Sempre meno ghiaccio nell’Artico. E gli orsi polari rischiano di morire di fame

(Photo credit: Anthony Pagano)

Gli orsi polari potrebbero morire di fame durante i periodi di assenza di ghiaccio marino nell’Artico, quando sono costretti a trovare cibo sulla terraferma, nonostante la loro capacità di adattare la dieta e i comportamenti di caccia e foraggiamento. E’ quanto rivela un articolo pubblicato su Nature Communications. La scoperta, basata sui dati relativi a 20 orsi polari, fornisce nuovi spunti di riflessione su come questi predatori apicali possano lottare per far fronte a stagioni senza ghiaccio più lunghe a causa dei cambiamenti climatici.

L’Artico sta subendo una rapida riduzione del ghiaccio marino proprio a causa del surriscaldamento del pianeta. Tra la tarda primavera e l’inizio dell’estate, gli orsi polari usano il ghiaccio marino come piattaforma per cacciare principalmente le foche durante la nascita e lo svezzamento dei cuccioli. Quando il ghiaccio è assente, si pensa che gli orsi riducano al minimo la loro attività per conservare l’energia, digiunando o consumando vegetazione a basso contenuto energetico sulla terraferma, anche se è stato documentato che alcuni individui si nutrono di animali terrestri. Nella Baia di Hudson occidentale, a Manitoba, in Canada, il periodo di assenza di ghiaccio è aumentato di 3 settimane dal 1979 al 2015, mantenendo gli orsi sulla terraferma per circa 130 giorni nell’ultimo decennio.

Anthony Pagano e colleghi dell’U.S. Geological Survey hanno utilizzato dei localizzatori Gps per seguire 20 orsi polari durante il periodo di assenza di ghiaccio marino artico (da agosto a settembre) tra il 2019-2022 nella Baia di Hudson occidentale. Gli autori hanno monitorato il loro dispendio energetico giornaliero, le variazioni della massa corporea, la dieta, il comportamento e gli spostamenti. Hanno scoperto che gli orsi polari hanno scelto diverse strategie per ridurre la perdita di energia, tra cui il digiuno, la riduzione dei movimenti e il consumo di bacche e uccelli. Queste strategie erano indipendenti dall’età, dal sesso, dalla fase riproduttiva (sono state incluse le femmine gravide) o dai livelli di grasso iniziali. Gli autori suggeriscono che il foraggiamento sulla terraferma non ha portato grandi benefici nel prolungare il tempo previsto per la morte per fame, dato che 19 dei 20 orsi hanno perso massa.

Poiché il ghiaccio marino continua a ritirarsi, la comprensione di questi comportamenti adattivi per i ricercatori “è fondamentale per gli sforzi di conservazione volti a sostenere gli orsi polari in un ecosistema in rapido cambiamento, suggeriscono gli autori”.
 

 

 

La calotta glaciale Antartica si è assottigliata di 450 metri in 200 anni

Ricercatori dell’Università di Cambridge e del British Antarctic Survey hanno scoperto la prima prova diretta che la calotta glaciale dell’Antartide occidentale si è ridotta improvvisamente e drammaticamente alla fine dell’ultima era glaciale, circa ottomila anni fa. Le prove, contenute in una carota di ghiaccio, dimostrano che in un punto la calotta glaciale si è assottigliata di 450 metri – più dell’altezza dell’Empire State Building – in poco meno di 200 anni. Le carote sono costituite da strati di ghiaccio che si sono formati con la caduta della neve e sono stati poi sepolti e compattati in cristalli nel corso di migliaia di anni. All’interno di ogni strato sono intrappolate bolle di aria antica e contaminanti che si sono mescolate con le nevicate di ogni anno, fornendo indizi sul cambiamento del clima e sull’estensione del ghiaccio.

Ora gli scienziati temono che l’aumento costante delle temperature possa in futuro destabilizzare parti della calotta glaciale dell’Antartide occidentale, superando potenzialmente il punto di rottura e provocando un crollo improvviso. Il nuovo studio, pubblicato su Nature Geoscience, fa luce sulla velocità con cui i ghiacci antartici potrebbero sciogliersi se le temperature continuassero a salire. Le calotte antartiche, da ovest a est, contengono abbastanza acqua dolce da innalzare il livello globale del mare di circa 57 metri. Quella dell’Antartide occidentale è considerata particolarmente vulnerabile perché gran parte di essa poggia su un basamento che si trova sotto il livello del mare.

