Asse Roma-Parigi-Berlino su estrazione, lavorazione e riciclo materie prime critiche

Asse Roma-Parigi-Berlino per l‘estrazione, la lavorazione e il riciclo delle materie prime critiche, il petrolio del futuro. Italia, Francia e Germania fanno da apripista in Europa e concordano di coordinare proposte, gruppi di lavoro del G7, posizioni sullo European Critical Raw Materials Act, per i nuovi negoziati all’interno del Consiglio e con il Parlamento europeo. Perché la guerra in Ucraina e la pandemia da Covid-19 hanno dimostrato quanto il Vecchio Continente dipenda da singoli Paesi, in particolare dalla Cina, per l’estrazione e la lavorazione delle materie prime.

Il trilaterale è a Berlino, tra il ministro dell’Economia e dell’Azione per il Clima tedesco Robert Habeck, il ministro dell’Economia, delle Finanze e della Sovranità Industriale e Digitale francese, Bruno Le Maire, e il ministro italiano delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, insieme ai rappresentanti dell’industria dei tre Paesi per un confronto sull’approvvigionamento sicuro, sostenibile ed economico dei materiali. I settori industriali dei tre Paesi ne hanno bisogno, soprattutto per le tecnologie che facilitano le transizioni ecologica e digitale.

Vogliamo lavorare insieme per rendere la fornitura di materie prime per le nostre industrie più sostenibile e diversificata, per attuare misure di sicurezza economica in modo più efficace“, conferma Habeck. Per fornire un sostegno alle aziende, è stato creato un gruppo di lavoro “di alto livello“, fa sapere.

L’incontro di Berlino segna una fase nuova nella definizione della politica industriale europea, è convinto Urso. Consentirà di “affrontare le sfide della duplice transizione, al fine di garantire l’autonomia strategica dell’Ue“, afferma. I tre Paesi rappresentano una parte significativa dell’economia dell’Unione e hanno in molti settori “catene di valore condivise“, ricorda, convinto di poter “determinare il futuro della casa comune europea” con gli altri due partner.

La doppia trasformazione è impossibile “se non possiamo aiutare le nostre imprese ad accedere alle materie prime di cui hanno un forte bisogno“, fa eco Le Maire. “È molto importante definire azioni concrete su progetti strategici e sostegno congiunto, discutendo questioni come la realizzazione di scorte condivise e l’acquisto in comune“, osserva, fiducioso che la cooperazione “aprirà la strada a un’Europa verde e resiliente“.

Con il Raw Materials Act, l’Ue valuta l’estrazione e la lavorazione, i minerali e i metalli critici (litio, nichel, elementi delle terre rare, gallio, tungsteno) da cui dipendiamo per costruire qualsiasi apparecchiatura, dalle celle fotovoltaiche alle turbine eoliche e alle attrezzature elettroniche. La transizione verde e digitale determinerà una domanda esponenziale di questi materiali, mentre la scarsa offerta intensificherà la competizione globale. Ecco perché le materie critiche sono state elencate all’interno dei sei settori prioritari per ridurre le dipendenze strategiche dell’Ue.

Roma, Parigi e Berlino si impegnano ora a stabilire obiettivi di estrazione, lavorazione e riciclaggio, rafforzare le misure per promuovere il riutilizzo di materie prime strategiche e critiche in Europa, raggiungere ambiziosi criteri ambientali, sociali e di governance (Esg), estendere gli elenchi di Crm/Srm, in particolare per includere l’alluminio. “Ci auguriamo che venga inserito il polisilicio nella lista delle materie prime strategiche, per agevolare una rapida transizione energetica“, scandisce Flavio Cattaneo, Ceo del Gruppo Enel, a margine dell’incontro.

In Italia il Mimit e il Mase hanno predisposto un tavolo per mappare le miniere chiuse da 30 anni e che oggi si trovano nella quasi totalità in aree protette. “Abbiamo uno dei più grandi giacimenti di cobalto ma anche manganese, litio, rame – ricorda Urso -. Ci auguriamo ci sia una accelerazione delle procedure che ci possa consentire di aprire quei giacimenti. L’Italia può fare però ancora di più nel riciclo e riuso. E’ importante vi sia certezza giuridica e risorse significative dell’Ue“.

Per mettere in sicurezza l’intera filiera, dall’estrazione alla trasformazione e riciclaggio, i tre ministri hanno concordato di intensificare la loro collaborazione a livello di format, condividendo dati e criteri di supporto per investimenti congiunti in progetti strategici. La riunione di oggi dà il via a una serie di incontri trilaterali per rafforzare la cooperazione di Germania, Francia e Italia nelle aree economiche chiave. Il prossimo incontro trilaterale si terrà a ottobre in Italia sulle tecnologie digitali e un terzo si svolgerà più avanti in Francia sulle tecnologie green.

Maltempo, Enel riduce a 10mila le utenze senza elettricità in Emilia-Romagna

Enel si è attivata sin dalle prime ore dell’emergenza meteo che ha colpito l’Emilia Romagna. Il neo amministratore delegato Flavio Cattaneo ha immediatamente avviato i lavori di una task-force dedicata all’emergenza che sta operando in costante contatto con le istituzioni locali, le Prefetture e la Protezione Civile Regionale e Nazionale per il ripristino del servizio elettrico dei clienti interessati dall’interruzione.

Sei gli elicotteri per ispezionare le linee interessate dagli eventi e consentire il trasporto del personale e dei generatori, oltre 700 i tecnici in campo, 170 i gruppi elettrogeni e 9 power station per fornire alimentazione di emergenza. Uno sforzo che ha già consentito di rialimentare oltre 40mila utenze dall’inizio emergenza.

