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Tutto quello che devi sapere sulla ricarica delle auto elettriche

Lo stop alle auto a benzina e diesel dal 2035 deciso dall’Unione Europea segna un passo fondamentale verso la decarbonizzazione dei trasporti, ma apre uno scenario critico per i consumatori. Inevitabilmente costretti a passare a mezzi alimentati da fonti alternative, in molti nei prossimi anni opteranno per veicoli ibridi, senza necessità di ricarica. Ma la strada verso il 100% elettrico, in attesa che anche l’auto solare diventi una realtà di massa, è ormai segnata. Con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. Primo fra tutti ‘l’ansia da autonomia’. Quando si sale su un’auto BEV, alimentata da motore elettrico a batteria senza uso di combustibili fossili, la prima domanda che si fa è: quanto durerà la ricarica? E poi: quanto ci metterò a ricaricarla?

AUTONOMIA AUTO ELETTRICHE

Impossibile dare un valore assoluto, perché ovviamente (come succede con le auto a benzina e diesel) l’autonomia dipende dalla capacità della batteria e dal modello del veicolo. Inoltre, sui consumi influiscono lo stile di guida, la velocità, la tipologia di percorso e le condizioni climatiche. Le case automobilistiche in ogni caso comunicano il dato di autonomia medio. In media, a oggi, con un’auto BEV si possono percorrere tra i 200 e i 500 km. Ma si arriva fino ai 900 km con un ‘pieno’ per alcuni modelli di Tesla, pioniera della mobilità elettrica. La percorrenza media di un veicolo elettrico è di 6-8 km/kWh, la capacità media è di 30-80 kWh. Questi sono i due dati da valutare nell’acquisto del veicolo: più sono alti i due valori, più a lungo durerà la batteria.

VELOCITÀ DI RICARICA

Anche in questo caso, la velocità di ricarica di un’auto elettrica dipende da diversi fattori. Dalla potenza con cui si carica (potenza in kW della presa disponibile nelle stazioni di ricarica), dalla potenza massima accettata dal caricabatteria interno al veicolo, dal tipo di cavo utilizzato oltre ovviamente che dalla capacità del sistema di accumulo di bordo e dallo stato di carica. Secondo i dati di Enel X, un’auto media con una batteria da 25 kWh richiede 8 ore per ricaricare completamente a casa (con una potenza media di 3 kW), 2 ore per ricaricare completamente in stazioni di ricarica più veloci (con potenza compresa tra 7,4 e 22 kW), 30 minuti per ricaricare completamente presso le stazioni di ricarica più veloci (con potenza compresa tra 43 kW e 50 kW).

LA POTENZA DEI PUNTI DI RICARICA

A oggi, rileva Motus-E, il 92% dei punti di ricarica è in corrente alternata (AC), mentre l’8% in corrente continua (DC). Di queste il 14% è a ricarica lenta (con potenza installata pari o inferiore a 7 kW), il 78% a ricarica accelerata in AC (tra più di 7 kW e 43 kW), un 4% fast DC (fino a 50 kW) e il restante 4% ad alta potenza (di cui quasi il 2% oltre i 150 kW). Si assiste ad installazioni a potenze sempre più elevate, infatti nell’ultimo trimestre sono soprattutto i punti di ricarica in DC ad aumentare con un +46% per i punti di ricarica tra 50 e 150 kW e un +38% per i punti di ricarica con potenza superiore ai 150 kW. Per quanto riguarda la distribuzione geografica, è confermato anche questo trimestre che il 57% circa dei punti di ricarica sono distribuiti nel Nord Italia, il 23% circa nel Centro mentre solo il 20% nel Sud e nelle Isole. Del totale dei punti di ricarica. Inoltre, il 32% è disponibile nei capoluoghi di provincia ed il restante negli altri comuni del territorio. Ancora fortemente limitata la presenza di infrastrutture di ricarica in ambito autostradale, tuttavia si registrano dei segnali positivi. Infatti, anche per quanto riguarda i punti di ricarica in autostrada si evidenzia l’incremento trimestrale più alto mai registrato nelle nostre rilevazioni (+85 punti di ricarica ad uso pubblico) che portano ad un totale di 235 punti di ricarica disponibili sui corridoi autostradali. Di questi 151 con ricarica veloce o ultraveloce. Considerando la rete italiana autostradale complessiva di circa 7.318 km, risultano 2,1 punti di ricarica veloce ed ultraveloce ogni 100 km.

