European Chips Act

Ecco come l’intelligenza artificiale aiuta a identificare i chip contraffatti

Negli ultimi 60 anni, l’industria dei semiconduttori è cresciuta fino a diventare un mercato globale da 500 miliardi di dollari. Tuttavia, è alle prese con una duplice sfida: una profonda carenza di nuovi chip e un’ondata di prodotti contraffatti, che introducono rischi sostanziali di malfunzionamento e sorveglianza indesiderata. In particolare, quest’ultimo fenomeno dà involontariamente origine a un mercato di chip contraffatti da 75 miliardi di dollari che mette a rischio la sicurezza in diversi settori che dipendono dalle tecnologie dei semiconduttori, come l’aviazione, le comunicazioni, la quantistica, l’intelligenza artificiale e la finanza personale.

Sono stati diversi i tentativi di trovare modi sicuri per affermare l’autenticità dei semiconduttori, sfruttando in modo particolare i tag di sicurezza fisica incorporati nella funzionalità o nell’imballaggio del chip. Il fulcro di molti di questi metodi sono le funzioni fisiche non clonabili (PUF), sistemi fisici unici e difficili da replicare a causa di vincoli economici o di proprietà fisiche intrinseche. Sono facili da fabbricare e rapidi da misurare, il che li rende ideali per esperimenti di identificazione di manomissione di tipo proof-of-concept.

Tuttavia, il raggiungimento della scalabilità e il mantenimento di una discriminazione accurata tra le manomissioni avversarie e il degrado naturale, come l’invecchiamento fisico a temperature più elevate, le abrasioni dell’imballaggio e l’impatto dell’umidità, pongono sfide significative.

I ricercatori della Purdue University si sono ispirati alle capacità dei modelli di deep learning. Come riportato in Advanced Photonics, hanno proposto un metodo di rilevamento ottico anticontraffazione per i dispositivi a semiconduttore che è robusto in presenza di caratteristiche di manomissione avversaria, come abrasioni dolose della confezione, trattamento termico compromesso e strappi.

Il gruppo di lavoro ha introdotto un nuovo approccio di apprendimento profondo denominato ‘Residual, Attention-based Processing of Tampered Optical Responses’ (RAPTOR), un discriminatore che identifica le manomissioni analizzando i modelli di nanoparticelle d’oro incorporati nei chip. Il sistema ha dimostrato la massima accuratezza, rilevando correttamente la manomissione nel 97,6% dei casi. Un risultato, spiegano i ricercatori “che apre una grande opportunità per l’adozione di metodi anticontraffazione basati sul deep learning nell’industria dei semiconduttori”.

Silicon Box, a Novara primo maxi impianto di chiplet in Ue da 3,2 mld

Il Nord-Ovest come la California. Dopo la Fondazione per l’intelligenza artificiale insediata a Torino e la Fondazione per i chip istituita a Pavia, sarà Novara la sede del maxi-impianto per la produzione di ‘chiplet integration e advanced packaging, testing foundry‘ di Silicon Box. Il primo nel suo genere in Europa.

Per il progetto, l’investimento (al momento ancora soggetto all’approvazione della Commissione Europea) è imponente: 3,2 miliardi di euro che produrranno, a pieno regime, 1.600 posti di lavoro diretti, a cui si aggiungeranno quelli indiretti per la costruzione della fabbrica e per le forniture e la logistica. Il piano si inserisce nella strategia europea segnata dal Chips Act, che punta a raddoppiare la quota di mercato globale dell’Unione europea nel settore dei semiconduttori entro il 2030, dal 10 ad almeno il 20%, e nella strategia italiana per la microelettronica.