Il Gruppo Enel ha inoltre avviato una raccolta di fondi tra i dipendenti a favore delle popolazioni colpite dell’emergenza a cui l’azienda parteciperà con un ulteriore contributo dell’azienda e del top management, incluso l’amministratore delegato.

Allagamenti, esondazioni dei corsi d’acqua e frane hanno infatti danneggiato tratti di rete elettrica sul territorio regionale, causando interruzioni del servizio che in un primo momento hanno coinvolto oltre 50mila utenze. E-Distribuzione è in campo con oltre 700 tecnici tra personale dell’azienda e quello di imprese terze.

La task-force messa in campo dall’azienda sta intervenendo, nonostante il perdurare di condizioni impervie e di difficile viabilità rallentino tuttora le operazioni di ripristino, riattivando la fornitura per la gran parte delle utenze inizialmente coinvolte: nella serata del 19 maggio sono ridotte a 10mila le utenze disalimentate e gli interventi proseguiranno anche nel corso della notte.

Il Centro di Controllo di Bologna monitorando la situazione 24 ore su 24, eseguendo azioni da remoto e manovre in telecomando sulla rete elettrica e coordinando il dispiegamento delle squadre sul territorio, per continuar a rialimentare i clienti rimasti senza energia elettrica.

 

photo credit: Afp

Enel, l’assemblea approva la lista del Mef: Scaroni presidente

L’assemblea degli azionisti di Enel, che si preannunciava come una delle più turbolente, si risolve con molta più semplicità del previsto.

Gli azionisti tornano in presenza dopo tre anni, nell’Auditorium Parco della Musica di Roma. Il numero dei partecipanti è tutto sommato in linea con quello di sempre, il 65,003% del capitale sociale, in rappresentanza di 34 azionisti. Ma, per la prima volta, un fondo di minoranza, Covalis (1%), presenta una lista alternativa che trova l’appoggio del fondo petrolifero norvegese Norges e propone come presidente Marco Mazzucchelli. Anche Assogestioni (1,8%) però decide di presentarne una sua. Entrambe sono alternative a quella presentata dal ministero dell’Economia, che propone Paolo Scaroni come presidente e Flavio Cattaneo come amministratore delegato.

La lista del Mef incassa il 49,1% dei voti. Tutti e sei i suoi candidati entrano in consiglio: Fiammetta Salmoni, Scaroni, Cattaneo, Alessandro Zehenter, Johanna Arbib, Olga Cuccurullo. La lista 2, quella di Assogestioni, raccoglie il 43,49% delle preferenze e prende tre candidati: Dario Frigerio, Alessandra Stabilini e Mario Corsi. Nessuno spetta a Covalis, che prende soltanto il 6,9% dei voti presenti.

Votata la lista, l’elezione di Scaroni a presidente è un plebiscito: riceve il favore del 97,2% del capitale votante.

Non è la stagione dei gufi“, commenta a caldo il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. “Raggiunto un ottimo risultato – rileva -, migliore rispetto a tre anni fa, non semplice e scontato, che premia la correttezza e non la scorrettezza”.

Quando parla dei ‘gufi’, pensa anche ai Radicali, che fuori dall’Auditorium protestano sin dal mattino. Scaroni presidente dell’Enel, tuonano, è un pericolo. Distribuiscono volantini: “Dopo essere stato il migliore alleato di Gazprom; dopo aver sostenuto il gasdotto russo ‘South Stream’, che avrebbe tagliato fuori l’Ucraina, contro il gasdotto europeo ‘Nabucco’; dopo aver portato il nostro Paese a quantitativi record di gas importato e quindi a un massimo di dipendenza politica da Mosca; oggi uno dei principali responsabili del suicidio energetico italiano è stato designato dal governo Meloni alla Presidenza dell’Enel“, scrivono. “Scaroni ha portato avanti una serie di iniziative che hanno avvicinato l’Italia alla Russia“, ribadisce ai giornalisti il segretario, Massimiliano Iervolino, prima dell’assemblea. “Scaroni porta l’Italia nelle mani della Russia – denuncia -. Abbiamo obiettivi europei e italiani, raggiungere 70 GW di energia da fonti rinnovabili al 2030. Devono essere raggiunti anche grazie all’Enel e con Scaroni l’obiettivo si allontana, con questo tipo di nomina si va in direzione opposta“.

In assemblea, Covalis spiega la scelta di presentare una lista indipendente. Una scelta “non ‘contro’, ma ‘per’“, scandisce Fabrizio Arossa. “Per incoraggiare un dibattito aperto e trasparente a tutti gli azionisti Enel, per quella che Covalis conviene siano le condizioni ideali per far fiorire ulteriormente il dna internazionale dell’azienda“. La loro è una proposta di un consiglio indipendente che “guarda al futuro con un focus sull’accelerazione energetica ispirata agli standard internazionali. Per questo motivo, oltre a tre candidati di nazionalità italiana indicati, ne sono stati indicati uno di nazionalità statunitense e due di nazionalità spagnola“. Nulla contro il governo Meloni, tiene a precisare: “Covalis ribadisce comunque la fiducia nel sistema e nelle istituzioni italiane”.

Commosso il saluto di Francesco Starace, che esce da amministratore delegato dopo tre mandati alla guida dell’azienda. “Nove anni bellissimi“, giura. “Tutte le crisi che abbiamo affrontato si sono tramutate in opportunità“. In Enel da 23 anni: “Le ho dato tanto e mi ha dato molto, non nascondo l’emozione“. Sulla strategia adottata, rivendica tutto e non rinnega nulla. Nonostante le “turbolenze” degli ultimi anni, dalla pandemia di Covid alla guerra russo-ucraina, passando per l’intensificarsi degli eventi climatici estremi, la capacità di risposta dell’azienda ha dimostrato “resilienza“, afferma, tanto che dalla presentazione del Piano Strategico 2023-2025, lo scorso novembre, il titolo ha guadagnato il 21,3%.

