30,363 cent per il gasolio, ora ne prende già, rispettivamente, 36,1 e 34,952 cent, ossia quasi 3 cent in più per ogni litro di benzina (2,832) e ben oltre 4 cent al litro per il gasolio (4,589)”, prosegue Dona.

“Dalla rilevazione del 10 luglio 2023, in 2 mesi e mezzo, un litro di benzina self è rincarato di quasi 16 cent, +8,5%, pari a 7 euro e 85 cent per un pieno di 50 litri, mentre per il gasolio il rialzo è di oltre 25 cent al litro, +15,1%, pari a 12 euro e 72 cent a rifornimento, che su base annua significano oltre 305 euro”, conclude Dona.

Cala (di poco) il prezzo di benzina e diesel in autostrada. Ma in 12 regioni sfonda ancora i 2 euro

Il prezzo della benzina in modalità self in autostrada segna un primo leggerissimo calo a 2,078 euro al litro (-1 millesimo) e il prezzo medio del gasolio cede 2 millesimi a 2,021 euro. E’ quanto emerge dalla rilevazione quotidiana diffusa dal Mimit, ministero delle Imprese e del made in Italy.Fuori dalle autostrade, la provincia di Bolzano è la zona più cara d’Italia, con la benzina che arriva a 2,037 euro al litro e il diesel che resta a 1,98 euro.

In generale si nota una minima decelerazione dei prezzi fuori dalle autostrade. Complessivamente sono scese a 12, dalle 14 di ieri, le regioni/province dove la verde ha sfondato quota 2 euro: Abruzzo 2,002 euro al litro, Basilicata 2,024, Calabria 2,021, Campania 2,004, Friuli Venezia Giulia a 2, Liguria 2,027, Molise 2,007, Puglia 2,01, Sardegna 2,024, Val d’Aosta 2,024, provincia autonoma di Trento 2,006 e appunto di Bolzano a 2,037 euro.

Secondo l’ultima indagine di Unem, Unione Energie per la Mobilità, nei primi otto mesi 2023 i consumi petroliferi sono ammontati a 37,9 milioni di tonnellate, con un decremento dell’1,3% (-496.000 tonnellate) che si va amplificando rispetto allo stesso periodo 2022. Il calo è da attribuire proprio all’aumento del costo dei carburanti.

I consumi di carburanti autotrazione (benzina+gasolio) sono risultati pari a 20,9 milioni di tonnellate, con un incremento dello 0,7% (+144.000 tonnellate) rispetto ai primi otto mesi 2022. In particolare, rispetto al periodo gennaio-agosto 2022, la benzina totale ha mostrato un incremento del 6,3%, con una crescita analoga della benzina venduta sulla rete (+6,3%), mentre il gasolio autotrazione ha evidenziato un calo dell’1,1%, con il gasolio venduto sulla rete aumentato dello 0,4%.
Quanto alla dinamica dei prezzi al consumo, in media ad agosto la benzina è stata superiore di circa 13 centesimi di euro/litro rispetto all’agosto dello scorso anno, quando vigeva l’accisa ridotta, mentre il gasolio di soli 1,9 centesimi.

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Il prezzo della benzina resta stabile: sopra 2,6 euro in 6 casi su 69mila. Urso: “Tagliato cuneo, non accise”

I prezzi dei carburanti sono fermi da tre giorni. Il petrolio rallenta per i timori di una crisi cinese e per un possibile nuovo rialzo dei tassi Usa, due eventi che comprometterebbero la domanda. Le polemiche, però, non si fermano in Italia. Altroconsumo rilancia una raccolta firme per abolire temporaneamente il prelievo Iva su benzina e diesel, comunicando di aver raggiunto oltre 100mila sottoscrizioni. Il Codacons se la prende con la premier Giorgia Meloni per aver promesso di abolire le accise, mentre al governo ha tolto gli sconti sulle stesse accise introdotti dall’esecutivo Draghi. Per tagliarle servirebbero “12 miliardi di euro”, ha detto il ministro delle imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, precisando che questi fondi sarebbero “ben più di quanto è costato il reddito di cittadinanza mentre noi, avendo una visione sociale e industriale ben chiara, abbiamo preferito usare quelle risorse per tagliare il cuneo fiscale per ben due volte”. E poi “i prezzi dei carburanti hanno cominciato a salire da quando l’Opec+, il cartello dei paesi arabi alleati con la Russia, ha cominciato a tagliare la produzione per far salire i prezzi del barile. Un aumento che si scarica sul consumatore”, ha aggiunto l’esponente dell’esecutivo.

Il suo ministero ha comunque precisato che il prezzo medio del gasolio self sulla rete stradale ha registrato una riduzione millesimale tra mercoledì e giovedì 17 agosto, passando da 1,843 euro/litro a 1,842 (-1 millesimo di euro), dato replicato poi anche nella giornata di venerdì; il prezzo medio della benzina self sulla rete stradale italiana risulta invece invariato dal 16 agosto, stabile sugli 1,944euro/l. Anche lungo la rete autostradale nessuna variazione da mercoledì, con gasolio self stabile sugli 1,928 e benzina self sui 2,019 euro al litro.