Le previsioni dei modelli suggeriscono che gran parte della calotta potrebbe scomparire nei prossimi secoli, causando l’innalzamento del livello del mare. Tuttavia, non si sa con esattezza quando e quanto velocemente il ghiaccio potrebbe scomparire.

Ora abbiamo la prova diretta che questa calotta glaciale ha subito una rapida perdita di ghiaccio in passato“, spiega Eric Wolff, autore senior del nuovo studio del Dipartimento di Scienze della Terra di Cambridge. “Questo scenario – aggiunge – non esiste solo nelle previsioni dei nostri modelli e potrebbe ripetersi se alcune parti di questa calotta glaciale diventassero instabili“.

Caldo record

Clima, allerta rossa: superato per la prima volta limite di 1,5° per un anno consecutivo

Dopo ondate di caldo record nel 2023, il 2024 è iniziato male dal punto di vista climatico: gennaio non è mai stato così caldo e per la prima volta il pianeta ha superato la soglia di 1,5°C di riscaldamento globale per 12 mesi consecutivi rispetto all’era preindustriale.

Tra febbraio 2023 e gennaio 2024, la temperatura superficiale globale dell’aria è stata di 1,52°C superiore a quella del periodo 1850-1900, secondo i dati dell’osservatorio europeo Copernicus.

“Questo non significa che abbiamo superato il limite di 1,5°C fissato a Parigi nel 2015 per cercare di fermare il riscaldamento globale e le sue conseguenze”, sottolinea Richard Betts, direttore degli studi sull’impatto climatico presso il National Met Office del Regno Unito. Perché ciò accada, il limite dovrebbe essere superato in modo stabile per diversi decenni. “Tuttavia, questo è un ulteriore promemoria dei profondi cambiamenti che abbiamo già apportato al nostro clima globale e ai quali dobbiamo ora adattarci”, spiega l’esperto.

Il clima attuale si è già riscaldato di circa 1,2°C rispetto al 1850-1900. E al ritmo attuale delle emissioni, l’IPCC prevede che la soglia di 1,5°C abbia il 50% di possibilità di essere raggiunta in media già nel 2030-2035.

GENNAIO DA RECORD. E anche gennaio è stato un mese da record: con una temperatura media di 13,14°C, è stato il più caldo mai registrato dall’inizio delle misurazioni, dopo l’anno record del 2023. Si tratta di 0,12°C in più rispetto al precedente record stabilito nel gennaio 2020 e di 0,70°C in più rispetto alla norma per il periodo 1991-2020. Rispetto all’era preindustriale, il riscaldamento è di 1,660°C. Secondo Copernicus, gennaio è l’ottavo mese consecutivo in cui è stato superato il record mensile di calore.

Il mese è stato caratterizzato da un’ondata di calore in Sud America, che ha visto temperature record e incendi devastanti in Colombia e Cile, con decine di morti nella regione di Valparaiso. Nonostante alcune ondate di freddo e forti precipitazioni in alcune parti del mondo, si è registrato anche un clima eccezionalmente mite in Spagna e nel sud della Francia, oltre che in alcune parti degli Stati Uniti, del Canada, dell’Africa, del Medio Oriente e dell’Asia centrale.

OCEANI MAI COSI’ CALDI. Anche la superficie degli oceani si sta surriscaldando, con un nuovo record di temperatura media di 20,97°C a gennaio. Si tratta del secondo mese più caldo mai registrato, meno di 0,01°C al di sotto del precedente record stabilito nell’agosto 2023 (20,98°C).

Questo calore è continuato oltre il 31 gennaio, raggiungendo nuovi record assoluti e superando i valori più alti del 23 e 24 agosto 2023, secondo Copernicus. E tutto questo in un momento in cui il fenomeno climatico El Niño sta rallentando nel Pacifico equatoriale, che normalmente dovrebbe contribuire a far scendere un po’ il mercurio.

L’anno 2024 “inizia con un altro mese record”, lamenta Samantha Burgess, vicedirettrice del Climate Change Service (C3S) di Copernicus. “Una rapida riduzione delle emissioni di gas serra è l’unico modo per arrestare l’aumento delle temperature globali”.