Tutto, nel mondo, urla all’importanza di un sistema energetico affidabile ed Enel, ribadisce Starace, ha “sempre operato con l’obiettivo di tutelare i clienti, non registrando extraprofitti, al contrario in alcune parti del mondo internalizzando effetti negativi”.

Durante la crisi energetica, gli fa eco il presidente uscente Michele Crisostomo, l’Enel era “dal lato che ha subito, non cavalcato, la crisi, ma non ha mai mancato di proteggere famiglie e imprese con prezzi accessibili nonostante il contesto avverso. Un lavoro eccezionale“. Il gruppo si è sempre mosso per “l’indipendenza energetica” su due assi: “La decarbonizzazione e l’intensificazione dell’elettrificazione”, ricorda Starace. E’ così che la società, fa sapere, ha “garantito prezzi accessibili ai clienti nonostante l’estrema volatilità dei prezzi dell’anno scorso”. Sull’attenzione alle rinnovabili, Enel è stata “lungimirante e anche vorrei dire visionaria“, racconta l’ad uscente. “Ci abbiamo creduto molto, sappiamo che non è né la prima né l’ultima trasformazione industriale che abbiamo davanti, vediamo già i segni di quella che verrà dopo. Lo spirito critico che abbiamo ci ha permesso di affrontare con lucidità tutti i cambiamenti”.

Da Enel a Terna, fino all’hub sardo di Glencore per le batterie: Sud a centro transizione

A fine aprile l’amministratore delegato della Portovesme srl, Davide Garofalo, aveva inviato per conto di Glencore una lettera alla Regione Sardegna per annunciare lo stop alla fonderia di San Gavino e della produzione del settore piombo della stessa Portovesme srl. Nella missiva – riportava l’Unione Sarda – si leggeva che la decisione era stata presa “visto il perdurare delle condizioni che hanno determinato il drastico aumento dei costi energetici, a livello internazionale ed europeo, tale da incidere negativamente e direttamente sull’andamento produttivo della Portovesme srl“. Nella lettera si parlava poi della “necessità di modificare lo scenario produttivo della società“. Modifica che oggi è stata annunciata direttamente dalla multinazionale svizzera: Portovesme diventerà il primo impianto europeo di batterie riciclate per le auto elettriche. Una svolta che avrà bisogno di tempo. Se lo studio di fattibilità andrà in porto, l’impianto sarà operativo dal 2026-2027.

Tutto nasce dall’accordo tra Glencore, gigante svizzero delle materie prime, e la canadese Li-Cycle, industria leader nel recupero delle risorse di batterie agli ioni di litio, per studiare congiuntamente la fattibilità, e successivamente lo sviluppo, di un Hub a Portovesme per la produzione di materiali critici per le batterie, tra cui nichel, cobalto e litio dal contenuto di batterie riciclate. Il complesso metallurgico sardo, costituito da un impianto al piombo-zinco e idrometallurgico che ha iniziato ad operare nel 1929, è stato scelto perché “dispone di una serie di sostanziali infrastrutture esistenti, tra cui l’accesso a un porto, servizi pubblici, apparecchiature di lavorazione dell’industria idrometallurgica impianto e una forza lavoro esperta”, recita il comunicato congiunto dei due colossi industriali. Glencore e Li-Cycle prevedono anche di formare una joint venture al 50% che riutilizzerebbe parte dell’attuale complesso metallurgico di Glencore a Portovesme per creare il Portovesme Hub. Ciò consentirebbe un piano di sviluppo rapido ed efficiente in termini di costi. Il progetto prevede anche un finanziamento competitivo a lungo termine da parte di Glencore per finanziare la quota di investimento di Li-Cycle. Una volta operativo, l’hub dovrebbe avere una capacità di lavorazione di 50.000-70.000 tonnellate di massa nera all’anno, o l’equivalente di 36 GWh di batterie agli ioni di litio. La massa nera lavorata nell’hub dovrebbe essere fornita dalla crescente rete Spoke di Li-Cycle in Europa e attraverso la rete commerciale di Glencore.

La svolta in Sardegna in vista della transizione energetica si combina all’altro grande progetto, realizzato da Enel in Sicilia, ovvero la costruzione della Gigafactory 3Sun di Catania, che entro il 2024 sarà la più grande fabbrica di pannelli solari d’Europa, con una capacità produttiva di 3Gw all’anno. Il tutto all’interno di un contesto in evoluzione, incentrato sul cosiddetto Piano Mattei sposato dal governo, che prevede il Sud centro di gravità per l’afflusso e la produzione di energia. In questo senso anche Terna collegherà la Sicilia con la Sardegna e la penisola attraverso un doppio cavo sottomarino: un nuovo corridoio elettrico al centro del Mediterraneo, il Tyrrhenian Link. Con circa 970 chilometri di lunghezza e 1000 MW di potenza si tratta di un’opera infrastrutturale di importanza internazionale, che migliorerà la capacità di scambio elettrico, favorirà lo sviluppo delle fonti rinnovabili e l’affidabilità della rete. Nel dettaglio il progetto complessivo prevede due tratte: quella Est dalla Sicilia alla penisola e la Ovest dalla Sicilia alla Sardegna.