Non mancano certo le anomalie, segnalate a più riprese dalle associazioni dei consumatori, sulle quali ha voluto fare una operazione-verità la Figisc-Confcommercio, una delle associazioni che rappresentano i gestori delle stazioni di servizio, rifacendosi ai prezzi del 16 agosto, prelevati dall’Osservatorio ministeriale. “Intanto va detto che parliamo in quel giorno di 14.637 prezzi per la benzina in servito, 14.611 per il gasolio in servito, 19.886 prezzi per la benzina in self e 19.872 per il gasolio in self, circa 69.000 prezzi in tutto. Quanti sono i prezzi attorno (diciamo pure da sopra i 2,600 in su) a 2,700 euro/litro? Sono in tutto 6, ossia 1/11.501, uno ogni 11.501 impianti, e sopra i 2,700 euro/litro uno solo su 69.006 prezzi in tutto”.

Non è finita. “Rispetto alle sei eccezioni, per la benzina self 16.331 punti vendita su 19.886 (ossia l’82,12 % di tutti i prezzi comunicati) sono collocati nella classe di prezzo tra 1,900 e 2,000 euro/litro (ricordiamo che la media è 1,944) e per il gasolio self i punti vendita collocati tra 1,800 e 1,900 euro/litro (con una media di 1,842) sono 15.738 su 19.872, ossia il 79,20 %”, sottolinea Figisc. “Per i prodotti in self, i prezzi collocati sopra i 2,000 euro/litro sono 559 su 19.886, ossia il 2,81 %, per la benzina e 99 su 19.872 (ossia lo 0,50 %) per il gasolio. Questi sono i numeri veri che attestano una realtà di livelli di prezzo – per quanto pesanti per carico fiscale e anche per l’incidenza dei mercati internazionali dei prodotti raffinati – decisamente assai lontana dai sensazionalismi sparati a titoli di scatola dalla stampa, similmente a quanto già accaduto ad inizio anno”, conclude l’associazione dei benzinai.

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Benzina oltre 2 euro/litro in autostrada. Da accise+Iva oltre 3 mld al mese

Oggi in provincia di Bolzano, secondo l’osservatorio del ministero delle Imprese e del made in Italy, si paga la benzina – in modalità self – più cara d’Italia a 1,977 euro al litro. Ma l’Alto Adige è primatista anche per il prezzo medio del gasolio: 1,882 euro. Ma è in autostrada che si sfondano i 2 euro, lungo la rete, per la benzina self: più precisamente 2,019 al litro.

Per Assoutenti tuttavia “sono numerosi gli impianti ubicati sulle autostrade che, alla data odierna, vendono la benzina (servito) a 2,499 euro al litro, e a oltre 2,4 euro il gasolio – spiega l’associazione che ha realizzato un monitoraggio alle ore 9 di questa mattina- Ma al di là delle autostrade, i listini stanno aumentando su tutta la rete. In soli tre mesi, da maggio ad oggi, un litro di benzina è rincarato in media di 13,2 centesimi, il gasolio costa addirittura 17,7 centesimi in più. Questo significa da un lato che un pieno di verde costa 6,6 euro in più rispetto a maggio, +8,9 euro un pieno di gasolio, dall’altro che le casse statali stanno guadagnando miliardi di euro attraverso Iva e accise grazie ai rincari dei carburanti”.

Diciassettesimo giorno di rialzi dunque per i carburanti in Italia, sulla scia di un petrolio che – complice i tagli alla produzione decisi da Arabia Saudita e Russia – hanno spinto il greggio Brent europeo verso gli 85 dollari al barile. In Italia tuttavia la polemica ruota attorno al peso delle accise, dopo che ieri il ministero guidato da Adolfo Urso ha precisato che il prezzo industriale – esclusi quindi i tributi che gravano su benzina e diesel – è più basso rispetto ai grandi Paesi europei. Il Codacons invia “una denuncia nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze per appropriazione indebita e speculazione da aggiotaggio, con diffida a congelare i 2,2 miliardi di euro di accise incamerati solo nell’ultima settimana“. Cifra fornita da un calcolo di Assoutenti, ipotizzando 15 milioni di autovetture a benzina o gasolio in circolazione sulle autostrade italiane e una media di tre pieni solo per gli spostamenti e il successivo ritorno. “Una media tra tasse su benzina e gasolio di 1.513.125.000 a titolo di accise e 762.750.000 a titolo di Iva. Iva e accise – ricorda l’associazione – pesano oggi per il 55,6% su un litro di verde e per il 51,8% sul gasolio“.