QUANTO COSTA UN PIENO?

Proprio come per le auto a diesel o benzina, dipende dalla capacità della batteria, ma anche dalla velocità di ricarica. I prezzi medi per una ricarica domestica variano fra 0,15-0,30 euro per kWh. Se invece si fa rifornimento presso colonnine, i prezzi si aggirano dagli 0,40 euro al kWh per le ricariche più lente agli 0,80 euro al kWh per quelle più veloci.

RICARICA MOBILE

Oltre alle Infrastrutture di ricarica fisse, in Italia si sta sviluppando una rete di ricarica mobile, che si differenzia rispetto alla rete di ricarica tradizionale in quanto non è posizionata in un luogo specifico ma raggiunge l’utente. Attualmente il servizio è presente a Roma, Milano, Bologna e Torino con un totale di 36 dispositivi mobili con una potenza di ricarica fino a 70kW. Lo sviluppo potrebbe rappresentare una soluzione complementare per l’accelerazione verso un sistema di ricarica nazionale in grado di rispondere adeguatamente all’incremento previsto dei fabbisogni delle auto elettriche.

Ricarica colonnina

Con la startup Reefilla arriva la ricarica delivery

Secondo un sondaggio realizzato da Deloitte a inizio anno, quasi sette italiani su dieci, oggi, accarezzano l’idea di acquistare un’auto elettrica, spinti da una crescente coscienza ecologica e dalla curiosità verso le nuove tecnologie green. Molti, tuttavia, finiscono ancora per desistere non solo a causa del costo dei mezzi, ma anche della difficoltà nel reperire colonnine di ricarica nel momento del bisogno. Un problema, questo, a cui si propone di dare soluzione la startup torinese Reefilla, con il suo inedito servizio di ricarica mobile predittiva in arrivo nei prossimi mesi. “Il nostro scopo primario è dare tranquillità all’utente, offrendogli una soluzione tempestiva e a domicilio”, sostiene Marco Bevilacqua, fondatore della realtà insieme a Pietro Balda e Gabriele Bergoglio. Il progetto rappresenta un’alternativa al tempo stesso flessibile e complementare alle colonnine di ricarica tradizionali e rientra nel settore della cosiddetta charge delivery, un ambito in cui nell’ultimo anno si sono affacciate già alcune prime realtà, come ad esempio E-Gap, presente nelle principali città italiane ed europee.

Trovare una stazione a cui collegare il mezzo, spostarlo una volta terminata la sessione e programmare gli spostamenti in modo da non esaurire la batteria sono tutti fattori di stress per l’automobilista”, spiega Bevilacqua. La soluzione trovata da Reefilla è l’accumulatore Fillee, in grado di garantire un’autonomia media di 120 chilometri in appena 30 minuti di ricarica. Per usufruirne direttamente sotto casa è sufficiente registrarsi alla piattaforma digitale dell’azienda, che è connessa con l’auto e ne rileva la posizione, prevedendone il fabbisogno energetico. Una volta loggato, l’utente non solo è in grado di richiedere una ricarica ‘on demand’, ma viene anche avvisato in anticipo sull’eventuale opportunità di ricevere una ricarica senza dover fare null’altro. “Abbiamo sviluppato un’organizzazione logistica su misura, che ci consente di raggiungere qualsiasi punto della città, anche nelle situazioni di parcheggio più complesse”, aggiunge Bevilacqua.

