Blitz Ultima generazione: sdraiati a terra a sostegno degli attivisti condannati in Vaticano

Nuovo blitz di Ultima generazione a Roma. Stamattina alle 11.30, alla fine della Messa per i SS. Pietro e Paolo si è tenuto in via della Conciliazione un die-in di solidarietà a Ester e Guido, i due cittadini aderenti a Ultima Generazione che la scorsa estate si sono incollati al basamento della statua di Laocoonte presso i Musei Vaticani e il 12 giugno scorso sono stati condannati a 9 mesi di reclusione e al pagamento di una multa di 1.500 euro ciascuno (con sospensione di entrambe le sanzioni), cui si aggiunge il risarcimento di 28.000 euro di danni. 23 cittadine e cittadini di Ultima Generazione si sono sdraiati a terra, come prevede la forma di protesta del die-in, “un atto solenne che simboleggia il futuro di morte che ci attende a causa della crisi climatica, sostenuta dai Governi“, fanno sapere dal movimento. I partecipanti hanno esposto uno striscione con la scritta ‘Vi auguro di fare chiasso: fatevi sentire’, citazione di Papa Francesco, mentre altri hanno letto brani dell’enciclica di Papa Francesco ‘Laudato Si’, con riferimenti alla crisi climatica e all’urgenza di agire. All’iniziativa hanno partecipato anche esponenti di Extinction Rebellion Roma.
Obiettivo dell’iniziativa: “portare all’attenzione di Papa Francesco la condanna ingiusta e sproporzionata verso Ester e Guido, che con il proprio corpo sono stati strumento ed eco del grido del Pontefice della Laudato Si’”, si legge nella nota di Ultima generazione. La Polizia ha impedito l’accesso in piazza San Pietro, identificando le prime persone che erano arrivate sul posto a metà mattina. “Il patrimonio artistico italiano è in pericolo. Ma non per colpa degli attivisti che usano colla, vernice e zuppe per farsi ascoltare. La colpa è della crisi climatica. Secondo l’Ispra più del 23% dei beni culturali registrati in Italia è esposto al rischio idraulico dovuto alle alluvioni: un fenomeno strettamente legato al mutamento del clima. Senza contare tutti gli altri siti di valore storico e artistico esposti a piogge acide, siccità, innalzamento dei mari, frane e smottamenti. Da Roma a Venezia, nessuna città è pronta per le condizioni che ci aspettano. Palazzi, statue e quadri hanno certamente un grande valore e sono decisamente in pericolo, ma mai quanto le vite umane, da tutelare in primo luogo”, ha dichiarato Ester, 27 anni, laureatasi la scorsa estate in storia delle arti e conservazione dei beni artistici a Venezia.

Mentre il Vaticano portava a processo me e Guido per i fatti dello scorso agosto, in Emilia Romagna si faceva la conta dei danni post alluvione. Oltre quaranta situazioni critiche rilevate, tra biblioteche, musei, ville d’artista, archivi e abbazie. Siamo un Paese che si vanta delle sue bellezze artistiche e che vi basa interi settori economici, ma che non sa tutelarle. Abbiamo visto rabbia e indignazione pubblica per alcune gocce di Attack o delle secchiate di vernice lavabile, peraltro su opere ancora integre e visibili al pubblico, ma si è parlato ben poco di tutta l’arte che abbiamo perso per sempre e che perderemo a causa del collasso climatico. Noi vogliamo vivere in un presente e in un futuro in cui non vadano perse né l’arte, né gli ecosistemi. È davvero chiedere troppo?”, ha aggiunto.

caldo record

Contea Usa chiede 51 mld di dollari a gruppi petroliferi: “Colpevoli del caldo estremo”

Una contea dell’Oregon, nel nord-ovest degli Stati Uniti, ha annunciato di aver intentato una causa contro diverse multinazionali del petrolio chiedendo loro più di 51 miliardi di dollari in seguito alla “cupola di calore” del 2021, un evento climatico estremo e mortale. La Contea di Multnomah sostiene che l’inquinamento da carbonio causato dall’uso di combustibili fossili generati da questi gruppi abbia avuto un ruolo “significativo” nell’evento. Tra le aziende prese di mira figurano ExxonMobil, Shell, Chevron, BP, ConocoPhillips e Total Specialties USA.