L’incasso dello Stato, prendendo spunto dai dati dell’Unem (Unione energie per la mobilità), appaiono tuttavia diversi. “Nel primo semestre il gettito fiscale teorico è stato pari a 18,6 miliardi di euro, 2,9 miliardi in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno caratterizzato dalla riduzione di accise a partire dal 22 marzo 2022”, si leggeva in un recente comunicato. “Inoltre, lo spostamento dei volumi dal gasolio alla benzina, dovuti anche alla progressiva ibridizzazione del parco auto, nel primo semestre ha comportato un maggior gettito fiscale (accisa e Iva) stimato sui 160 milioni in virtù del fatto che la benzina sconta un’accisa maggiore di 11 centesimi rispetto al gasolio”. Di fatto lo Stato ha incassato tra accise e Iva circa 103 milioni al giorno, oltre 3 miliardi al mese, con una media prezzi di 1,846 euro al litro per la benzina, nei primi sei mesi dell’anno, e di 1,768 per il gasolio. Ora i prezzi alla pompa sono più cari rispettivamente del 4,7% e del 2,5%. In pratica il gettito stimato per agosto è di circa 3,4 miliardi, ben oltre 200 milioni in più per lo Stato.

Con la benzina sopra i 2 euro in autostrada l’opposizione comunque va all’attacco del governo. “L’Italia ha la benzina più costosa d’Europa. Il caro vita continua a mordere mentre i Ministri di questo Governo sono preoccupati di fare video per spiegare che sono al lavoro per garantire le ferie a tutti e per dire che in verità, esentasse, il carburante italiano è molto economico“, polemizza il Capogruppo al Senato per il MoVimento 5 Stelle, Stefano Patuanelli: “Penso che ancora molti di loro non si siano resi conto di essere al Governo e vivono in una costante volontà di annunciare, dichiarare, comunicare cose che non hanno alcuna aderenza alla realtà. È una dissociazione politica“.

Questo governo continua a raccontare balle agli italiani, il ministro Urso ora dice che i carburanti in Italia costano come gli altri paesi, ma le bugie hanno le gambe corte: come spiega il sito Globalpetrolprices.com rispetto al carobenzina siamo al 159 posto sui 168 paesi di tutto il mondo. La stessa bugia – ha detto al Tg3 Angelo Bonelli, co-portavoce nazionale di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra – di Giorgia Meloni quando, in campagna elettorale, affermava che si dovevano togliere le accise e adesso scopriamo che grazie a queste la benzina costa così cara“. Concetto ribadito dalla vicepresidente della Camera, la dem Anna Ascani:  “Nell’imbarazzante assenza di qualsiasi iniziativa del governo per bloccare l’aumento spropositato dei carburanti assistiamo all’ennesima mannaia calata sul potere d’acquisto delle famiglie. Erano pronti, dicevano in campagna elettorale, anche a cancellare le accise. Menzogne. Hanno invece spazzato via i tagli decisi dal governo Draghi”.

Coldiretti ora teme aumenti per il carrello della spesa: “In un Paese come l’Italia dove l’88% delle merci per arrivare sugli scaffali viaggia su strada l’aumento dei prezzi di benzina e gasolio ha un effetto valanga sui costi delle imprese e sulla spesa dei consumatori”.

Benzina verso 2 euro, rialzi non si fermano. Ministero: Pesano accise

Non si ferma la corsa dei carburanti. Nella settimana dal 7 al 13 agosto, secondo l’Osservatorio carburanti del Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, il prezzo della benzina è aumentato a 1,939 euro al litro (+9,82 millesimi rispetto alla precedente settimana), così come quello del diesel a 1,827 euro/litro (+3,13 centesimi).

Si tratta di quotazioni in modalità self-service, quindi il servito è abbondantemente già sopra la soglia psicologica dei 2 euro al litro, che aveva preoccupato l’Italia dopo lo scoppio della guerra in Ucraina un anno e mezzo fa. “Per il sedicesimo giorno consecutivo hanno subito un aumento”, commenta Fegica, una delle associazioni che rappresentano i gestori di impianti di carburanti. Per cui “il cartello dei prezzi medi, imposto ai distributori dal governo, nulla ha potuto, né ha mai avuto alcuna possibilità di farlo, contro gli aumenti dei prezzi dovuti ai valori in ascesa dei mercati internazionali dei prodotti. Al contrario si può cominciare ad intravedere il concretizzarsi di quel pericolo di cui l’Antitrust aveva a più riprese informato il Governo: l’esposizione dei prezzi medi non è solo inutile, ma rischia di essere controproducente. C’è quindi bisogno di interventi seri sia in prospettiva, con una riforma strutturale del settore, sia nell’immediato. I prezzi dei carburanti sono ormai al medesimo livello di quando il Governo Draghi decise di tagliare le accise”, sottolinea Fegica in una nota.