L’attivismo energetico in Italia in un certo senso è una risposta all’avanzata cinese sul fronte auto elettriche in Europa. Da un recente rapporto di Rhodium Group e Merics emerge che dal 2018, le aziende cinesi di batterie hanno annunciato investimenti per un valore di 17,5 miliardi di dollari nel Vecchio Continente. La produzione prevista dalle loro fabbriche europee potrebbe essere circa il 20 percento della capacità totale di produzione di batterie del continente entro il 2030. Finora, il più grande di questi investimenti (6,7 miliardi) si è concentrato sulla produzione di moduli e pacchi batteria, come l’impianto da 100 GWh di Catl in Ungheria, che una volta completato sarà il più grande d’Europa. Ma le aziende cinesi stanno anche osservando opportunità più a monte e a valle, continua il report. A monte, gli investitori di Pechino si stanno muovendo verso gli input della batteria. Nel 2022, CNGR Advanced Material e Finnish Minerals Group hanno annunciato l’intenzione di costituire una joint venture 60/40 per costruire un impianto per i materiali attivi del catodo precursore, che vengono utilizzati per produrre batterie agli ioni di litio. L’impianto ungherese di Semcorp da 184 milioni di euro produrrà film separatori per batterie agli ioni di litio. In Germania, Wuxi Lead Intelligent Equipment ha acquisito l’azienda di macchinari specializzata in bancarotta Ontec Automation pochi mesi dopo aver vinto un importante contratto per la fornitura di attrezzature al nuovo impianto di batterie Salzgitter della Volkswagen. Non c’è l’Italia per ora nei piani di produzione industriale in Europa della Cina. Ci sono però altri colossi industriali, occidentali.

Enel, se un fondo alle Cayman discute le nomine del governo

E’ una settimana molto importante per le Partecipate. Una settimane di Assemblee, da Poste a Leonardo e Terna, da Eni a Enel. Proprio quest’ultima, da giorni al centro di polemiche e lotte intestine, solleva alcune considerazioni dettate più che altro dal buonsenso.

Rewind, insomma conviene riavvolgere il nastro. Il governo, non senza travagli, ha deciso di cambiare governance e di non rinnovare il mandato a Francesco Starace. Sembrava che il sacrificio di un manager storico di Enel fosse a beneficio di Stefano Donnarumma, a sua volta ad di Terna, poi nel carosello delle nomine è saltato fuori il nome di Flavio Cattaneo per il ruolo di amministratore delegato e quello di Paolo Scaroni per la presidenza. A questo punto, però, si è scatenata una specie di ribellione da parte di alcuni fondi che hanno quote in Enel: nel mirino Scaroni, certo, ma non solo. Covalis (che vanta l’uno per cento) ha presentato una lista alternativa; il fondo petrolifero norvegese Norges ha detto che si accoderà e appoggerà il candidato di Covalis – nello specifico Marco Mazzucchelli; Assogestioni (1,8%) ha deciso anche lei di presentarsi in assemblea con una sua lista. Un trambusto, insomma, che sicuramente non rende felice il Mef.

Nel rispetto delle libertà di ciascuno, e quindi anche dei fondi, affiora però una stortura di carattere – come dire? – etico. Appare curioso che un fondo straniero, domiciliato alle isole Cayman (immaginiamo per beneficiare di una tassazione più lassa non per il clima decisamente gradevole, o forse per entrambi gli aspetti) con una minima partecipazione azionaria, possa interferire sulle scelte di un esecutivo. A prescindere, ovviamente, che le scelte possano essere giuste o sbagliate. Governo che, tra l’altro, è stato eletto dalla maggioranza degli italiani. Presentare una lista è democraticamente previsto, screditare le decisioni di un esecutivo assai meno. O no?

Enel a emissioni zero entro il 2040: la roadmap di decarbonizzazione

Zero emissioni di gas a effetto serra entro il 2040 con una roadmap che porterà l’Enel a eliminare tutte quelle climalteranti dirette e indirette, intraprendere una serie di azioni di contrasto al cambiamento climatico e promuovere la transizione per un’elettrificazione sostenibile.

L’azienda pubblica il suo ‘Zero Emissions Ambition Report’ che “descrive la scelta di Enel di fissare un obiettivo ambizioso rispetto all’originario target global ‘net zero’ per il 2050, sottolineando il nostro forte impegno verso un futuro sostenibile e decarbonizzato per tutti nel contesto della transizione energetica globale“, spiega Ernesto Ciorra, Head of Innovability del gruppo. Un documento che comprende anche tutte le iniziative che coinvolgono gli stakeholder di Enel e che, ribadisce, “evidenzia come la sostenibilità e la lotta al cambiamento climatico modellino le nostre decisioni strategiche e di business, in linea con l’esigenza di promuovere la transizione verso processi industriali più sostenibili, resilienti, neutrali dal punto di vista climatico e intrinsecamente meno rischiosi, coniugando equità e inclusività“.

La roadmap si basa su obiettivi specifici di riduzione dei gas serra validati dalla Science Based Target initiative (SBTi) nel dicembre 2022 e allineati alla limitazione del riscaldamento globale a 1,5ºC, che comprendono: la riduzione delle emissioni dirette derivanti dalla generazione di energia elettrica dell’80% nel 2030 e del 100% nel 2040; la riduzione delle emissioni dirette e indirette derivanti dalla vendita di energia del 78% nel 2030 e del 100% nel 2040; la riduzione delle emissioni indirette derivanti dalla vendita di gas nel mercato retail del 55% entro il 2030 e del 100% nel 2040.