La cupola di calore “è un evento direttamente attribuito agli impatti che stiamo vedendo sul nostro clima a causa delle azioni dei gruppi di combustibili fossili e delle loro agenzie, che da decenni spingono per negare la scienza del clima“, ha dichiarato all’AFP la presidente della contea Jessica Vega Pederson. La contea chiede 50 milioni di dollari di danni e 1,5 miliardi di dollari per i danni futuri: caldo estremo, siccità, incendi e fumo promettono di diventare sempre più frequenti. Chiede inoltre alle aziende di versare 50 miliardi di dollari in un “fondo di mitigazione” per migliorare le infrastrutture della contea.

Contattata dall’AFP, la ExxonMobil ha dichiarato che “questo tipo di denuncia continua a far perdere tempo e denaro e non fa nulla per affrontare il cambiamento climatico“. Chevron, da parte sua, ha denunciato “accuse infondate” e “distrazioni controproducenti” nella ricerca di soluzioni al riscaldamento globale.

Un’ondata di caldo record ha colpito gli Stati Uniti occidentali e il Canada dalla fine di giugno alla metà di luglio 2021. Il bilancio delle vittime è stato stimato in 1.400 persone e a Lytton, nella Columbia Britannica, è stata registrata una temperatura di 49,6 gradi Celsius. In un’analisi, il World Weather Attribution (WWA), un gruppo di scienziati, sostiene che questa cupola sarebbe stata “virtualmente impossibile” senza il cambiamento climatico indotto dall’uomo, che l’ha resa almeno 150 volte più probabile.

La denuncia della Contea di Multnomah cita anche l’American Petroleum Institute e la McKinsey. Sostiene che per tre giorni, alla fine di giugno 2021, la contea ha sofferto un caldo estremo, 69 persone sono morte e si è dovuto spendere denaro dei contribuenti (per acqua, condizionatori d’aria e “centri di raffreddamento“, tra le altre cose). “La cupola di calore è stata una conseguenza diretta e prevedibile della decisione degli imputati di vendere il maggior numero possibile di prodotti a base di combustibili fossili negli ultimi sei decenni“, si legge nel testo, che accusa le multinazionali di mentire sugli effetti nocivi delle loro attività.

Con questa mossa, la Contea di Multnomah si unisce a decine di città, contee e Stati di tutto il Paese che hanno intentato cause contro le compagnie petrolifere accusandole di partecipare al cambiamento climatico e di alimentare la disinformazione. Questa ondata di cause è iniziata nel 2017. L’industria dei combustibili fossili ha fatto tutto il possibile per evitare i processi statali, ma a maggio ha subito una battuta d’arresto quando la Corte Suprema ha rifiutato di accogliere i ricorsi in due casi, consentendo alle cause di fare il loro corso.

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Finanza per il clima, vertice Parigi si chiude senza ‘rivoluzione’

Photocredit Afp

 

Dollari in più ma nessuna rivoluzione: il vertice di due giorni ospitato dalla Francia si è concluso con qualche progresso a favore dei Paesi poveri ma senza ancora concretizzarsi quel ‘Big Bang’ auspicato per riorientare la finanza globale al servizio del clima. In chiusura del vertice di due giorni, il presidente francese Emmanuel Macron ha accolto con favore il “completo consenso” alla “profonda riforma” del sistema finanziario globale. Ma la riunione si è conclusa con una serie di piccoli passi e senza la grande dichiarazione congiunta auspicata per un po’ dalla presidenza francese.

Parigi ha accolto per due giorni una quarantina di capi di Stato e di governo, tra cui il brasiliano Lula da Silva e il saudita Mohammed bin Salman, in un incontro che dovrebbe concretizzare le idee nate all’ultima Cop sul clima, in Egitto, prima della prossima, negli Emirati Arabi uniti, prevista alla fine dell’anno. All’interno del Palais Brongniart, ex sede della Borsa di Parigi, giudicato da diversi partecipanti inadatto per la sua posizione e le sue condizioni anguste, sono stati fatti alcuni annunci. Da parte sua la Banca mondiale prevede di inserire negli accordi con i paesi più vulnerabili una nuova clausola di sospensione del pagamento del debito in caso di calamità. Mia Mottley, premier delle Barbados, da mesi spingeva per trasformare il sistema finanziario con una clausola del genere. “È una buona giornata, perché quasi tutti hanno accettato la validità delle clausole sui disastri naturali“, ha esultato la leader.