Reefilla, inoltre, si propone come una valida soluzione per chi ha difficoltà di tipo pratico in fase di ricarica. Le tradizionali colonnine prevedono, infatti, l’utilizzo di cavi voluminosi e una familiarità al digitale che non tutti possiedono. La startup, al contrario, adotta una filosofia molto simile a quella del mercato delivery, in cui all’utente viene riservata solo la fruizione del prodotto finale (in questo caso del mezzo) già pronto all’uso. “Si tratta di un’ottima possibilità anche per chi ha problemi di mobilità ridotta – prosegue Bevilacqua – in questo senso Reefilla ha anche una valenza sociale”.

Dal punto di vista tecnico, la ricarica mobile Reefilla sfrutta connettività e tecnologie già presenti a bordo di qualsiasi veicolo elettrico e non necessita di dispositivi aggiuntivi. Un fattore che non è sfuggito alle numerose società che si occupano del noleggio a breve e medio termine, che vedono già nei servizi proposti dalla startup un ulteriore optional da offrire ai propri clienti. “Il mondo business ha mostrato interesse per il progetto. Gran parte dei veicoli elettrici sul territorio italiano è a noleggio e la possibilità di effettuare la ricarica mobile può diventare un ulteriore fattore attrattivo per gli utenti, che insieme al canone per utilizzare l’auto pagheranno anche per delle cariche periodiche”.

L’azienda è pronta a lanciare il proprio servizio pilot a Milano il prossimo autunno. “Stiamo ottimizzando l’app in modo da renderla più user friendly possibile”, spiega Bevilacqua. “È proprio la dimensione urbana il nostro ambito di riferimento per il servizio di ricarica mobile. Anche per una questione logistica, funzioniamo meglio nelle città, proprio come avviene per i monopattini elettrici”. Città sì, ma non solo italiane. Dopo Milano, Reefilla è pronta a proporre il sevizio di ricarica mobile anche a Roma e Torino – dove vengono realizzati tutti i componenti utilizzati dall’azienda -, per poi guardare a metropoli europee come Berlino e Parigi.

(Photo credits: Instagram @reefilla)

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Stellantis a lavoro per infrastruttura ricarica ‘fast’: focus sul Sud Europa

La strada ormai è tracciata: stop alle auto a combustione nel 2035. Una scadenza che appare lontana, ma che in verità è vicinissima. E che si scontra ancora con le difficoltà di diffusione dei veicoli elettrici. Un tema complicato, ma strettamente connesso con la situazione dell’infrastruttura di ricarica, al momento in Italia ancora piuttosto indietro. Ma se il percorso è questo, sono le stesse case automobilistiche che devono iniziare a pensare e progettare un sistema maggiormente diffuso per invogliare i clienti ad un cambio radicale del paradigma della mobilità. Capofila in questo tipo di ideazione è Stellantis che, soprattutto sull’Italia, fra i Paesi più indietro a livello di infrastruttura di ricarica, ha già progetti e lavori in atto.

PROGETTO ATLANTE

Stellantis, in collaborazione con i partner NHOA e Free2Move eSolutions, intende creare la più grande rete europea di ricarica ‘fast’ per veicoli elettrici, completamente integrata con la rete, alimentata con energia da fonti rinnovabili e sistemi di accumulo. Il progetto, annunciato durante l’EV Day del luglio 2021, e con applicazioni in Italia, Francia, Spagna e Portogallo, aveva un timing molto preciso e quei target rimangono validi. Più di 35mila punti ricarica tutti fast entro il 2030, con una soglia intermedia di 5mila punti entro il 2025. Un obiettivo ambizioso, con una accelerazione impressionante negli ultimi cinque anni. Il motivo lo spiega a GEA Gabriele Catacchio, Head of Global e- Mobility Communication di Stellantis: “La presenza di stazioni di ricarica prevede un investimento non da poco. Dove ci sono auto che possono generare revenue ricaricandosi alle colonnine tutto diventa più semplice, e questo succederà in prospettiva proprio dal 2025 in avanti. Inoltre, è anche un modo di seguire l’andamento delle istituzioni. Sappiamo che con il nuovo piano Fit for 55 sono stati dichiarati investimenti per installare colonnine fast ogni 60 km in autostrada. Laddove le istituzioni aiutano le aziende che investono in infrastrutture di ricarica, questo permette di accelerare il piano. E prevediamo che avverrà proprio in quegli anni”. Intanto, però, il progetto va avanti con 700 punti di ricarica già individuati che saranno operativi fra fine anno e inizio prossimo, per la maggior parte in Italia.