Il rapporto descrive anche le tappe fondamentali che il Gruppo prevede di percorrere per raggiungere le zero emissioni entro il 2040: entro il 2025 le rinnovabili dovrebbero rappresentare circa il 75% della produzione totale di Enel; entro il 2027, Enel completerà la dismissione di tutte le sue centrali a carbone; entro il 2040, tutta la capacità installata sarà al 100% rinnovabile.

Enel avrà cessato le attività di generazione termoelettrica e di vendita di gas nel mercato retail e il 100% dell’elettricità venduta sarà prodotta da fonti rinnovabili. Il Piano strategico 2023-2025, annunciato da Enel lo scorso novembre, indica il percorso per raggiungere questi traguardi.

Il Gruppo investirà un totale di circa 37 miliardi di euro nei prossimi tre anni, principalmente per promuovere un’elettrificazione pulita e sostenibile. Di questi, 17 miliardi di euro saranno dedicati alle energie rinnovabili e 15 miliardi di euro alle reti. Di conseguenza, oltre il 94% degli investimenti sarà allineato agli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, soprattutto per il contributo alla mitigazione dei cambiamenti climatici.

Per sostenere la decarbonizzazione dell’economia globale, Enel collabora con diversi stakeholder e con 20 associazioni internazionali, tra cui il Global Compact delle Nazioni Unite (UNGC) e il World Business Council for Sustainable Development (WBCSD), per sostenere la mitigazione dei cambiamenti climatici. Per garantire una transizione giusta a tutti i suoi stakeholder, il Gruppo ha creato programmi di sviluppo di nuove capacità e competenze necessarie nel passaggio a un’economia decarbonizzata, coinvolgendo anche i fornitori nell’affrontare le sfide della transizione energetica e mette i clienti in condizione di convertire gradualmente all’elettricità i propri consumi energetici, consentendo anche l’accesso all’elettricità nelle aree più svantaggiate.

Descalzi resta a Eni, Cattaneo-Scaroni alla guida di Enel e Cingolani ad Leonardo

Non è stato facile, ma alla fine le forze di maggioranza una quadra sulle nomine dei nuovi board delle società partecipate la trovano.

Si parte dall’unica certezza che ha accompagnato queste settimane di discussione: Claudio Descalzi resta amministratore delegato di Eni. Per proseguire il lavoro di diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico, non solo per liberare l’Italia della dipendenza russa, ma soprattutto per costruire quel progetto che la premier, Giorgia Meloni, ha chiamato ‘Piano Mattei‘, che nelle intenzione di Palazzo Chigi dovrebbe trasformare l’Italia nell’hub di riferimento per l’Europa, facendo leva sulla posizione geografica (e geopolitica) del nostro Paese rispetto all’area del Mediterraneo.

Alla presidenza del Cane a sei zampe, invece, arriva Giuseppe Zafarana, in uscita dalla Guardia di finanza, dove ha svolto il ruolo di comandante generale. Il Mef, titolare del 4,34% del capitale e per il tramite della Cassa depositi e prestiti (partecipata all’82,77% dal Mef) di un ulteriore 25,76%, comunica, poi, che il nuovo collegio sindacale di Eni sarà composto dagli effettivi Giulio Palazzo, Andrea Parolini e Marcella Caradonna e dai supplenti Giulia de Martino e Riccardo Bonuccelli. L’assemblea degli azionisti di Eni è convocata per il 10 maggio prossimo.

La vera sorpresa di questa partita è Enel. Flavio Cattaneo è infatti il nuovo ad, mentre Paolo Scaroni torna, ma nel ruolo di presidente. In vista dell’assemblea degli azionisti (10 maggio prossimo), il ministero dell’Economia, titolare del 23,59% del capitale, indica per il Consiglio di amministrazione i consiglieri Alessandro Zehenter, Johanna Arbib Perugia, Fiammetta Salmoni e Olga Cuccurullo.

Confermate, invece, le indiscrezioni sul board di Leonardo, che avrà come ad l’ex ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, e come presidente Stefano Pontecorvo. Nella lista del Mef (titolare del 30,2% del capitale), per l’assemblea degli azionisti del 9 maggio, ci sono anche Elena Vasco, Enrica Giorgetti, Francesco Macrì, Trifone Altieri, Cristina Manara e Marcello Sala come consiglieri.

Nessuna ‘sorpresa’ nemmeno al timone di Poste Italiane, perché Matteo Del Fante resta amministratore delegato, ma con Silvia Rovere come presidente. Il dicastero di via XX Settembre, titolare del 29,26% del capitale e per il tramite di Cdp di un ulteriore 35%, nomina anche consiglieri Wanda Ternau, Matteo Petrella, Paolo Marchioni e Valentina Gemignani.

Le nomine dei nuovi vertici di Eni, Enel, Leonardo e Poste sono frutto di un attento percorso di valutazione delle competenze e non delle appartenenze. È un ottimo risultato del lavoro di squadra del governo“, commenta Meloni. Che ringrazia “chi ha servito l’Italia con passione in queste aziende“, mentre augura “ai prossimi amministratori buon lavoro. Il loro compito è quello di ottenere risultati economici solidi e duraturi nell’interesse della nazione che rappresentano in tutto il mondo“.

Resta ora da sciogliere il nodo di Terna. L’attuale ad, Stefano Donnarumma, per mesi dato in procinto di assumere la guida di Enel, al momento non si muove. Anche se i rumors indicano che al suo posto, nella società che gestisce la rete di trasmissione nazionale dell’energia, potrebbe arrivare Giuseppina Di Foggia, oggi ceo e vice presidente di Nokia Italia. Sarebbe la prima donna a capo di una società partecipata, un primato che Giorgia Meloni pare proprio voglia realizzare nella sua esperienza da presidente del Consiglio.