La rete internazionale delle Ong Climate Action Network (Can), invece, ha criticato un vertice “che ha fatto del vecchio il nuovo“, condannando l’idea di una possibile sospensione dei rimborsi “piuttosto che una cancellazione completa del debito“. “Non possiamo chiedere ai leader di mobilitarsi e allo stesso tempo condannare totalmente” l’attuale vertice, ha affermato Soraya Fettih, portavoce dell’associazione ambientalista 350.org. “Ciò che è chiaro è che questo vertice non porterà ad alcuna decisione vincolante e forte“, ha dichiarato durante una manifestazioen ambientalista. Venerdì mattina più di 350 persone si sono radunate ai piedi della Statua della Repubblica a Parigi, con attivisti ambientali che hanno trasformato enormi dollari neri in dollari verdi per sollecitare i leader politici a smettere di investire in combustibili fossili e passare alla finanza verde.

Siamo favorevoli a una tassa internazionale sul trasporto marittimo perché è un settore che non viene tassato“, ha poi annunciato il presidente Emmanuel Macron, che vorrebbe vedere avanzata questa questione in una futura riunione dell’Organizzazione marittima internazionale (Imo). Ma questa spinosa questione sembra ancora lontana dal raggiungere un consenso. “Se la Cina, gli Stati Uniti e diversi paesi europei chiave che hanno anche grandi aziende coinvolte non ci seguono, allora si mette in atto una tassa ma non ha alcun effetto“, si è rammaricato Macron.
In un lungo discorso appassionato, il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva ha da parte sua deplorato l’inerzia della comunità internazionale nella lotta al cambiamento climatico e alla riduzione delle disuguaglianze, oltre ad accusare il protezionismo dell’Occidente. “Chi ha applicato il Protocollo di Kyoto? Chi ha applicato le decisioni della COP 15 di Copenaghen? Chi ha applicato le decisioni della COP di Parigi?”, ha chiesto, sottolineando che le decisioni non sono state attuate “perché non c’è una governance mondiale per portare a termine gli obiettivi” prefissati. Inoltre, ha aspramente criticato le istituzioni internazionali: “con questo meccanismo, chi è ricco è sempre ricco e chi è povero è sempre povero”.

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Arriva il flash storm: weekend più fresco e qualche temporale

La coda di una perturbazione nordatlantica, collegata a un vortice attivo tra Regno Unito e Mare del Nord, riesce a raggiungere anche l’Italia, ferendo temporaneamente l’anticiclone africano Scipione. Si tratta di una veloce ‘flash storm‘, chiamata così per la breve durata e la disorganizzazione dei fenomeni (non convettivi). I venti più freschi in ingresso formeranno un vortice ad alta quota che genererà locali temporali, a tratti forti, su alcune regioni.

Antonio Sanò, fondatore del sito www.iLMeteo.it comunica che dopo il maltempo che ha colpito le Alpi occidentali nella notte appena passata, nel corso di venerdì rovesci temporaleschi si incammineranno verso il Nordest e quindi le Marche. Data la tanta energia in gioco (aria fresca che si scontra con l’aria caldissima preesistente) i fenomeni atmosferici impattando sulle varie zone potrebbero risultare molto forti con possibili grandinate e più raramente trombe d’aria. Nel corso di sabato tuoni e fulmini dopo aver interessato le Marche, colpiranno l’Abruzzo e i rilievi centro-meridionali del Lazio (possibile temporale anche a Roma) per poi finire la loro corsa in Campania e Basilicata sfiorando anche la Puglia montuosa. Nella giornata di domenica tornerà il sole ovunque.