Il sito di Novara è stato selezionato dall’azienda di Singapore attraverso un processo di valutazione dettagliato, con il supporto di esperti e consulenti indipendenti. Lo stabilimento sarà costruito e gestito secondo i principi net zero europei, riducendo al minimo l’impatto sull’ambiente. L’obiettivo è quello di soddisfare la domanda di assemblaggio di semiconduttori, principalmente nel mercato europeo, per abilitare nuove tecnologie come applicazioni di nuova generazione nel campo dell’intelligenza artificiale, calcolo ad alte prestazioni e componenti per veicoli elettrici.

La firma della lettera di intenti è di questa mattina, a Palazzo Piacentini, dove il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha annunciato il sito con i co-fondatori di Silicon Box, Byung Joon (BJ) Han, Sehat Sutardja e Weili Dai, il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, il sindaco di Novara, Alessandro Canelli.

E’ in atto un effetto volano degli investimenti sui chip in Italia“, ha spiegato Urso, ricordando che Silicon Box è “un caso modello, un unicum nel panorama internazionale” e un partner industriale che “ci farà crescere nel settore dell’alta tecnologia e che ci permetterà di aumentare le capacità di design e nel know how“. Dall’inizio del 2024, se si sommano l’investimento di Silicon Box a quello di STMicroelectronics e altri più contenuti da parte di aziende straniere in Italia, oltre all’assegnazione della linea pilota sui materiali ad alta resistenza che la Commissione europea ha voluto realizzare nella Etna Valley in Sicilia, l’investimento sulla microelettronica in Italia supera i 9 miliardi di euro, “un dato, solo nei primi sei mesi dell’anno, non riscontrabile in nessun altro Paese europeo”, ha rivendicato il ministro.

“Il mio primo mandato da presidente del Piemonte si è concluso con l’importante risultato del secondo modello di auto a Mirafiori a Torino e il secondo si apre con il coronamento di un lavoro che ci impegnato negli ultimi mesi, con il governo, il Comune di Novara e Silicon Box per un investimento straordinario“, ha fatto eco il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio. Conferma, ha sottolineato, di quanto sia “strategica la scelta del governo italiano di insediare in Piemonte e a Torino la sede della Fondazione per l’intelligenza artificiale”.

Un risultato enorme per la città di Novara, scandisce il sindaco Alessandro Canelli, che ha raccontato come da 10 mesi a questa parte il Comune abbia lavorato per costruire un dossier di candidatura che “ha consentito di portare in città questo insediamento che di fatto dà inizio ad un cambio di paradigma sullo sviluppo futuro della città di Novara e del nord est del Piemonte con la nascita di un hub della scienza e della tecnologia e di un distretto dell’innovazione per il quale la nuova produzione per i semiconduttori sarà centrale e il cui ruolo includerà lo svolgimento di compiti aggiuntivi relativi all’ambiente tecnologico, territoriale ed economico che la nuova fabbrica andrà a creare intorno ad essa“. Una mission che porterà anche a nuove opportunità di collaborazione con le università italiane ed enti di ricerca europei. La posizione della città è strategica, a metà strada tra i politecnici di Milano e di Torino, ma gli investitori, ha assicurato il primo cittadino, “hanno visto molto di più”: “Hanno visto un tessuto produttivo florido, un’Università dove arrivano studenti da tutta Europa, hanno visto la presenza di scuole tecniche già altamente specializzate”. Silicon Box non sarà dunque solo un parco tecnologico, ma una realtà dove verrà fatta formazione e che “si impegnerà a creare un ecosistema della filiera dei semiconduttori e che aiuterà la nostra città’ ad avviare ulteriori progetti di riqualificazione e rigenerazione”, ha affermato.

L’arrivo della multinazionale di Singapore a Novara rappresenta il secondo grande investimento in Italia nel settore della microelettronica in poche settimane, dopo quello da 5 miliardi annunciato a fine maggio da parte di STMicroelectronics per la costruzione di un nuovo impianto a Catania per la produzione in grandi volumi di carburo di silicio (SiC) da 200 mm per dispositivi e moduli di potenza, nonché per attività di test e packaging.