PUNTI DI RICARICA NELLE STAZIONI

Specificamente per l’Italia, Stellantis, insieme a TheF Charging, ha stretto un accordo con il Gruppo FS Italiane tramite Metropark, la società controllata che gestisce i parcheggi nelle principali stazioni ferroviarie italiane. L’accordo è finalizzato a favorire la diffusione di una mobilità più sostenibile, beneficiando anche dell’intermodalità fra rotaia e gomma. L’intesa prevede l’installazione di 600 punti di ricarica per veicoli elettrici in 50 parcheggi Metropark presso le stazioni diffuse sul territorio italiano. Il network di ricarica sarà disponibile per tutti i veicoli elettrici con vantaggi esclusivi per i possessori di veicoli Stellantis e sarà alimentato da energia 100% rinnovabile. Anche qui, la timeline è rispettata. “Entro fine anno ci saranno sicuramente le prime colonnine attive. Cercheremo ovviamente di coprire una buona percentuale di quelle 50 stazioni già nel 2022, partendo da quelle di maggiore interesse”, spiega Catacchio. La scelta delle stazioni non è casuale, vista la loro posizione strategica. “L’idea è che si arrivi in stazione con l’auto elettrica e la si metta in carica, poi si prenda il treno. In alcune stazioni di arrivo è poi possibile noleggiare un’auto elettrica tramite i nostri Leasys Mobility Store. E poi, al rientro dal viaggio, riprendo il mio mezzo completamente carico. Così diventa un viaggio 100% elettrico”. Il progetto riguarda solo l’Italia, ma da Stellantis non escludono accordi simili anche all’estero. Magari non solo nelle stazioni, ma in altri luoghi strategici: ospedali, aeroporti, grandi magazzini.

IL FUTURO E LE PROSPETTIVE

Il focus di Stellantis, al momento, è il Sud Europa, con l’Italia in cima ai pensieri. Non solo perché è un mercato importante per il Gruppo, ma perché a livello di infrastruttura di ricarica è un po’ indietro. “In Olanda – snocciola i dati Catacchio – ci sono circa 120mila punti di ricarica per 400mila auto elettriche, in Italia per 300mila auto ci sono 30mila punti di ricarica. Non c’è storia. Installare colonnine nel Sud Europa è importante perché è dove al momento manca l’infrastruttura”. Soprattutto in ottica di ricarica fast, che in Italia è solo al 10%, “ma i clienti la preferiscono, soprattutto nel pubblico”. Le prospettive di Stellantis, quindi, sono chiare. Entro il 2030 solo veicoli BEV in Europa. Quindi, “a livello infrastruttura ci aspettiamo che ci sia un trend analogo e lavoriamo con i nostri partner per permettere che in questa transizione vengano offerte soluzioni di ricarica completamente customizzabili per i clienti”. E così, chi vorrà potrà ricaricare l’auto a casa, chi vorrà potrà farlo all’infrastruttura su suolo pubblico, o ancora entrambe le cose. “Cerchiamo di toglierti tutti i problemi”, chiude Catacchio.