Nel dettaglio, calcola Figisc-Confcommercio (altra associazione dei gestori di stazioni di servizio), la media dei prezzi medi delle regioni per la benzina è cresciuta di +0,029 euro/litro, con un massimo di +0,038 (regione Molise) ed un minimo di +0,020 (regione Friuli Venezia Giulia), con un valore medio iniziale al 1° agosto di 1,920 euro/litro (con un massimo di 1,945 euro/litro per la provincia autonoma di Bolzano e un minimo di 1,891 per la regione Marche), ed un valore medio finale al 16 agosto di 1,949 euro/litro (con un massimo di 1,974 euro/litro per la provincia autonoma di Bolzano e un minimo di 1,924 per la regione Veneto).

Per quanto riguarda il diesel, sottolinea Figisc, “la media dei prezzi medi delle regioni è cresciuta di +0,072 euro/litro, con un massimo di +0,083 (regione Molise) ed un minimo di +0,065 (regione Sardegna), con un valore medio iniziale al 1° agosto di 1,776 euro/litro (con un massimo di 1,804 euro/litro per la provincia autonoma di Bolzano e un minimo di 1,751 per la regione Marche), ed un valore medio finale al 16 agosto di 1,848 euro/litro (con un massimo di 1,978 euro/litro ancora per la provincia autonoma alto-atesina e un minimo di 1,822 per la regione Marche)”.

Una nota del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, guidato da Adolfo Urso, ha voluto precisare “che il prezzo industriale della benzina, depurato dalle accise, è inferiore rispetto ad altri Paesi europei, come Francia, Spagna e Germania. Il prezzo alla pompa è, oggi rispetto alla giornata di ieri, sostanzialmente stabile e maggiore di 0,02-0,04 euro rispetto alla rilevazione di domenica. Si nota quindi un rallentamento del trend degli aumenti, dovuti alla crescita delle quotazioni internazionali, che si erano osservati nell’ultimo mese, a dimostrazione di come sia stata efficace in questi mesi l’azione del monitoraggio del Mimit e, a partire dal mese di agosto, lo strumento dell’esposizione del prezzo medio regionale che consente ai consumatori di scegliere dove rifornirsi, in trasparenza e consapevolezza“.

Il ministero ha poi sottolineato che le quotazioni internazionali medie della scorsa scorsa settimana mostrano, rispetto al mese precedente, aumenti analoghi a quelli del prezzo alla pompa. “Insomma, è falso quanto affermano alcuni esponenti politici che il prezzo di benzina e gasolio sia fuori controllo, anzi è vero il contrario: l’Italia ha fatto meglio di altri Paesi europei”, ha aggiunto. “Peraltro, appare davvero strano che se la prendano con una misura risultata pienamente efficace che ha consentito, in un sistema di mercato, di contrastare la speculazione, dando piena trasparenza e quindi consapevolezza e capacità di scelta al consumatore. Sono contrari anche alla trasparenza?“, conclude la nota. Se il tema è quello delle accise, proprio il “governo ha inserito una clausola ‘taglia accise’ collegata però ad un livello di prezzo troppo alta per essere funzionale nelle presenti condizioni di emergenza”, aggiunge la Fegica che conclude: “E’ arrivato il momento che il Governo abbandoni slogan e giustificazioni poco credibili e prenda seriamente in esame l’ipotesi di mettere le mani sulla tassazione dei carburanti, fosse pure temporaneamente”. Per tagliare le imposte sui carburanti, in base al meccanismo della cosiddetta accisa mobile, il prezzo dovrebbe aumentare “in misura pari o superiore, sulla media del periodo (un paio di mesi, ndr), a due punti percentuali rispetto esclusivamente al valore di riferimento, espresso in euro” e che viene indicato nel Def. Ecco, nel Documento di Economia e Finanza il petrolio viene stimato a 82,3 euro per il 2023 cioè 89,84 dollari al cambio attuale. La quotazione del Brent però è attualmente attorno a 85 dollari al barile. Sotto dunque la soglia stabilita dal Def.

Carburanti, aumenti di 4 cent: niente taglio accise. Urso: “Prezzo medio cambierà tutto”

Non ci sarà un nuovo intervento sulle accise, contro l’aumento dei carburanti il governo punta tutto sul cartello del prezzo medio. La conferma arriva dalla viva voce del ministro delle Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, che fa il punto assieme al Garante dei prezzi, Benedetto Mineo, per spiegare che la situazione italiana è migliore di molte altre a livello europeo. Il costo “è cresciuto di 4 centesimi nell’ultima settimana“, mette subito in chiaro il responsabile del Mimit, mostrando grafici che dimostrano la differenza con Paesi dell’eurozona come Spagna, Francia e Germania. Gli aumenti “sono conseguenza dell’incremento delle quotazioni internazionali, che comunque rimangono ben lontane da quelle precedenti al momento in cui siamo riusciti a convincere la Commissione Ue a porre tetto al prezzo del gas“, sottolinea Urso.