Questa veloce sferzata temporalesca lascerà dietro di sé un lieve addolcimento del clima. Già da oggi le temperature inizieranno a diminuire al Nord mentre continueranno a essere infuocate al Sud (40°C in Puglia e Sicilia). Nel corso del weekend i valori massimi si abbasseranno quasi ovunque anche di 10°C. Anche se continuerà a fare caldo, non lo sarà come quello di questi giorni, ovvero afoso e quasi irrespirabile. Le correnti settentrionali in arrivo scacceranno via in parte l’afa di questi giorni e puliranno il cielo e l’aria, rendendoli l’uno più azzurro e l’altra più respirabile

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L’industria cinematografica si riunisce a Hollywood per il clima

L’industria dell’intrattenimento si batte per il clima. L’appuntamento è il quarto Hollywood Climate Summit di Los Angeles, che si terrà da mercoledì sera a sabato, dove star come Jane Fonda e i registi vincitori dell’Oscar con ‘Everything Everywhere All At Once’ si spenderanno affinché l’industria dell’intrattenimento prenda sul serio la lotta contro il cambiamento climatico. Attori, registi, scienziati e attivisti ambientali si uniranno per cercare di cambiare la cultura del settore e incoraggiare il cinema e la televisione a usare la loro enorme influenza sul pubblico di tutto il mondo. “Hollywood è un’industria estremamente potente“, ha dichiarato Ali Weinstein, cofondatore del summit e sceneggiatore televisivo. “Siamo sull’orlo di un cambiamento culturale sotto molti aspetti“.

Secondo un recente studio del centro di ricerca Norman Lear Center e della società di consulenza Good Energy, la crisi climatica è praticamente inesistente nell’industria dell’intrattenimento. Meno del 3% dei circa 37.000 copioni cinematografici e televisivi realizzati dal 2016 ha menzionato qualsiasi parola chiave relativa al clima e solo lo 0,6% ha usato le parole cambiamento climatico. “Per noi questo è un grosso problema, perché la maggior parte delle persone trascorre in media più tempo con i personaggi di film e tv che con le proprie famiglie“, assicura Heather Fipps, co-fondatrice del summit.

È molto importante che le nostre parole siano legate alla realtà“, afferma Ali Weinstein. “Tutti sulla Terra sono colpiti dalla crisi climatica, in un modo o nell’altro. Se non lo mostriamo nei nostri contenuti quotidiani, diventano fantascienza“. Al summit, Quinta Brunson – star della serie comica ‘Abbott Elementary’ – parteciperà a un dibattito con Daniel Kwan e Daniel Scheinert, i registi di ‘Everything Everywhere’ che ha vinto sette importanti premi agli Oscar di quest’anno, tra cui quello per il miglior film. Jane Fonda si appellerà all’industria dell’intrattenimento per combattere i nuovi progetti di combustibili fossili in California. L’attrice taiwanese-americana Stephanie Hsu, candidata all’Oscar come miglior attrice non protagonista per ‘Everything Everywhere All At Once’, parteciperà a una discussione sulla necessità di parlare apertamente di cambiamenti climatici tra le generazioni.

Una tavola rotonda analizzerà il ruolo dell’intrattenimento improvvisato, compresi i reality, nella rappresentazione del cambiamento climatico. Secondo Heather Fipps, serie recenti come ‘Succession’ e ‘The Sex Lives of College Girls’ hanno dimostrato che gli sceneggiatori possono affrontare la questione del cambiamento climatico con “prese in giro” o “battute” nei confronti dei responsabili, piuttosto che adottare un tono cupo. “Può essere divertente ridere del cambiamento climatico“, afferma l’autrice. “Può essere liberatorio vederlo sui nostri schermi e non far sì che la gente lo ingoi come un messaggio politico“.