Punti di rifornimento: il Pnrr mette sul piatto 741 milioni di euro

Missione 2, Componente 2, Investimento 4.3: è qui che, all’interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, si trovano le risorse destinate costruire una rete di punti di ricarica adeguata sia a livello numerico che di distribuzione geografica al prevedibile boom dei mezzi elettrici nei prossimi anni. Gli investimenti previsti ammontano a 741,3 milioni di euro e puntano a rendere operative, entro il 2026, almeno 7.500 stazioni di ricarica super-veloci sulle strade strade extraurbane (autostrade escluse) e almeno 13.755 stazioni di ricarica veloci nei centri urbani. A tutto questo dovrebbero aggiungersi anche 100 punti di ricarica sperimentali volti allo stoccaggio dell’energia. I target sono ambiziosi ma non rinviabili, visto che gli obiettivi europei definiscono un parco circolante di circa 6 milioni di veicoli elettrici in Italia nel 2030, con la necessità di avere sul territorio almeno 31.500 punti di ricarica rapida.

Più nel dettaglio, il Pnrr fissa alcuni traguardi intermedi. Entro giugno 2023 dovranno essere definiti i contratti per almeno 2.500 infrastrutture di ricarica da almeno 175 kW (ma espandibili fino ad erogare potenze di almeno 350 kW) sulle strade extraurbane e 4.000 da almeno 100 kW nelle zone urbane. Queste strutture dovranno entrare in servizio entro giugno 2024. Entro dicembre dello stesso anno andranno definiti i contratti per le rimanenti 5.000 stazioni extraurbane e 9.755 urbane, da ultimare poi entro dicembre 2025. La spesa prevista è così suddivisa: 400 milioni per il 2023, 150 per il 2024, 141,3 per il 2025 e infine 50 per il 2026. Mentre riguardo alla tipologia di impianti da installare, circa 360 milioni andranno a quelli sulle strade extraurbane e circa 353 milioni a quelli situati in città.

Secondo quanto fissato dal ministero della Transizione Ecologica, i fondi saranno erogati attraverso tre gare, con un bando per ogni anno nel periodo 2022-24: il primo è previsto a dicembre di quest’anno e resterà aperto per 90 giorni. Gli incentivi prevedono contributi a fondo perduto fino al 40% dei costi di realizzazione, con un tetto massimo di investimento ammissibile di 81mila euro per gli impianti sulle strade extraurbane e di 50mila euro per quelli cittadini. In ogni caso, le stazioni di ricarica dovranno entrare in esercizio entro 12 mesi dall’ammissione all’incentivo.

Il primo passo ufficiale è stato compiuto a cavallo tra maggio e giugno con la consultazione pubblica riservata a soggetti interessati e stakeholders che hanno potuto inviare al Mite osservazioni in vista della stesura finale del decreto attuativo chiamato a regolare i bandi di gara. Tra i punti che hanno suscitato maggiori perplessità c’è l’intenzione del Mite di istituire una “corsia preferenziale” per la nascita di impianti all’interno di stazioni di carburanti già esistenti. Tra gli obiettivi esplicitati c’è infatti quello di “massimizzare il ricorso a stazioni di rifornimento di carburanti tradizionali, al fine di evitare ulteriore sottrazione di suolo e ottimizzare l’utilizzo delle connessioni alla rete elettrica già presenti”. “Limitare la premialità ai soli distributori di carburante, escludendo supermercati, stazioni o altri nodi già operativi, non rappresenta affatto un vantaggio né per gli utenti e né per il sistema elettrico”, ha spiegato Francesco Naso, segretario generale di Motus-E, associazione che rappresenta gli stakeholder della mobilità elettrica. “Si rischia di non raggiungere gli obiettivi sul numero di infrastrutture da installare, di non spendere tutte le risorse stanziate e, soprattutto, di dare vita ad un servizio poco efficiente per gli utenti finali”, ha avvertito.