Di rimettere mano alle accise, dunque, non se ne parla. O meglio, il governo non ne vede la necessità. “Ci fu un intervento del precedente governo quando i prezzi erano schizzati alle stelle“, dice ancora il ministro, mentre “oggi i dati sono molto diversi, dunque riteniamo che le risorse pubbliche debbano essere destinate laddove ci siano davvero delle emergenze“. La decisione scatena le opposizioni, con Matteo Renzi (Iv) che attacca: “Questo governo ha aumentato la benzina per dare soldi alle squadre di serie A. E per me questa è la dimostrazione più netta di come governino i populisti“. Picchia duro anche il M5S: “I patrioti delle accise fanno cassa sulla pelle degli italiani”. E non è da meno Avs: “Aumenta il costo dei carburanti e Meloni non fa niente”.

I numeri che determinano la scelta li fornisce Mineo: “Secondo i dati di questa mattina, la tendenza che si era già manifestata da metà maggio, nelle ultime due settimane ha subito accelerazione: abbiamo la benzina a 1,91 centesimi per litro e il gasolio a 1,76 centesimi“. Per il Codaconsgli aumenti all’approssimarsi dell’estate rappresentano ormai una tassa occulta”. Figisc-Confcommercio indica la “pressione sui fondamentali di mercato” come causa dei prezzi dei carburanti: nel 2023 le quotazioni del greggio “vanno da un massimo 79,96 euro/barile (87,33 dollari) del 12 aprile ad un minimo di 65,47 (72,50) del 4 maggio; le quotazioni di venerdì 27 luglio sono di 77,19 euro/barile (84,99 dollari)“, quelle dei raffinati, invece, per la benzina registra “un massimo di 0,657 euro/litro il 12 aprile ed un minimo pari a 0,514 il 3 maggio, il 26 luglio si è eguagliato il precedente massimo, ancora con 0,657 euro/litro; per il gasolio si segnala un massimo di 0,794 euro/litro il 23 gennaio ed un minimo di 0,493 ancora il 3 maggio, il dato per il 26 luglio è di 0,663, ma venerdì 27 il mercato segnala un ulteriore aumento nell’ordine di +0,020 euro/litro, portando questo prodotto al valore massimo dall’inizio anno“.

Secondo il ministro, però, se ci sono stati rialzi oltre la media sono da attribuire all’azione di singoli distributori. Ma, assicurano, la musica cambierà dalle prossime 24 ore. Quando entrerà in vigore la norma del decreto Trasparenza del gennaio scorso, dunque tutti gli esercenti saranno obbligati a esporre un cartello aggiuntivo con il prezzo medio dei carburanti, che i consumatori potranno confrontare con quello di vendita applicato dalle singole aree di servizio su indicazione dalle compagnie petrolifere. “C’è un allarmismo assolutamente esagerato”, avvisa il sottosegretario al Mimit, Massimo Bitonci, collegato alla conferenza stampa convocata dal ministro. “Da domani cambia tutto – continua – con la scelta positiva di imporre una maggiore trasparenza dai distributori: il singolo cittadino potrà verificare il prezzo medio giornaliero sia dal sito sia dal tabellone che dovrà essere esposto in tutti i distributori italiani”. Poi, aggiunge Bitonci, “c’è un tema strutturale: da mesi lavoriamo, al tavolo carburanti, alla ristrutturazione della rete”.

Urso e il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, infatti, domani incontreranno “tutti gli attori della filiera, ai quali presenteremo il quadro normativo che intendiamo realizzare per dare un assetto significativo al settore“, spiega. Per il responsabile del Mimit “finalmente stiamo esaudendo le esigenze che gli operatori si attendevano dai tanti governi precedenti“. Sarà una misura “a 360 gradi”, però. Questo vuol dire che per il reperimento delle risorse, dunque per l’approdo in Consiglio dei ministri, “occorrerà qualche settimana in più”, anche se il lavoro con il Mef prosegue in maniera costante.

Oltre al problema dei carburanti, però, c’è sempre quello dell’aumento dei prezzi dei beni primari, soprattutto quelli alimentari. Altro dossier su cui il governo è al lavoro per quello che Urso chiama il “patto anti-inflazione, che spero possa essere presentato questa settimana“. Perché con “un paniere calmierato di beni di largo consumo, di natura alimentare ma non solo, studiato per le famiglie grazie all’impegno di tutta la filiera, pensiamo di poter dare un colpo decisivo all’inflazione”. A subire le conseguenze dei rincari di benzina e gasolio, però, è l’intero sistema agroalimentare dove i costi della logistica arrivano ad incidere attorno ad 1/3 sul totale dei prezzi al consumo per frutta e verdura che fanno registrare rispettivamente un aumento del 13,9% e del 20%, denuncia Coldiretti, commentando i dati Istat sull’inflazione di luglio.