Hollywood e le sue star del jet-set sono spesso accusate di ipocrisia nei confronti del cambiamento climatico, ma i co-fondatori del summit spiegano che il loro obiettivo è cambiare l’approccio generale, non incriminare i singoli individui. “Questo evento ha lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica per cambiare la cultura di Hollywood, non si tratta affatto di affermare che tutti a Hollywood sono esperti di clima“. “Siamo attivisti attivi nell’industria dello spettacolo“, insistono. “L’industria dello spettacolo è ipocrita. Non ha fatto abbastanza“.

ghiacciaio

Allarme Himalaya: i ghiacciai si sciolgono a ritmo record

E’ allarme per i ghiacciai dell’Himalaya. Secondo uno studio dell’International Centre for Integrated Mountain Development (Icimod) si stanno sciogliendo a un ritmo senza precedenti a causa dei cambiamenti climatici, minacciando l’approvvigionamento idrico di quasi due miliardi di persone. Tra il 2011 e il 2020, i ghiacciai si sono sciolti il 65% più velocemente rispetto al decennio precedente. “Con il riscaldamento globale, i ghiacci si scioglieranno, come era prevedibile. Ma ciò che è inaspettato e molto preoccupante è la velocità”, spiega Philippus Wester, autore principale dello studio. “Sta andando molto più velocemente di quanto pensassimo”, dice.

I ghiacciai della regione dell’Hindu Kush e dell’Himalaya sono una fonte d’acqua cruciale per circa 240 milioni di persone nelle aree montuose e per altre 1,65 miliardi nelle valli sottostanti, secondo il rapporto. In base alle traiettorie delle emissioni, i ghiacciai potrebbero perdere fino all’80% del loro volume attuale entro la fine del secolo, secondo le stime dell’Icimod, un’organizzazione intergovernativa con sede in Nepal tra i cui Paesi membri ci sono anche Afghanistan, Bangladesh, Bhutan, Cina, India, Birmania e Pakistan.

I ghiacciai himalayani alimentano 10 dei maggiori bacini fluviali del mondo, tra cui il Gange, l’Indo, il Fiume Giallo, il Mekong e l’Irrawaddy, e forniscono direttamente o indirettamente cibo, energia e reddito a miliardi di persone. “Due miliardi di persone in Asia dipendono dall’acqua dei ghiacciai e della neve. Le conseguenze della perdita di questa criosfera (zona ghiacciata) sono impensabili“, dice Izabella Koziell, vice capo dell’Icimod.

Anche se il riscaldamento globale sarà limitato a 1,5-2°C rispetto ai livelli preindustriali, così come concordato nell’Accordo di Parigi, si prevede che i ghiacciai perderanno tra un terzo e la metà del loro volume entro il 2100, secondo lo studio. “Questo sottolinea la necessità di un’azione climatica urgente”, avverte Wester. “Ogni piccolo aumento avrà un impatto enorme e abbiamo davvero bisogno di lavorare per mitigare il cambiamento climatico”.

Caldo record

Europa continente più caldo: +2,3 gradi e 16mila vittime nel 2022

L’Europa è il continente caldo il doppio rispetto alla media mondiale. Il 2022 infatti è stato l’anno più caldo di 2,3 gradi rispetto al clima della fine del XIX secolo (1850-1900) l’era preindustriale utilizzata come riferimento per l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Come ha certificato il rapporto sullo stato del clima in Europa 2022, il secondo di una serie annuale, prodotto congiuntamente dall’Organizzazione meteorologica mondiale e dal Servizio sui cambiamenti climatici Copernicus dell’Unione europea, il 2022 è stato l’anno più caldo mai registrato per Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Portogallo, Spagna, Svizzera e Regno Unito. In generale, in tutta la regione meteorologica europea, il 2022 è stato il secondo anno più caldo, o il quarto se si includono la Groenlandia e parti più a est. Ma quasi l’intera regione ha sperimentato temperature superiori a 0,5 gradi sopra il normale (1991-2020).

Già a novembre l’Omm aveva già annunciato che l’Europa si era riscaldata a un tasso di +0,5 gradi per decennio dal 1990, il doppio della media delle altre cinque regioni meteorologiche globali. “Nel 2022, molti paesi dell’Europa occidentale e sud-occidentale hanno avuto il loro anno più caldo mai registrato. L’estate è stata la più calda mai registrata: le alte temperature hanno esacerbato le gravi e diffuse condizioni di siccità, alimentato violenti incendi che hanno provocato la seconda più grande area bruciata mai registrata e portato a migliaia di morti eccessive associate al calore”, ha affermato il segretario generale dell’Omm, Petteri Taalas. Il 2022 “purtroppo non è un caso unico o una stranezza climatica“, ha commentato Carlo Buontempo, direttore dell’Osservatorio sui cambiamenti climatici Copernicus (C3S) dell’Unione europea. L’anno “fa parte di una tendenza che renderà gli episodi di stress da caldo estremo più frequenti e intensi in tutta la regione”.