auto elettriche

Italia ‘slow’ a causa burocrazia: ma tecnologia e risorse ci sono

Il 10,3% rispetto al 19,8% in Francia, al 21,65 nel Regno unito, al 26% in Germania e soprattutto al 30% in Olanda (primato europeo). È necessario partire dai numeri, ancora una volta, per comprendere il ritardo dell’Italia sulla mobilità elettrica in auto. Con una quota così bassa, non può nemmeno sorprendere che nel Belpaese le infrastrutture per la mobilità stradale a zero emissioni siano ancora scarsamente diffuse. Tuttavia, il trend è positivo e la crescita costante. Un balzo evidente confrontando i dati Motus-E (associazione dell’automotive a basse emissioni) di marzo 2022, quando i punti di ricarica erano 27.857 in 14.311 infrastrutture (stazioni o colonnine), e al 30 giugno, quando risultavano installati 30.704 punti di ricarica in 15.674 infrastrutture, con 12.410 location accessibili al pubblico (77% su strada e 23% su suolo privato a uso pubblico, come supermercati o centri commerciali). In pratica, tra il primo e il secondo trimestre dell’anno si sono conteggiati 2.847 punti di ricarica e 1.363 colonnine in più, ovvero, secondo Motus-E, il più alto aumento trimestrale di sempre. Ciononostante, l’11% delle infrastrutture installate (al 30 giugno) non era utilizzabile per la mancanza di collegamento alla rete elettrica, sia per accordi con il gestore sia per autorizzazioni varie.

Insomma, accelera la tecnologia ma la burocrazia rallenta il processo. Uno dei problemi atavici dell’Italia e uno dei tasti dolenti toccato anche da Andrea Cardinali, direttore generale dell’Unrae (Unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri): “È assolutamente evidente la necessità di accelerare in modo massiccio l’infrastrutturazione del Paese. A 14 mesi dal varo del Pnrr, che prevede 750 milioni per le infrastrutture di ricarica pubbliche nel 2022-2026, manca ancora un puntuale cronoprogramma che indichi tempi, luoghi e tipologie di colonnine da installare, nonché i soggetti incaricati di effettuare gli investimenti”. Il timore è quello di mancare clamorosamente gli obiettivi dell’Agenda Ue sulla transizione ecologica. “Per avere una capillarità della rete di infrastrutture di ricarica paragonabile all’Olanda – aggiunge Cardinali – l’Italia necessiterebbe di 320mila punti di ricarica pubblica, dotando, in particolare, autostrade e superstrade delle indispensabili colonnine fast charge, ma siamo ancora lontanissimi da questi livelli. Una situazione che frena pesantemente lo sviluppo del mercato dei veicoli alla spina”. Senza contare che per le infrastrutture di ricarica private non sono stati ancora varati i provvedimenti attuativi previsti all’articolo 12 del decreto del 25 agosto 2021 che stanziava 90 milioni allo scopo di incentivare la diffusione delle infrastrutture elettriche.

Ancora una volta, l’inghippo sarebbe nelle procedure, non nelle risorse. Il ministero per la Transizione ecologica ha destinato 741,5 milioni di euro relativamente alla ‘Missione 2, Componente 2’ del Piano nazionale di Ripresa e resilienza (Pnrr), al fine “di incentivare la realizzazione di infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici veloci e ultra-veloci, ristrutturando la rete di distribuzione dei carburanti e con l’obiettivo finale di realizzare una rete di ricarica uniformemente distribuita sull’intero territorio nazionale”.

Proprio la mappatura di Motus-E offre una panoramica indicativa sullo stato delle infrastrutture di ricarica in Italia. Il 57% circa delle colonnine è situato al Nord, il 23% nel Centro e il 20% distribuito tra Sud e isole. La Lombardia vanta oltre 5mila punti di ricarica (il 17% del totale nazionale), seguita da Piemonte (11%), Lazio ed Emilia-Romagna (circa il 10%), Veneto (9%) e Toscana (8%). Queste 6 regioni complessivamente coprono peraltro il 64% del totale italiano. In termini di potenza, il 92% dei punti di ricarica è in corrente alternata (AC), mentre l’8% in corrente continua (DC). Di queste il 14% è a ricarica lenta (con potenza installata pari o inferiore a 7 kW), il 78% a ricarica accelerata in AC (tra più di 7 kW e 43 kW), un 4% fast DC (fino a 50 kW). Il restante 4% riguarda in punti ad alta potenza (di cui quasi il 2% oltre i 150 kW).