Auto elettriche? Pare inquinino meno quelle a… carbone

Si è incagliato l’iter europeo relativo allo stop delle immatricolazioni di auto a motore endotermico dal 2035. Ciò che pareva una sentenza qualche settimana fa adesso lo sembra un po’ meno: di rinvio in rinvio, di protesta in protesta, di dubbio in dubbio qualcosa si è mosso a Bruxelles. O, per lo meno, sono state prese in considerazione le istanze di chi, in particolare dell’Italia, ha sollevato perplessità su un provvedimento traumatico per un’intera filiera produttiva. Due le premesse.

La prima: è doveroso salvaguardare il Pianeta, dunque eliminare le emissioni di Co2 e circoscrivere l’aumento della temperatura come da accordi presi a Parigi nell’ormai lontano 2015. E in questo senso, l’Europa sta avanti a tutti, esempio virtuoso per India e Cina ma pure per gli Stati Uniti. La seconda: la mobilità elettrica è sicuramente la più funzionale in prospettiva, anche se al momento nessun Paese è strutturato per supportare l’erogazione il bisogno di elettricità di milioni e milioni di veicoli.

Evase le premesse, resta una considerazione. Tra oggi e il 2035 esistono delle vie di mezzo rappresentate, ad esempio, dai biocarburanti. Che inquinano poco e che consentono una transizione meno traumatica per chi non può modificare o capovolgere i propri sistemi produttivi. Soluzione, questa, che giocoforza dovrà essere presa in considerazione dalle autorità di Bruxelles, a volte troppo rigide e troppo distanti dalla realtà. E ancora: tra oggi e il 2035, chissà che non si facciano sostanziali passi avanti sulla produzione a basso prezzo di idrogeno (verde) e che così l’elettrico non rappresenti l’unica via di fuga possibile dalla Co2. Senza dimenticare, comunque, che per ‘offrire’ elettricità fatalmente si inquina.

L’ultima riflessione riguarda una questione strettamente europea, che fa a pugni con la volontà (legittima) di preservare il nostro presente e il nostro futuro attraverso la decarbonizzazione. Esiste infatti un paradosso difficile da spiegare e da accettare. Mentre si discute animatamente e quasi si litiga sui motori a diesel e benzina, la Gran Bretagna riapre dopo 37 anni una importante miniera di carbone per supportare la produzione dell’acciaio. Nello stesso tempo, la Germania sta facendo viaggiare ‘a cannone’ le sue centrali a carbone per fronteggiare la crisi energetica. Imitata anche dall’Italia. Ora: non bisogna essere uno di Fridays for Future per capire che i conti non tornano, che qualcosa non quadra. E se usassimo le auto a carbone?

Parlamento Ue

Via libera definitivo dell’Ue: stop a motori benzina e diesel dal 2035

Un passaggio formale a Strasburgo che a Roma non smette di alimentare la polemica sulla transizione della mobilità europea. A partire dal 2035 le auto con motore a combustione, diesel e benzina, non saranno più vendute in Europa: l’Europarlamento riunito a Strasburgo in sessione plenaria ha confermato con 340 voti a favore, 279 contrari e 21 astenuti l’accordo raggiunto nella notte tra il 27 e il 28 ottobre con gli Stati membri sulla revisione degli standard di prestazione delle emissioni di CO2 per auto e furgoni.

Il primo e tra i più importanti fascicoli del ‘Fit for 55’, l’ambizioso pacchetto sul clima proposto dalla Commissione europea a luglio 2021 per abbattere le emissioni del 55% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990) come tappa intermedia per la neutralità climatica al 2050. L’intesa raggiunta lo scorso anno prevede lo stop alla vendita di auto e furgoni con motori a combustione interna, quindi benzina e diesel, entro il 2035 in tutta Ue, con una tappa intermedia di riduzione delle emissioni di CO2 delle auto nuove e dei nuovi furgoni entro il 2030 (rispettivamente del 55 e 50%, rispetto ai livelli del 2021). Entro il 2025, la Commissione Ue dovrà presentare un metodo di calcolo per valutare e comunicare i dati sulle emissioni di CO2 durante tutto il ciclo di vita delle auto e dei furgoni venduti sul mercato dell’UE e l’accordo include una clausola di revisione perché la Commissione valuti nel 2026 i progressi compiuti verso il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni e possa riesaminare tali obiettivi tenendo conto degli sviluppi tecnologici, anche per quanto riguarda le tecnologie ibride plug-in. Viene mantenuto il meccanismo di incentivi per i veicoli a zero e basse emissioni fino al 2030, per cui se un produttore soddisfa determinati parametri di riferimento per la vendita di veicoli a zero e basse emissioni può essere premiato con obiettivi di CO2 meno severi. Infine, l’accordo include una formulazione sui carburanti CO2 neutrali in base alla quale la Commissione presenterà una proposta per l’immatricolazione dei veicoli che funzionano esclusivamente con combustibili CO2 neutrali dopo il 2035. Mantenuto il cosiddetto emendamento ‘salva Motor Valley’, che deroga fino al 2035 gli standard di emissione per i produttori di piccoli volumi di produzione (da 1.000 a 10.000 auto nuove o da 1.000 a 22.000 nuovi furgoni). L’esenzione è totale per i produttori di meno di 1.000 nuove immatricolazioni di veicoli all’anno.