Trilaterale Italia-Francia-Germania, Urso: “Passare a un’economia Ue dei produttori”

Sostegno mirato alle imprese, soprattutto Pmi, meno burocrazia e più competitività per non perdere la sfida con Cina e Usa. Dalla nuova riunione trilaterale Italia-Francia-Germania si delinea in maniera ancora più definita l’idea di politica industriale per l’Europa post elezioni. A Parigi i tre ministri che nei rispettivi governi gestiscono la delega rinforzano la partnership e concordano sulla necessità di andare avanti con la doppia transizione, ecologica e digitale, seppur con meno vincoli rispetto al Green Deal originario, e sulla “necessità di un’azione urgente per sbloccare il potenziale tecnologico e innovativo delle imprese europee“. Noi “non vorremo che l’Europa, da continente della tecnologia e dello sviluppo diventasse un museo all’aria aperta“, spiega il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, al termine dell’incontro. Sottolineando che occorre “passare da un’economia dei consumatori a un’economia dei produttori“, perché “in questi anni abbiamo sviluppato e incentivato i consumi e questo è andato sempre più questo a beneficio dei prodotti e delle imprese di altri continenti, che non rispondono alle nostre stesse regole in termini di standard ambientali e sociali, quindi spesso anche attraverso concorrenza sleale“.

Ben venga, dunque, anche la proposta del ministro dell’Economia, delle Finanze e della Sovranità industriale e digitale della Francia, Bruno Le Maire: una sorta di ‘preferenza’ alle imprese continentali negli appalti Ue. Anche se non è l’unica soluzione che incontra il favore dell’Italia: “Abbiamo detto con chiarezza ai nostri colleghi che condividiamo tutte quelle misure che possono consentire di passare dall’Europa dei consumatori all’Europa dei produttori. Quindi, a una politica industriale che tuteli, rafforzi e rilanci il sistema delle imprese europee“, spiega ancora Urso. Aggiungendo che “questo lo si può fare con misure come quella proposta da Le Maire, ma anche con il nuovo focus della Commissione Ue per accertare se c’è concorrenza sleale e dumping nella vendita di macchine elettriche cinesi” o “con i criteri di qualità, come stiamo facendo noi in Italia, sugli incentivi pubblici per realizzare impianti fotovoltaici ai fini dell’autoconsumo”. Dunque, “da questo punto di vista il governo è neutrale sugli strumenti da utilizzare, ma ben consapevole di quale sia la rotta da determinare per il continente europeo“.

Il ministro federale tedesco dell’economia e dell’azione per il clima, Robert Habeck, parla di “tecnologie innovative, come le biotecnologie e le tecnologie verdi nell’industria eolica, solare e di trasformazione, che sono fondamentali per la crescita economica. La neutralità climatica e la nostra sovranità tecnologica nel prossimo futuro e necessitano quindi di un ambiente favorevole agli investimenti – sottolinea -. Il nostro scambio ha anche sottolineato la necessità di maggiori sinergie europee nelle nostre industrie della difesa, che a mio avviso è fondamentale“.

Tra le soluzioni studiate al vertice di Parigi c’è quella sulla semplificazione e accelerazione delle autorizzazioni e l’accesso ai programmi di finanziamento europei e agli aiuti di Stato, in particolare per le pmi, eliminando le sovrapposizioni normative e riducendo gli obblighi di rendicontazione “ben oltre l’obiettivo della Commissione Ue del 25%. O ancora “incrementare gli investimenti pubblici e privati per rafforzare l’innovazione, la produttività e la competitività” e portare a compimento, con successo, la doppia transizione. Con un “sostegno mirato alle imprese dei settori industriali più strategici“. In questo senso, dunque, vanno rafforzati i finanziamenti dell’Ue per i beni pubblici europei e le infrastrutture e coinvolgendo maggiormente la Banca europea per gli investimenti. Ma serve anche un “ampio mix di nuove risorse proprie“, con un’Unione europea capace di “finanziare progetti tecnologici di innovazione, in particolare per le tecnologie pulite e net zero, l’intelligenza artificiale dai chip alla capacità di calcolo e ai modelli di grandi dimensioni, i semiconduttori e la cybersicurezza“.