A metà gennaio, l’Organizzazione meteorologica mondiale e l’Amministrazione nazionale oceanica e atmosferica degli Stati Uniti (NOAA) avevano già avvertito che il 2024 avrebbe potuto superare il record di calore stabilito l’anno scorso. Secondo la NOAA, c’è una possibilità su tre che il 2024 sia più caldo del 2023 e una probabilità del 99% che si collochi tra i cinque anni più caldi della storia.

piogge al sud/imago

Il Ciclone Pulcinella porta forte maltempo: pioggia e neve in tutta Italia per Carnevale

E’ confermato: dopo 20 giornate dominate dall’alta pressione subtropicale, arriva il Ciclone Pulcinella con forte maltempo per tutto il Carnevale. Lorenzo Tedici, meteorologo del sito www.iLMeteo.it, ricorda che le ultime piogge significative in Italia sono state registrate tra il 17 ed il 20 gennaio. Da allora, la potenza di Zeus, l’anticiclone subtropicale disteso su gran parte dell’Europa meridionale, ha portato giornate primaverili con massime fino a 24-26 gradi in Piemonte e Valle d’Aosta (complici i venti di Foehn) e picchi di 25°C diffusi sulle Isole Maggiori.

In tutto questo contesto anticiclonico non sono mancate le nebbie in Val Padana e forti inversioni termiche, con periodi più caldi in montagna che in pianura: lo zero termico ha infatti raggiunto a più riprese la quota di 3500 metri, valore tipico di fine giugno.

Ma tutto questo è quasi alle spalle. Da Giovedì Grasso in poi, un ciclone, in avvicinamento dall’Atlantico, ci traghetterà verso una fase pienamente autunnale con tanta pioggia e vento. Questo ciclone, chiamato ‘Pulcinella’, vista la coincidenza temporale della sua azione con il periodo dei coriandoli colpirà l’Italia fino a martedì prossimo.

Sono, quindi, in arrivo, pioggia, vento e neve. Il vento principale sarà lo Scirocco quindi si attendono temperature ancora miti, con la neve che cadrà solo sulle Alpi oltre i 1500 metri; sugli Appennini sarà ancora un miraggio e la pioggia cadrà anche sulle cime più alte.

Prima di entrare sotto le spire di Pulcinella, però, vivremo ancora qualche ora di alta pressione: in particolare oggi ci saranno momenti soleggiati a carattere sparso in un contesto molto variabile. Al centro-sud il sole accompagnerà la giornata con massime fino a 23 gradi in Sicilia, 20 gradi in Calabria, Sardegna e Puglia.

Nella giornata del Giovedì Grasso si inizieranno a sentire gli effetti dell’avvicinamento del Ciclone Pulcinella: sono previste deboli piogge sul Nord-Ovest, in particolare dalla tarda serata, precedute però da un anticipo instabile pomeridiano in Liguria ed Alta Toscana. Il clou del peggioramento è previsto però venerdì e, soprattutto, nel weekend.

L’aviazione si fa green: arriva aereo Climate Impulse a idrogeno

Dopo Solar Impulse, Bertrand Piccard lancia Climate Impulse, un nuovo progetto per promuovere le tecnologie a zero emissioni e “dimostrare che esistono soluzioni” alternative a quelle attuali. Progettato in collaborazione con l’azienda chimica belga Syensqo, che si è separata da Solvay a dicembre, l’aereo avrà una doppia fusoliera con la cabina di pilotaggio al centro e un’apertura alare di 37 metri, la metà di quella di Solar Impulse. Il volo inaugurale è previsto per il 2026 e la circumnavigazione del globo due anni dopo. Dovrà quindi volare a quasi 200 km/h a un’altitudine di 3.000 metri per otto giorni di fila.