Augusto Raggi e Mario Magaldi - Enel

Rinnovabili, da Enel X-Magaldi batterie a sabbia: ad alte temperature si risparmia gas

Un accumulo per energie rinnovabili che con sabbia e acciaio restituisce calore ad alte temperature, fino a 400 gradi. Così il gruppo Magaldi, con il supporto di Enel X, punta a decarbonizzare i processi industriali nel mondo, risparmiando il consumo di gas.

Il sistema si chiama Mgtes (Magaldi Green Thermal Energy Storage), realizzato nello stabilimento di Magaldi Power nell’Area di Sviluppo Industriale (ASI) di Buccino, in provincia di Salerno.
L’innovazione e la sostenibilità sono leve strategiche della decarbonizzazione”, spiega Francesco Venturini, responsabile di Enel X. Una conferma, osserva, arriva proprio dal sistema Mgtes, che “fa compiere un passo in avanti al settore degli accumuli, potendo garantire grande efficienza anche per i processi industriali che richiedono temperature elevate; il tutto grazie a una tecnologia italiana, a sua volta sostenuta da una filiera italiana, i cui eccezionali risultati aprono la strada a promettenti opportunità di sviluppo anche all’estero”.

Per Mario Magaldi, Cavaliere del lavoro e Presidente Gruppo Magaldi, la partnership con Enel X è “un passo importante, coerente al percorso dell’azienda, da più di 90 anni costantemente orientata all’innovazione e allo sviluppo di soluzioni affidabili e sostenibili per le industrie”. La tecnologia Mgtes, in particolare, offre una risposta immediata all’esigenza di sostituzione del gas. “L’Italia ha risorse e competenze per svolgere un ruolo di rilievo nella filiera delle batterie nello stoccaggio energetico, fattore abilitante nella produzione di energie rinnovabili in continuo, contribuendo così a rendere stabile e sicuro l’intero sistema”, assicura.

Tecnicamente, la tecnologia è basata su un letto di sabbia fluidizzato (“batterie di sabbia”) che permette di immagazzinare energia da fonti rinnovabili e rilasciarla sotto forma di vapore ad alta temperatura (tra 120° e 400°), ma in futuro potrà arrivare anche a mille. È coperta da brevetto mondiale, consentirà a Enel X di fornire energia termica in forma di vapore alle temperature e pressioni desiderate ai propri clienti industriali, riducendo il consumo di gas e stabilizzando il prezzo dell’energia termica. Il primo caso applicativo vedrà la fornitura di energia termica verde per soddisfare i bisogni energetici dell’industria alimentare IGI, fornitore del Gruppo Ferrero, con sede nell’ASI di Buccino. Il progetto prevede la costruzione di un impianto fotovoltaico da 5 Megawatt e di un impianto Mgtes da 125 tonnellate con capacità di accumulo pari a 13 MWh termici giornalieri. L’impianto entrerà in funzione nella seconda parte del 2024, e si prevede che porterà a una riduzione dei consumi pari al 20% dei consumi totali di IGI e risparmi di Co2 fino a 1.000 tonnellate all’anno, sostituiti da energia rinnovabile disponibile tutto il giorno.

“Risolve il problema dell’intermittenza facendo accumulo. Consente di trasformare energia elettrica verde e rilasciare vapore di notte”, scandisce Massimiliano Masi (General Managel di Magaldi Middle East). “L’aspetto del costo – riflette – è fondamentale, ma se guardiamo al costo ambientale di chi produce energia a carbone, è altissimo. Negli ultimi due anni abbiamo capito di poter fare a meno del gas, sostituendolo man mano con le energie rinnovabili, costruendo macchine intelligenti, per prendere energia quando costa poco e rilasciarla quando serve”, spiega. Per Augusto Raggi, responsabile di Enel X Italia, Magaldi “sta facendo la storia”: “Enel non si muove se la soluzione tecnologica non è di assoluta eccellenza e questa lo è perché cambia il paradigma – sostiene -. Noi lavoriamo su processi industriali dove le temperature sono più basse, fino a 85 gradi. Ma sui settori dove la temperatura è oltre 100 gradi, serve il vapore: mancava qualcosa. Oggi grazie a questo sistema si può fare a meno del gas lavorando sulle rinnovabili”.

Quello che fa Enel X è valutare quali sono le necessità del cliente, fa sapere Fabio Tentori (capo dell’Innovazione di Enel X): “In questo momento il cliente vuole energia termica, a minor costo, efficiente e pulita. Poi individuiamo trend, azienda e facciamo il match. Tutto quello che facciamo deve chiaramente essere sostenibile”.

Enel

Enel chiude 2022 con utile sopra previsioni: più dividendo e investimenti in rinnovabili

Gli eccellenti risultati che Enel ha registrato nel 2022 evidenziano la capacità del gruppo di creare valore per i propri stakeholder anche a fronte del contesto altamente sfidante che ha caratterizzato gli ultimi tre anni”. Commenta così Francesco Starace, amministratore delegato e direttore generale di Enel, il bilancio 2022 del gruppo energetico che si è chiuso con ricavi per 140,517 miliardi (+63,9% sul 2021) e un risultato netto ordinario a 5,391 miliardi, superiore alla guidance (la previsione) comunicata ai mercati finanziari pari a 5-5,3 miliardi di euro. Così il dividendo complessivo sale a 0,40 euro per azione (di cui 20 cent già corrisposti quale acconto a gennaio), in crescita del 5,3% rispetto alla cedola totale di 0,38 pagata per l’esercizio 2021. “Nei prossimi mesi dell’anno, continueremo a crescere nelle rinnovabili e a digitalizzare le reti di distribuzione, contribuendo a decarbonizzare il mix di generazione e ad aumentare l’indipendenza energetica nelle geografie in cui operiamo – ha aggiunto Starace –, migliorando la qualità del servizio, abilitando l’elettrificazione dei consumi finali e tutelando i nostri clienti dalla volatilità dei mercati energetici. Concentreremo gli investimenti soprattutto in Italia e negli altri Paesi core, in modo tale da accelerare il percorso di crescita sostenibile del gruppo, riducendone ulteriormente il profilo di rischio”.