Ma, in segno di speranza per il futuro, per la prima volta l’anno scorso l’energia rinnovabile ha generato più elettricità del carbon fossile inquinante. L’energia eolica e solare ha generato il 22,3% dell’elettricità dell’Unione Europea (Ue) nel 2022, superando il gas fossile (20%). “Per la prima volta, nell’Ue è stata generata più elettricità dall’eolico e dal solare che dal gas fossile. L’aumento dell’uso di fonti energetiche rinnovabili e a basse emissioni di carbonio è fondamentale per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili“, ha affermato Taalas. Una buona notizia se si pensa che nel 2021, ultimo anno disponibile per i dati consolidati, le concentrazioni in atmosfera dei tre principali gas serra (carbonio, metano e protossido di azoto) hanno raggiunto i massimi livelli. Nel 2022, i dati provenienti da più siti mostrano che le emissioni di tutti e tre i gas hanno continuato ad aumentare.

Secondo l’Emergency Situations Database (EM-DAT), i pericoli meteorologici, idrologici e climatici in Europa nel 2022 hanno colpito direttamente 156mila persone e causato 16.365 morti, quasi esclusivamente a causa delle ondate di calore. Il danno economico, per lo più legato ad alluvioni e tempeste, è stimato complessivamente in circa 2 miliardi di dollari per l’anno 2022, lontano dai 50 miliardi per l’anno 2021 dopo le alluvioni eccezionali.

Mentre il termometro saliva, le precipitazioni erano al di sotto del normale in gran parte dell’Europa. “Questo è il quarto anno consecutivo di siccità nella penisola iberica e il terzo nelle regioni montuose delle Alpi e dei Pirenei”, indica il rapporto.

La Francia ha vissuto il periodo gennaio-settembre 2022 più secco dal 1976, così come il Regno Unito nel periodo gennaio-agosto, causando “considerevoli impatti sull’agricoltura e sulla produzione di energia”.

I ghiacciai delle Alpi europee hanno subito “una perdita di massa record in un solo anno, causata da quantità molto basse di nevicate in inverno, un’estate molto calda e depositi di polvere sahariana“. Dal 1997 tutti i ghiacciai europei hanno perso circa 880 km3 di ghiaccio.

Le temperature superficiali medie nel Nord Atlantico sono state le più calde mai registrate, con ogni ondata di caldo che ha portato a migrazioni ed estinzioni di specie e alla distruzione di interi ecosistemi marini.

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Sensori, droni e satelliti: Israele coltiva nel deserto con l’hi-tech

La sfida al cambiamento climatico, in agricoltura, parte da Israele. Noto per il clima arido e le risorse idriche limitate, è riuscito comunque a “trasformare il suo panorama agricolo attraverso innovazioni rivoluzionarie”. Raphael Zinger, ministro per gli Affari Scientifici ed Economici dell’Ambasciata d’Israele in Italia, spiega come il Paese sia diventato “leader globale nella tecnologia agricola, apportando contributi significativi a pratiche sostenibili e alla sicurezza alimentare”.

Pioniere nelle tecniche di irrigazione efficiente, Israele ha sviluppato sistemi di irrigazione a goccia avanzati che forniscono acqua direttamente alle radici delle piante, riducendo gli sprechi e massimizzando il rendimento delle colture. Un approccio che, spiega il consigliere, “non solo ha ridotto il consumo di acqua, ma ha anche aumentato la produttività, consentendo agli agricoltori di coltivare una varietà di colture in ambienti aridi”.