Il suo predecessore, Solar Impulse 2, alimentato esclusivamente a energia solare e quindi dipendente dalle condizioni atmosferiche, ha completato la circumnavigazione nel 2016 dopo 17 tappe. Climate Impulse funzionerà con idrogeno green, quindi prodotto da energia elettrica rinnovabile, che alimenterà i motori. “Viviamo in un mondo eco-depresso, che non vede futuro: è ora di dimostrare che esistono soluzioni oggi, e che queste soluzioni devono ricreare entusiasmo”, sostiene Bertrand Piccard. Lo svizzero, che si definisce un “esploratore del progresso e della sostenibilità”, lavora a Climate Impulse da tre anni. “Si tratta di dimostrare che con una cella a combustibile, motori elettrici e idrogeno liquido si può far volare un aereo a due posti intorno al mondo e che, se questo è possibile, si può fare ovunque”, ha spiegato all’AFP.

In Europa sono attualmente in fase di sviluppo diversi progetti di aerei a idrogeno tra cui il Dragonfly della start-up francese Blue Spirit Aero e lo ZEROe di Airbus.
Syensqo, che è nata da Solvay e ne ha rilevato le attività di prodotti chimici speciali, era già partner di Solar Impulse. Il gruppo lavora su “materiali speciali, chimica per la decarbonizzazione, riduzione del peso ed elettrificazione” e un progetto come Climate Impulse è una “straordinaria vetrina” per le nuove innovazioni, afferma Ilham Kadri, amministratore delegato della società.

Tra queste, le batterie solide – più dense di energia e non infiammabili – i materiali termoplastici compositi – più leggeri degli attuali compositi e riciclabili – e lo stoccaggio di idrogeno criogenico (-253°C) a bordo dell’aereo. “Quello che vogliamo fare è dimostrare tecnologicamente che è fattibile per l’aviazione”, dice l’ad.

Responsabile di una percentuale compresa tra il 2,5% e il 3% delle emissioni globali di CO2, il settore dell’aviazione si è impegnato a raggiungere la neutralità delle emissioni di carbonio entro il 2050.

Airbus, che prevede di sviluppare un proprio aereo a idrogeno entro il 2035, fornisce assistenza tecnica a Climate Impulse, così come i fornitori di attrezzature aeronautiche Daher, CapGemini e Arianegroup, specializzato nell’uso dell’idrogeno.

foreste

Clima, gli alberi faticano a ‘respirare’ per colpa del surriscaldamento globale

Gli alberi faticano a sequestrare l’anidride carbonica (CO2) nei climi più caldi e secchi, il che significa che potrebbero non essere più una soluzione per compensare l’impronta di carbonio dell’umanità con il continuo riscaldamento del pianeta. E’ quanto emerge da uno studio condotto dai ricercatori della Penn State. “Abbiamo scoperto che gli alberi nei climi più caldi e secchi stanno essenzialmente ‘tossendo’ invece di respirare”, spiega Max Lloyd, professore assistente di ricerca in geoscienze presso la Penn State e autore principale dello studio recentemente pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences. “Rimandano la CO2 nell’atmosfera molto più di quanto non facciano gli alberi in condizioni più fresche e umide”.

Attraverso il processo di fotosintesi, gli alberi rimuovono la CO2, tuttavia, in condizioni di stress, rilasciano anidride carbonica nell’atmosfera, con un processo chiamato fotorespirazione. Il team di ricerca ha dimostrato che il tasso di fotorespirazione è fino a due volte superiore nei climi più caldi, soprattutto quando l’acqua è limitata. In sostanza, le piante potrebbero essere meno in grado di estrarre CO2 dall’atmosfera e assimilare il carbonio necessario per aiutare il pianeta a raffreddarsi.

Secondo il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, attualmente le piante assorbono circa il 25% della CO2 emessa ogni anno dalle attività umane, ma è probabile che questa percentuale diminuisca in futuro con il riscaldamento del clima. La quantità di anidride carbonica nell’atmosfera sta aumentando rapidamente; è già superiore a quella registrata negli ultimi 3,6 milioni di anni, secondo la National Oceanic and Atmospheric Administration.

Il team lavorerà ora per scoprire i tassi di fotorespirazione nel passato antico, fino a decine di milioni di anni fa, utilizzando legno fossile. I metodi consentiranno ai ricercatori di testare esplicitamente le ipotesi esistenti in merito al cambiamento dell’influenza della fotorespirazione delle piante sul clima nel corso del tempo geologico.
Il lavoro è stato finanziato in parte dall’Agouron Institute, dalla Heising-Simons Foundation e dalla National Science Foundation degli Stati Uniti.