L’accordo raggiunto in ottobre ha segnato il primo grande passo in avanti dell’Unione europea sugli oltre 10 dossier legislativi del ‘Fit for 55’. Le nuove norme sulle emissioni di auto e benzina hanno diviso l’Italia per tutto l’iter legislativo europeo tra chi è convinto che la misura sia necessaria per dare una rapida svolta all’industria auto Ue, e chi invece teme che il passo possa danneggiare industria e consumatori nel pieno di una crisi energetica. La divisione è ben rappresentata dai voti espressi oggi a Strasburgo: tutta la delegazione italiana del centrodestra nell’Emiciclo composta da Fratelli d’Italia (nel gruppo ECR), Lega (nel gruppo ID) e Forza Italia (nel PPE) – che a Roma è espressione della maggioranza di governo – ha votato contro la conferma dell’accordo, mentre a votare a favore sono stati gli eurodeputati del Partito democratico (nel gruppo dei Socialisti&Democratici), del Movimento 5 stelle (Non Iscritti), dei Verdi e di Italia Viva (nel gruppo Renew Europe). Per il vicepresidente esecutivo Frans Timmermans non c’è dubbio che la strada intrapresa con la futura legislazione europea sulle auto è quella giusta e ne è consapevole anche l’industria delle auto stessa. “Sono convinto che l’industria automobilistica europea abbia già fatto questa scelta molto chiaramente. I costi di gestione dei veicoli elettrici sono già più bassi di quelli delle auto con motore a combustione e nel giro di pochi anni anche l’acquisto di un veicolo elettrico sarà più economico di quello di un’auto con motore a combustione”, ha detto il vicepresidente per il Green Deal in un intervento in plenaria che ha preceduto il voto. L’accordo politico passa ora all’ultimo step formale di approvazione degli Stati membri Ue al Consiglio nelle prossime settimane, per poi essere pubblicato in Gazzetta Ue.

I benzinai confermano lo sciopero del 25-26 gennaio: “Non ci sono stati passi avanti”

Lo sciopero dei benzinai del 25 e 26 gennaio è confermato: “Nessun elemento fra quelli per cui lo abbiamo indetto è venuto meno”, ha spiegato Massimo Terzi, rappresentante di Anisa Confcommercio, nel corso di una conferenza stampa al termine dell’incontro presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Con le nuove norme “siamo ancora più penalizzati” ed in particolare “questo ennesimo cartello fa tutto tranne che trasparenza”, ha aggiunto.

Siamo pronti fino all’ultimo per trovare una quadra ma al momento non possiamo revocare la mobilitazione”, spiega Bruno Bearzi, presidente Figisc/Anisa. “Siamo profondamente delusi, ci aspettavamo altro – confessa -. Le condizioni sostanziali non sono cambiate: c’è stato sforzo per ridurre le sanzioni, ma resta l’obbligo del cartello. Passa il messaggio che siamo una categoria da tenere sotto controllo perché specula”.

Lo sciopero riguarderà anche i distributori self service: per questo lo stop inizierà alle 19 di martedì 24 gennaio e terminerà alle 19 di giovedì 26 gennaio. Le tre sigle Faib-Confesercenti, Fegica e Figisc-Anisa Confcommercio assicurano, comunque, che garantiti i servizi minimi essenziali in un determinato numero di stazioni nelle città ma anche sulle reti autostradali.

Urso: Legarsi a solo vettore elettrico per trasporto su gomma scelta rischiosa

Nel 2035 l’Europa sarà full electric. O almeno questo dice il pacchetto varato dall’Ue, che mette lo stop alla vendita dei veicoli con motore a combustione interna, dunque quelli con motori a scoppio, benzina e diesel. Un provvedimento che rischia seriamente di mettere in crisi un settore cruciale per l’economia italiana come l’automotive, ma non solo. Perché a cascata gli effetti si avvertirebbero anche sulla ricerca e produzione di carburanti green. Il tema è ancora molto sentito nel nostro Paese, GEA ne ha parlato con il ministro delle Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso.

Ministro, non è un mistero che all’Italia (ma non solo) il ‘Fit for 55′ stia un po’ stretto. Chiedete flessibilità all’Europa, su quali punti sperate di convincere l’Ue a non essere così rigida?