L’agricoltura israeliana ha poi abbracciato tecnologie all’avanguardia come l’agricoltura di precisione, l’automazione e l’analisi dei dati. Con l’uso di sensori, droni e immagini satellitari, gli agricoltori possono raccogliere dati in tempo reale sulle condizioni del suolo, la salute delle piante e i modelli meteorologici. Questo approccio basato sui dati, osserva Zinger, “consente un’allocazione precisa delle risorse, ottimizzando l’uso di fertilizzanti, pesticidi e acqua, con conseguente aumento dell’efficienza e riduzione dell’impatto ambientale”.

Oggi fare agricoltura senza sistemi di irrigazione che possano o risultare d’emergenza o mediare le precipitazioni, è impensabile“, fa eco Aaron Fait, docente della Ben Gurion University, esperto di miglioramento delle colture agricole e vitivinicole in ambienti a scarsa disponibilità idrica e desertici.
Creare un sistema molto più efficiente è il punto di partenza. Questo “vale anche per il riciclo dell’acqua. Israele riutilizza l’80% dell’acqua, che viene tutta riutilizzata in agricoltura. Dopo Israele c’è la Spagna con un 40%“, rivendica.

Anche rispetto all’aumento di temperatura, si può fare qualcosa per difendere le piante. Ad esempio, si possono “creare dei modelli per riuscire ad anticipare le ondate di caldo torrido durante la stagione della crescita della pianta, arrivare sul campo e creare strategie per mitigare l’innalzamento della temperatura“, afferma. “Si possono poi proteggere i frutti da radiazioni solari, si possono avere reti che proteggono il frutto in periodi specifici della stagione. A livello tecnico e agronomico abbiamo molte possibilità“.
La viticoltura nel deserto del Negev può essere un modello per l’Europa, anche per il futuro, in considerazione del cambiamento climatico e della necessità di adattamento: “Un aumento di temperatura di 2 gradi potrebbe portare a una perdita del 50% delle varietà delle viti, se non viene mantenuta la biodiversità”, spiega Fait. Allo studio, fa sapere, ci sono “varietà di viti che resistono meglio al surriscaldamento globale”.

caldo

Si chiude a Bonn la conferenza sul cambiamento climatico: braccio di ferro su combustibili fossili

La necessità di accelerare la riduzione delle fonti fossili è stata il punto focale e della discordia della conferenza di Bonn sul cambiamento climatico, che si è chiusa giovedì sera e che ha chiamato in Germania i rappresentanti di 200 Paesi. Dieci giorni di dialogo e confronto su transizione energetica equa, sostegno all’adattamento climatico e attuazione di un fondo per finanziare le “perdite e danni” dei Paesi più poveri. Discussioni cruciali in vista della Cop28, che si terrà a Dubai a dicembre, con l’obiettivo di riportare l’umanità sulla traiettoria più ambiziosa dell’accordo di Parigi: limitare il riscaldamento globale a 1,5°C dall’era preindustriale, perché l’attuale tasso di emissioni porterà la Terra a +2,8°C entro il 2100.

“Il cambiamento climatico non è una questione ‘Nord contro Sud’, è un maremoto che non fa distinzioni” e “l’unico modo per evitare di essere travolti è investire nell’azione per il clima”, ha avvertito il segretario esecutivo delle Nazioni Unite per il clima, Simon Stiell, durante la chiusura della conferenza.

Nel mirino del suo discorso, il lungo braccio di ferro che ha opposto Unione Europea e gruppo Lmdc (una ventina di Paesi emergenti, tra cui Cina, India e Arabia Saudita). L’Ue ha voluto intensificare le discussioni sulla riduzione dei gas serra. Ma, in cambio, si è addentrata in ulteriori trattative sugli aiuti finanziari che i Paesi ricchi, cioè i principali responsabili del riscaldamento globale, devono ai Paesi poveri. Anche perché finora le promesse non sono state mantenute. “La riluttanza dei Paesi sviluppati a prendere un vero impegno” sui finanziamenti è stata denunciata dall’ambasciatore cubano, che ha parlato a nome del gruppo G77+Cina (si tratta infatti di 134 Paesi in via di sviluppo, oltre l’80% della popolazione mondiale). “Ogni Paese ha il diritto di seguire i propri percorsi di sviluppo e di transizione”, ha detto ancora nella sua dichiarazione finale, sostenuta dalla maggior parte dei Paesi del Sud, che hanno perso la fiducia nei Paesi sviluppati. “Stiamo rispettando i nostri impegni finanziari per il clima”, ha affermato l’Unione Europea, ricordando la necessità di diversificare le fonti di denaro poiché la maggior parte dei finanziamenti privati ​​per il clima sfugge ai Paesi in via di sviluppo.