Rendere più verde una capitale di cemento: la sfida del nuovo sindaco di Atene

Il nuovo sindaco di Atene, Haris Doukas, punta a piantare 25.000 alberi nella capitale greca nei prossimi 5 anni, nel tentativo di rinfrescare una metropoli dell’Europa meridionale densamente popolata e ricoperta di cemento che soffoca in estate. Dal suo vasto ufficio che si affaccia su un’area di edifici e asfalto senza una sola macchia verde, il sindaco, insediatosi il 1° gennaio, fa una constatazione cupa e condivisa da molti ateniesi: “In estate il centro è diventato invivibile“. La causa sono “le alte temperature, le microparticelle (…) e la riduzione del 23% del verde nelle aree montuose circostanti“, decimate dai ripetuti incendi degli ultimi sei anni, ha spiegato in un’intervista all’AFP. Durante l’estate del 2023, quando la Grecia è stata colpita da una delle più lunghe ondate di calore degli ultimi decenni, il termometro di Atene era rovente, con temperature che hanno superato i 40°C in numerose occasioni.

Il caldo in una città con pochi spazi verdi costrinse le autorità a chiudere l’Acropoli durante la parte più calda della giornata. Secondo l’Osservatorio nazionale di Atene, luglio 2023 è stato il mese più caldo mai registrato in Grecia dall’inizio delle registrazioni meteorologiche nel 1863, causando incendi devastanti, soprattutto nella regione intorno ad Atene, che hanno distrutto vaste aree forestali. Haris Doukas, ex professore di politica energetica al Politecnico di Atene, si è battuto per la tutela dell’ambiente e per una transizione verde in una capitale dove l’edilizia continua a imperversare senza sosta e il traffico pesante è un fastidio che esaspera molti residenti.

Atene ha una popolazione di 650.000 abitanti, ma con la sua vasta conurbazione, “circa 3 milioni di persone si muovono ogni giorno in città“, spiega. Sostenuto dal partito socialista Pasok, Haris Doukas, 43 anni, ha sorpreso vincendo le elezioni comunali di ottobre contro il sindaco uscente Kostas Bakoyannis, nipote del primo ministro conservatore Kyriakos Mitsotakis. “Sono qui per presentare i risultati scientifici e lottare per trovare soluzioni“, ha dichiarato Doukas.

Piantando 5.000 alberi all’anno nei cinque anni del suo mandato, il nuovo sindaco vuole creare “percorsi freschi” in modo che gli ateniesi possano godere di strade ombreggiate che collegano parchi e colline verdi come Lycabetta, che domina il centro della città. “In estate, creeranno una sensazione di freschezza e ridurranno la temperatura percepibile“, promette il sindaco, pur riconoscendo che “lo spazio è limitato, è una città di cemento, ma abbiamo molte possibilità“. L’ondata di calore estivo è un killer silenzioso per Haris Doukas, che sostiene che sia la causa di diverse migliaia di morti ogni anno.

Atene, che come il resto del Paese ha sofferto una lunga e amara crisi finanziaria i cui effetti si fanno ancora sentire, è ben lontana dalle ambizioni di altre capitali europee. Il Comune di Parigi si è impegnato a piantare 170.000 alberi in cinque anni. Entro l’estate del 2023, a metà del suo mandato, l’ufficio del sindaco ha dichiarato di aver già piantato 63.500 alberi per un’area di 105 km2 , rispetto ai 39 km2 della stessa Atene. Lo scorso febbraio, la Grecia è stata condannata dalla Corte di giustizia europea per la scarsa qualità dell’aria ad Atene e per non aver adottato le misure necessarie. Nella capitale greca, i limiti di biossido di azoto sono stati sistematicamente superati tra il 2010 e il 2020, ha sentenziato la Corte. Haris Doukas vuole anche incoraggiare il car-pooling, che finora è stato molto limitato. Un’altra ambizione è quella di installare pannelli solari sugli edifici comunali, in particolare “per coprire il fabbisogno elettrico delle scuole“.