Italia quinta in Ue per colonnine elettriche. Acea: “Ancora molto da fare”

L’Italia è al quinto posto della classifica europea per numero di punti di ricarica per auto elettriche. È quanto emerge da un’analisi dell’Acea, l’Associazione europea dei produttori di automobili. Il nostro Paese conta su poco più di 23mila colonnine, preceduta dalla Svezia con 37mila punti. A dominare la classifica sono i Paesi Bassi (90mila), la Germania (59mila) e la Francia (37mila). Le ultime 5 posizioni, invece, sono occupate da Cypro (57), Malta (98), Lituania (207), Estonia (385) e Lettonia (420).

La metà di tutti i punti di ricarica per auto elettriche nell’Unione europea – che sono circa 307mila – è concentrata solo in due Paesi: Paesi Bassi e Germania che, insieme, costituiscono meno del 10% dell’intera superficie dell’Ue. L’altra metà di tutte le colonnine è sparsa nei restanti 25 Paesi, che coprono il 90% della superficie europea.

Il divario tra i Paesi in cima e in fondo alla classifica è enorme. I Paesi Bassi hanno quasi 1.600 volte più punti di ricarica rispetto al Paese con meno infrastrutture (Cipro, con appena 57 punti di ricarica). Solo l’Olanda ha tante colonnine di ricarica quanto 23 Stati membri messi insieme.

Per quanto riguarda la distribuzione delle infrastrutture, l’Acea evidenzia “una netta spaccatura tra i Paesi dell’Europa centrale e orientale, da un lato, e i Paesi dell’Europa occidentale, dall’altro“. Ad esempio, la Romania – sette volte più grande dei Paesi Bassi – ha solo lo 0,4% di tutti i punti di ricarica dell’Ue.

Sebbene negli ultimi cinque anni si sia registrato un forte aumento del numero di colonnine (+180%), il totale (307mila) è molto inferiore a quanto richiesto.

L’Acea ricorda che per raggiungere gli obiettivi di riduzione di Co2, “le vendite di veicoli elettrici dovranno aumentare in modo massiccio in tutti i paesi dell’Ue“. Uno studio recente mostra che entro il 2030 sarebbero necessari 6,8 milioni di punti di ricarica pubblici per raggiungere la riduzione del 55% di Co2 proposta per le auto.

Il regolamento sulle infrastrutture dei combustibili alternativi – proposto dalla Commissione europea lo scorso anno – ha lo scopo di aiutare ad affrontare la situazione, “tuttavia – afferma Acea – il suo livello di ambizione è del tutto insufficiente

Mentre alcuni Paesi stanno andando avanti per implementare le infrastrutture, la maggior parte è in ritardo“, spiega il direttore generale dell’Agenzia, Eric-Mark Huitema. “Le forti disparità – dice – dimostrano la necessità di obiettivi forti che siano armonizzati in tutti gli Stati membri dell’Ue“. Ciò che serve, ricorda, “è una fitta rete europea di stazioni di ricarica, che si estenda da nord a sud e da est a ovest“.