La questione sarà, il 22 e 23 giugno, al centro del vertice di Parigi per un nuovo patto finanziario globale. E ancora in agenda a settembre, al vertice sull’azione per il clima organizzato a New York dal segretario generale Onu Antonio Guterres, che giovedì ha definito i combustibili fossili “incompatibili” con la sopravvivenza dell’umanità.

Gli occhi sono puntati soprattutto sul presidente della Cop28, il sultano al-Jaber, capo della compagnia petrolifera degli Emirati Arabi Uniti, che ha partecipato alla conferenza di Bonn l’8 e 9 giugno. Sotto pressione da parte degli ambientalisti, si è accontentato di incontrare le delegazioni, senza tenere una conferenza stampa. “È giunto il momento per lui di passare dalla modalità di ascolto alla modalità di azione”, ha dichiarato Alden Meyer, veterano della Cop presso il think tank E3G, rammaricandosi di “un’occasione persa” per farlo a Bonn. In un cambio di narrazione simbolica, però, il sultano ha riconosciuto durante un ricevimento che la riduzione dei combustibili fossili è “inevitabile”.

Gli osservatori attendono ancora una roadmap concreta per la Cop28, che si terrà sulla scia della prima valutazione globale, a settembre, dei progressi compiuti dalle nazioni per ridurre le proprie emissioni dal 2015. “Il divario tra i risultati politici di Bonn e la dura realtà climatica sembra già enorme”, sottolinea Li Shuo, esperto di Greenpeace, che in questo gap vede il “preludio alle turbolenze politiche della Cop”. A Dubai, per la prima volta, i partecipanti dovranno dichiarare i loro possibili legami (“affiliazioni”) con le aziende, una vittoria della società civile che ha chiesto questa misura contro l’influenza mascherata delle industrie fossili.

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siccità

La Terra brucia: record mondiale di temperatura a inizio giugno

I primi undici giorni di giugno sono stati i più caldi mai registrati in questo periodo dell’anno. A rivelarlo è il Copernicus Climate Change Service (C3S), uno dei sei servizi informativi tematici offerti dal programma dell’Unione europea di osservazione della Terra Copernicus. E’ la prima volta che le temperature dell’aria superficiale globale hanno superato il livello preindustriale di oltre 1,5⁰C durante il mese di giugno. Il servizio di osservazione della Terra dell’Unione europea da satelliti e stazioni su terra e in mare ha monitorato la frequenza con cui le temperature globali giornaliere hanno superato questo limite, “un buon indicatore di quanto velocemente ci stiamo avvicinando alla soglia di 1,5 gradi fissata dall’Accordo di Parigi”, precisa il bollettino.

Il nuovo record arriva dopo la dichiarazione ufficiale dell’emergere del fenomeno El Niño e le temperature record della superficie marina del mese scorso. Nonostante sia la prima volta che il limite viene superato a giugno, “non è la prima volta che l’aumento della temperatura media globale giornaliera supera il livello di 1,5 gradi”, precisa Copernicus. La soglia è stata superata per la prima volta a dicembre 2015 e ripetutamente superata negli inverni e nelle primavere del 2016 e del 2020.

“Il mondo ha appena registrato il suo inizio di giugno più caldo mai registrato, dopo un mese di maggio che è stato meno di 0,1°C più freddo del maggio più caldo mai registrato. Il monitoraggio del nostro clima è più importante che mai per determinare quanto spesso e per quanto tempo gli aumenti delle temperature globali superano 1,5°C. Ogni singola frazione di grado è importante per evitare conseguenze ancora più gravi della crisi climatica”, ha dichiarato Samantha Burgess, vicedirettrice del Copernicus Climate Change Service (C3S).