Super anticiclone Zeus ancora per 12 giorni: ruba un mese all’inverno

Da oggi iniziano i cosiddetti ‘giorni della Merla’, il periodo che fino a non molti anni fa, era considerato il più freddo dell’inverno e non solo per detto popolare, ma anche statisticamente parlando. Quest’anno però non sarà così. Antonio Sanò, fondatore del sito www.iLMeteo.it, avvisa che la presenza dell’anticiclone africano Zeus durerà ancora molto tempo, almeno per altri 10-14 giorni. Di fatto questa possente alta pressione ruberà alla stagione invernale quasi 30 giorni. Arriverà quindi una primavera anticipata? Forse, ma di certo non durerà. Il mese di febbraio, che segna il passaggio tra inverno e primavera, è stato spesso caratterizzato da eventi meteorologici importanti ed è proprio a febbraio che si sono verificate le più forti ondate di gelo e neve sull’Italia; basti ricordare gli anni come il 1929, il 1956 e più recentemente il 2012 e il 2018.

Parlando invece del tempo previsto per la settimana appena iniziata ci sono due aspetti da sottolineare. Innanzitutto la stabilità atmosferica portata da Zeus garantirà giornate soleggiate e piacevoli al Centro-Sud e sui settori alpini e prealpini, però provocherà anche la formazione di nebbie o nubi basse sulla Pianura Padana e lungo le coste tirreniche (qui solo al mattino). Se questa ormai è una normalità da parecchi giorni, i due aspetti che caratterizzeranno i prossimi giorni sono la quasi scomparsa della nebbia al Nord e l’aumento delle temperature. Da giovedì 1 febbraio, ma soprattutto dal giorno della Candelora (2 febbraio) ci saranno sempre meno nebbie a favore di un più ampio soleggiamento. L’anticiclone Zeus infatti si rafforzerà ulteriormente e così anche le temperature potranno aumentare. I valori massimi diventeranno via via più gradevoli su tutte le regioni e compresi grossomodo tra 13 e 18°C un po’ ovunque. Insomma, dall’inizio di febbraio si inizierà a respirare aria di primavera.

Attiviste ambientaliste lanciano zuppa sulla Gioconda: nessun danno

Due attiviste hanno cosparso di zuppa il vetro blindato che protegge la Gioconda a Parigi, dentro il museo del Louvre, domenica mattina, aggiungendo la loro azione – che non ha danneggiato il capolavoro – all’elenco delle operazioni compiute dai movimenti ambientalisti nei musei negli ultimi anni. “L’opera non ha subito alcun danno“, ha dichiarato il Louvre all’AFP, aggiungendo che la Salle des Etats, dove è esposto il dipinto, è stata riaperta ai visitatori dopo essere rimasta chiusa per circa un’ora. Il museo più grande del mondo intende presentare oggi un reclamo.

Cosa è importante? Cosa è più importante? L’arte o il diritto a un cibo sano e sostenibile? Il nostro sistema agricolo è malato. I nostri agricoltori muoiono sul lavoro. Un francese su tre non consuma tutti i pasti quotidiani“, hanno dichiarato le attiviste, in piedi ai lati dell’opera, dopo aver gettato la zuppa. Le due donne sono state arrestate con l’accusa di aver danneggiato un bene classificato o registrato, ha dichiarato la procura di Parigi.

Secondo il Louvre, avevano nascosto la zuppa di zucca in un thermos da caffè. Il cibo è accettato all’ingresso del museo. In passato il museo ha provato a vietare il cibo all’ingresso, ma ha poi deciso di non farlo, soprattutto perché è possibile acquistare cibo all’interno.

La Gioconda, come il nostro patrimonio, appartiene alle generazioni future. Nessuna causa può giustificare che venga presa di mira“, ha condannato il ministro della Cultura Rachida Dati su X. “Non sono sicura che La Gioconda sia il più grande inquinatore di Francia. Che senso ha?“, ha dichiarato la portavoce del governo Prisca Thévenot alla televisione France 3.

Il famoso dipinto di Leonardo da Vinci, che dal 2005 è esposto dietro un vetro blindato, è già stato vittima di atti vandalici in diverse occasioni. Nel maggio 2022, ad esempio, è stato bersaglio di una torta alla crema. In un comunicato stampa inviato all’AFP, un gruppo chiamato ‘Riposte alimentaire’ ha rivendicato la responsabilità dell’azione, descrivendosi come “una campagna di resistenza civile francese che mira a un cambiamento radicale della società in termini di clima e questioni sociali“. L’azione “fa seguito all’ultima campagna di rinnovamento”, che negli ultimi mesi ha richiesto una serie di azioni di alto profilo per chiedere “un piano di rinnovamento termico degli edifici all’altezza dell’emergenza“. Questa volta, la zuppa lanciata contro la Gioconda viene presentata come “l’inizio di una campagna di resistenza civile, con una richiesta chiara che va a beneficio di tutti: sicurezza sociale per un cibo sostenibile“.