auto elettriche

Accelera la rete di ricarica per auto green: il 12% però è inutilizzabile

Accelera in Italia la rete infrastrutturale per la ricarica delle auto elettriche. Al 31 marzo risultano installati 27.857 punti di ricarica in 14.311 infrastrutture di ricarica (o stazioni, o colonnine) e 11.333 location accessibili al pubblico, delle quali, il 77,3% è collocato su suolo pubblico mentre il restante 22,7% su suolo privato a uso pubblico. Sono i dati che emergono dal report di Motus-E. Rispetto alla precedente elaborazione di dicembre 2021, che riportava 26.024 punti in 13.223 infrastrutture si osserva una leggera accelerazione del tasso di crescita rispetto ai trimestri precedenti, in particolare se si considera che le installazioni stanno aumentando nella potenza del singolo punto di ricarica. Si registra, infatti, un incremento di 1.833 punti (+7%) contro un +1.230 punti (+5%) del trimestre precedente. Rispetto a dicembre 2021 si rilevano +1.088 nuove infrastrutture e +830 nuove location. Rispetto a marzo 2021 la crescita è di +7.100 punti di ricarica (+34%), invece rispetto alla prima rilevazione di Motus-E di settembre 2019 (10.647 punti in 5.246 infrastrutture), si registra una crescita del +162% e una crescita media annua del +47%.

infografica

INFRASTRUTTURE ATTIVE

Ci sono, però, anche delle cattive notizie. Purtroppo, infatti, circa il 12% delle infrastrutture installate risulta attualmente non utilizzabile dagli utenti finali, in quanto non è stato finora possibile finalizzare il collegamento alla rete elettrica da parte del distributore di energia o per altre motivazioni autorizzative, ma il valore si attesta su questa cifra da circa 9 mesi, dopo un importante trend di miglioramento. A marzo 2021 si attestava al 22%, era sceso al 15% a giugno 2021, fino al 12% di settembre e al 13% di dicembre.

LA POTENZA DEI PUNTI DI RICARICA

In termini di potenza, il 93% dei punti di ricarica è in corrente alternata (AC), mentre il 7% in corrente continua (DC). Inoltre, il 16% dei punti sono a ricarica lenta (con potenza installata pari o inferiore a 7 kW), il 77% a ricarica accelerata o veloce in AC (tra più di 7 kW e 43 kW), solo un 3,5% fast DC (fino a 50 kW) e le restanti 3,5% ad alta potenza (di cui il 2% fino a 150kW e l’1,5% oltre i 150 kW). Si assiste ad installazioni a potenze sempre più elevate, ad esempio guardando solo i punti di ricarica installati nell’ultimo trimestre, il 16% circa è in DC (con potenze superiori ai 43 kW).

LA DISTRIBUZIONE SUL TERRITORIO

Per quanto riguarda la distribuzione geografica, è confermato anche questo trimestre che il 57% circa dei punti di ricarica sono distribuiti nel Nord Italia, il 23% circa nel Centro mentre solo il 20% nel Sud e nelle Isole. Del totale dei punti di ricarica. Inoltre, il 32% è disponibile nei capoluoghi di provincia ed il restante negli altri comuni del territorio. La Lombardia con 4.592 punti è la regione più virtuosa, e da sola possiede il 16% di tutti i punti. Seguono nell’ordine Piemonte e Lazio con il 10% a testa, Emilia-Romagna e Veneto al 9% e la Toscana all’8%. Le sei regioni complessivamente coprono il 64% del totale dei punti in Italia. In termini di crescita assoluta, le regioni che sono cresciute maggiormente nell’ultimo trimestre sono (nell’ordine da quella che ha registrato l’aumento maggiore): il Piemonte, l’Emilia-Romagna, il Lazio, la Toscana ed il Veneto. Mentre, in termini di crescita relativa, le regioni che hanno incrementato di più i loro punti rispetto a dicembre sono state la Basilicata con un +19% seguita dalla Campania con + 16%, dalla Puglia +15% e da Calabria e Sardegna, entrambe con +12%.

LE AUTOSTRADE

Ancora fortemente limitata la presenza di infrastrutture di ricarica in ambito autostradale. Dalla nostra rilevazione i punti di ricarica oggi presenti sono circa 150, di cui circa 115 con ricarica veloce o ultraveloce. Considerando la rete italiana autostradale complessiva di circa 7.318 km, come riportato dall’ART, risultano 1,6 punti di ricarica veloce ed ultraveloce ogni 100 km.