“Siamo pienamente consapevoli e convinti della necessità di una transizione ecologica in linea con gli impegni in tema di clima e ambiente derivanti dagli Accordi di Parigi; riteniamo fondamentale tuttavia che l’Europa adotti un approccio non ideologico sul tema, che mantenga il principio cardine e di maggior efficienza della neutralità tecnologica per il raggiungimento degli sfidanti obiettivi di riduzione delle emissioni, lasciando spazio all’innovazione tecnologica e alla ricerca. Legarsi alla scelta del solo vettore elettrico per il trasporto su gomma è una scelta rischiosa, a maggior ragione se le materie prime e le componenti che servono per produrre le vetture sono concentrate in Paesi fuori dall’Unione europea. Per queste ragioni il Governo ha fortemente voluto che nell’approvazione del nuovo regolamento Co2 sulle emissioni per auto e veicoli leggeri venissero inseriti alcuni punti fondamentali: un riferimento ai combustibili neutri in termini di emissioni di CO2 (biodiesel, biometano) e la previsione che la Commissione presenti una proposta relativa all’immatricolazione di veicoli che funzionano esclusivamente con combustibili neutri in termini di emissioni di Co2; l’impegno da parte della Commissione ad elaborare, entro il 2025, una metodologia comune per valutare l’intero ciclo di vita delle emissioni di CO2 delle autovetture e dei furgoni immessi sul mercato dell’Ue, nonché dei combustibili e dell’energia consumati da tali veicoli; una clausola di revisione in base alla quale nel 2026 la Commissione valuterà in modo approfondito i progressi compiuti verso il conseguimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni del 100%, nonché la necessità di rivedere tali obiettivi tenendo conto degli sviluppi tecnologici e dell’importanza di una transizione sostenibile e socialmente equa verso l’azzeramento delle emissioni”.

Accelerare il processo di elettrificazione delle auto quali rischi comporta per l’Automotive?

“Occorre avere il tempo necessario per accompagnare tutta la filiera automotive nel percorso di riconversione industriale, dai costruttori ai produttori di componentistica, agli assemblatori, ma anche al comparto di progettazione e design delle auto, per far sì che la necessaria transizione ecologica non crei danni al nostro tessuto industriale e sociale. Il rischio di un’accelerazione nel processo di elettrificazione del settore, non accompagnata da adeguate misure di sostegno, è quello di rinunciare al nostro know how, senza avere il tempo di diventare competitivi sul nuovo modello, impoverendo l’intera economia e andando incontro a pesanti ricadute occupazionali. È necessario avere il tempo per avviare progetti industriali di lungo termine”.

A dicembre aveva spiegato che l’auto elettrica è vista ancora come “bene di lusso” per l’inaccessibilità, in alcuni casi, dei costi. State studiando un pacchetto di incentivi?

“Per il triennio 2022-2024 sono previsti incentivi per l’acquisto di veicoli a basse emissioni di anidride carbonica attraverso il rifinanziamento dell’ecobonus per 1,9 miliardi di euro e a livello europeo siamo coinvolti su progetti Ipcei, in ambito idrogeno e batterie strettamente connesse al settore dei trasporti, per un totale di 2,7 miliardi di euro. In particolare, dal 10 gennaio sono riaperte le prenotazioni per l’incentivo all’acquisto di veicoli a basse emissioni, con una dotazione di 630 milioni di euro di cui 475 riservati ad autoveicoli, veicoli commerciali, motocicli e ciclomotori esclusivamente elettrici o ibridi plug–in”.

Che fine rischiano di fare i progressi, soprattutto italiani, nel campo della ricerca sui carburanti ‘green’?

“Per una efficace decarbonizzazione del settore trasporti è necessario prendere in considerazione un ventaglio di soluzioni ampio, tra le quali l’utilizzo di biocarburanti. Questi carburanti forniscono una soluzione a basse emissioni di carbonio per le tecnologie esistenti: dai veicoli leggeri agli autocarri pesanti fino al settore aeronautico, dove sono una delle opzioni più importanti, ad oggi per abbattere le emissioni. Il loro contributo è utile per il trasporto su strada a lungo raggio, dove biodiesel, olio vegetale idrogenato e biometano possono sostituire facilmente i combustibili diesel. Il nostro Paese è al quinto posto in Ue per l’utilizzo di biocarburanti dietro Germania, Francia, Spagna e Svezia, ma è primo per il consumo di biocarburanti avanzati, prodotti da rifiuti, residui e materie di origine non alimentare, ovvero quelli che avranno un ruolo sempre più fondamentale nella decarbonizzazione del vecchio continente, perché non in competizione con la filiera alimentare. Gli obiettivi nazionali per il 2030, inseriti nel Piano Nazionale Energia e Clima, prevedono una quota di rinnovabili nei trasporti del 22%, di cui il 38,6% da raggiungere proprio attraverso i biocarburanti. Sempre per favorire il ricorso e la diffusione dei biocarburanti, nel Pnrr sono stati stanziati 1,92 miliardi per lo sviluppo del biometano destinato anche al settore dei trasporti, con l’obiettivo di aumentare di 2,5 miliardi di metri cubi l’attuale produzione di biometano. C’è tutto lo spazio quindi per continuare a investire in ricerca e innovazione su questi carburanti e nella conversione del settore della raffinazione”.