Negli ultimi anni, una serie di operazioni militanti ha preso di mira le opere nei musei di tutto il mondo. Nell’ottobre 2022, due giovani donne con indosso la maglietta ‘Just Stop Oil’ hanno spruzzato il contenuto di due lattine di zuppa di pomodoro sul capolavoro di Van Gogh Girasoli alla National Gallery di Londra, prima di attaccarsi al muro e gridare: “Cosa vale di più, l’arte o la vita?”. Anche questo dipinto era protetto da un vetro. In altri musei, gli attivisti hanno messo le mani su un quadro di Goya a Madrid, hanno spalmato vernice rossa e nera sulla gabbia di plexiglas che circondava ‘La ballerina di quattordici anni’ di Degas a Washington e hanno spalmato purè di patate su un capolavoro di Claude Monet a Potsdam, vicino a Berlino. Più in generale, i movimenti di disobbedienza civile hanno recentemente interrotto eventi sportivi o bloccato il traffico nei Paesi occidentali, per denunciare l’inazione dei governi e del mondo economico.

Il cambiamento climatico riduce di 6 mesi l’aspettativa di vita

Il cambiamento climatico non incide soltanto sull’ambiente, ma potrebbe ridurre di 6 mesi la vita media degli essere umani. E’ quanto rivela uno studio pubblicato sulla rivista ad accesso libero Plos Climate da Amit Roy della Shahjalal University of Science and Technology e della New School for Social Research, negli Stati Uniti.

La temperatura e le precipitazioni – due segnali rivelatori del cambiamento climatico – causano moltissimi problemi di salute pubblica, da quelli acuti e diretti (ad esempio, disastri naturali come inondazioni e ondate di calore) a quelli indiretti, ma altrettanto devastanti (ad esempio, malattie respiratorie e mentali). Mentre impatti come questi sono osservabili e ben documentati, la ricerca esistente non ha stabilito un legame diretto tra i cambiamenti climatici e l’aspettativa di vita. Per chiarire questa relazione, l’autore ha valutato i dati relativi alla temperatura media, alle precipitazioni e all’aspettativa di vita di 191 Paesi nel periodo 1940-2020, utilizzando il Pil pro capite per controllare le differenze tra i Paesi. Oltre a misurare gli impatti isolati di temperatura e precipitazioni, l’autore ha progettato un indice di cambiamento climatico composito, primo nel suo genere, che combina le due variabili per misurare la gravità complessiva delle mutazioni del clima.

I risultati indicano che, isolatamente, un aumento della temperatura globale di 1°C è associato a una diminuzione media dell’aspettativa di vita umana di circa 0,44 anni, ovvero circa 5 mesi e 1 settimana. Un aumento di 10 punti dell’indice composito del cambiamento climatico – che tiene conto sia della temperatura che delle precipitazioni – potrebbe ridurre l’aspettativa di vita media di 6 mesi. Le donne e le persone nei Paesi in via di sviluppo sono colpite in modo sproporzionato.

Secondo l’autore, la mitigazione delle emissioni di gas serra e l’adattamento a un ambiente che cambia sono particolarmente importanti per prevenire questo scenario. A complemento di questo approccio su larga scala, l’autore suggerisce studi futuri localizzati che prendano in considerazione specifici eventi meteorologici gravi (ad esempio, incendi, tsunami e inondazioni), il cui impatto non può essere colto appieno attraverso la sola analisi della temperatura e delle precipitazioni.

La minaccia globale posta dal cambiamento climatico al benessere di miliardi di persone – spiega Roy – sottolinea l’urgente necessità di affrontarlo come una crisi di salute pubblica, come rivela questo studio, sottolineando che gli sforzi di mitigazione per ridurre le emissioni di gas serra e le iniziative proattive sono essenziali per salvaguardare l’aspettativa di vita e proteggere la salute delle popolazioni di tutto il mondo“.