Altro punto rilevante, messo nero su bianco nella dichiarazione congiunta finale, riguarda la necessità di “applicare meglio, approfondire e rafforzare il mercato unico per sfruttare appieno i vantaggi dell’integrazione economica europea, garantendo regole comuni e una forte supervisione, nonché l’applicazione delle norme, in particolare per i prodotti importati“. L’obiettivo, infatti, è “garantire una concorrenza efficace nel mercato unico e affrontare adeguatamente i problemi strutturali della concorrenza nel contesto globale, in particolare nei settori che hanno una dimensione internazionale e sono di grande importanza per l’economia generale dell’Ue“. Urso, Le Maire e Habeck, infine, auspicano “un controllo efficace delle fusioni che impedisca le ‘acquisizioni killer’ con certezza giuridica e chiedono un’attuazione e un monitoraggio approfonditi della legge sui mercati digitali“.

 

Photo credit: account X Adolfo Urso

Taiwan

I-Phone, Playstation, Htc: se si spegne Taiwan, va in tilt il mondo

Sui siti si legge “Taiwan, Cina supera linea che divide lo stretto con 68 caccia e 13 navi. Usa convocano ambasciatore cinese”. Tutto deriva dal viaggio di Nancy Pelosi, speaker democratica della Camera a Washington, nell’isola che una volta era chiamata Cina nazionalista, poi Formosa, ora Taiwan. Un Paese grande come la Lombardia, riconosciuto da una decina di Stati (fra cui il Vaticano) ma non dai grandi della Terra, in primis gli stessi Stati Uniti. Tuttavia Pechino vuole replicare alla visita “non gradita” della paladina Dem, così interromperà la cooperazione con Washington in aree quali le relazioni militari e il cambiamento climatico, imponendo sanzioni contro la stessa presidente della Camera statunitense.

Ma di chi è Taiwan? Nessuno lo sa. Quello che invece sappiamo è che è importante conoscere cosa succede nell’isola. Anche perché l’ex Formosa vale due terzi del mercato dei chip, cioè la base ormai della nostra vita iper-digitalizzata, senza scordare la sua posizione geopoliticamente determinante, a sud est della Cina Popolare. Controlla il 10% dei traffici commerciali mondiali attraverso i porti di Kao-hsiung e della capitale Taipei.

Se diciamo chip parliamo di Tsmc, Taiwan Semiconductor Manufactoring Company, il gigante che ha in mano l’84% dei micro-processori. Se si ferma Tsmc, si blocca il mondo. Taiwan però non è solo semiconduttori. Basta citare alcuni marchi famosi per rimanere a bocca aperta: Acer (notebook), Asus (notebook), Htc (cellulari), Giant (biciclette), Garmin (navigatori).

E poi c’è Foxconn che ha stabilimenti in tutto il mondo ma il suo quartier generale è a Taipei. L’azienda produce gli iPad, gli iPhone, i Kindle, le Playstation e qualsiasi altro prodotto elettronico di successo. Stiamo parlando del più grande ‘assemblatore/produttore’ del mondo con un fatturato di 5.990 miliardi di dollari taiwanesi (circa 200 miliardi di dollari Usa).

La qualità del prodotto made in Taiwan è unica grazie al fatto che il Paese investe il 3,5% del proprio Pil in ricerca e sviluppo ogni anno, ma anche grazie alla capacità lavorativa impressionante dei taiwanesi: la produttività è a livelli top, duemile ore lavorate nel solo 2020. Qualità che incidono sulla bilancia commerciale: importazioni per 287 miliardi di dollari, esportazioni per 347 miliardi.

(Photo credits: Hector RETAMAL / AFP)