Come sottolinea Enel, in riferimento all’utile netto, “il miglioramento della performance dei business, parzialmente compensato dall’incremento degli ammortamenti dell’esercizio, la più efficiente gestione finanziaria connessa alle attività di liability management dello scorso anno, e il minor carico fiscale sui risultati ordinari del gruppo, hanno parzialmente compensato gli effetti della maggiore incidenza delle interessenze dei terzi dovuta alla compressione dei risultati in Italia per il particolare scenario energetico dell’anno”. L’Italia, però, rimane il faro dei piani del gruppo. Basta vedere gli investimenti dello scorso anno, pari a 14,347 miliardi, che coinvolgono sempre il nostro Paese. Enel Green Power ha puntato principalmente su Italia, Canada, Perù, Spagna, Cile, Australia e Brasile, investendo meno in India, Sudafrica, Messico, Panama e Guatemala. Anche Enel Grids si è focalizzata soprattutto su Italia, Brasile e Perù, principalmente in manutenzione correttiva e affidabilità della rete. Investimenti poi sui mercati finali in Italia e Spagna, per attività di digitalizzazione dei processi operativi di gestione della clientela. Infine Enel X si è concentrata in Italia nei business di e-City ed e-Home, in Nord America e Australia nel Battery Energy Storage, in Brasile nei business di Smart Lighting, e-Home e Distributed Energy, in Perù nel business dell’illuminazione pubblica, in Colombia nel business Distributed Energy e in Spagna nel business e-Home.

Enel è sinonimo di rinnovabili. Infatti la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, includendo anche i volumi da capacità gestita, è stata ampiamente superiore rispetto alla produzione da fonte termoelettrica, raggiungendo i 123,7 TWh (118,4 TWh nel 2021, +4,5%), a fronte di una produzione da fonte termoelettrica pari a 88,8 TWh (88,3 TWh nel 2021, +0,6%). La produzione a zero emissioni ha raggiunto inoltre il 61% della generazione totale del gruppo considerando unicamente la produzione da capacità consolidata, mentre è pari al 62,8% includendo anche la generazione da capacità gestita.

L’obiettivo a lungo termine del gruppo Enel – si legge in una nota stampa – resta il raggiungimento del ‘Net Zero’ entro il 2040, sia per le emissioni dirette sia per quelle indirette. Ma prima del 2040 c’è da rispettare il nuovo Piano Strategico per il periodo 2023-2025 presentato alla comunità finanziaria a novembre, che prevede “di focalizzarsi su una filiera industriale integrata verso un’elettrificazione sostenibile, di conseguire un riposizionamento strategico dei business e delle aree geografiche, e di assicurare la crescita e la solidità finanziaria coniugando l’incremento dell’utile netto ordinario con un rafforzamento delle metriche creditizie già a partire dal 2023”. Di conseguenza Enel prevede di investire complessivamente circa 37 miliardi di euro, di cui il 60% a sostegno della strategia commerciale integrata del gruppo (generazione, clienti e servizi), e il 40% a favore delle reti, per sostenere il loro ruolo di abilitatori della transizione energetica. Si prevede che nel 2025 l’Ebitda (margine lordo) ordinario di gruppo raggiunga i 22,2-22,8 miliardi di euro, rispetto ai 19,7 miliardi nel 2022. L’Utile netto ordinario è atteso in crescita a 7,0-7,2 miliardi nel 2025, rispetto ai 5,4 miliardi nel 2022. Nel 2023 Enel intanto prevede “il proseguimento della politica di investimenti nelle energie rinnovabili a supporto della crescita industriale e nell’ambito degli obiettivi di decarbonizzazione” e punta sulla “prosecuzione della politica di investimenti dedicati all’elettrificazione dei consumi”.

Minopoli (Ass. nucleare): “Bene attivismo industria, atomo serve per target clima”

Oggi Enel e la società di tecnologie nucleari pulite Newcleo hanno firmato un accordo di cooperazione per lavorare insieme sui progetti di tecnologia nucleare di quarta generazione, “che mirano a fornire una fonte di energia sicura e stabile, nonché ridurre significativamente gli esistenti volumi di scorie radioattive, attraverso il loro utilizzo come combustibile per reattori”. Giovedì scorso Eni e CFS (Commonwealth Fusion Systems), spin-out del Massachusetts Institute of Technology (Mit), avevano firmato un altro accordo di cooperazione, con l’obiettivo di accelerare l’industrializzazione dell’energia da fusione. Lunedì scorso invece Ansaldo Energia, Ansaldo Nucleare, Edf e Edison avevano sottoscritto una Lettera di Intenti (Loi), per collaborare “allo sviluppo del nuovo nucleare in Europa e favorirne la diffusione, in prospettiva anche in Italia. Obiettivo dell’accordo è di valorizzare nell’immediato le competenze della filiera nucleare italiana, di cui Ansaldo Nucleare è capofila, a supporto dello sviluppo dei progetti di nuovo nucleare del Gruppo Edf, e al contempo di avviare una riflessione sul possibile ruolo del nuovo nucleare nella transizione energetica in Italia”. Umberto Minopoli, ex numero uno di Ansaldo Nucleare a presidente dell’Associazione italiana nucleare, un anno fa ha pubblicato un libro dal titolo quasi profetico: ‘Nucleare. Ritorno al futuro. L’energia a cui l’Italia non può rinunciare’.

Presidente, questi tre accordi firmati dai big dell’industria italiana, sono una coincidenza o sono un segnale che indica una precisa direzione in Europa?
“Al saltimbanchismo della politica, dove c’è un atteggiamento ipocrita tra chi lo sostiene a parole e tra chi si oppone a parole all’atomo, arriva un bel segnale dalla grande industria pubblica energetica che investe su terza e poi quarta generazione del nucleare. Giusto entrarci oggi. Per questo esprimo grande soddisfazione per le iniziative prese da Ansaldo, Eni ed Enel in questi giorni”.

Vedendo questa accelerazione, viene da pensare che in questi ultimi tre decenni abbiamo perso tempo…
“Usa, Cina, Giappone, Europa stessa… il nucleare non si è mai fermato. Noi abbiamo buttato competenze sistemiche e infrastrutture, quando avevamo una industria nucleare in piedi. Però manifattura, utilities e ricerca non sono uscite dal nucleare come ne è uscito il Paese. Enel ed Ansaldo, insieme ad Enea, hanno continuato a lavorare, oltre che all’estero, anche sul nucleare di quarta generazione. Se Ansaldo può siglare accordi internazionali su reattori veloci raffreddati a piombo, è perché è stata protagonista del lavoro e della ricerca in questi anni. Proprio in questa particolare tecnologia, tra le più promettenti per le prospettive di quarta generazione, abbiamo una leadership con Ansaldo ed Enea”.

Il nucleare in Europa… Quali prospettive ci sono?
“Il nucleare si è fermato in soli due Paesi: l’Italia, che 36 anni fa chiuse le centrali senza aspettare che giungessero alla fine del ciclo vita, mentre la Germania forse le chiuderà a fine 2023 lasciando comunque che impianti arrivino al termine del ciclo produttivo. Gli altri Paesi invece non hanno chiuso un bel niente, anzi hanno rilanciato i programmi nucleari, cambiando in alcuni casi l’impegno che si erano dati dopo Chernobyl, penso al Belgio o alla Svezia”.

La Francia è protagonista del nucleare europeo. Ha avuto però difficoltà lo scorso anno con la produzione elettrica, problemi che sembrano continuare. Centra con l’invecchiamento delle centrali?
“La Francia non ha mantenuto l’obiettivo di produzione elettrica perché alle manutenzione ordinarie, si è sommato un problema tecnico specifico su 8 centrali per l’usura di alcuni circuiti, che su impegno dell’autorità di sicurezza, sono stati sostituiti. Edf ha però annunciato che tutte le centrali in manutenzione torneranno attive entro fine marzo, e su quelle 8 centrali dove c’è corrosione di alcuni circuiti si sta procedendo alla sostituzione. La Francia, a differenza della Germania, ha deciso il rilancio di programmi costruttivi e di nuove centrali, una scelta programmata per rilanciare il ciclo vita delle centrali che giungono alla conclusione del proprio ciclo programmato. Il programma di rilancio non è comunque una cosa di qualche mese o di qualche anno, certo che è che con questi progetti si allunga di decenni il ciclo di vita degli impianti”.

La crisi del gas ci ha fatto capire che dovremmo essere meno dipendenti da materie prime extra-europee. Con le auto elettriche si rischia una dipendenza simile. Con l’uranio c’è lo stesso pericolo?
“Assolutamente no, l’uranio incide nel conto economico di una centrale per il 5%, non è come il gas o il carbone che incidono per il 70% e più. Poi l’uranio viene utilizzato in termini molto parchi, a differenza di carbone, petrolio, olio combustibile. Con un grammo di uranio si produce l’energia realizzata da 3500 tonnellate di carbone o combustibili fossili. L’importazione di uranio inoltre non dipende da Paesi cosiddetti a rischio, ma da Canada e Australia, precisando che comunque l’uranio non si importa come materia prima, ma come combustibile pre-confezionato, incamiciato nei cosiddetti elementi combustibili delle centrali. Ultimo, la disponibilità uranio è pressoché infinta, poiché la domanda è sempre molto bassa. Anche un certo numero di centrali aggiuntive non raggiungerà mai l’offerta esistente già oggi sul mercato della disponibilità dalle miniere da cui viene estratto. E c’è dell’altro…”

Dica pure.
“Con le nuove tecnologie di cui si sta parlando cambierà l’uso dell’uranio… La massa che si mette nella centrale viene sfruttata ora all’1%. Con i nuovi reattori la percentuale di sfruttamento diventa del 25-30% della massa che si utilizza e con la quarta generazione i reattori saranno in grado di sfruttare gli stessi rifiuti che produce il combustibile. Ora i rifiuti vengono accantonati per essere smaltiti e stoccati, nella quarta generazione i reattori useranno il rifiuto che adesso viene tolto”.

Presidente, è possibile raggiungere gli obiettivi climatici senza nucleare?
“Qualsiasi ente internazionale autorevole o centro studi dice che i target climatici al 2030 e al 2050 sono irraggiungibili con le sole rinnovabili. L’Europa ha deciso a febbraio 2022 l’allargamento delle fonti energia che andavano incentivate, la cosiddetta tassonomia, al nucleare e al gas con cattura Co2. Questa è la prova che, senza nucleare, l’Europa non sarà in grado di raggiungere i target climatici 2030-2050. Ecco perchè si è riaperta discussione su nucleare in Europa”.

 

(Photo credit: AFP)